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Filtri solari: stesso SPF ma diversi. Quanto applicarne, reazioni allergiche, impatto ecologico

Arriva l’estate e in internet pullulano i consigli sui filtri solari per proteggere la pelle dalle scottature, uno dei fattori di rischio per l’insorgenza dei tumori cutanei. E’ stato dimostrato che se un soggetto si scotta per ben 5 volte nell’arco di un decennio aumenta di 3 volte il rischio di sviluppare un melanoma.

Spesso si sente dire che il sole è «malato» ed è colpa sua se i tumori della pelle sono in aumento e se ci scottiamo quando andiamo al mare. In realtà, il sole non ha nessuna malattia e siamo noi quelli che dovremmo assumerci le nostre responsabilità quando ci esponiamo in maniera incosciente. Eppure, la pelle deve stare al sole anche senza protezione per poter sintetizzare la vitamina D importante per le ossa. Attenzione, l’esposizione senza protezione deve essere rapportata al tipo di pelle individuale. Ad esempio, un soggetto di carnagione chiara può farlo per 15 minuti al giorno, dalle due alle tre volte alla settimana, ovviamente non durante le ore centrali della giornata.

Al contrario, uno con la pelle scura per sintetizzare lo stesso quantitativo di vitamina D del primo deve esporsi per un tempo maggiore perché la sua carnagione rappresenta uno «sbarramento» naturale all’irraggiamento del sole.

Fatta questa eccezione, il consiglio è:

  • applicare il filtro solare su tutte le aree del corpo, specie quelle scoperte quali il viso, le orecchie e il dorso delle mani;
  • prestare attenzione, durante l’applicazione del solare, al naso, alle spalle, al dorso dei piedi e alla nuca che più frequentemente si scottano rispetto alle altre parti del corpo;
  • applicare la crema solare in modo uniforme sulla pelle senza strofinare;
  • riapplicarla dopo il bagno o dopo aver sudato.

A parità di fattore di protezione, i filtri solari sono uguali?

No, non lo sono affatto!

Non mi riferisco alle differenze cosmetiche, ovvero alla presenza/assenza di profumazione o alla formulazione in crema piuttosto che in latte, spray o altro. Specificatamente, mi riferisco solo ed esclusivamente al fattore di protezione che come sappiamo è definito da SPF (sun protection factor).

SPF è quel numero (es.15, 30, 50, 50+) riportato sulla confezione che definisce il grado di protezione ed è calcolato sperimentalmente con un metodo universalmente riconosciuto e adottato dalle maggiori aziende di solari. La dicitura SPF ha permesso di fare chiarezza perché in confronto la frase «testato nel Sahara» non significa assolutamente nulla, non fornisce un dato sul grado di protezione del prodotto, anche se commercialmente il messaggio è molto forte perché gioca sull’immaginazione della persona indotta a pensare che se va bene nel deserto figurarsi in riviera!

Tuttavia nel 2008 la Commissione Europa ha stabilito delle nuove direttive, riguardanti le norme di etichettatura dei solari, alle quali non tutte le aziende a tutt’oggi si sono adeguate:

  • schermo totale o protezione totale sono definizioni che non possono essere più usati, in quanto nessun solare garantisce una protezione pari al 100% dai raggi UV;
  • le nuove categorie di fotoprotezione, che devono essere riportate sulle confezioni, sono: bassa, media, alta e molto alta. La protezione bassa include il vecchio SPF 6 e 10, quella media il fattore di protezione 15, 20 e 25, quella alta il 30 e 50 e infine quella molto alta il 50+;
  • infine, le etichette devono riportare le istruzioni e le avvertenze per esporsi correttamente al sole.

Quindi le nuove direttive racchiudono già nella stessa categoria, ad esempio quella alta, solari con fattore di protezione differente il 30 e il 50 ma la domanda iniziale era se, invece, tutti quelli con uguale fattore di protezione, ad esempio 50+, sono uguali tra loro.

Non lo sono per il semplice motivo che da nessuna parte è riportato per quanto tempo riescono a garantire nel tempo quella specifica protezione solare a parità di condizioni: pelle bagnata, sudata, ecc.

Molti solari con protezione molto alta si inattivano immediatamente, o quasi, perché la loro composizione chimica è poco o nulla in equilibrio e gli ingredienti tendono a degradarsi, separarsi tra loro facendo perdere l’efficacia del solare stesso.

Se volessi estremizzare e semplificare il concetto esposto, immaginate due auto la cui velocità di punta è la stessa: 150 Km/h, con la differenza che la prima non appena la raggiunge fonde il motore mentre l’altra continua a viaggiare a quella velocità con il minimo sforzo.

Ed è questo uno dei motivi per cui il dermatologo invita, durante l’esposizione al sole, a rinnovare l’applicazione del solare almeno ogni due ore per cercare di mantenere nel tempo lo stesso grado di protezione.

Quindi prestate attenzione alla prescrizione del solare del vostro dermatologo, il quale in base al vostro tipo di pelle, alla sua sensibilità, alla sua reattività, al tipo di patologia cutanea eventualmente presente e al tipo di allergia da contatto non mancherà di indicarvi il solare migliore e individualmente performante.

Quale la dose di solare da applicare sulla pelle?

Pochi sanno che un filtro solare per poter effettivamente garantire un determinato fattore di protezione deve essere applicato sulla pelle in quantità pari a 2mg/cm2.

E’ stato dimostrato che applicandone di meno, ad esempio 0,5-1,5 mg/cm2 si riduce il grado di protezione tanto che un solare vedrebbe ridurre il suo SPF 50 ad un valore compreso tra 5 e 20.

Ed è qui che tutte le aziende non aiutano il consumatore ad applicare la dose giusta di solare, fornendo solo indicazioni assolutamente empiriche: «un dito di prodotto», «una falange»…

Si potrebbe investire nella realizzazione di confezioni dotate di dispositivi che consentano l’erogazione di un quantitativo stabilito e riproducibile di solare.

E poi, facendo alcuni calcoli, è possibile dimostrare che per applicare sulla pelle di un adulto 2mg/cm2 di solare sono necessari circa 35 ml di prodotto e se lo riapplichiamo ogni due ore ne occorre una confezione di 200 ml ogni 2/3 giorni.

Pertanto, perché realizzare confezioni di solare con un contenuto molto più basso?

Quale l’impatto ambientale dei filtri solari?

Il 25% della crema solare applicata sulla pelle si disperde in mare e se pensate che solo nelle regioni tropicali, ogni anno, vengono consumate 16-20.000 tonnellate di filtro solare, provate a immaginare al quantitativo che si scioglie nell’acqua.

Una recente scoperta italiana, ha dimostrato che le creme solari disciolte nell’acqua del mare sono responsabili dello sbiancamento dei coralli.

Tali cosmetici disciolti rompono la simbiosi vitale tra il corallo e la zooxanthella, un’alga unicellulare che fornisce al tessuto corallino nutrimento attraverso la fotosintesi, regalandogli anche il caratteristico colore brillante.

L’inquinamento marino dovuto alle creme solari scatenerebbe infezioni virali nella zooxanthella, uccidendola. Alla morte dell’alga unicellulare seguirebbe quella del corallo che si manifesta con lo sbiancamento del tessuto corallino.

Sperimentalmente, è stato dimostrato che il danno biologico è indipendente dalla concentrazione di crema solare presente nel mare.

Inoltre, sebbene ancora non siano note le conseguenze biologiche, sono stati documentati fenomeni di accumulo dei composti normalmente presenti nei solari negli organismi marini, in particolar modo nel plancton.

La conseguenza? In alcuni ecoparchi marini del Messico e in altre località marine ad alta affluenza turistica è vietato l’uso dei solari!

I filtri solari possono causare allergia?

Si, certamente!

Così come tutti i cosmetici anche i solari possono favorire la comparsa di reazioni allergiche.

E’, tuttavia, un fenomeno poco frequente ma possibile e documentato in letteratura medica.

Il benzofenone, l’acido para-aminoazobenzene, il biossido di titanio sono le sostanze maggiormente implicate nell’indurre tale tipo di reazione.

In particolare, la dermatite da contatto si manifesta esponendosi al sole dopo aver applicato sulla pelle il filtro per proteggerla. Quindi, più propriamente si tratta di fotodermatite allergica, indotta e scatenata dai raggi del sole che reagiscono con i composti dei filtri solari.

Esiste il filtro solare ideale?

Non ancora.

A mio avviso, le caratteristiche ideali di un solare dovrebbero essere:

  • fattore di protezione foto-stabile nel tempo per 3-4 ore, il tempo medio di esposizione al sole di una persona;
  • un’adeguata protezione nei confronti degli UVA, UVB e degli infrarossi;
  • composizione minimalista per ridurre il rischio d’insorgenza di reazioni allergiche;
  • confezione da 300-500 ml per un’adeguata durata durante le vacanze;
  • costo accessibile;
  • confezioni dotate di dosatore per erogare il quantitativo corretto di prodotto da applicare sulla pelle
  • cosmesi accettabile per evitare che la crema unga. Il filtro dovrebbe avere una composizione fondente con il profilo della pelle ma allo stesso tempo dovrebbe essere facilmente rimovibile con la doccia o lavandosi, magari utilizzando un detergente idoneo;
  • confezione riciclabile;
  • impatto ecologico zero.
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Dott. Alessandro Martella
Dott. Alessandro Martella
Ciao, trovi le informazioni sulla mia attività di Dermatologo qui. Sono l'ideatore, fondatore e responsabile di Myskin, la piattaforma che stai consultando e autore di oltre 50 lavori scientifici in Dermatologia. Attualmente sono il Presidente dell'Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali (AIDA). e il Direttore Responsabile della Rivista DA 2.0Sono anche Co-editors della Rivista Scientifica JPD.

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