Quale il trattamento più efficace per la psoriasi? Esiste una terapia priva di effetti collaterali che garantisca la guarigione? I farmaci sono uguali per tutti i pazienti? Quale la terapia migliore nei bambini? E’ vero che è psicosomatica?
La psoriasi, un solo nome per descrivere tante manifestazioni diverse, e le terapie, alcune già note e altre di nuova generazione: è possibile delineare chiaramente delle informazioni utili al paziente per un atteggiamento critico e consapevole sulla sua condizione e sul trattamento?
La consulenza dal dermatologo non deve ridursi solo alla visita del paziente, alla diagnosi e alla prescrizione della terapia ma credo sia doveroso che lo specialista investa il tempo anche per informare sui motivi della scelta terapeutica, sui possibili benefici, sui meccanismi d’azione e soprattutto sui possibili effetti collaterali.
La prescrizione della terapia deve tener presente anche dell’eventuale comorbidità della malattia, ovvero la concomitante presenza di psoriasi e di un’altra patologia, per individuare il principio attivo più adatto che non interferisca con i farmaci che il paziente già assume. Ricordo ancora quando mia nonna si presentava dal medico per un nuovo disturbo e portava con sé la sua «sportina» di plastica piena di farmaci. Il medico non deve ridursi solo a prescrivere e il paziente non è e non deve essere un consumatore di compresse e pomate.
La frenesia quotidiana rischia di sottrarre tempo alla comunicazione tra il dermatologo e il paziente, impoverendola fino a farla diventare solo l’incontro tra uno specialista e una malattia.
La compliance, ovvero la volontà del paziente di attenersi alle indicazioni terapeutiche dello specialista, condizionata da una comunicazione gratificante ed esaustiva, è il fattore che influenza sensibilmente la volontà del paziente ad attenersi scrupolosamente alla terapia. Al contrario, se la conversazione non coinvolge attivamente la persona, aumentano le possibilità di abbandono o interruzione del trattamento con conseguenze negative sulla condizione fisica (malattia non curata) e di conseguenza psicologica dell’individuo.
Il coinvolgimento nasce dal desiderio del medico di condividere le sue conoscenze specialistiche con il paziente, rendendolo partecipe adottando un linguaggio, che senza perdere la serietà scientifica dell’informazione, «viaggia» su una frequenza facilmente comprensibile.
Se la psoriasi è una malattia che non uccide, un mancato o scorretto trattamento porta a ripercussioni psicologiche che influenzano negativamente la qualità di vita dell’individuo.
I progressi terapeutici degli ultimi anni sono stati notevoli ma è importante sottolineare che un farmaco consigliato con beneficio ad un paziente può non esserlo per un altro. La varietà clinica, la sede e l’estensione delle lesioni, l’età del soggetto, i trattamenti precedenti e le malattie associate sono i fattori che influiscono sulla scelta terapeutica.
Se le manifestazioni della psoriasi interessano meno del 30% della superficie corporea si consiglia il trattamento topico (applicazione sulla pelle dei farmaci), finalizzato inizialmente alla rimozione delle squame («fase di decappaggio»), necessaria per il successo di ogni terapia locale perché possono rappresentare uno scudo all’assorbimento cutaneo dei principi attivi applicati sulla pelle. Rimosse le squame i farmaci applicati mirano a contrastare l’accelerata proliferazione dei cheratinociti e ad attenuare l’infiammazione.
Le terapie per la psoriasi sono diverse ed efficaci se correttamente prescritte. Formulata la diagnosi, consigliato il trattamento, rimane comunque una variabile che può condizionare il successo della prescrizione: la risposta individuale del soggetto al trattamento.
- Acido salicilico al 5-10% – veicolato in vaselina alba o lozione è un cheratolitico che non deve essere usato nelle pieghe o sulle mucose. L’uso cronico specie su cute lesa potrebbe favorire un’intossicazione da salicilati.
- Catrame minerale (coaltar) o vegetale (es. olio di cade o di ginepro) alla concentrazione del 3-5%, è un’alternativa ma può causare follicoliti e irritazione cutanea.
- Ditranolo – derivato della crisarobina, nota anche come polvere di Goa perché esportata la prima volta dal Brasile alla colonia portoghese di Goa, veniva inizialmente usato per il trattamento della tigna (infezione micotica) e solo per caso si scoprirono i suoi effetti curativi sulle placche di psoriasi. Possibile l’irritazione cutanea dopo un trattamento prolungato.
- Cortisonici – rappresentano i farmaci storici, utilizzati per la prima volta a metà degli anni 50, agiscono rapidamente. Hanno un’azione antiinfiammatoria, antiproliferativa e vasocostrittiva. Classificati in 7 differenti gruppi in base alla loro potenza clinica possono determinare un’assottigliamento della cute (atrofia) se utilizzati per lunghi periodi. Di solito, quelli a bassa potenza sono indicati per il trattamento della psoriasi infantile e per le localizzazioni del volto, collo e delle pieghe, comprese quelle dei genitali. Le formulazioni: crema, pomata (crema idrofoba), emulsione, unguento,lozioni o mousse se correttamente impiegate consentono di veicolare il principio attivo più efficacemente, riducendo la durata di trattamento e di conseguenza il rischio di effetti collaterali. Il loro uso protratto può determinare tachifilassi.
- Derivati della vitamina D3 – hanno un meccanismo di azione simile a quello dei corticosteroidi, rispetto ai quali agiscono più lentamente e non hanno i loro effetti collaterali. Inoltre, alcuni di essi sembrano efficaci nel trattamento della psoriasi localizzata alle unghie. Rari gli effetti collaterali: aumento del Calcio e degli Acidi Urici nel sangue. Esistono anche topici combinati (steroidi + analoghi della vitamina D3), indicati per il trattamento della psoriasi lieve o moderata, i quali sfruttano la sinergia d’azione delle due molecole per ottenere un’efficacia maggiore, una minore durata di somministrazione e di conseguenza una riduzione del rischio di effetti collaterali.
- Inibitori topici della calcineurina – farmaci registrati per il trattamento dell’eczema atopico nei soggetti con più di due anni, ma efficaci, secondo alcuni studi, anche in altre patologie infiammatorie quali dermatite seborroica, lichen planus, vitiligine e psoriasi, soprattutto se localizzata al volto, al collo, ai genitali o alle pieghe. La sensazione del bruciore accompagna sempre le prime applicazioni sulle lesioni di tali farmaci.
- Fototerapia – utilizzata per la prima volta dopo il primo conflitto mondiale, attualmente impiega soprattutto gli UVB con emissione intorno a 311 nm (UVB a banda stretta) per contrastare l’eccessiva proliferazione cellulare e modulare il pattern di citochine infiammatorie tipiche della malattia. La fototerapia è indicata solo se la malattia interessa più del 10% della superficie corporea. Controindicata nelle forme di psoriasi pustolosa, eritrodermica e suberitrodermica, e nei soggetti con cheratosi attiniche o che hanno asportato un tumore della pelle, possono creare un danno cumulativo cellulare che potrebbe contribuire all’insorgenza di tumori cutanei.
- Retinoidi – elettivamente indicati nelle forme di psoriasi pustolosa o palmo-plantare possono essere teratogeni se assunti da una donna in età fertile. La loro assunzione può determinare un aumento transitorio dei valori ematici di colesterolo, trigliceridi e dei parametri di funzionalità epatica. Prima di iniziare la terapia è opportuno monitorare i valori basali ematochimici e ricontrollarli nel proseguo della terapia.
- Ciclosporina – usata da 30 anni per prevenire il rigetto del trapianto si scoprì casualmente la sua efficacia quando in un soggetto trapiantato favorì la regressione della psoriasi. L’ipertensione, l’aumento di alcuni parametri di funzionalità renale e l’ipertricosi sono gli effetti collaterali più comuni.
- Antimetabolici – indicati in tutte le forme di psoriasi, compresa quella artropatica, sono teratogeni se somministrati durante i primi tre mesi di gravidanza, può determinare un calo dei globuli bianchi, alterazione della funzionalità epatica e renale.
- Farmaci biologici – di recente introduzione mirano a contrastare, neutralizzare o inibire specifici e selettivi meccanismi citochinici che inducono, mantengono o scatenano la malattia. Indicati sia per il trattamento della artropatia psoriasica sia della psoriasi in placche moderata e severa. Le infezioni opportuniste sono gli effetti collaterali più comuni.
La conoscenza dei meccanismi d’azione e dei più comuni e probabili effetti collaterali, alcuni dei quali rilevanti, non devono assolutamente far formulare il giudizio: il farmaco è «tossico», ma alimentare il senso critico del paziente.
Infine, non sono da trascurare alcune norme comportamentali:
- idratazione – l’uso continuo degli emollienti riduce la componente squamosa delle placche, levigando la pelle;
- rimozione squame – rimuovendole manualmente si può favorire la comparsa di un gemizio di sangue e predisporre la cute alle infezioni;
- traumatismo – da evitare in quanto favorisce la comparsa di nuove placche psoriasiche;
- dieta – evitare l’introito di alcol che potrebbe compromettere la funzionalità epatica e sconsigliare, se fosse necessario, l’impiego di farmaci che vengono eliminati attraverso il fegato. Al contrario, non ci sono chiare evidenze scientifiche sull’influenza degli alimenti sull’insorgenza e il mantenimento della malattia;
- attività sportiva – importante per mantenere il proprio peso ideale per gli eventuali dosaggi di alcuni farmaci. Se il peso è in eccesso anche la dose del farmaco deve aumentare proporzionalmente e di conseguenza aumentano le probabilità che si manifestino degli effetti collaterali. Lo sport consente, inoltre, di controllare i valori pressori che possono aumentare nel corso di alcune specifiche terapie per la psoriasi;
- esposizione al sole – alcune forme di psoriasi possono trarne giovamento. Attenzione alle esagerazioni, evitando le scottature, fattore di rischio per l’insorgenza di altre problematiche cutanee.