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Per un pugno di… ceci

«Un popolo senza storia è come un albero senza radici». La mamma lo ripeteva sempre facendo sua quella frase che aveva letto da qualche parte ma non ricordava più dove e nemmeno chi l’avesse detta. Con quella frase la mamma ribadiva ogni giorno a sua figlia l’importanza dell’esperienza dei «vecchi», vissuta e maturata sulla propria pelle e tutt’ora attuale in un mondo in cui gli affetti familiari faticano a trovare posto a sedere insieme intorno al focolare domestico.

Il tono della sua voce chiaro e altisonante faceva credere che forse la mamma aveva proprio ragione. E fu così che quella volta, la ragazza dopo aver notato la comparsa di alcune papule sul dito della mano sinistra le fece vedere a sua madre, la quale senza esitazione e prontamente indicava il rimedio della nonna – applicare sui porri il latte bianco e fresco del frutto del fico.

Fortunatamente, un grande albero di fico padroneggiava il giardino di casa, piantato tanti anni addietro dal nonno, un contadino che amava far colazione al mattino con i frutti appena raccolti. La ragazza diligentemente e con perseveranza applicò il latte che gocciolava dal frutto sui porriper diversi giorni ma stranamente invece di scomparire aumentavano di dimensioni e di numero.

Per la prima volta la mamma corrugò la fronte e per un attimo pensò che tra tutti i rimedi non aveva suggerito quello adatto. Ferma davanti al volto sconsolato della figlia rovistò con le mani dentro al logoro grembiule come se volesse trovare proprio lì la soluzione. Ricordò allora che la nonna nei casi difficili faceva strisciare sulla pelle una lumaca, un mollusco che si differenzia dalla chiocciola perché priva del guscio, che, grazie alla bava che lascia dietro di sé, era in grado di cancellare i porri.

Al mattino presto dopo l’acquazzone notturno fu facile trovare l’animale guaritore e la figlia, nonostante l’idea di farlo strisciare sulle dita le facesse senso, accettò di provare il rimedio.

Dopo alcuni giorni la ragazza notò che il problema peggiorava progressivamente e per la prima volta pensò che forse doveva chiedere direttamente alla nonna, la quale appena la vide affermò: «figlia mia, se dai porri vuoi sanare un pugno di ceci nella cisterna devi lanciare». Detto, fatto.

La ragazza prelevò un pugno di ceci dalla dispensa, si avvicinò alla cisterna del giardino, aprì la botola, si mise di spalle, guardò per l’ultima volta le sue dita piene ormai di porri sorridendo al pensiero della soluzione definitiva, strinse forte il pugno per aumentare l’effetto terapeutico, chiuse gli occhi concentrandosi e lanciò i ceci nel fondo della cisterna.

Guardò con curiosità i legumi affondare uno ad uno nell’acqua limpida e notò i cerchi concentrici che dapprima piccoli diventavano progressivamente sempre più grandi fino a scomparire del tutto. Scomparvero tutti i cerchi ma non i suoi porri. Fu proprio in quell’istante di amarezza, in cui si sentiva tradita dalla tradizione secolare, che decise di rivolgersi al dermatologo.

«Verruche volgari, un’infezione virale» disse lo specialista; un virus di dimensioni pari a circa un millesimo di millimetro è riuscito a trovare le condizioni locali sulla pelle (piccole ferite) e immunologiche (mancata difesa da parte del sistema immunitario cutaneo) che gli hanno permesso di insediarsi nell’epidermide.

L’aver trascurato le prime localizzazioni ha permesso la propagazione del virus con un deciso peggioramento della manifestazione che ora richiede un trattamento medico adeguato e tempestivo.

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Dott. Alessandro Martella
Dott. Alessandro Martella
Ciao, trovi le informazioni sulla mia attività di Dermatologo qui. Sono l'ideatore, fondatore e responsabile di Myskin, la piattaforma che stai consultando e autore di oltre 50 lavori scientifici in Dermatologia. Attualmente sono il Presidente dell'Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali (AIDA). e il Direttore Responsabile della Rivista DA 2.0Sono anche Co-editors della Rivista Scientifica JPD.

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