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Melanociti, melanina e melanogenesi: la guida completa

I melanociti sono le cellule che producono le melanine della nostra pelle

I Melanociti sono cellule della cute che derivano dalla cresta neurale da dove migrano nell’epidermide embrionale dopo circa 50 giorni.

Il proto-oncogene c-kit, che codifca per un recettore di membrana con attività Tyr-k intriseca, induce la proliferazione, la differenziazione e migrazione dei melanoblasti che poi diveneranno Melanociti; le cellule che producono le melanine che caratterizzano il colore della pelle di ognuno, quello degli occhi e dei capelli. 

Se si verifica una mutazione a livello del proto-oncogene c-kit si verifica il Piebaldismo una condizione in cui i melanobalsti non sopravvivono per differenziarsi a liovello cutaneo in melanociti.

Dove si trovano i Melanociti?

I Melanociti si trovano a livello dello strato basale dell’Epidermide ma anche a livello delle Leptomeningi, delle ghiandole surrenali, della matrice del capello, delle ovaie e dell’orecchio interno. 

Melanociti e Cheratinociti a livello dell'epidermide
Rappresentazione schematica del Melanocita a livello dello strato basale dell’epidermide con attorno i Cheratinociti

A livello dello strato basale dell’Epidermide si ritrova in media un Melanocita ogni 36 Cheratinociti, tale rapporto viene chiamata Unità Melanica-Epidermica.

I Melanociti a livello della testa e degli avambracci sono presenti in un quantità pari a circa 2000 Melanociti/mm² mentre al resto della superficie del corpo con una densità pari a 1000 Melanociti/mm².

Che forma hanno i Melanociti?

I Melanociti hanno una forma poliedrica, stellare con prolungamenti citoplasmatici che si proiettano dallo strabo basale fin verso lo strato Malpighiano dell’Epidermide.

Hanno un citoplasma chiaro dove sono presenti i melanosomi e l’apparato di Golgi con un citoscheletro caratterizzato dalla presenza della Vimentina e l’assenza dei tonofilamenti.

Il nucleo, invece, è di forma ovale e intensamente basofilo che quando osservato con il microscopio ottico presente anche un alone perinucleare otticamente vuoto che altro non è che un artefatto.

Per osservare i Melanociti al microscopio si possono usare le seguenti colorazioni e/metodiche:

  • impregnazione argentica
  • DOPA reazione che sfrutta la proprietà del substrato melanocitario di attivarsi a contatto con la sostanza DOPA producendo la deposizione di pigmento melanico
  • Anticorpi anti S-100
  • Anticorpi anti HMB45.

I Melanociti non hanno i Desmosomi quale apparato di giunzione cellulare.

Cellula di Melanocita
Melanocita: rappresentazione schematica della sua morfologia

Cosa sonoi Melanosoni?

I melanosomi sono degli organelli citoplasmatici dedicati alla melanogenesi (sintesi di melanina) le cui dimensioni sono determinate geneticamente.

I melanosomi possono essere suddivisi in:

Melanine: rappresentazione schematica
Rappresentazione dei diversi fototipi dovuti alle melanine chiare (Feomelanine) e a quelle scure (Eumelanine)

I melanosomi con all’interno il pigmento di melanina vengono ceduti dai Melanociti ai Cheratinociti attreverso i dendriti mediante un processo di fagocitosi che porta all’inglobamento di una parte del citoplasma del melanosoma.

Il processo di fagocitosi si svolge attraverso le seguentio fasi:

  1. fusione e rottura delle membrane plasmatiche del melanosoma e del Cheratinocita
  2. esocitosi di un singolo melanosoma
  3. endocitosi da parte del Cheratinocita del melanosoma
  4. protrusione del dendrite melanocitario

A livello dei Cheratonociti i melanosomi sono presenti come organello o aggregati in più unità, circondati da membrana oppure isolati.

Successivamente i melanosomi vengono degradati dai lisosomi dei Cheratinociti.

Cosa è la melanina?

La melanina è un polimero insolubile ad alto peso molecolare sempre legata a proteine strutturali.

Qual è la struttura e le proprietà della melanina?

Esistono 3 diversi gruppi di pigmento melanico

  1. Eu-melanine: pigmenti azotati, neri o bruni insolubili in tutti i solventi che originano dalla polimerizzazione ossidativa di intermedi a struttura indolica
  2. Feo-melanine: pigmenti contenenti azoto e zolfo, rosso-bruno e che sono solubili in alcali. Sono costituite da unità benzo-tiaziniche/tiazoliche
  3. Tricromi: sono una varietà di feo-melanine a basso peso molecolare. Hanno una struttura benzotiazinica, un alto contenuto di Zolfo (11%) ed è un cromoforo pH indipendente. Alcuni autori discutono se quest’ultimi siano realmente presenti, da quali cellule sono prodotte.

Esistono poi delle varianti minori di melanine:

  1. Ossimelanine: pigmenti rossi-gialli a basso contenuto di Zolfo che sono solubili in alcali. Somno semplici varianti strutturali delle Feo-melanine conseguenti alla loro degradazione dopo essere state sintetizzate.
  2. Melanine miste: sono pigmenti che hanno caratteristiche miste
  3. Melanine extra cutanee: sono le neuromelanine di colore nero-marrone. Sono pigmenti granulari intracellulari della Substantia Nigra.

A cosa serve la melanina?

Assorbe e riflette i raggi UV, protegge la pelle dai radicali liberi dell’Ossigeno formati dai raggi UV, in grado di provocare danni di tipo lipo-perossidico alle membrane che potrebbero essere letali per le cellule. Infine, svolge azione di scattering favorendo la dispersione e diffusione dei raggi UV.

A cosa sono dovute le differenze etniche?

Il colore diverso della pelle nelle diverse popolazioni è dovuto alle differenti dimensioni e distribuzione dei melanosomi. Ad esempio la popolazione di colore africana  ha melanosomi grandi e isolati mentre i caucasici li hannopiccoli e riuniti.

La melanogenesi: come avviene la sintesi della melanina?

La sintesi della melanina seguen diversi passaggi biochimici che portano alla produzione delle melanine chiare o di quelle scure.

Lo schema di seguito rappresenta schematicamente i diversi passaggi


Scopri i dettagli del processo della sintesi della melanina

Sintesi Melanina


Il processo di melanogenesi vede il coinvolgimento di diversi enzimi quali:

  • Tirosinasi: glicoproteina contenente Rame che catalizza le prime reazioni che portano alla formazione del Dopachinone
  • TRP (Tirosinasi related protein): che esiste di tipo 1 e tipo 2. Il tipo 1 la DHICA ossidasi ed è una proteina di membrana neutralizzante i radicali liberi e i loro prodotti che si formano nel corso del processo di melanogenesi. Il tipo 2, chiamata anche Dopacromo tautomerasi catalizza la reazione che da Dopacromo porta alla formazione del DHICA
  • Catalasi: inibiscono la sintesi di melanine eliminando perossidi di ossigeno
  • Perossidasi: favoriscono la sintesi di melanine producendo dei perossidi. E’ molto probabile che sfrutti i prossidi formati dai raggi UV per ossidare la melanina.

Che cosa stimola la sintesi di melanina?

Sono gli UV e in particolar modo i raggi UVB che stimolano la moltiplicazione dei melanociti.

Quando la pelle è esposta ai raggi UV aumenta la produzione di radicali liberi dell’ossigeno che determina l’attivazione e la sintesi dei sistemi anti-ossidativi delle cellule favorendo un aumento di disponibilità di Dopachinone e di conseguenza della melanina secondo lo schema sopra riportato.

Tale processo vede coinvolti anche i Cheratinociti, lo squalene del sebo delle ghiandole sebacee e gli ormoni quali:

  • MSHα che stimola la proliferazione dei Melanociti e la sintesi della melanina. MSHα (melanocytes stimulating hormone) deriva dal precursore Propriomelanocortina dalla cui frammentazione  derivano l’ACTH e la β-Lipoproteina. Dall’ACTH deriva MSHα
  • Estrogeni che svolgono un’azione di iper-pigmentazione
  • Idro-cortisone che diminuisce la sintesi della melanina

In che modo si verifica l’abbronzatura?

Il colore della nostra pelle è in parte geneticamente determinato (pigmentazione costitutiva) e in parte facoltativo.

Se il primo è dovuto alle caratteristiche intriseche del soggetto e che caratterizza i diversi fototipi, il secondo è indotto dai raggi UV e caratterizza la nostra abbronzatura durante e dopo l’esposizione al sole.

 


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L’esposizione ai raggi UV induce inizialmente una pigmentazione immediata che si verifica dopo pochi minuti dall’esposizione  ai raggi UV-A e poi una ritardata. 

La pigmentazione indotta immediata è maggiore nei soggetti di pelle scura ed è dovuta all’ossidazione  delle melanine pre-formate o dei precursori cutanei delle melanine che rilasciate subito dopo pochi minuti di esposizione al sole inducono una prima abbronzatura.

La pigmentazione indotta e ritardata invece è una vera e propria melanogenesi che si verifica già dopo 48-72 ore dall’esposizione ed è dovuta sia ai raggi UV-B sia agli UV-A.

L’abbronzatura delle pelle non è altro però che uno dei meccanismi che la nostra cute adotta per evitare i danni dovuti all’esposizione al sole.

In pratica, in seguito all’esposizione al sole il rilascio della melanina pre-formata (pigmentazione immediata) e di quella neo-sintetizzata (pigmentazione ritardata) a livello degli strati superficiali cutanei favorisce la formazione di uno “scudo” più o meno scuro di pigmento che si oppone alla penetrazione dei raggi UV, sia UV-A e UV-B in grado di causare danni diretti e indiretti a livello del DNA delle cellule dello strato basale dell’epidermide, in primis, ma anche del derma.

L’abbronzatura è solo uno dei meccanismi di difesa che la nostra pelle che è in grado anche di:

  • aumentare lo spessore dello strato corneo
  • aumentare la sintesi e attivazione dei sistemi anti-ossidanti per eliminare e neutralizzare i radicali liberi dell’ossigeno
  • produrre acido urocanico che ha un effetto foto-protettore oltre che immuno-soppressiva
  • riparare i danni subitio dal DNA

Approfondimento da non perdere

Il sole e la cute: interazione, danni e conseguenze. La guida completa


 

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Dott. Alessandro Martella
Dott. Alessandro Martella
Ciao, trovi le informazioni sulla mia attività di Dermatologo qui. Sono l'ideatore, fondatore e responsabile di Myskin, la piattaforma che stai consultando e autore di oltre 50 lavori scientifici in Dermatologia. Attualmente sono il Presidente dell'Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali (AIDA). e il Direttore Responsabile della Rivista DA 2.0Sono anche Co-editors della Rivista Scientifica JPD.

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