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Influenza suina: verità, menzogne, dati di fatto, vaccini e farmaci antivirali

L’influenza suina, descritta fin dall’inizio come altamente contagiosa e mortale, ha attivato, a livello mondiale, una serie di programmi informativi e non solo per salvaguardare la salute dei cittadini perché è stata presentata come una pandemia.

La Spagnola è stata la più grave pandemia della storia. Un terzo della popolazione mondiale è stata contagiata e almeno 40 milioni di persone sono decedute.

Nel 1957 e nel 1968 si sono verificate altre due pandemie a livello mondiale anche se meno letali.

2009: l’influenza A viene considerata una pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e gli Stati Uniti attivano il più grande programma di vaccinazione di massa dopo quello degli anni cinquanta contro la poliomielite e per garantire una protezione più ampia spendono più di tre miliardi di dollari in farmaci antivirali: l’oseltamivir (Tamiflu) e lo zanamivir (Relenza).

Anche gli altri Paesi corrono ai ripari attivando programmi gli stessi programmi di vaccinazione su scala nazionale.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di snocciolare alcuni fatti che si sono verificati in questi ultimi mesi.

Definizione di pandemia

Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si verifica quando un nuovo virus influenzale appare in una popolazione umana che non ha immunità, causando epidemie in tutto il mondo con un numero enormi di morti e malattie.

Questa è stata la definizione ufficiale, ovvero di una patologia virale nuova, altamente contagiosa ma soprattutto causa di un numero elevato di morti.

Nel maggio del 2009, improvvisamente l’OMS rivede la definizione e definisce come pandemia qualunque epidemia dovuta ad un nuovo virus, altamente contagiosa ma che non necessariamente deve causare un numero elevato di morti.

Apparentemente un piccola modifica irrilevante ma, invece, è una definizione che aprirà continui e futuri scenari, ogni volta diversi, di allarme sociale.

A tutt’oggi l’OMS non ha spiegato i motivi della necessità di modificare la definizione di pandemia.

Definizione di influenza

Comunemente definiamo influenza quella malattia che si caratterizza per la comparsa di sintomi quali: febbre, tosse, malessere generale, indolenzimento muscolare e/o osseo dovuta all’infezione del virus influenzale.

Nella stragrande maggioranza dei casi è sufficiente presentare questi sintomi perché il medico formuli la diagnosi di influenza oppure noi stessi pensiamo di avere tale malattia. Di solito, non viene eseguita nessuna indagine per confermare l’infezione da virus influenzale.

Eppure, i ricercatori hanno chiaramente dimostrato che gli stessi disturbi possono essere scatenati da più di 200 altri virus non influenzali quali: il virus sinciziale, il bocavirus, il coronavirus e il rinovirus.

Tutti questi virus possono essere responsabili di malattie di tipo influenzale e, secondo alcuni dati, l’influenza sarebbe la causa dei sintomi descritti solo nel 50% dei casi e a volte solo nel 7-8%.

Chi è Edgar Hernandez?

E’ un bambino di cinque anni di La Gloria (Messico), ritenuto il primo al mondo ad aver contratto l’influenza suina in aprile, poco prima che l’OMS modificasse la definizione di pandemia.

Eppure, nonostante l’alta contagiosità del virus nessuno dei suoi familiari ha contratto la stessa malattia nello stesso periodo. Questo non significa che il virus non sia contagioso ma sembra quasi che si «aspettasse» solo l’occasione per mettere in campo tutte le informazioni mediatiche sulla pandemia dell’influenza suina e creare, di conseguenza, un allarme sociale.

Vaccini per l’influenza suina

In America, una delle quattro aziende incaricata a produrre il vaccino è la MedImmune che ogni settimana produce 1.000.000 di dosi. La vaccinazione viene ritenuta importante perché riduce la mortalità del 50% ma non tutti i ricercatori sono d’accordo sulla loro reale efficacia.

E’ stato dimostrato, infatti, che la mortalità per influenza in America non aumentò quando:

  • nel 1968 e 1997 si scoprì che i vaccini prodotti non proteggevano nei confronti del virus che effettivamente circolò
  • nel 2004 la produzione dei vaccini fu insufficiente e fece scendere del 40% il tasso dei soggetti immunizzati

Inoltre, Sumit Majumdar, ricercatore dell’Alberta in Canada, ha dimostrato che l’aumento delle vaccinazioni somministrate agli anziani negli ultimi anni vent’anni non determinato un tasso più basso di mortalità. Inoltre, se nel 1989 solo il 15% degli americani e canadesi con più di 65 anni veniva vaccinato contro l’influenza, oggi pur essendo immunizzato più del 65% il tasso di mortalità è aumentato.

Tutti vaccini, introducendo una dose di virus indeboliti, stimolano la produzione di anticorpi ma tale produzione è più efficace solo nei soggetti in buona salute mentre è scarsa o nulla negli anziani, soprattutto se affetti da altre patologie. Questo spiegherebbe perché pur vaccinando i soggetti con più di 65 anni la mortalità non diminuisce.

I vaccini per l’influenza suina, però si sono dimostrati pericolosi anche nei soggetti sani e basti pensare che quello della GlaxoSmithKline (GSK) è stato repentinamente ritirato perché responsabile di reazioni allergiche in una percentuale superiore a quella attesa.

Nessun’altra spiegazione ufficiale è stata fornita.

Mentre il vaccino distribuito in Italia dalla Novartis – che garantisce solo che lo standard di produzione e la qualità del prodotto ma non la sua efficacia, come chiaramente riportato all’articolo 4.1 di pagina 8 del contratto di fornitura firmato dal Ministero della salute – contiene tra i vari eccipiente la sostanza MF59.

L’adiuvante MF59 è un derivato oleoso di un prodotto ideato per la guerra del Golfo e secondo alcuni esperti della sanità è considerato un principio appartenente alla categoria delle armi biologiche o farmacologiche.

Inoltre, la legislazione impone che l’utilizzo del MF59 debba essere molto limitato negli esperimenti sugli animali e non prevede assolutamente il suo utilizzo sull’uomo. Molti immunologi sostengono che una dose anche microscopica di poche molecole di adiuvante, iniettata nel corpo umano, possa causare gravi e permanenti disturbi al sistema immunitario. Infine, la FDA non ha ancora approvato l’utilizzo di MF59 in alcun vaccino.

Farmaci antivirali

Il governo americano, dopo la diffusione della pandemia nel sud-asiatico dovuta all’aviaria, stanziò una cifra di oltre 3 miliardi di dollari per la produzione e lo stoccaggio degli antivirali.

La decisione fu presa quando il sottosegretario alla difesa era Donald Rumsfeld che, prima di entrare a far parte del governo Bush, era stato per 4 anni il presidente della Gilead Sciences, l’azienda che detiene il brevetto del Tamiflu e che nel frattempo aveva conservato azioni della compagnia per milioni di dollari.

Reso noto il piano del governo americano, il prezzo di tali azioni aumentò del 50%.

Mentre, attualmente, è solo un po’ più basso, pari a circa al 30%, l’aumento medio del valore delle azioni in borsa delle varie aziende che producono mascherine e altre dispositivi per evitare il contagio dell’influenza.

Ma un investimento così alto per il Tamiflu è veramente motivato?

Il Tamiflu riduce solamente la durata dei sintomi dell’influenza di 24 ore. In cambio di questo vantaggio, una persona su cinque soffre di nausea e vomito e un bambino su cinque manifesta effetti collaterali di tipo psichiatrico, tra cui ansia e pensieri suicidi.

Rokuro Hama, presidente dell’Istituto di vigilanza sui farmaci in Giappone, sostiene che il Tamiflu potrebbe essere stato responsabile della morte di 50 persone per arresto cardio-polmonare.

Nel 2006, il gruppo farmaceutico svizzero La Roche – l’unico autorizzato a produrre e commercializzare il Tamiflu – annunciò che:

  • il loro farmaco riduceva in modo significativo il rischio di morte da influenza;
  • i bambini con l’influenza e trattati con il farmaco hanno il 53% in meno di probabilità di contrarre la polmonite.

Tali affermazioni non furono mai dimostrate negli studi successivi e di conseguenza, in agosto, La Roche ha pubblicato sul suo sito, su disposizione del FDA, che: «non è dimostrato che il Tamiflu abbia un effetto positivo sulle possibili conseguenze (ospedalizzazione, mortalità o impatto economico) di un’influenza stagionale, aviaria o pandemica».

Conclusioni

L’Australia – uno dei primi Paesi ad aver superato l’ondata dell’influenza suina – aveva già segnalato che il rischio non si era dimostrato superiore a quello dell’influenza stagionale. Perché è continuato lo sforzo mediatico di non abbassare il livello di guardia?

Adrian Gibson, un ricercatore australiano sostiene che il virus dell’influenza suina è stato creato in laboratorio e poi per qualche motivo si è diffuso nell’ambiente.

A tutt’oggi, solo il ministro della salute polacco in un discorso al parlamento ha analizzato criticamente il problema influenza suina e il tema della vaccinazione.

Se qualcuno si è divertito «a giocare al piccolo chimico per vedere l’effetto che fa», cosa succederà quando una vera pandemia, nel senso classico e originario della definizione dell’OMS, si dovesse presentare?

L’unica vera vittima dell’influenza suina è stata l’informazione trasparente, coerente e disinteressata.

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Dott. Alessandro Martella
Dott. Alessandro Martella
Ciao, trovi le informazioni sulla mia attività di Dermatologo qui. Sono l'ideatore, fondatore e responsabile di Myskin, la piattaforma che stai consultando e autore di oltre 50 lavori scientifici in Dermatologia. Attualmente sono il Presidente dell'Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali (AIDA). e il Direttore Responsabile della Rivista DA 2.0Sono anche Co-editors della Rivista Scientifica JPD.

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