La salute della pelle a cura di
Dermatologia Myskin

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Dermatite Atopica: tutte le indicazioni per una corretta detersione

Lavare e idratare la pelle atopica…fondamentale si..ma come?

La pelle atopica presenta caratteristiche di secchezza ed irritabilità che richiedono una corretta detersione ed idratazione, parte integrante e non trascurabile della gestione quotidiana della malattia.

Più la pelle è idratata, meno infiammazione, prurito ed eczema si sovrappongono con conseguente minor utilizzo di farmaci e miglioramento della qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. La necessità di idratare correttamente è trasversale, sia nelle forme lievi o in remissione che nelle forme severe.

Come si lava la pelle atopica?

  • L’acqua deve avere una temperatura non superiore a 34°C
  • La doccia deve essere di breve durata (5 minuti): la presenza di calcare aumenta la secchezza della pelle. Se si fa il bagno, non superare i 15 minuti ed eventualmente aggiungere all’acqua un emolliente liquido per neutralizzare la durezza della stessa. Sono consigliabili soluzioni oleose detergenti a base di oli minerali da aggiungere a fine bagno o applicare sulla cute.
  • Preferire un pane dermatologico (non alcalino) o un gel lipidizzante, evitando detergenti schiumogeni e profumati. Meglio utilizzare i saponi non saponi (syndet) o il sapone di Marsiglia (derivato dall’olio di oliva).
  • Asciugare tamponando (lo sfregamento attiva la sensazione di prurito); se presente un eccesso di detergente risciacquare e togliere con un fazzoletto di carta.
  • Nel caso di neonati/lattanti può essere sufficiente detergerli con sola acqua, anche a giorni alterni, in particolare se allattati al seno. Il sapone (sapone di Marsiglia) riservarlo a situazioni in cui si sporchino o se nutriti artificialmente con il biberon.
  • Anche negli atopici più grandi può essere sufficiente utilizzare sapone su viso, ascelle, genitali, mani e piedi, utilizzando sola acqua nelle restanti sedi corporee.

E se nell’acqua aggiungo…

  • amido di riso: ha capacità antinfiammatorie, lenitive ed ammorbidenti. E’ utile sciogliere 3-4 cucchiaini in acqua. Utilizzare, però, amido di riso purissimo (in erboristeria) e non modificato.
  • bicarbonato di sodio: ha un’azione antinfiammatoria e riduce le irritazioni cutanee. Sciogliere 2 cucchiai nell’acqua del bagno.
  • farina di avena colloidale: sciogliere la farina (in erboristeria) nell’acqua del bagno e rimanere immersi per circa 15 minuti. Ha proprietà antinfiammatorie e lenitive. Va detto che sono stati segnalati casi di allergia verso gli estratti di avena presenti nei cosmetici (reazioni da contatto e reazioni immediate tipo orticaria/angioedema) e anche per contatto alimentare con l’avena. Evitare, pertanto, di aggiungere avena colloidale in caso di sensiblizzazione nota e non trascurare questa possibilità in caso di reazioni irritative da contatto, orticaria o angioedema.

Come si idrata la pelle atopica?

Idratare la pelle significa aumentarne il contenuto in acqua, riducendone la perdita (cosiddetta TEWL). Molto dipende dalla composizione, ma anche dalla formulazione. Una crema grassa, adatta per pelli particolarmente secche, può garantire un’idratazione utile per 6-8 ore; un’emulsione, invece, determinando una veloce evaporazione dell’acqua, garantisce idratazione per 2-3 ore ed un minimo effetto barriera. E’ quindi indicata per le dermatiti essudative.

Come si fa a scegliere il prodotto giusto?

Gli idratanti si distinguono in base all’azione prevalente dei suoi componenti e vanno scelti in base alle condizioni della pelle. Lo specialista dermatologo potrà consigliarvi idratanti attivi ad azione igroscopica (umettanti), ad azione occlusiva o di ripristino della barriera cutanea.

Gli umettanti assorbono e trattengono acqua nello strato corneo. Sono ad esempio glicerina, sorbitolo, urea e alfa-idrossiacidi, allantoina, NMF, collagene, acido ialuronico. Sono emulsioni (olio in acqua O/A) o gel idrati.

Gli occlusivi formano un sottile strato che trattiene l’umidità ambientale e riduce la TEWL. Sono emulsioni A/O (acqua in olio), gel anidri, oli, gel e stick di protezione. Talora sono condizionati dalla formazione di comedoni, follicoliti ed eventuale dermatite da contatto.

rispristinanti la funzione di barriera sono acidi grassi essenziali polinsaruri, sfingolipidi e fosfolipidi, ceramidi. Agiscono rallentando la TEWL e potenziando la capacità della pelle di trattenere acqua. Sono emulsioni A/O (acqua in olio), gel anidri, oli, gel e stick di protezione.

Gli emollienti passivi, invece, sono lanolina, vaselina, olii minerali e vegetali, acidi grassi e silicone. La vaselina (costituita al 100% da lipidi) ha il vantaggio di costare poco ed essere occlusiva (utile in alcune situazioni), ma pur essendo un buon miscelante in realtà idrata poco e può essere irritante.

Ma è davvero importante utilizzare idratanti attivi?

Certo… veicolare delle molecole attive in grado di riparare la barriera cutanea oltre alla pura idratazione è importantissimo.

Nella dermatite atopica (e in altri disordini di natura allergica come a esempio allergie alimentari, rinite ed asma allergica…) sono possibili mutazioni a carico del gene per la filaggrina.

Topici in grado di integrare la proteina o suoi precursori sono in grado di velocizzare la riparazione della barriera cutanea ove danneggiata.

Ugualmente risultano importanti le creme ricche in ceramidi. Gli atopici, infatti, sono carenti in ceramidi, lipidi che trattengono acqua nello strato superficiale della pelle, rendendola meno permeabile ad allergeni, microrganismi ed agenti irritanti. L’integrarli dall’esterno significa rafforzare la barriera cutanea e ridurre tutti i fattori che favoriscono il mantenimento dell’eczema.

Quando si idrata la pelle?

Al contrario di quanto di può pensare il bagno (o la doccia) secca la pelle. Se però si idrata subito dopo il bagno (entro 3 minuti) la pelle diventa più morbida ed elastica.

L’emolliente va massaggiato bene per evitare macerazione ed irritazioni. Si consiglia di ripetere l’idratazione dopo 15 minuti in caso di secchezza eccessiva per compensare con nuovo apporto di lipidi l’evaporazione del bagno e della prima applicazione. In caso di aree particolarmente pruriginose, dopo idratazione ed emollienza, può essere utile bendare per ridurre la sensazione e proteggere dal grattamento.

Si consiglia:

  • per arti e tronco: una applicazione al giorno
  • per mani e volto: più applicazioni al giorno (sottoposte a insulti esterni e lavaggi ripetuti)

Ma si può “idratare” solo con le creme?

Esiste la possibilità di utilizzare integratori alimentari specifici che hanno la capacità di migliorare la barriera cutanea riducendo l’intensità e la frequenza degli stati infiammatori e potenziando l’attività antiossidante e antiallergica (cutanea e respiratoria).

Alcuni esempi:

  • Auxille Immuplus® (Envicon). A base di curcumina e resveratrolo, ha un’azione antiossidante ed antinfiammatoria. Favorisce le naturali difese dell’organismo. Se ne consiglia l’utilizzo nel periodo di maggiori manifestazioni allergiche.
  • Topialyse capsule® (SVR). Integratore per pelli atopiche, secche e con attività antiage. Totalmente vegetale con olio di borragine, acido linolenico, vitamina E. Ha un’azione ristrutturante ed idratante.
  • Bifiderm® (Bayer) a base di probiotici (Bifisobacterium Breve BR03 e Lactobacillus salivaris LS01), è un trattamento mirato per la dermatite atopica, contribuisce ad alleviarne i sintomi e ridurre la frequenza delle recidive.
  • Floratopic® (Pizeta) a base di probiotici Lactobacillus salivaris LS01), anch’esso indicato per la dermatite atopica per alleviarne i sintomi e ridurre la frequenza delle recidive.
  • Humana Daiet B gocce: è un integratore ricco in acidi grassi omega 6 e omega 3 e di acido gamma linolenico, utile in caso di dermatite atopica per migliorare la barriera cutanea e ridurre l’infiammazione.

E quanto costa tutta questa detersione ed emollienza?

In Finlandia è stato stimato che i costi medi per i bambini affetti da dermatite atopica da 0 a 2 anni sono pari a 275 euro, 1408 per l’asma, 3182 per le allergie alimentari. Nel caso della dermatite atopica questi costi sono legati alle visite specialistiche, ai topici utilizzati, al tempo impiegato dai genitori per accompagnare i bambini alle visite e di conseguenza al lavoro perso. (1)

In Italia uno studio pubblicato dal gruppo di Allergologia di Bologna (2) quantificava in circa 1250 euro la spesa media della famiglia di un bambino atopico: dagli 800 delle forme lievi ai 2200 delle forme gravi.

Forse sarebbe il caso che il SSN ne tenesse conto iniziando ad aiutare le famiglie atopiche per dare a questi bambini la possibilità di una costante corretta gestione della malattia?

Bibliografia

1. Alanne S et al. Costs of allergic diseases from birth to two years in Finland. Public health 2012: 126 (10):866-72

2. Ricci G et al. J Pediatr Healthcare. Atopic Dermatitis in Italian children: evaluation of its economic impact 2006: 20(6):311-316

Le ulcere cutanee: come trattarle?

Prevenzione, trattamento della causa, medicazioni avanzate ma anche e soprattutto corretta nutrizione del paziente con le ulcere piaghe da decubito per un apporto quantitativo e qualitativo di tutti i micronutrienti che assorbiti dall’organismo saranno utilizzati per riparare la ferita.

Chi non ha mai usato impacchi di acqua e sale per cercare di risolvere un problema di dermatite alzi la mano! Così come coloro che di nascosto hanno gettato un pugno di ceci nel pozzo per guarire dalle verruche oppure le hanno accuratamente ricoperte da sottili fettine di aglio fresco.

I rimedi della nonna non sono l’unico esempio di improvvisazione in quanto anche nel caso delle ulcere cutanee, spesso, lo sono i trattamenti medici.

L’ulcera cutanea è una ferita che consiste nella perdita di sostanza e può essere superficiale se confinata all’epidermide o molto profonda se arriva ad interessare i muscoli fino all’esposizione del tessuto osseo.

Le ulcere sono una problematica dell’adulto o dell’anziano e riconoscono molteplici cause. In particolare quelle da decubito si manifestano in circa il 20-25% dei soggetti anziani.

Queste si manifestano nelle aree sottoposte a pressione, pertanto sono comuni nei soggetti allettati o costretti a stare seduti sulle sedie a rotelle.

Talloni, regione trocanterica, sacro, dorso, gomiti, orecchie sono le aree maggiormente interessate dalla perdita di sostanza. Il loro trattamento è importante sia per migliorare la qualità di vita della persona già compromessa dalle condizioni di salute generale sia per guarire tale lesioni evitando tutta una serie di possibili complicanze a volte anche fatali quali la setticemia.

Per la corretta gestione dell’ulcere è centrale la figura del dermatologo all’interno di un network di professionisti che insieme collaborano nell’interesse della persona.

Prima di tutto nei soggetti a rischio è fondamentale la prevenzione, adottando specifiche manovre per la posturazione del soggetto allettato. Invece, nei casi in cui l’ulcera è già presente bisogna identificare, isolare e trattare la causa che potrebbe essere di natura: vascolare, metabolica (diabete), neuropatica…

Successivamente, è necessario definire un approccio personalizzato e dinamico.

Personalizzato significa specifico per ogni paziente, dinamico che richiede un monitoraggio del trattamento per modularlo tempestivamente in base all’andamento della guarigione.

Anche in questo caso la medicina popolare e quella ufficiale è ricca di rimedi: sterco, fango, urina, ragnatele, grasso animale, aceto, miele, zucchero…

Invece, l’approccio scientifico e metodologico delle ulcere inizia solo dopo il 1962 quando il medico inglese George Winter notò che la riparazione dei tessuti era due volte più veloce se si verificavano determinate condizioni ambientali della ferita: l’ambiente umido.

Ambiente umido non significa bagnare la ferita perché guarisca prima, lo scrivo per coloro che già immagino con taniche di acqua di mare o pronti ad aprire il rubinetto di casa per fare scorrere acqua fresca sulla ferita.

Ambiente umido è la descrizione tecnica di quel palcoscenico cellulare dove i meccanismi di riparazione tissutale devono essere innescati e opportunamente stimolati. Si tratta di un processo delicato che richiede il corretto inquadramento della ferita.

Per farlo è necessario dedicare del tempo ed è proprio l’acronimo in inglese della parola tempo, TIME, che detta al medico gli step da seguire e le attenzioni da prestare nella valutazione dell’ulcera.

Si valuta se presente una patina giallastra sul fondo della ferita, quale la detersione è indicata, se è presente un’infezione o una carica batterica che ostacola la guarigione, quanto essudato è presente e come si manifestano i margini e i bordi della ferita.

Solo a questo punto è possibile definire il programma di trattamento personalizzato che, oggi, si basa sull’impiego di medicazioni avanzate – dispositivi in grado di modulare opportunamente la ferita per ricreare le condizioni ideali dell’ambiente umido descritto da Winter.

Idrocolloidi, schiume, alginati, idrogel… sono solo alcuni degli attivi di tali medicazioni.

In conclusione, per la riparazione delle ulcere diverse cellule dell’organismo devono essere in grado di poter svolgere il proprio ruolo e per farlo il medico deve cercare di ricreare le condizioni fisiologiche ideali.

Il sole e la nostra pelle: cosa è necessario sapere?

Il sole di oggi è «malato»? Il sole fa bene o fa male? Come scelgo la giusta crema solare? Quanta crema devo applicare? Che numero di fattore protettivo devo scegliere? Posso portare in spiaggia mio figlio di 2 anni? Ho la dermatite atopica: posso andare al sole? E’ possibile essere allergici alle creme solari? Esistono altri mezzi di fotoprotezione efficace oltre alle creme? Ho una carenza di Vitamina D, se sto al sole il mio corpo ne produce di più?

Sono queste alcune delle domande più gettonate negli ambulatori dermatologici in questi giorni e alle quali provo a rispondere.

Il sole di oggi è «malato»?

Definire il sole «malato» è un termine improprio. Non è infatti colpa del sole se sono aumentati i casi di melanoma e di carcinoma squamocellulare negli ultimi 50 anni. E’ dimostrato infatti che la quantità di energia solare assorbita dalla nostra pelle (UV index) è aumentata a causa della diminuzione dell’ozono stratosferico (il “buco dell’ozono”). E’ quindi la stratosfera ad essere «malata» e l’uso smodato di cloro-fluoro carburi (CFC) da parte dell’Uomo né è la principale causa (1).

Il sole fa bene o fa male?

Questa è la domanda più difficile in assoluto. La risposta più adeguata è: dipende!

Dipende dalla nostra pelle, dal nostro fototipo, se abbiamo qualche patologia cutanea, se abbiamo assunto dei farmaci prima di esporci al sole. Ecco una piccola tabella per orientarsi meglio.

Fototipo 1-2carnagione chiara, occhi chiari, capelli rossi o biondi, lentigginile persone con questi colori si scottano sempre e l’abbronzatura è quasi inesistente
Fototipo 3carnagione abbastanza chiara, occhi chiari o scuri, capelli biondi o castani, poche lentigginiqueste persone si scottano spesso e raggiungono una abbronzatura dorata
Fototipo 4-5-6carnagione olivastra/scura/ nera, occhi marroni, capelli scuri/neri, nessuna lentiggineNon si scottano quasi mai, l’abbronzatura è molto intensa
Dermatite Atopica, Psoriasi, Dermatite Seborroicaqueste patologie immunomediate normalmente migliorano con l’esposizione solare, ma una piccola parte dei malati peggiora in estate a causa di una eccessiva sudorazione o perché assume farmaci fotosensibilizzanti
Vitiliginespesso l’esposizione al sole induce un miglioramento dell’aspetto della zone chiare della pelle, ma abbronza di più le zone naturalmente scure, evidenziando quelle chiare. Nei casi più sfortunati, il sole può indurre una progressione e quindi un peggioramento della patologia che si manifesta con la comparsa di nuove macchie bianche
Acneinizialmente migliora poi successivamente dopo l’estate torna a peggiorare. L’abbronzatura maschera le cicatrici, ma provoca anche un aumento dello strato corneo che occlude i follicoli sebacei.
Lupus, Orticaria, Porfiria, Xeroderma Pigmentososono malattie causate dall’esposizione solare e che pertanto deve essere assolutamente evitata
Farmaci: anti-infiammatori, antibiotici, cortisoniciquesti e altri farmaci riducono la resistenza della pelle agli insulti provocati dal sole. E’ necessario leggere bene il foglietto illustrativo del farmaco usato alla ricerca di controindicazioni per quanto riguarda l’esposizione solare.
Figlio di 6 mesila pelle del neonato non ha ancora sviluppato i meccanismi difensivi dal danno solare quindi non va esposta al sole. I neonati devono uscire coperti dai vestiti e protetti con creme solari con fattori protettivi molto alti
Figlio di 2 annii bambini tra i 6 mesi e i 3 anni devono essere esposti al sole con estrema cautela e protetti con schermi solari molto alti. Lo strato corneo a quest’età è molto poco rappresentato e la produzione di melanina è minima. Le ustioni solari accadute in questi anni rappresentano un fattore di rischio per l’insorgenza di tumori cutanei in età adulta.

Come scelgo la crema solare giusta?

Ad oggi esistono in commercio moltissime tipologie diverse di filtri solari: creme, latti, oli, spray, fluidi. Ognuno di noi può scegliere la formulazione che più gli aggrada a seconda delle proprie necessità. Ad esempio su una cicatrice recente è meglio applicare una crema; sulle zone ricoperte da peli è più comodo applicare un latte; su una pelle tendenzialemente secca è più indicato un olio; su una pelle grassa o con acne è più gradevole applicare un fluido secco; su grandi superfici o sui bambini «sfuggenti» è strategico applicare un filtro spray.

Qualunque sia la formulazione o la marca che si preferisce, è importantissimo saper scegliere il giusto fattore protettivo contro i raggi ultravioletti (sia UVA che UVB) che viene espresso dalla dicitura SPF (Sun Protection Factor) seguita da un numero (da 6 a 50) o da una dicitura codificata (molto alta, alta, media, bassa).

Un fattore SPF 15 contro UVA e UVB è il limite minimo per ottenere una fotoprotezione efficace non solo contro le scottature ma anche contro i tumori della pelle. Un buon prodotto fotoprotettore deve avere una protezione contro UVA pari ad 1/3 di quella contro UVB.

Qual è il mio fototipo?

 

Nella tabella alcune indicazioni pratiche.

FototipoEsempioTipo di abbronzaturaFattore di protezione indicato
Fonte immagini utilizzate per i fototipi: Salute 24
Fototipo 1Fototipo I - Pelle molto chiara e con lentiggini, capelli chiari, leggermente tendenti al rossiccio, occhi azzurri o verdi. Una pelle delicata che non si abbronza e che non può essere esposta ai raggi solari senza protezioni e schermi totali, pena scottature e ustioni gravi e dolorose.non mi abbronzo maiSPF 50+ o molto alta
Fototipo 2Fototipo II - Caratteristico dei popoli nordici, questo fototipo è caratterizzato da pelle chiara, capelli biondi o castano chiaro e occhi verdi o azzurri. Si tratta di un tipo di pelle che si abbronza solo leggermente e che corre il rischio di scottature ed eritemi se non adeguatamente protetta, a causa della scarsa quantità di melanina presente.mi abbronzo poco e lentamente dopo anche 2 mesi di esposizioneSPF 50 o alta
Fototipo 3Fototipo III - Tipicamente mediterraneo, il fototipo III è molto diffuso in Italia. La pelle è chiara o leggermente olivastra, capelli castani o biondo scuro e occhi marroni o verdi. All'inizio dell'esposizione ai raggi solari, si rischiano leggere scottature, ma si tratta di un tipo di pelle che può abbronzarsi senza problemi. La protezione adeguata è comunque sempre raccomandabile.mi abbronzo dopo poche settimane di esposizione al soleSPF 30 o alta
Fototipo 4Fototipo IV - Carnagione scura e olivastra, capelli bruni e occhi castani: se chi presenta queste caratterisatiche pensa di non doversi proteggere cade in errore: con melanina in quantità si è relativamente al sicuro da scottature ed eritemi, ma maggiore ed incombente è il rischio di invecchiamento precoce a causa della sovraesposizione ai raggi solari.mi abbronzo dopo 1 settimana di esposizione al soleSPF 20-15 o media
Fototipo 5Fototipo V - Pelle scura, capelli neri e occhi scuri: chi appartiene a questo fototipo ha tantissima melanina e si scotta raramente. I dermatologi consigliano comunque di utilizzare creme e filtri solari per proteggere la pelle dai raggi ultravioletti.mi abbronzo dopo 2-3 giorni di esposizione al soleSPF 10 o basso
Fototipo 6Fototipo VI - Carnagione nera, capelli neri, occhi neri: in chi presenta il fototipo VI non si riscontra alcun cambiamento di colorito a seconda dell'esposizione ai raggi Uva, a meno che questa non avvenga dopo un lungo periodo senza sole. È opportuno quindi mantenere la pelle idratata e utilizzare prodotti protettivi per le labbra.mi abbronzo dopo 1 giorno di esposizione al soleSPF 6 o basso

Quanta crema devo applicare?

I fattori protettivi scritti sulle confezioni delle creme solari vengono assegnati dopo aver superato un test internazionale (il COLIPA test method), che consiste nell’applicare 2 mg di crema in un cm2 di cute ed esporla ad un simulatore solare. Se vogliamo applicare sul nostro corpo il filtro solare dichiarato sulla confezione dovremo usarne la stessa quantità. Ad esempio, una persona alta 170 cm che pesa 70 kg (superficie corporea 180 cm2) deve applicare circa 36 grammi di prodotto ad ogni applicazione. In 7 giorni di vacanza al mare a due applicazioni al giorno, useremo quindi 500 grammi di prodotto, pari a 4 confezioni da 150 grammi!

Siccome nessuno di noi porta in spiaggia la bilancia di precisione, può essere più semplice seguire la regola «del cucchiaio da the»(2): mezzo cucchiaio per viso e collo, mezzo per ogni braccio, un cucchiaio per il torace, uno per il dorso e uno per ogni gamba.

Quando devo applicare la crema?

Circa 20-30 minuti prima di esporsi al sole. Ma una seconda applicazione dopo 20 minuti previene l’assorbimento di un ulteriore 80% di UV. Le successive applicazioni devono essere fatte ogni 2 ore circa, nella stessa quantità.

Il test COLIPA controlla anche la sostantività dello schermo solare, ossia la capacità di resistere all’acqua e al sudore. La dicitura water resistant (resistente all’acqua) per i filtri che mantengono l’SPF dopo 2 immersioni di 20 minuti e la dicitura very water resistant (molto resistente all’acqua) dopo 4 immersioni di 20 minuti. È importante però ricordare che l’asciugatura con l’asciugamano dopo un bagno o durante una partita a beach volley rimuove fino all’85% del prodotto applicato!

È possibile essere allergici alle creme solari?

Purtroppo si! Anche nelle creme solari esistono conservanti, profumi e altre sostanze che possono causare allergie da contatto, come per qualsiasi crema. Inoltre, con l’esposizione al sole, i componenti delle creme solari subiscono delle trasformazioni strutturali che ne alterano le caratteristiche filtranti.

Esistono altri mezzi di fotoprotezione efficace oltre alle creme?

Molti tessuti presentano un certo grado di protezione solare (denominato UPF). Il cotone e il lino, tessuti di cui sono composti gli ombrelloni al mare e i vestiti prendisole, hanno un UPF 15 e quindi, contrariamente a quanto si possa pensare, stare sotto l’ombrellone non riduce di molto il rischio di tumori cutanei. Lavare e stirare i tessuti ne aumenta l’UPF, mentre quelli bagnati sono più permeabili ai raggi UV. Un cappello a tesa larga (maggiore di 7 cm) corrisponde ad un SPF 7 per il naso e 5 per il collo.

Da qualche anno sono in commercio, soprattutto nell’abbigliamento sportivo e tecnico, dei tessuti anti UV.

Durante l’attività sportiva o lavorativa sotto il sole sono preferibili alle creme perché offrono una protezione costante e duratura.

Ho una carenza di vitamina D posso aumentarla esponendomi al sole?

La vitamina D2 (ergocalciferolo) è prodotta dalla cute in seguito all’esposizione ai raggi UV. Durante l’estate ne viene prodotta una quantità in esubero che si accumula nell’organismo e viene utilizzata nel periodo invernale. Per produrre una sufficiente quantità di Vitamina D2 è necessario esporre al sole il 15% della superficie corporea per 15 minuti.

Ma le fonti principali di Vitamina D sono i cibi ( pesci grassi come salmone e aringhe, verdure verdi, latte e uova) o gli integratori alimentari. Solo questi ultimi sono riportati nelle linee guida internazionali come veramente efficaci nell’aumento dei livelli di Vitamina D dell’organismo.

Sfatiamo un po di miti

  • passeggiando sul bagnasciuga ci si scotta meno che restando fermi sul lettino: Falso! Muoversi sotto il sole non è un fattore protettivo, anzi la sudorazione indotta dallo sforzo e la rifrazione dell’acqua del mare possono addirittura aumentare la quantità di radiazioni assorbite dalla pelle.
  • il sole preso in città è meno intenso di quello preso in spiaggia: Falso! L’indice di irraggiamento (UV index) non cambia tra la città e la spiaggia. Potete facilmente verificalo controllando le previsioni metereologiche in qualunque quotidiano o sito meteo. Cambia invece la quantità di superficie corporea esposta perché in città siamo più coperti dai vestiti, e la durata dell’esposizione solare.
  • non esponendosi al sole per tutta l’estate in corso si riduce il rischio di sviluppare un tumore della pelle: Falso! Restare rinchiusi per tutta un’estate può solo ridurci il tono dell’umore, non certo il rischio di melanoma. Purtroppo la nostra pelle ha “memoria” di tutte le esposizioni solari e delle scottature che abbiamo avuto fin dalla tenera età. Le persone che lavorano all’aperto per anni (outdoor warkers) come gli agricoltori o gli operatori dell’edilizia, sono esposti ad un alto rischio di tumore cutaneo anche se trascorrono le loro domeniche chiusi in casa al buio.
  • proteggendo i nei con lo schermo totale si riduce il rischio di melanoma cutaneo: Falso! Doppiamente falso inquanto non esiste uno schermo “totale” ed è stato dimostrato che è più frequente che un melanoma si sviluppi sulla cute “bianca” che su un nevo preesistente. E’ quindi necessario proteggere tutta la superficie cutanea, sia quella con i nevi, sia quella senza nevi.

In conclusione, le domande che ogni giorno ci poniamo, dermatologi e pazienti, non hanno sempre una sola risposta, ma vanno personalizzate ai problemi dei singoli. E’ importante però saper scegliere i giusti comportamenti e i giusti presidi per ridurre il rischio di tumore cutaneo e godere dei benefici di una bella giornata al mare!

Riferimenti bibliografici

1. Int J Biometeorol. 2012 Jul;56(4):727-35. Fifty years of changes in UV Index and implications for skin cancer in Australia. Lemus-Deschamps L1, Makin JK.

2. Arch Dermatol. 2002;138(6):838-839. The Teaspoon Rule of Applying Sunscreen Jeffrey Schneider, MD

La ciclosporina nella dermatite atopica: tutto ciò che devi sapere

Quando la Dermatite (o eczema) Atopica è particolarmente grave, coinvolge tanta parte della pelle, determina intenso prurito e non risponde ai trattamenti sintomatici (topici steroidei, inibitori della calcineurina, antistaminici) è necessario considerare la terapia sistemica (ovvero in grado di agire su molti o tutti gli organi).

I farmaci sistemici nel caso della Dermatite Atopica (vedi tabella) sono in grado di agire sul sistema immunitario allo scopo di riparare la barriera cutanea, ridurre il prurito e i sintomi cutanei.

Quali sono i farmaci sistemici e come si utilizzano nella Dermatite Atopica?

Cortisone0,75-2 mg/kg/giorno a scalare in 7-10 giorni
FototerapiaUVA e UVBnb in relazione al quadro clinico
Ciclosporina3-5 mg/kg/giorno a scalare o di preparazione ad altri trattamenti
AzatioprinaEfficace in monoterapia
Micofenolato mofetileDose d’attacco 2 gr/giorno, mantenimento 1 gr/giorno
Methotrexate7,5-25 mg/settimana
Alitretinoina10-30 mg/giorno soprattutto per eczema severo delle mani; teratogeno
Farmaci biologiciImmunoglobuline endovena, rituximab, mepolizumab, omalizumab, anti-TNFalfa, anti recettore di IL-6,
AntimicrobiciAntibiotici, antivirali, antimicotici
VitamineVitamina D
ITSPer pazienti sensibilizzati a pollini e acari della polvere

Cosa guida la scelta del farmaco?

  • la gravità della malattia
  • l’estensione della malattia
  • la presenza di altre malattie
  • l’età del paziente

Quando scegliere la terapia sistemica?

  • in caso di Dermatite Atopica moderata o grave (anche con precedenti di ricoveri ospedalieri)
  • in caso di mancata risposta al trattamento locale
  • in caso di malattia persistente e/o con frequenti ricadute

La malattia, infatti, pur avendo la tendenza a risolvere spontaneamente in tempi variabili, può continuare ad interessare età successive all’infanzia nel 40-60% dei casi. Spesso la scarsa severità rende sufficiente il trattamento topico. In alcuni casi, tuttavia, è necessario considerare terapie più impegnative.

Prima di iniziare un trattamento sistemico occorre escludere altre condizioni clinichesovrapposte (nulla vieta di avere più malattie contemporaneamente purtroppo!!), intercorrenti o da distinguere (diagnosi differenziale):

  • Dermatite allergica da contatto (in particolare verso topici in uso per la dermatite: eccipienti di emollienti, cortisonici….)
  • Dermatite irritativa da contatto
  • Syndrome genetica di Netherton
  • Micosi
  • Psoriasi
  • Syndrome da iper-IgE
  • Scarsa compliance (collaborazione) del paziente/genitori rispetto alle terapie locali

A quali accertamenti il paziente deve sottoporsi prima di iniziare una terapia sistemica?

  • esami ematochimici completi, funzionalità epato-renale
  • sierologia epatite B e C, HIV

Per quali malattie si utilizza ciclosporina?

  • trapianto d’organo o di midollo osseo per la prevenzione del rigetto
  • malattie autoimmunitarie
  • sindrome nefrosica
  • artrite reumatoide
  • psoriasi
  • dermatite atopica

Come agisce la ciclosporina?

La ciclosporina agisce inibendo l’attivazione e la proliferazione delle cellule T, bloccando la produzione di citochine dipendenti dal fattore di trascrizione NFAT. L’unione del farmaco al suo recettore impedisce la fosforilazione della proteina calcineurina (PP2B), e di conseguenza di NF-AT e delle proteine dipendenti da questo fattore. Per tale meccanismo d’azione è definita inibitore della calcineurina.

E’ in grado anche di interagire con il fattore NF-κB (Fattore Nucleare delle catene leggere anticorpali κ), coinvolto sempre nell’espressione di proteine infiammatorie ed immunitarie.

Cosa determina sulla pelle?

Ha la capacità di migliorare l’eczema, ridurre il prurito e migliorare rapidamente la qualità della vita dei pazienti atopici. E’ il farmaco più veloce nel determinare una risposta terapeutica (in media del 55% in 6-8 settimane di trattamento). La dose di attacco è 3-5 mg/kg/giorno, da scalare progressivamente in base alla risposta clinica.

Spesso sono sufficienti periodi relativamente brevi di trattamento. In caso di tendenza a frequenti recidive è possibile ripetere il ciclo più volte, qualora invece la malattia si mantenga severa è possibile dopo una fase d’attacco proseguire come terapia di fondo a basso dosaggio.

Associare terapie locali permette di velocizzare la risposta e ridurre di conseguenza i tempi ed i dosaggi.

Quali possono essere gli effetti collaterali della ciclosporina?

La maggior parte degli effetti dipendono dalla dose e regrediscono alla riduzione e/o sospensione della terapia.

  • tossicità renale
  • ipertensione arteriosa
  • crampi muscolari
  • aumentato rischio di neoplasie della pelle
  • ipertricosi
  • gengivite ipertrofica
  • cefalea, insonnia, agitazione, tremori/parestesie
  • nausea, anoressia, diarrea
  • iperuricemia, gotta
  • disturbi della visione
  • rash cutaneo
  • convulsioni
  • amenorrea
  • miopatia
  • pancreatite

A cosa bisogna stare attenti quando si assume ciclosporina?

La concentrazione della ciclosporina è diminuita dalla contemporanea assunzione di barbiturici, carbamazepina, fenitoina, nafcillina, sulfadimidina, rifampicina, octreotide, probucolo, orlistat, hypericum perforatum, ticlopidina, sulfinpirazone, terbinafina. La sospensione del farmaco può quindi determinare un picco di ciclosporina nel sangue.

Il succo di pompelmo aumenta la biodisponibilità della ciclosporina.

La concentrazione della ciclosporina è aumentata dalla contemporanea assunzione di macrolidi, ketoconazolo, fluconazolo, itraconazolo, diltiazem, nicardipina, verapamil, metoclopramide, contraccettivi orali, danazolo, metilprednisolone, allopurinolo, amiodarone, acido colico e derivati, inibitori della proteasi, imatinib.

Altre interazioni sono con: aminoglicosidi, amfotericina B, ciprofloxacina, vancomicina, trimetoprim, FANS,melfalan, antagonisti dei recettori H2.

Ciclosporina + tacrolimus aumenta la tossicità renale

Ciclosporina + nifedipina aumenta il rischio di iperplasie delle gengive

Ciclosporina + diclofenac può determinare tossicità renale

Ciclosporina e digossina/ colchicina, prednisolonoe e inibitori dell’HMG-Coa: ne riduce la clearance

La ciclosporina si può usare in gravidanza?

Sembra che il trattamento con ciclosporina determini un rischio maggiore di parti prematuri. Gli studi relativi a bambini (fino a 7 anni) nati da madri in trattamento con ciclosporina durante la gravidanza per ora non ha evidenziato disturbi renali e della pressione arteriosa. Non essendo, però, disponibili studi adeguati al momento non può essere usato in gravidanza.

Non è possibile l’allattamento al seno in donne in trattamento in quanto la ciclosporina passa nel latte materno.

Si usa la ciclosporina nei bambini?

Anche se non è frequente, e possibile ricorrere al farmaco anche in pazienti bambini, ma solo in casi selezionati e controllando molto spesso tutti i parametri che possono variare in corso di trattamento (pressione arteriosa, funzionalità renale…).

Acne nodulo cistica: manifestazioni cliniche e rimedi

L’acne nodulo-cistica è la forma più grave di acne e se non trattata tempestivamente esita in cicatrici molto spesso deturpanti e anti-estetiche.

L’acne nodulo-cistica si caratterizza per la comparsa al volto e/o tronco di noduli e/o cisti sottocutanei, infiammati a volte anche conglobati tra loro.

E’ una manifestazione che spesso, inevitabilmente, crea un disagio sociale, soprattutto psicologico, e il cui trattamento richiede un approccio specialistico dermatologico mirato. Infatti, è impensabile di risolvere tale tipologia di acne utilizzando solo dei topici da applicare sulla pelle quali ad esempio un detergente o un crema e peggio ancora immaginare di ottenere dei miglioramenti con il fai da te.

Le cicatrici, conseguenti ad un acne nodulo cistica non trattata, possono essere depresse, spesso caratterizzate da una colorazione più marcata – rosso-bruno – o rilevate sulla superficie cutanea, a tratti quasi di tipo cheloideo, e di colore più chiaro, biancastro oppure rosso, se infiammate, rispetto alla pigmentazione della pelle sana circostante.

A differenza delle forme intermedie di acne, tipo la papulo-pustolosa, o di quella lieve, la comedonica, quella nodulo-cistica si manifesta in seguito ad un’amplificazione importante dei meccanismi patogenetici della patologia. In altre parole, è presente un’iper-espressione dei meccanismi responsabili dell’acne.

A tutt’oggi non ci sono elementi clinici tali da far sospettare se un soggetto che inizia per la prima volta a presentare qualche brufolo svilupperà o meno una forma nodulo-cistica eccezion fatta per la familiarità. Spesso anche i genitori degli adolescenti con acne nodulo-cistica, da giovani, hanno avuto una manifestazione simile.

Infatti, al momento della visita del giovane paziente con acne capita di osservare sul viso della mamma e/o del papà rilevanti cicatrici conseguenti proprio a tale patologia non adeguatamente trattata a suo tempo e che lentamente, anno dopo anno, si è protratta fino a rovinare definitivamente la pelle.

«Non ti preoccupare! E’ solo uno sfogo di gioventù, vedrai che poi passa tutto!» È la frase che spesso, ancora oggi, parenti e/o amici rivolgono al paziente o al genitore di un adolescente con acne e se in un certo senso è vero che prima o poi l’acne va via, si risolve, dobbiamo chiederci e riflettere a che prezzo? In questi casi il prezzo sono le cicatrici!

Evitate assolutamente di lasciarvi condizionare da queste false rassicurazioni che se da un lato rasserenano la propria preoccupazione, dall’altro non aiutano a prendere coscienza del problema acne.

Evitate di pensare: «…e se avesse ragione?» questa riflessione è tipica di chi come lo struzzo mette la testa sotto la sabbia.

L’acne nodulo-cistica richiede la professionalità e la competenza del dermatologo ma anche la pazienza, a volte tanta, del paziente prima di poter apprezzare i miglioramenti sulla sua pelle.

La terapia d’elezione dell’acne nodulo cistica è l’isotretinoina, un derivato della vitamina A, un farmaco che il dermatologo conosce bene sotto tutti i punti di vista: efficacia ma anche effetti indesiderati ed eventualmente collaterali e soprattutto per quanto riguarda la modalità di somministrazione e il follow-up sistematico del paziente in trattamento con tale principio attivo.

Riconoscere tempestivamente le forme nodulo-cistiche di acne e iniziare di conseguenza il trattamento con isotretinoina è importante per evitare la formazione degli esiti cicatriziali che, oggi, a differenza del passato è possibile trattare e gestire al meglio per ripristinare la normale levigatezza della pelle.

l trattamento delle cicatrici da acne varia da soggetto a soggetto e può essere essenzialmente di tipo chimico, ad esempio peeling specifici, o fisico, ad esempio tramite l’impiego di sistemi laser ottimizzati per tale problematica quale il laser frazionato.

Il paziente non vuole guarire

Il paziente non vuole guarire, ama la sua condizione patologica e si rifiuta di assumere i farmaci perché sa che facendolo potrebbe curare il suo problema.

La sua malattia cutanea è una benedizione!

Mai nessuno prima d’ora era stato così premuroso nei suoi confronti.

Finalmente tutto intorno a lui era costellato di gentilezza, attenzioni e affetto come mai lo era stato prima.

Quello che nella frenesia quotidiana non era mai stato notato, il suo nascosto e intimo disagio psicologico, ora era stato risolto dalla malattia della sua pelle.

Ora la malattia era vita! Era relazione! Era esistenza!

Perché guarire?

«Maria, le ho spiegato che per la sua situazione è necessaria la somministrazione di specifici farmaci…»

«Non voglio assumere nessun farmaco!»

«Posso conoscere i motivi del suo rifiuto?»

«Dottore, sono disposta solo ad applicare delle creme!»

«Maria, il solo trattamento topico non è sufficiente per risolvere il suo problema!»

«Cara, ricordi la volta scorsa quando per lo stesso problema avevi iniziato la terapia con i farmaci per bocca e poi d’improvviso avevi sospeso il trattamento quando già dopo pochi giorni si notava il miglioramento e stavi guarendo?»

Silenzio.

«Maria, cosa l’ha portata a sospendere la terapia?»

Silenzio.

«Posso visitarla?»

«Lo conosce già il mio problema e non è cambiato nulla dall’ultima volta!»

«Maria, posso chiederle qual è la sua aspettativa nei confronti della sua malattia?»

«Voglio guarire!»

«Lo sa benissimo che senza il trattamento sistemico è molto improbabile e arduo…»

«Mi sono rassegnata, non faccio più nulla!»

«Ma lei non stava già facendo nulla!»

Silenzio.

Lo sguardo nel vuoto per nascondere il disagio. Eccola la sua ancora di salvezza: le sue macchie sulla pelle!

Mi fissa negli occhi e: «Dottore, ci vediamo tra un mese per vedere come procede?»

Silenzio.

Scabbia: i miti da sfatare

Niente allarmi, solo qualche attenzione in più

Non bisogna toccare chi ha la scabbia nemmeno per un secondo

Falso

Il contagio «interumano» necessita di contatti diretti e prolungati, non è sufficiente una stretta di mano per contrarre la scabbia.

I bambini sono più facilmente contagiati dalla scabbia e la «portano a casa»

Vero

I bambini sono i soggetti nei quali il parassita si diffonde più facilmente e il contatto tra i genitori e bambini è sufficiente a diffondere la malattia a tutta la famiglia.

Se un componente della famiglia ha la scabbia, deve curarsi tutta la famiglia

Vero

La terapia va seguita sia dal malato, sia dai familiari, sia da coloro sono venuti a contatto con la persona infestata. Questo evita spiacevoli tornei di ping pong tra il malato e i suoi familiari!.

Il prurito compare non appena si prende la scabbia

Falso

Un soggetto infestato sviluppa i primi sintomi di prurito solo dopo 3-6 settimane. Durante questo intervallo di tempo può però trasmettere la malattia ai suoi conviventi. Infatti la trasmissione può avvenire anche per contatto «indiretto» – uso di biancheria di un soggetto affetto, condivisione dello stesso letto o dormire nelle stesse lenzuola.

Il prurito è sempre segno di scabbia

Falso

Caratteristico della scabbia è un prurito incoercibile – si vedono evidenti segni di grattamento sulla cute – che è presente contemporaneamente in più persone appartenenti allo stesso nucleo familiare o comunità. E’ prevalentemente notturno e causa spesso insonnia. Ma molte altre malattie cutanee (e non) presentano il prurito tra i loro sintomi (il diabete, la dermatite atopica).

La scabbia è una malattia che viene solo agli extracomunitari

Falso

Il problema della scabbia è balzato alle cronache per i casi multipli al centro di accoglienza di Lampedusa. Ma tutti i luoghi affollati e ad alta promiscuità possono essere a rischio: case, asili, scuole, carceri, convitti, caserme, ospedali, residenze per anziani.

Chiunque stanzi o lavori in questi ambienti può infettarsi se non usa i dispositivi di protezione necessari, non solo gli extracomunitari!

La scabbia se la prendono solo quelli che non si lavano

Falso

È vero che uno scarso livello igienico è un fattore di rischio, ma non è sempre vera l’equazione scabbia uguale sporcizia: anche le persone più pulite possono venire a contatto con il parassita. Una corretta igiene della cute può ridurre il numero di acari e di conseguenza i sintomi, ma per questo può addirittura rendere più difficile la diagnosi precoce.

Se un bambino prende la scabbia va chiusa tutta la scuolafalso

Prima regola, non farsi prendere dal panico: l’Asl e la scuola seguono procedure molto scrupolose per isolare i singoli casi e prevenire la diffusione del contagio. E se per caso il vostro bambino fosse contagiato, ad oggi esistono terapie molto efficaci capaci di risolvere il problema in soli 8 giorni.

La scabbia si cura con una crema

Vero

Il rimedio più comune è una crema a base di antiparassitari che va spalmata sulla pelle asciutta e poi rimossa (dopo 8-12 ore) con un bagno o una doccia. Il trattamento prevede un primo ciclo della durata di due giorni per uccidere gli acari adulti, e un secondo ciclo che va ripetuto a distanza di una settimana per uccidere le larve appena nate. Un procedimento molto simile a quello usato in caso di pidocchi!

Il malato di scabbia deve stare isolato dagli altri

Vero

Per le prime 24 ore dall’inizio del trattamento (dopo aver applicato la crema medicata) è necessario che la persona infetta dorma da sola, non vada al lavoro o a scuola. I familiari e le persone che sono stati a stretto contatto con il malato devono essere sottoposte contemporaneamente allo stesso trattamento anche se non hanno prurito. I soggetti a basso rischio, come i compagni di classe, gli amici, i colleghi, vanno soltanto visitati e tenuti sotto sorveglianza.

I vestiti e le lenzuola del malato devono essere bruciati e non si può stare nella stanza dove si trova il malato

falso

I vestiti del malato, le lenzuola, le coperte, gli asciugamani, devono essere cambiati tutti i giorni, avendo cura di evitare qualsiasi scuotimento. Vanno messi in un sacco di plastica e spruzzati con un prodotto antiparassitario consigliato dal medico. Il sacchetto va tenuto chiuso per 24 ore e poi gli indumenti vanno lavati in lavatrice a 60°C.

Questo procedimento è meglio farlo indossando guanti monouso non sterili. I capi che non possono essere lavati ( ad esempio indumenti in lana) vanno messi in sacchetti di plastica chiusi ermeticamente, lasciati li per 7 giorni (L’acaro infatti, non vive per più di 3 giorni lontano dalla cute umana). La stanza va aerata tutti i giorni, il pavimento va lavato tutti i giorni con detergente disinfettante, non con scopa o aspirapolvere. Ma ci si può stanziare senza rischi.

Non servono mascherine o altre precauzioni particolari perché il contagio non avviene per via aerea.

La presenza di una persona affetta da scabbia in un ambiente pubblico va segnalata alla Asl

Vero

Secondo la normativa vigente, la scabbia è una malattia infettiva di Classe IV secondo quanto stabilito dal Decreto Ministeriale del 15 dicembre 1990

Dermatite atopica: la lettera di un bimbo a mamma e papà

Come imparare dai vostri figli atopici e aiutarli a gestire al meglio la loro pelle

Cari mamma e papà,

adesso parlo io!

è da quando sono nato (o quasi) che mi portate in giro per visite dal Dermatologo, dall’Allergologo…lui prova a spiegarvi tante cose su come fare a migliorare la mia pelle…. ma alle volte qualcuna non so perché non vi entra proprio in testa!

E allora ci penso io a rinfrescarvi la memoria!

«A volte i bambini atopici sono allergici agli acari della polvere e quando sono a lungo esposti alla polvere possono avere prurito agli occhi, alla pelle, fino a veri e propri disturbi respiratori».

«La pelle dei bambini atopici è più facile al prurito e iniziano a grattare ancora prima che si veda rossore e secchezza in chiazze o puntini rossi. Le cure vanno iniziate appena il bambino vi segnala il prurito o lo vedete grattare».

«La pelle atopica va lavata poco e velocemente (fare docce di 5-10 minuti e a temperatura massima di 32-33°c). Il sapone deve essere poco aggressivo e va risciacquato bene».

«Evitate fibre sintetiche e lana a contatto con la pelle, aumentano in effetti il senso di prurito».

«A volte la pelle è così irritata che anche un prodotto valido, adatto a pelli atopiche, ipoallergenico non sia tollerato. Se siete sicuri che il fastidio non sia dovuto ad un prodotto contenente sostanze a cui il bambino è risultato allergico, provate comunque a cambiarlo, se non riesce a sopportarlo. Cercate però di capire se non vuole soltanto un po’ di coccole in più!»

«Non dimenticate mai che la dermatite atopica risente fortemente degli stati di disagio emotivo… osservateli!».

«Benissimo, mandateli al mare se possibile e a lungo o spesso. L’abbinamento sole (con le dovute precauzioni) e acqua del mare è una vera terapia per la pelle atopica. Più tempo riescono a trascorrere al mare minor necessità di terapie avranno nel periodo invernale successivo».

  • Numero 1. Se quando vado a letto tento disperatamente di scoprirmi e svestirmi non è perché voglio fare un dispetto a voi che amorevolmente mi rimboccate le coperte… è perché il caldo mi fa aumentare il prurito! Io devo dormire non troppo coperto e in una cameretta poco umida! Ahhhh così si che riesco a farmi dei bei sonni!
  • Numero 2. Se mi sveglio nel mio letto con gli occhi rossi, che fanno prurito e mi gratto il viso e il collo…non ho passato tutta la notte sveglio a giocare di nascosto sotto le coperte!
  • Numero 3. Se vi dico che ho prurito anche quando sulla mia pelle non si vede nulla…non è una bugia…credetemi!
  • Numero 4. Lo so che non sto mai fermo, mi sporco, salto ovunque e adoro colorarmi le mani e la faccia…ma mamma…non mi lavare di continuo!!
  • Numero 5. La lana mi fa prurito! Non la voglio mettere!
  • Numero 6. Se vi dico che la crema brucia…può essere che la crema brucia!!!
  • Numero 7. (E’ nato mio fratello/è nata mia sorella…) ho prurito perché ho prurito
    • (Ho iniziato la scuola…) ho prurito perché ho prurito!
    • (Mi prendono in giro per la mia pelle) ho prurito perché ho prurito!
    • (Cambio casa, amici, scuola…) ho prurito perché ho prurito!
    • (Mamma e papà discutono tanto…) ho prurito perché ho prurito!
    • (Vorrei essere toccato e coccolato…) ho prurito perché ho prurito!
  • Numero 8. Voglio andare al MAREEE!

Si però alcune regole le conosco anch’io!

Hai ragione.. ci impegneremo ad ascoltare di più e meglio le tue sensazioni… ma anche tu devi aiutarci quando ci sono regole poco piacevoli da seguire!

  • Numero 1. Dobbiamo proprio togliere dalla tua cameretta tende, tappeti e peluches. Si accumula troppa polvere e ti fanno stare peggio…
  • Numero 2. Lo so vorresti mangiare tutto quello che mangiano i tuoi amici, ma sei allergico e dobbiamo proprio evitare di farlo. Insegna tu ai tuoi amici come aiutarti a riconoscere le cose che non puoi mangiare così sarà tutto più semplice per te… e magari qualche volta potremmo fargli assaggiare una delle nostre buonissime ricette alternative che tutto il vicinato ci invidia!
  • Numero 3. Quando hai tanto prurito, non dovresti mangiare cioccolata o pomodoro…aumentano il senso di prurito…Pazienza!
  • Numero 4. Le creme vanno proprio messe sai…anche quando stai bene dobbiamo prenderci 5 minuti alla sera per darci un po’ di crema. Più la pelle è morbida meno eczema e meno prurito comparirà. E non ti far sempre incremare…sei bravissimo anche a farlo da solo!

Se poi è un momento in cui la pelle non è proprio in forma, dobbiamo aggiungere anche le cure in crema o l’antistaminico… sono la nostra arma contro l’eczema e il prurito.. e la dobbiamo sfruttare bene.

Ho un funghetto! Le micosi

Dove si possono trovare i funghi?

funghi possono vivere ovunque: nell’acqua (sia dolce che salata), nel terreno (soprattutto in ambiente caldo umido) ma anche nelle feci di alcuni animali, soprattutto uccelli.

Esistono circa 150000 specie di funghi in natura, ma solo una minoranza è causa di malattie per piante e animali e solo un centinaio per l’Uomo.

I funghi sono pericolosi per l’Uomo?

La micologia è la scienza che studia la convivenza (parassitismo) più o meno felice, tra funghi (miceti) e Uomo e tra funghi e animali.

Nell’Uomo i funghi possono creare delle lesioni dirette ai nostri organi (micosi) oppure danni dovuti alla loro ingestione se velenosi (micetismo), oppure intossicazione se ingeriti come contaminanti dei cibi (micotossicosi).

Il Medico dermatologo si occupa delle micosi che interessano la parte più superficiale della cute (micosi cutanee superficiali o tinee o tigne), la parte più profonda della cute (micosi profonde o granulomatose o micetomi), oppure le unghie (onicomicosi).

Le micosi superficiali sono quelle più frequenti e sono causate soprattutto da una famiglia di funghi denominata «dermatofiti». Questi particolari funghi si nutrono di cheratina, uno dei costituenti principali della nostra epidermide, delle unghie, dei peli e capelli.

Essi vivono in particolare nel terreno (geofili), abitato da animali che vi liberano residui di cheratina (peli, unghie, pelle). Oppure possono vivere come parassiti degli animali (zoofili) o dell’Uomo (antropofili).

I miceti possono vivere nella nostra cute senza causare alcuna alterazione della nostra salute (in questo caso si chiamano funghi saprofiti) oppure possono diventare causa di malattie (patogeni). Questa capacità di trasformarsi da ospiti silenziosi a spiacevole compagnia si definisce «dismorfismo». Lo stesso fungo infatti, può oscillare, a seconda delle circostanze, da una forma saprofitica ad una patogena.

Come mi accorgo se ho una micosi?

A seconda della sede di infezione, la micosi si manifesta in modo diverso. Al cuoio capelluto (tinea capitis) è solitamente una chiazza priva di capelli (alopecia) o con capelli spezzati, lievemente squamante. Al torace (tinea corporis) è una macchia arrossata a forma di anello, con al centro cute sana. Ai piedi (tinea pedis o piede d’atleta) è una macerazione tra le dita con rossore e a volte vescicole. Agli inguini (tinea cruris) è una macchia arrossata e squamante spesso molto pruriginosa. Alle unghie (tinea unguium o onicomicosi) si presenta come un distacco dell’unghia dalla cute sottostante e con macchie di colore giallo-brunastro, non dolorosa.

Quali fattori favoriscono le micosi? Come me le posso prendere?

I fattori che inducono il dermatofita a diventare aggressivo nei nostri confronti (patogeno) sono l’umidità, la temperatura, il pH cutaneo, fattori ormonali, fattori razziali, l’uso di indumenti anti- igienici, la macerazione della cute, microtraumi da vestiti o scarpe.

I bambini soffrono più frequentemente di tinea capitis, gli sportivi e le persone che sudano molto ai piedi (iperidrosi plantare) soffrono più spesso di tinea pedis; chi indossa spesso indumenti stretti in particolare d’estate può essere predisposto allo sviluppo di tinca cruris.

Il contagio può avvenire per contatto con altri soggetti infetti (soprattutto tra i bambini con tinea capitis), oppure per autoinoculazione (ad esempio toccando o grattando una lesione ai piedi e subito dopo toccando il torace), oppure per contatto con animali infetti.

Quest’ultima evenienza è piuttosto rara e interessa in particolare cani e gatti randagi, non i comuni conviventi domestici che vengono tenuti con cura. Non è quindi necessario allontanare il nostro animale domestico in caso scoprissimo di avere una micosi.

Cosa faccio se sospetto di avere una micosi?

Nel sospetto di micosi cutanea è bene rivolgersi al proprio Medico di fiducia o al Dermatologo. Sarà cura del Medico, attraverso l’osservazione della lesione sia ad occhio nudo sia aiutato da particolari lampade (ad esempio la lampada di Wood, a luce viola) oppure attraverso l’esecuzione di alcuni esami più approfonditi come l’esame al microscopio o mettendo in un particolare terreno di coltura alcune scaglie di cute prelevate dalla chiazza, esprimere una diagnosi di micosi e consigliarvi la terapia più adeguata.

Ittiosi Volgare: le cause, come si manifesta e come si cura

Marco ha 10 anni e la madre riferiva che aveva sempre avuto, fin da piccolo, la pelle secca. Successivamente, con il passare degli anni erano comparse anche delle squame brunastre, poligonali, di grandi dimensioni che adesso erano localizzate agli arti superiori, inferiori, all’addome e alle superfici convesse del viso.

Spontaneamente, l’aspetto complessivo della pelle migliorava d’estate, soprattutto andando al mare per poi peggiorare in autunno alla ripresa della scuola.

Non avendo mai eseguito un consulto dermatologico e di conseguenza alcun trattamento specifico, Marco si ostinava a nascondere con gli indumenti il problema e proprio per questo non svolgeva alcuna attività sportiva e/o ricreativa di gruppo con gli amici per non farsi vedere.

Il problema di Marco si chiama ittiosi, aveva detto il dermatologo quando finalmente ebbe l’occasione di visitarlo dopo le tante insistenze della madre.

Le varianti cliniche della malattia possono essere molteplici e l’ittiosi volgare è la forma più frequente.

E’ sufficiente osservarla almeno una volta per comprendere appieno il significato del termine ittiosi, usato per descriverla. Il nome, infatti, deriva dal greco «ichtys» che significa pesce e si riferisce al tipico aspetto squamoso della cute delle persone affette da questa patologia.

In altri casi, la regolarità e l’omogenea distribuzione delle squame sulla pelle, con un po’ di fantasia, ricorda l’aspetto ad acciottolato tipico di alcuni centri storici.

L’ittiosi esordisce durante il primo o il secondo anno di vita per poi persistere per sempre. Esistono forme cliniche larvate, localizzate, quasi sempre agli arti inferiori, e forme estese, diffuse su tutta la superficie cutanea.

La causa del problema risiede in un’alterazione della coesione dei cheratinociti – le cellule maggiormente presenti e rappresentate a livello epidermico.

Più esattamente, il difetto consiste in una diminuzione delle dimensioni, del numero o all’assenza dei granuli di cheratoialina i quali contengono le molecole di profilaggrina.

Ebbene, nell’ittiosi volgare è presente un difetto genetico responsabile della formazione di proteine tronche di profilaggrina e di conseguenza di proteine non funzionali che da esse derivano, quali la filaggrina.

Queste alterazioni morfologiche e funzionali sono responsabili di una disorganizzazione a livello del citoscheletro e, appunto, dell’alterata coesione dei cheratinociti.

Ad occhio nudo, tutto ciò si manifesta con la presenza di xerosi (cute secca) e squame.

Clinicamente, le squame possono essere piccole e sottili mentre quelle localizzate agli arti inferiori sono, generalmente, di dimensioni maggiori, poligonali, ben definite e con il centro ben adeso alla superficie cutanea.

Complessivamente, la pelle si presenta xerotica, secca. Le sedi tipiche sono la superficie estensoria degli arti, il viso, il cuoio capelluto e il tronco. Al contrario, le grandi pieghe, data la presenza dell’umidità, sono sempre risparmiate.

Oltre alla presenza delle squame le persone con ittiosi possono presentare l’iperlinearità palmo-plantare che si manifesta con un’accentuazione dei solchi della cute.

Inoltre, i soggetti con ittiosi volgare possono manifestare anche la cheratosi pilare, una manifestazione cutanea che al tatto si presenta simile alla superficie di una carta vetrata e che solitamente si localizza alla superficie laterale degli arti superiori e inferiori e ai glutei.

Ciclicamente, queste manifestazioni tendono a migliorare d’estate e a peggiorare in inverno. In presenza di un clima caldo umido posso scomparire del tutto per poi ricomparire in vecchiaia.

Di tutta la storia che il dermatologo aveva minuziosamente raccontato alla sua mamma, Marco ricordava solo che la sua pelle assomigliava a quella di un pesce e che il nome della malattia descriveva proprio tale similitudine e, soprattutto, che nel suo caso era possibile eseguire un trattamento per eliminare quelle squame.

«Allora, potrò giocare a calcio con i miei amici e fare anch’io la doccia negli spogliatoi!?» chiese Marco con gli occhi pieni di speranza.

Il dermatologo annuì con lo sguardo e siccome il problema non era particolarmente esteso e importante, consigliò l’uso sistematico, quotidiano, di un detergente e di un idratante specifici, in grado di rilasciare anche oli nutrienti e surfattanti sulla superficie cutanea per renderla morfologicamente e funzionalmente simile a quella di una cute sana.

Già dopo solo 3 settimane la situazione clinica di Marco era notevolmente migliorata e aveva trovato anche un posto fisso in prima squadra.

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