Ogni tanto, ancora oggi, quando consiglio l’asportazione di un neo mi capita che qualche paziente adulto risponda:
“Dottore, ma i nei non si toccano, non vanno e non devono essere asportati!”
All’inizio pensavo che questa affermazione, celasse la paura di sottoporsi all’intervento chirurgico e quindi di volta in volta spiegavo le ragioni importanti dell’intervento di prevenzione per rimuovere la neoformazione.
Ad un certo punto però, dopo l’ennesimo paziente che poneva sempre la stessa domanda ho cercato di capire e approfondirne le ragioni che non erano così semplici e scontate come immaginavo.
“Mi scusi, perché i nei non andrebbero asportati?”
“Quando ero giovane, mi ricordo che ad un vicino di casa ne asportarono uno e dopo un po’ di tempo è vento a mancare.”
Fermo restando che una persona non può venire a mancare per l’asportazione di un semplice neoperché è una neoformazione benigna è indubbio che in realtà si trattava di un melanoma impropriamente chiamato neo.
Quindi la paura era la conseguenza di un’esperienza negativa diretta o indiretta legata alla morte di una persona che aveva eseguito un’asportazione cutanea di una neoformazione, erroneamente chiamata neo ma che in realtà era un melanoma.
Questa considerazione sarebbe già sufficiente a giustificare la paura di molti pazienti ma c’era dell’altro.
La paura dell’asportazione, doveva essere contestualizzata e per farlo dobbiamo fare un salto indietro negli anni 70. A quei tempi, il dermatologo per controllare i nei e quindi sospettare e/o diagnosticare un melanoma si avvaleva dell’osservazione ad occhio nudo oppure utilizzava una semplice lente di ingrandimento. E poi quanti erano i dermatologi? E soprattutto quanti lo consultavano per uno screening dei nei? Il medico di famiglia era il riferimento, il primo da consultare e a cui rivolgersi per ogni problema di salute. Spesso era un tuttofare soprattutto nei centri rurali che difficilmente potevano avvalersi della competenza dello specialista.
Ancora oggi alcuni anziani mi raccontano di viaggi a cavallo o solo per pochi fortunati in auto per raggiungere il capoluogo di provincia a 60 Km di distanza dove c’era il dermatologo, consultato solo per i casi ritenuti gravi quale una dermatite del figlio/a diffusa su tutto il corpo oppure un neo che ad certo punto iniziava a sanguinare o era causa di prurito oppure si presentava ulcerato.
Il sanguinamento, il prurito e l’ulcerazione di un neo erano in realtà i criteri certi della diagnosi del melanoma negli anni 70, una diagnosi tardiva e l’asportazione chirurgica era assolutamente ininfluente sull’aspettativa di vita della persona. Si trattava cioè di melanomi che anche se non fossero stati asportati non sarebbe cambiato assolutamente nulla.
Immaginate quindi una persona con un melanoma in stadio avanzato che sanguina, è causa di prurito ed è ulcerato che comunque appare in buono stato di salute e che quotidianamente continua a svolgere le sue mansioni che poi viene sottoposto ad un intervento chirurgico e successivamente a distanza di tempo, dopo alcune settimane oppure pochi mesi, viene “improvvisamente” a mancare.
Per gli amici, i conoscenti, i parenti ma anche per i familiari era venuto a mancare perché aveva asportato un neo, cosa vuoi che ne sapessero del melanoma e della differenza appunto tra un neo e un melanoma?
Inoltre in quegli anni, l’attenzione e la sensibilità individuale alla problematica del melanoma e all’autocontrollo dei nei era scarsa se non completamente assente e ogni macchia scura sulla pelle era un neo.
Ecco quindi che la paura dell’asportazione, un volta contestualizzata e compresa, fa emergere uno spaccato sociale che ci racconta in realtà in maniera inequivocabile l’enorme importanza del dermatologo che in pochi anni ha contribuito ad educare e sensibilizzare per quanto riguarda il controllo e autocontrollo dei nei per la diagnosi precoce del melanoma, sull’importanza di esporsi correttamente al sole, evitando le scottature solari soprattutto quelle durante l’infanzia.
Se a tutto questo aggiungiamo l’innovazione tecnologica che, soprattutto grazie alla dermatoscopia, ha consentito di riscrivere completamente il paragrafo della diagnosi del melanoma diventata sempre più precoce e tempestiva intuite benissimo che l’unica paura, oggi, che una persona dovrebbe avere, è quella di non consultare il dermatologo per lo screening e il controllo dei propri nei.