C’era una volta un melanoma…
Anzi a dir la verità la storia iniziale è un’altra
«Papà giochiamo a nascondino?»
Come rispondere di no a Giulia che a due anni ti guarda con i suoi occhietti furbi che sembrano dire: «questa volta non mi troverai…»
Subito arriva anche Lorenzo che, sicuro dei suoi 4 anni, pensa di riuscire a farla sia al papà sia alla sorellina. Mentre io conto fino a dieci, loro corrono a nascondersi e una volta nella loro tana trattengono il fiato per non farsi scoprire. Finisco di contare e inizio a cercarli, conoscendo ormai bene le loro mosse e i loro nascondigli ma, per non far terminare il gioco in fretta, faccio finta di non vederli e loro sorridono compiaciuti perché papà non li ha scoperti. «Ma dove si saranno mai nascosti questa volta?»
Il melanoma della pelle
Anche il melanoma maligno sa giocare a nascondino e lo fa sulla nostra pelle dove in silenzio si confonde in mezzo ai nei sospetti, magari si nasconde sul dorso, oppure dietro le orecchie, tra i capelli, tra gli spazi interdigitali o sulle mucose. Ogni parte del nostro corpo può diventare un nascondino perfetto per il melanoma che tenta di sfuggire alla nostra attenzione, al nostro sguardo, mentre noi pensiamo che non ci toccherà mai di «giocare».
La presunzione è il motore che ci fa comportare in maniera superficiale, sottovalutando le insidie del melanoma, i suoi trucchi e le sue maschere, ci rende ciechi alla prevenzione e sordi alla diagnosi precoce perché ci toglie i freni dell’attenzione, della vigilanza, che nel nascondino non deve mai mancare quando a giocare sono i bambini.
Le facce del melanoma maligno sono tante: marroni, nere o di tanti colori e le sue maschere ancora più ingannevoli perché a volte possono simulare una lesione assolutamente benigna. Il melanoma usa le maschere come cavallo di Troia per poi venire chiaramente alla scoperto quando potrebbe essere ormai tardi. Anch’io da piccolo quando giocavo a nascondino usavo dei trucchi, scambiando ad esempio la mia T-shirt con quella del compagno, per non farmi scoprire e poi ridere alle spalle dell’amico che non mi aveva riconosciuto, beffato dal colore della maglia.
La maglia del melanoma può essere anche rosa per mimetizzarsi come un camaleonte sulla nostra pelle ma questa volta non è un gioco perché c’è in palio la vita. La diagnosi tardiva di un melanoma è una sconfitta per tutti: per il medico, per il paziente e per la società, se la prevenzione e la sensibilizzazione alla diagnosi precoce non diventano un’educazione perseverante e continuativa.
Melanoma Sintomi
I criteri clinici – prurito, sanguinamento e ulcerazione – sono un’arma spuntata per la diagnosi precoce e anche la semplice osservazione con una lente di ingrandimento che permette solo di cogliere gli aspetti superficiali ed esterni di una lesione non è sufficiente ad individuare una neoformazione pigmentata sospetta o francamente maligna.
L’osservazione ad occhio nudo è simile a quella del ragazzo che, nell’acqua bassa del mare, insegue invano un pesciolino con il suo retino ma, a causa della rifrazione della luce, non riesce a individuare esattamente la posizione dell’animale sott’acqua. Le possibilità aumentano se il ragazzo usa una maschera e immerge il capo in acqua perché riesce a focalizzare esattamente la posizione e il nascondiglio del piccolo pesce.
L’epiluminescenza è la metodica nuova che consente al dermatologo di «immergersi» all’interno della lesione e osservando gli aspetti più intimi aiutarlo a scovarlo in fase precoce quando è solo un melanoma in situ.
Tana per il melanoma!