La salute della pelle a cura di
Dermatologia Myskin

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Autolesionismo: Patomimia

Con il termine patomimie cutanee si fa riferimento ad una serie di quadri dermatologici caratterizzati da lesioni autoindotte della pelle. Si tratta molto spesso di situazioni in cui la componente psicologica ed emotiva è fondamentale nel determinare la patologia. Ci collochiamo nel contesto più ampio dei comportamenti di autolesionismo, di cui si sente spesso parlare o si legge sui vari media: un fenomeno che viene descritto in crescita e che inquieta e preoccupa, coinvolgendo talvolta i più giovani e facendo sentire confusi e impotenti i genitori.

Quello che si osserva clinicamente di queste manifestazioni (il termine tecnico è Repetitive Self-Harm Syndrome – Sindrome da auto-lesionismo ripetuto) è che si tratta di azioni mirate a causare intenzionalmente un danno al proprio corpo. E’ considerata una vera e propria patologia e ci sono dei modi tipici di farsi del male: tagliandosi con una lametta, bruciandosi con una sigaretta, graffiandosi, strappandosi i capelli, sbattendo contro qualcosa, etc. Si sa che spesso riguarda gli adolescenti (l’età di esordio però si è ulteriormente abbassata, coinvolgendo anche la pre-adolescenza o tarda infanzia), ma anche gli adulti e che le donne sono statisticamente più esposte degli uomini a questi problematiche.

Fattori di Rischio per l’autolesionismo

Sono fattori di rischio generali la presenza di stati depressivi e l’uso/abuso di alcool o sostanze; sono specifici dell’adolescenza l’inizio dell’attività sessuale, l’essere stati testimoni di atti autolesionistici, l’avere incertezze riguardo al proprio orientamento sessuale e l’aver subito atti di bullismo: spesso si associa a disturbi del comportamento alimentare. Alcune ricerche hanno evidenziato delle caratteristiche che più frequentemente si trovano in chi attua questi comportamenti: uno spiccato perfezionismo, una bassa autostima, una marcata impulsività, difficoltà di socializzazione e una notevole difficoltà nella regolazione delle emozioni. Con quest’ultimo punto si intendono persone che hanno repentini e significativi cambiamenti dell’umore, con la compresenza di emozioni forti e contrastanti che creano confusione e difficoltà di autogestione.

Manifestazioni dell’autoelsionismo

Esistono diversi livelli di intensità per queste manifestazioni: le forme più gravi sono abbastanza rare e comprendono il procurarsi lesioni permanenti e potenzialmente molto rischiose come il fratturarsi le ossa o sfregiarsi il viso. Le forme di gravità media sono le più frequenti e comprendono il tagliarsi, bruciarsi, strapparsi i capelli, provocarsi escoriazioni in vari modi e parti del corpo.

autolesionismo-patomimia

Poi ci sono le forme di autolesionismo indirette, in cui il danno può essere parzialmente celato e la carica autodistruttiva è perlopiù inconscia: l’abuso di sostanze e alcol, le condotte sessuali a rischio, e diversi comportamenti sintomatici sul versante del cibo e dell’immagine corporea come l’eccesso di attività fisica, le abbuffate con il vomito auto-indotto e le restrizioni alimentari estreme.

Meccanismo dell’autolesionismo

Fatto qualche accenno alle forme in cui l’autolesionismo si può manifestare, concentriamoci ora sul cercare di capire i meccanismi psico-emotivi che lo determinano. Il farsi del male è una manifestazione che rientra a pieno diritto in una categoria di comportamenti che si definiscono “agiti” o “passaggi all’atto“. Che cosa significa? Pensiamo a tutte quelle situazioni in cui si crea un conflitto dentro di noi. Nel nostro parlamento interiore c’è una maggioranza e una minoranza che si fronteggiano con forza quasi paritaria. Non si riesce ad assumere una posizione chiara e una decisione che possa pacificare la persona: per esempio ci potrebbe essere una parte di me che vuole assumersi un impegno e una responsabilità, magari perché, dopo alcuni fallimenti, desidero dimostrare finalmente il mio valore e le mie capacità. Dall’altra parte, però, ho una grande paura di fare quel passo, non me la sento proprio e al solo pensiero un forte malessere mi pervade.

Questo è un esempio fra tanti, di come si possa creare un conflitto: si genera una forte tensione interiore, un malessere che può essere molto difficile da tollerare. Le forze opposte che si fronteggiano nella coscienza portano spesso ad un blocco, che si accompagna ad un senso di fallimento, rabbia verso sé stessi, sfiducia nella possibilità di superare quella situazione. A quel punto l’agito potrebbe essere un gesto contro sé stessi, magari non estremo come un tentativo di suicidio, ma un ferirsi per esempio, procurandosi piccole lesioni in parti del corpo non immediatamente visibili. Che significato avrebbe quel gesto? Se lo potessimo chiedere direttamente alla persona non è affatto certo che saprebbe rispondere. Questa è la prima cosa che si può osservare: la natura parzialmente inconscia di questi gesti. Il vissuto di sofferenza è talmente forte che il soggetto non sopporta di esserne pienamente consapevole; nell’esempio di sopra ammettere di avere paura e di non farcela è intollerabile, troppo acuto il dolore di entrare in contatto con la propria fragilità e troppo grande e totalizzante il senso di catastrofe e fallimento. Ho fatto l’esempio di un conflitto, ma non è certo l’unico vissuto che può portare a gesti autolesivi. Spesso ci sono sensi di colpa molto forti, disprezzo e rabbia verso sé stessi che si nutrono di una bassissima autostima, desideri profondi di punirsi e colpirsi.

Le funzioni del gesto autolesivo a questo punto sono diverse. Da un lato ferirsi serve per esprimere il proprio malessere, far si che possa essere visto e notato dall’esterno.  Soprattutto in adolescenza, il tema del mostrarsi e del rendere visibile la propria sofferenza interiore è ricorrente. Certamente in questi casi si può leggere anche una richiesta di aiuto, talvolta semplicemente di attenzione: la sofferenza emotiva è connotata di invisibilità, e questo può generare ulteriore malessere per la sensazione di non vederla considerata adeguatamente,  a meno che non si traduca in qualcosa di tangibile. La pelle, questo grande palcoscenico della nostra identità, è il luogo in cui questo bisogno può trovare per eccellenza la propria soddisfazione. Talvolta il bisogno è ancora differente, potremmo dire che si tratta di dare un confine al proprio dolore. Essendo su un piano emotivo, come abbiamo detto interiore ed invisibile anche agli occhi di chi lo vive, il disagio può assumere dimensioni indefinite e sconfinate. Ferirsi, oltre a dare visibilità, serve anche a mettere un limite al proprio vissuto, vederlo circoscritto al territorio della lesione.

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Un’altra funzione del gesto autolesivo è quella di sentire il corpo, proprio attraverso il dolore. E’ molto angosciante la sensazione di non percepire distintamente la propria corporeità: si tratta di stati di forte malessere quelli in cui questo avviene, spesso associati a momenti di stress emotivo intenso o in concomitanza con patologie di tipo psichiatrico. Oppure avviene in momenti di forte depressione, in cui il dolore è un modo per sentire di essere vivi, per percepire il proprio corpo come ancora dotato di vitalità e reattività.

Ci sono, infine, tante forme medio lievi legate allo scaricare semplicemente lo stress, attraverso gesti ripetuti e abituali, che portano però nel tempo a lesioni anche importanti. Penso, per esempio, a chi si strappa i capelli o a chi si gratta.

Trattamento dell’autolesionismo

Per concludere questa piccola panoramica sulle patomimie e sull’autolesionismo si può dire che, dal punto di vista delle cure possibili, certamente si può valutare l’opportunità di una psicoterapia là dove si possa riconoscere una componente psicologica ed emotiva del problema, cioè nella maggior parte dei casi. Da valutare, a seconda della gravità delle manifestazioni, anche un supporto psicofarmacologico.

In generale la terapia avrà probabilmente come obiettivi il favorire una consapevolezza più ampia dei propri bisogni emotivi e l’identificazione di modalità più adattive di soddisfazione degli stessi. In più potrà centrarsi sul favorire una maggiore capacità di esprimere e di di gestire la propria emotività, in un percorso di maturazione che possa portare ad acquisire competenze nuove e un senso di identità più forte e solido.

Il Melanoma: cos’è, come si manifesta, i segni e i sintomi

Il Melanoma: il tumore maligno della pelle che origina dai melanociti che producono la melanina.

I melanociti sono localizzati a livello della pelle ma anche in sedi extracutanee quali l’occhio, l’orecchio interno, le meningi, ecc.

Incidenza del Melanoma

Attualmente, a livello mondiale l’incidenza del Melanoma (numero di nuovi casi ogni 100.000 abitanti) è in aumento sia nelle donne sia negli uomini con una velocità di raddoppiamento superiore a quella di ogni altro tumore. In Italia manca un registro nazionale e le uniche indicazioni a riguardo è possibile estrapolarle solo da alcuni registri regionali con dati pari a circa 16-17 nuovi casi di Melanoma ogni 100.00 abitanti ogni anno.

melanoma infografica

Cos’è il Melanoma?

Il termine Melanoma identifica diversi tipi di Melanoma maligno che hanno un comportamento biologico e una storia evolutiva differente tra loro. Esistono i melanomi a crescita lenta e quelli altamente aggressivi come il Melanoma nodulare, caratterizzato da una crescita estremamente rapida e invasiva, che ha un tasso di mortalità elevato.

Come si sviluppa il Melanoma?

Il Melanoma può svilupparsi:

  • de novo sulla cute sana in circa 3/4 dei casi;
  • in associazione ad un nevo congenito o acquisito che si è modificato.

Quali sono le cause del Melanoma?

I principali fattori di rischio per l’insorgenza del Melanoma sono:

  • razza caucasica e fenotipo chiaro (I e II)
  • età superiore a 15 anni, sebbene siano stati diagnosticati casi di Melanoma anche prima di tale età
  • ustioni e scottature solari nell’infanzia
  • familiarità per Melanoma (documentata nel 10% dei casi)
  • pregressa asportazione di Melanoma (un soggetto già operato per asportazione di Melanoma è maggiormente a rischio rispetto alla popolazione sana)

Oltre a cause appena citate altre riguardano i nei (nevi) che uno ha.

Tipi di nei pericolosi

  • presenza di numerosi nevi > 50
  • presenza di nei atipici (nevi con irregolarità morfologiche cliniche)
  • presenza di un nevo che si è modificato
  • presenza di nevi congeniti, soprattutto se gigante (diametro alla nascita superiore a 20 mm)

Come si manifesta il Melanoma? Tipi di melanoma

L’aspetto clinico di un Melanoma è variabile e si può presentare come una macchia perfettamente piana oppure può essere rilevata da pochi mm fino a qualche cm nella sua forma nodulare.

I segni del melanoma

Inoltre, può essere asimmetrico, ovvero tracciando una linea immaginaria passante per il centro della lesione le due metà non sono sovrapponibili, i bordi possono essere irregolari, sfrangiati, può essere caratterizzato dalla presenza di più colori, le dimensioni possono essere superiori a 6 mm.

Il Melanoma può localizzarsi in ogni distretto corporeo della pelle. Generalmente, nelle donne si localizza più frequentemente agli arti inferiori mentre negli uomini al dorso.

Il cuoio capelluto, la conca auricolare, il padiglione retro-auricolare, gli spazi interdigitali delle mani e dei piedi, la superficie palmare e plantare, il letto sub ungueale (localizzato sotto la lamina dell’unghia), la congiuntiva dell’occhio, la mucosa orale e quella genitale possono essere sedi tipiche per l’insorgenza dei nevi, manifestazioni assolutamente benigne, ma anche del Melanoma.

I sintomi del Melanoma

Il Melanoma in fase iniziale è sempre asintomatico, raramente pruriginoso, ed è per questo che i criteri usati fino agli anni ’70 consentivano solo una diagnosi tardiva con una sopravvivenza decisamente scarsa in quanto il tumore aveva già dato luogo a metastasi.

I criteri clinici degli anni ’70 (ulcerazione, prurito, sanguinamento) sono stati ormai decisamente superati e abbandonati ed anche i segni clinici che è possibile osservare in una neoformazione pigmentata, adottando la nota regola ABCDE, consentono al dermatologo esperto di avere un’accuratezza diagnostica solo del 65-85%, ovvero la possibilità di individuare un Melanoma solo nel 65-85% dei casi.

Melanomi come riconoscerli: la prevenzione del Melanoma

La regola ABCDE può essere solamente un ausilio per l’autocontrollo ma è fondamentale la prevenzione. Il vostro dermatologo di fiducia oggi può avvalersi di tecniche strumentali computerizzate avanzate, basate sull’epiluminescenza, per lo screening, il follow-up (mappatura dei nevi) e la diagnosi precoce del Melanoma, quando la semplice asportazione chirurgica in anestesia locale è sufficiente per la guarigione clinica e una sopravvivenza pari al 100%.

La sensibilizzazione della popolazione per un’adeguata prevenzione, facendo controllare sistematicamente i nevi – che non sono come tatuaggi naturali sulla pelle ma possono cambiare e modificarsi con il tempo – è determinante per una corretta conoscenza del tumore, come dimostrano le campagne di informazione in Australia (paese molto sensibile alla tematica del Melanoma perché l’incidenza di tale patologia arriva anche a 40 nuovi casi su 100.000 abitanti ogni anno).

Focus on: la Dermatoporosi

Considerare l’invecchiamento della pelle solo un problema estetico è riduttivo perché limita la nostra visione dermatologica d’insieme non consentendoci di valutare quali potrebbero essere le conseguenze patologiche per il soggetto e, in un ottica di spending review, i relativi costi sociali di ospedalizzazione.

Di recente, i colleghi Saurat e Kaya hanno focalizzato la loro attenzione sul problema, ne hanno descritto la clinica, ipotizzato i meccanismi patogeneteci e infine proposto suggerimenti finalizzati alla prevenzione e al trattamento di quella che hanno definito come sindrome da insufficienza cutanea cronica o dermatoporosi.

Si tratta di una condizione simile all’osteoporosi dove, se volessi semplificare al massimo… all’osso il problema, si verifica un impoverimento strutturale della cute che facilmente rischia di lacerarsi e traumatizzarsi.

I soggetti a rischio

E’ un problema che riguarda 1/3 dei soggetti di età superiore ai 60 anni, si caratterizza per la presenza di alterazioni morfologiche e funzionali cutanee – ben note al dermatologo – che dovrebbero essere valutate olisticamente per diagnosticare la dermatoporosi: condizione clinica da considerare una sindrome.

Le zone maggiormente interessate dal problema sono le estremità e più esattamente le aree foto-esposte quali: gli avambracci, il dorso delle mani e le gambe.

Clinicamente la pelle si presenta sottile tanto da sembrare trasparente, atrofica e sgualcita. Lo spessore, valutato ecograficamente, è pari a 0,7 mm mentre quello della cute sana è il doppio.

Istologicamente si verifica un appiattimento della rete ridges, un diminuzione del contenuto di collagene, fibre elastiche e mucina e un aumento progressivo dell’elastosi.

Le manifestazioni cliniche

La superficie cutanea si presenta discromica. In particolare, sono presenti chiazze ben definite, purpuriche, tipiche della porpora senile e dovute a minuti sanguinamenti dermici che si verificano anche in assenza di disordini a carico della coagulazione e conseguenti a minimi e spontanei traumi.

Successivamente, svanito il colore purpurico delle chiazze residua sulla pelle una pigmentazione brunastra corrispondente al deposito dermico di emosiderina. Istologicamente la porpora senile è dovuta allo stravaso ematico di globuli rossi. Più frequente nelle donne, si verifica nel 10% circa dei soggetti di età compresa tra i 70 e 90 anni e nel 90% dei casi si associa alla presenza di manifestazioni biancastre cicatriziali di forma stellata.

Conseguenti alla lacerazione spontanea del derma, le lesioni cicatriziali si osservano maggiormente nelle donne e si manifestano nel 20-40% dei soggetti di età compresa tra i 70 e i 90 anni. Morfologicamente possono presentarsi lineari, stellate o simili a delle placche biancastre. A livello istologico nel derma è presente una banda ipocellulata e compatta di collagene e una diminuzione delle fibre elastiche. L’epidermide, invece, si presenta atrofica.

Tali manifestazioni rappresentano il marker morfologico di un deficit funzionale: la fragilità meccanica della cute.

La pelle rischia di lacerarsi in seguito a traumi di modesta entità, formando delle ferite difficili che tardano a guarire spontaneamente oppure determinando sanguinamenti sottocutanei.

Nei casi gravi si possono formare ulcere ed ematomi che diffondendo nello spazio virtuale tra il derma e il tessuto adiposo oppure tra il tessuto sottocutaneo e la fascia muscolare creano dei veri e propri piani di clivaggio che a loro volta determinano la comparsa di ampie zone di necrosi cutanee.

Nelle fasi iniziali la cute si presenta eritematosa, turgida, tesa, di consistenza quasi pastosa, calda al tatto e nella metà dei casi, pur non essendoci segni di infezione, viene erroneamente diagnosticata un’erisipela. Solo nelle fasi avanzate si può osservare la presenza di un ematoma che è necessario incidere immediatamente per drenarlo ed evitare la necrosi dei tessuti.

I soggetti maggiormente a rischio di ematomi dissecanti sono quelli in terapia con anticoagulanti o corticosterodi sistemici.

Se da un lato la dermatoporosi è dovuta al fisiologico invecchiamento della cute (dermatoporosi primaria) dall’altro è conseguente alla cronica e scorretta esposizione al sole oppure all’assunzione per lunghi periodi di corticosteroidi topici o sistemici (dermatoporosi iatrogena secondaria).

La causa della dermatoporosi

La causa della dermatoporosi è un’alterazione del metabolismo dell’acido ialuronico che ne causa un deficit quantitativo, conseguente ad un difetto funzionale a carico di un organello dei cheratinociti, chiamato ialuronosoma.

Diminuendo la quota di acido ialuronico a livello della matrice extracellulare dove rappresenta uno dei maggiori componenti viene meno anche la sua funzione di rete visco-elastica per le fibre collagene ed elastiche e di conseguenza aumenta la fragilità meccanica della cute.

Inoltre, nella patogenesi della dermatoporosi avrebbe un ruolo anche il CD44 una glicoproteina transmenbrana che diminuisce, fisiologicamente, con l’avanzare dell’età.

Il CD44, oltre a svolgere una funzione di ancoraggio dell’acido ialuronico e delle altre glicoproteine della matrice extracellulare, stimola la proliferazione dei cheratinociti e mantiene l’omeostasi dell’acido ialuronico stesso.

Pertanto, in seguito ad un trauma la cute è più fragile, si lacera e a causa del deficit di CD44 non è in grado di stimolare la proliferazione dei cheratinociti per riparare il danno.

Invece, nella dermatoporosi iatrogena secondaria i corticosteroidi sono responsabili dell’atrofia cutanea e della modulazione dell’espressione dei geni che codificano per il collagene I, III, IV e V ma anche delle metalloproteasi mentre i raggi UV, favorendo la formazione di radicali liberi dell’ossigeno, causano alterazioni del DNA nucleare e mitocondriale e l’attivazione delle metalloproteasi.

Anche in questo caso tutte queste alterazioni sono responsabili dell’aumento della fragilità cutanea che non è in grado di far fronte alle sollecitazioni meccaniche.

La diminuita capacità proliferativa dei cheratinociti e dei fibroblasti, associata all’aumentata produzione di metalloproteasi e alla secrezione di citochine che inibiscono la differenziazione dei cheratinociti è responsabile del ritardo della guarigione delle ferite.

Conclusioni e indicazioni di trattamento

In conclusione, se la prevenzione mira ad esporsi correttamente al sole l’approccio terapeutico della dermatoporosi consiste nell’applicazione sulla pelle di topici a base di frammenti di acido ialuronico e di retinaldeide per migliorarne il trofismo e riattivare il metabolismo dell’acido ialuronico.

Dermatite Atopica: facciamo il punto della situazione

La dermatite atopica è una delle patologie cutanee più frequenti perché si manifesta nel 2-5% dei bambini e in circa il 15% degli adulti. Il termine dermatite, aspecifico e generico, indica solamente che la malattia è caratterizzata da un’infiammazione dell’epidermide e del derma, quindi non è infettiva. Non tutte le dermatiti possono essere diagnosticate come dermatite atopica o eczema atopico.

Inoltre, nella dermatite atopica le manifestazioni cutanee sono tipiche e variano in base all’età della persona e sono determinanti per formulare la diagnosi clinica. Ma prima di tutto deve essere presente l’atopia.

L’atopia è una condizione biologica ed è la caratteristica intrinseca della malattia che la differenzia da tutte le altre forme di dermatiti quali ad esempio quella allergica da contatto oppure quella di natura irritativa. Quindi, solo se presente questa condizione è possibile diagnosticare come dermatite atopica una determinata infiammazione cutanea.

Cosa significa atopia?

Il termine atopia si riferisce ad una personale o familiare ipersensibilità della pelle e/o delle mucose a comuni stimoli ambientali che determina un aumento della produzione di IgE e lo sviluppo di sintomi, quali la congiuntivite o l’asma, oppure di manifestazioni cutanee quali l’eczema.

Quali sono le cause della Dermatiet Atopica?

Dalla definizione precedente emergono tre elementi importanti:

  • Familiarità – si riferisce alla presenza di malattie atopiche nei parenti della persona con dermatite atopica perché è presente una predisposizione genetica. Alcuni studi hanno evidenziato alterazioni a carico dei cromosomi 3, 5 e 11 e la presenza della dermatite atopica nel 80% dei gemelli omozigoti, in quanto trattandosi di gemelli identici condividono lo stesso DNA, e solo nel 30% di quelli eterozigoti. Inoltre, di recente è stato dimostrato un difetto a carico di un proteina specifica dell’epidermide, la filaggrina, un’alterazione presente anche nell’ittiosi volgare.
  • Ipersensibilità della pelle o delle mucose – diverse sostanze, chimiche, fisiche, biologiche sono in grado di scatenare una serie di malattie, chiamate appunto atopiche quali l’asma bronchiale, la rinite o la congiuntivite. Pertanto, all’interno di uno specifico nucleo familiare un soggetto può essere affetto da asma bronchiale mentre un altro da dermatite atopica. Malattie apparentemente diverse il cui denominatore comune è l’atopia che nei diversi soggetti si estrinseca clinicamente in maniera differente.
  • Iperproduzione di IgE – aumento degli anticorpi IgE nel siero quale risposta biologica di difesa ai vari e possibili fattori scatenanti e irritanti oppure quale conseguenza di un’allergia che la persona con dermatite atopica potrebbe aver sviluppato. Sottolineo che la dermatite atopica non è un’allergia ma potrebbe svilupparla come riportato in seguito.

Come è la Dermatite Atopica? Come si manifesta?

Una persona nasce con la dermatite atopica, un difetto costitutivo a carico dello strato più esterno della pelle, l’epidermide, dove è presente un difetto della barriera cutanea che quotidianamente ci difende dalle aggressioni esterne. Un difetto di barriera dovuto ad un’alterazione quantitativa e qualitativa di alcune sostanza lipidiche (colesterolo, acidi grassi essenziali, ceramidi), che normalmente sono frapposte tra i cheratinociti, e un difetto a carico della filaggrina.

Lo strato più esterno della pelle può essere paragonato all’intonaco di un muro, il quale solo se integro è in grado di preservare i mattoni dagli agenti atmosferici. Allo stesso modo, solo se la funzione barriera è integra la nostra pelle è in grado di contrastare le aggressioni esterne, presenti ad esempio nelle sostanze chimiche di un detergente.

Il danno di barriera facilita la penetrazione di sostanze irritanti, capaci di attivare processi infiammatori e immunologici tipici della dermatite atopica che come accennato si manifesta in modo differente nelle diverse fasce d’età.

  • Lattante – la manifestazione iniziale è una desquamazione giallastra localizzata al cuoio capelluto, definita crosta lattea, che quando presente non necessariamente implica la diagnosi di dermatite atopica in quanto potrebbe essere solamente una manifestazione a sé stante. Solo l’anamnesi potrebbe far sospettare la dermatite atopica se in famiglia fossero presenti casi di atopia.
  • Primi due anni – chiazze di eczema che si localizzano elettivamente alle guance, fronte, mento con risparmio della regione periorale. Oltre al viso, può essere interessato anche il tronco e la superficie estensoria degli arti. Le chiazze si presentano ben definite di colore eritematoso, riscoperte da squame e croste sierose. Quando la dermatite è particolarmente diffusa si può notare una linfoadenpoatia, ovvero un aumento delle dimensioni dei linfonodi. Ad esempio, se è presente una dermatite al volto si possono ingrossare i linfonodi sottomandibolari o retroauricolari.
  • Infanzia e adolescenza – le chiazze di dermatite compaiono alle pieghe dei gomiti, dei polsi, del collo, retroauricolari, delle ginocchia e al dorso delle mani. Data la sede, spesso si possono notare delle fissurazioni, talvolta dolenti.
  • Adulto – le sedi interessate sono simili alle precedenti ma in questo caso possono essere interessati anche lo scroto, le caviglie e la nuca.

Quali sono i sintomi della Dermatite Atopica?

Il prurito è il sintomo sempre presente. Non esiste dermatite atopica senza prurito che se particolarmente intenso induce la persona a grattarsi, favorendo la formazione di lesioni da grattamento ma anche la comparsa di una lichenificazione, un ispessimento ruvido di colore grigiastro caratterizzato da un’accentuazione della fisiologica trama della superficie cutanea con conseguente perdita della plasticità della pelle. Inoltre, può essere la causa d’irrequietezza in quanto può ostacolare il riposo notturno della persona.

Quali sono le complicanze della Dermatite Atopica?

Molto comuni le infezioni batteriche ma anche quelle virali oppure fungine. Nel primo caso lo Staphylococcus aureus può indurre un’impetiginizzazione delle chiazze di dermatite atopica che diventano umide ed essudative, ricoperte da croste giallastre. Invece, l’Herpes simplex e l’Herpes Varicelliforme sono le cause più comuni delle infezioni virali insieme a quello del mollusco contagioso.

Infine, per quanto riguarda le infezioni fungine il P. Ovale è responsabile della persistenza delle chiazze di dermatite atopica al terzo superiore del tronco delle giovani donne.

Quali sono le cause scatenanti della Dermatite Atopica?

La recidiva è la caratteristica saliente della dermatite atopica che d’estate tendenzialmente migliora per poi peggiorare in autunno e in inverno, scatenata da diversi fattori:

  • detergenti aggressivi e particolarmente schiumogeni
  • indumenti irritanti costituiti da fibre sintetiche o in lana
  • sudorazioni profuse
  • episodi infettivi
  • vaccinazioni
  • polvere
  • fattori emozionali stressanti

La maggior parte delle persone con dermatite atopica tende a migliorare dopo la pubertà pur continuando a mantenere una pelle facilmente irritabile. Tuttavia, un 20% dei pazienti continua a soffrire di dermatite atopica anche da adulto.

Qual è la cura della Dermatite Atopica?

l trattamento elettivo è la terapia topica, che prevede l’uso di emollienti per lenire la secchezza cutanea, di cortisonici durante la fase infiammatoria e antibiotici e/o antimicotici solo se presente un’infezione. Solo nei casi gravi è indicata la somministrazione di cortisone per via sistemica oppure di ciclosporina in base al peso della persona. Inoltre, la fototerapia rappresenta un valido ausilio per il trattamento della dermatite atopica.

Una task forse europea di specialisti ha stilato le linee guida 2009 per un approccio critico e puntuale della dermatite atopica.

Cosa sappiamo sull’Acne

L’acne è una patologia molto comune, interessa circa 80-90% degli adolescenti, e si manifesta elettivamente al volto, al torace e al dorso, le aree del corpo maggiormente caratterizzate dalla presenza delle ghiandole sebacee, costituite da una porzione secernente il sebo, e da uno sbocco, chiamato dotto, che lo fa defluire all’esterno sulla superficie cutanea, attraverso il canale pilifero a cui la ghiandola è collegata.

Il quadro clinico della malattia è polimorfo, ovvero caratterizzato dalla presenza nello stesso soggetto di lesioni cliniche differenti: comedoni, papule e noduli o cisti. Le tre manifestazioni rappresentano gradi evolutivi differenti di un problema che nasce e si sviluppa in una porzione specifica della ghiandola sebacea, l’infundibolo, il limite dello sbocco del dotto escretore della ghiandola nel canale follicolare, il palco dove molteplici attori prendono parte all’opera teatrale dell’acne.

Gli attori dell’acne sono gli ormoni androgeni, in particolare il diidrotestosterone (DHT) un derivato del testosterone, che inizia ad essere prodotto alla pubertà ed è in grado di sviluppare e attivare le ghiandole sebacee. Il DHT è possibile riscontrarlo anche nel latte materno ed è proprio per questo motivo che l’acne oltre ad essere una manifestazione tipica dell’adolescenza è riscontrabile anche nel neonato allattato al seno.

Il DHT è l’attore principale ma molte altre comparse sono importanti e in sequenza prendono parte al meccanismo patogenetico della malattia. Determinante l’ipercheratinizzazione dell’infundibolo, un restringimento in grado di occludere progressivamente il dotto escretore della ghiandola che è incapace di drenare all’esterno il sebo prodotto.

L’ostruzione del dotto è il momento cruciale, il sipario che apre la scena all’acne: alcuni ipotizzano un diminuzione a livello della ghiandola sebacea dell’acido linoleico, oppure un alterato metabolismo locale della vitamina A o di altri ancora (aumento della perossidazione dello squalene, della sintesi dei lipidi e/o della sintesi di fattori di crescita).

Conseguentemente all’ostruzione del dotto escretore segue la formazione del comedone, che si può presentare di dimensioni piccole, di pochi millimetri (microcomedone), oppure maggiori (macrocomedone), sempre rilevato sulla superficie cutanea, non presenta segni di infiammazione.

Il comedone può essere di colore bianco o nero. Nel primo caso, un sottile lembo di epidermide copre e protegge dall’ossidazione il materiale di ritenzione (sebo) nel secondo invece l’assenza di tale protezione favorisce l’ossidazione del contenuto, il quale può essere eliminato in superficie esercitando una leggera pressione laterale sulla lesione.

La formazione del comedone diminuisce la presenza di ossigeno all’interno della ghiandola sebacea e di conseguenza la rende vulnerabile alla colonizzazione batterica in particolare del Propionibacterium Acnes, che attiva un meccanismo a cascata (attivazione lipasi, proteasi, lipolisi dei trigliceridi, rilascio di istamina,…) inducente l’infiammazione ghiandolare, che clinicamente si manifesta con il peggioramento dell’acne per la comparsa delle papule, pustole e/o dei noduli e delle cisti.

Fattori che possono favorire, peggiorare, migliorare l’acne

  • Predisposizione genetica – i soggetti con acne grave riconoscono una predisposizione familiare. La malattia è stata diagnosticata simultaneamente in gemelli omozigoti. Alcuni geni (FGFR 2, GR, CYPIA 1, MUC 1) sarebbero determinanti nel favorire l’insorgenza dell’acne. Inoltre, i soggetti di razza bianca sono maggiormente predisposti rispetto ai neri e agli asiatici.
  • Ciclo mestruale – la malattia peggiora momentaneamente in fase pre-mestruale mentre il decorso della malattia è imprevedibile durante una gravidanza, dove ogni caso fa storia a sè.
  • Dieta – argomento molto discusso e dibattuto in letteratura dove periodicamente sono segnalati cibi che possono far peggiorare o migliorare l’acne. E’ noto che l’acne è poco frequente in alcune zone rurali dell’Africa (Kenya, Zambia, Sud Africa), in quelle non industrializzate e in alcune popolazioni tipo gli Eschimesi, verosimilmente per il loro regime alimentare. I soggetti di queste popolazioni possono sviluppare la malattia solo se si spostano definitivamente in Paesi Occidentali, cambiando stile di vita e alimentazione. Attualmente, condurre delle ricerche significative sulle popolazioni è particolarmente complesso per le notevoli variabili che possono condizionare il decorso dello studio. Il ruolo alimentare non è stato ancora del tutto chiarito e compreso. Tuttavia, i risultati di alcuni studi riportano il ruolo chiave tra l’iperinsulinemia (dosaggio elevato di insulina nel sangue) e la secrezione di elevati livelli di testosterone quale possibile causa dell’acne (Clinics in Dermatology 2004;22:387-393).
  • Ambiente – il caldo umido è una condizione che può favorire l’insorgenza dell’acne così come il contatto della pelle con sostanze oleose, tipico di alcuni ambienti lavorativi.
  • Esposizione al sole – favorisce un miglioramento clinico transitorio, soprattutto se sono presenti lesioni infiammatorie, tipo le papule. Successivamente in autunno e in inverno la malattia peggiora a causa dell’ipercheratinizzazione (ispessimento) della pelle indotta proprio dalla cronica esposizione al sole e che “chiude” i pori ostacolando la funzionalità drenante delle ghiandole sebacee. Falso miglioramento.
  • Fattori psicologici – sicuramente non rappresentano la causa ma concorrono nel soggetto predisposto a favorire l’insorgenza o il peggioramento clinico. Negli ultimi 20 anni è stato osservato un aumento dei casi di acne negli adulti, soprattutto donne, dovuti a una serie di concause: influenza ormonale, stress, cosmetici occlusivi applicati sulla pelle. In questo caso le manifestazioni si localizzano elettivamente al mento, lungo il ramo mandibolare e ai margini laterali e superiori del collo.
  • Farmaci – diversi i principi attivi che sicuramente inducono l’acne: ormoni androgeni, steroidi, corticosteroidi, litio, alogenati. Molti altri, invece, sembrano avere solo un’associazione dubbia: isoniazide, rifampicina, ciclosposrina A, fenobarbital, azatioprina, disulfiram, allotano, chinino, tiouracile, vit. B12, PUVA terapia, terapia radiante

Cicatrici da acne

L’acne è una patologia semplice da diagnosticare ma sono notevoli le ripercussioni psicologiche su un soggetto, il quale può arrivare ad accanirsi con il grattamento e lo schiacciamento metodico delle lesioni, complicando ulteriormente la patologia e favorendo la comparsa delle cicatrici. Generalmente, si tratta di individui affetti da dismorfofobia (percezione distorta della propria immagine corporea) che adottano comportamenti di vero e proprio masochismo facciale, tipico dell’acne escoriata.

Le complicazioni più frequenti dell’acne sono le cicatrici e raramente i cheloidi (i quali sono comuni nei neri) e sono imputabili ad un trattamento non tempestivo o non idoneo all’entità clinica della malattia. Due ulteriori complicazioni possono essere l’edema indurato del volto, che si localizza principalmente in corrispondenza delle palpebre e della regione naso-labiale e si presenta dolente, e rarissimamente il reumatismo acnenico, un’infiammazione sistemica a carico dei legamenti e delle caspule articolari.

La cura dell’acne

Se l’acne è lieve ed è caratterizzata solo da manifestazioni comedoniche è sufficiente una terapia topica (localizzata), mentre nelle forme moderate e gravi è necessario il trattamento sistemico.

 Terapia topica

  • Retinoidi – tendenzialmente irritanti hanno un’azione cheratolitica, favoriscono una blanda esfoliazione della pelle. I retinoidi di terza generazione svolgono anche una blanda azione anti-infiammatoria sulle papule dell’acne. I principi attivi maggiormente noti: tretinoina, isotretinoina, adapalene, tazarotene, retiladeide, 6-retinoilglucoronide. L’effetto collaterale più frequente è la secchezza cutanea.
  • Benzoilperossido – applicato sulla pelle si trasforma in acido benzoico con liberazione di ossigeno attivo. Svolge azione cheartolitica a antimicrobica. Disponibile in varie concentrazioni potrebbe presentare l’inconveniente di decolorare alcuni capi di vestiario per via della sua azione perossidante.
  • Antibiotici – i principi attivi più usati appartengono alla famiglia delle tetracicline che hanno un’azione spiccata sul P. Acnes.
  • Acido azelaico – è un farmaco di seconda scelta, indicato come cheratolitico nell’acne lieve comedonica. Consigliato nei soggetti acneici che non tollerano i retinoidi topici e durante il periodo estivo perché non è foto-sensibilizzante. Usato nei soggetti di carnagione scura può creare un’ipopigmentazione (comparsa di macchie più chiare) allo stesso modo dei retinoidi topici.
  • Varie – diverse altre sostanza quali acido salicilico, glicolico, resorcina, piruvico, mandelico,… possono essere veicolate dal medico con la metodica dei peeling o con applicazioni domiciliari di creme e/o maschere per il trattamento dell’acne, il miglioramento della seborrea o degli macchie scure che si osservano dopo una terapia di alcune forme di acne in alcuni soggetti di carnagione scura. Il dermatologo in base alla problematica, è in grado di indicare il trattamento e il principio attivi più indicato per il soggetto acneico.

I principi attivi presentati possono essere presenti in commercio sia come singole specialità farmaceutiche oppure associate per sfruttare la sinergia d’azione e ridurre al minimo gli effetti collaterali di un trattamento topico. Essi devono essere applicati sempre in piccole quantità per ridurre al minimo l’irritazione e continuativamente, per il periodo indicato dallo specialista, per ottenere gli effetti terapeutici desiderati.

Terapia sistemica

E’ indicata per le forme moderate e/o gravi di acne e il farmaco consigliato può essere assunto sotto controllo medico, anche per 12 settimane.

  • Antibiotici – i principi attivi di prima scelta appartengono alla famiglia delle tetracicline: minociclina, eritromicina, limeciclina,… Alcuni di essi possono avere effetti collaterali come nausea, vomito e vertigini e possono essere chelati dal calcio, contenuto in alimenti quali il latte e derivati, che renderebbe inefficace il farmaco una volta somministrato. Essi agiscono inibendo la crescita del P. Acnes. Sono controindicati nei bambini e in gravidanza perché possono favorire la comparsa di una colorazione giallastra dei denti. I principi attivi, appartenenti alla famiglia dei macrolidi, quale ad esempio l’azitromicina, rappresentano, invece, la seconda scelta. Tutti gli antibiotici indicati potrebbero favorire l’insorgenza di una candidosi vaginale. Un problema, noto da tempo, è la resistenza che alcuni ceppi di P. Acnes hanno sviluppato nei confronti di alcune molecole antibiotiche, che risulterebbero inefficaci per il controllo e la guarigione della malattia. Di norma, le terapie con gli antibiotici per il trattamento dell’acne sono consigliate per un periodo di 6-8 settimane fino ad un massimo di 4 mesi.
  • Terapia endocrina – indicata solo nelle donne solo nei casi in cui sono presenti anomalie ormonali (aumento del dosaggio ormonale) dovute ad una disfunzione ovarica (caso più frequente) o surrenalica. I principi attivi più comuni sono: ciproterone acetato, anche in combinazione con estradiolo, spironolattone e la flutamide. Infine, per quanto riguarda i contraccetivi orali si segnalano le combinazioni di estrogeni con i progestinici di seconda o terza generazione, caratterizzati da una bassa attività androgenetica, ridotto rischio di trombosi ma con possibili effetti collaterali caratterizzati da: cefalea, edema alle gambe e aumento del peso corporeo
  • Isotretinoina – trattamento di scelta nelle forme gravi di acne, deve essere prescritta rigorosamente dallo specialista il quale ha il compito di informare il paziente sulle indicazioni e controindicazioni. Il farmaco per i suoi noti effetti malformativi sul feto è controindicato in gravidanza e la prescrizione in una donna in età fertile è possibile ma secondo precise regole. In particolare, la terapia viene iniziata dopo aver escluso una gravidanza (test gravidanza negativo) il secondo o terzo giorno dopo l’inizio del ciclo e un mese dopo che è stata iniziata terapia anticoncezionale, la quale dovrà essere continuata per tutta la durata del trattamento con isotretinoina. Inoltre, durante la terapia la donna deve eseguire mensilmente il test di gravidanza che, alla sospensione dell’assunzione del farmaco, può essere intrapresa non prima dei sei mesi successivi. Il farmaco è eliminato attraverso il fegato e in corso di terapia è frequente il riscontro di un aumento transitorio dei valori ematici di colesterolo, trigliceridi e di funzionalità epatica. Il dosaggio del farmaco viene stabilito in base al peso corporeo, e la somministrazione viene consigliata per un periodo di 4-6 mesi, alla fine dei quali non deve essere superata la dose cumulativa di 120-150 mg/kg. Gli effetti collaterali più comuni sono rappresenti dalla secchezza cutanea e delle mucose.
  • Corticosteroidi – solo in casi selezionati in cui è presente una disfunzione congenita delle ghiandole surrenaliche sono somministrati per breve periodo per inibirne la funzionalità ghiandolare e di conseguenza la produzione di androgeni.

L’autodiagnosi dell’acne può essere semplice ma è indicata la consulenza dello specialista per inquadrare correttamente l’entità della problematica e per le indicazioni specifiche di trattamento.

 Acne e acne rosacea

A volte il termine acne viene usato anche per indicare lo stadio di una patologia dermatologica tipica dell’adulto, molto più frequente nella donna, conosciuta con il nome di rosacea. In particolare si usa il termine acne rosacea per descrivere il quadro clinico caratterizzato dal rossore diffuso, elettivamente localizzato alle guance, e dalle lesioni simili a quelle delle acne adolescenziale, le papule e le pustole.

Le due patologie riconoscono meccanismi patogenetici differenti, nonostante un approccio terapeutico sistemico per il trattamento dell’acne rosacea preveda la somministrazione di antibiotici appartenenti alla famiglia delle tetracicline allo stesso modo di quanto avviene per l’acne.

Melanoma: meglio prima che dopo

Parlare e scrivere di melanoma non è mai abbastanza. I dati sono chiari l’incidenza a livello mondiale e nazionale è in aumento. Eppure, si continua a far finta di niente soprattutto in Italia dove, a differenza degli altri Paesi, mancano campagne di sensibilizzazione dedicate.

Personalmente non condivido e non credo che le visite gratuite, che normalmente vengono eseguite a Maggio, rappresentino la modalità migliore per sensibilizzare l’opionione pubblica.

E’ necessaria un’educazione e uno stile i vita individuale che sia quotidiano e coerente per testimoniare a se stessi una consapevole presa di coscienza del problema melanoma.

Tutto ciò è possibile conoscendo prima di tutto i fattori di rischio, già argomentati in altri post dedicati, riconoscendoli sulla propria pelle o storia personale – se ci sono stati ad esempio altri casi di melanoma in famiglia – ed infine essendo consapevoli dell’importanza di chiedere il consulto specialistico del dermatologo sia nel caso in cui si sospetasse un dubbio sia per uno screening generale.

Notevoli i passi avanti della ricerca per il trattamento del melanoma in fase avanzata ma la vera differenza oggi per sconfiggerlo definitivamente è e rimane la diagnosi precoce.

Anche se il dermatologo è dotato dei più sofisticati sistemi diagnostici se il paziente non vi si sottopone per far controllare i propri nevi non servono a nulla.

Evitando la retorica, insieme alla collega Dott.ssa Federica Osti abbiamo pensato e realizzato un video di sensibilizzazione sul melanoma. Ecco il risultato.

La marcia atopica

L’atopia è una malattia che può coinvolgere pelle e vie respiratorie complicando in modo importante la qualità della vita dei pazienti. In effetti, spesso, lo sviluppo di asma, rino-congiuntivite allergica o allergia  alimentare (Ig-E mediata) sono preceduti dalla comparsa di eczema atopico, in un contesto di familiarità.

Sono le cosiddette forme estrinseche (70% dei casi), associate ad alti livelli di IgE o sensibilizzazione allergica verso allergeni alimentari e/o ambientali. E’ un “percorso” in cui il bambino con dermatite atopica raggiunge via via nuovi aggiuntivi “traguardi”. E’ chiaro che questi traguardi non sono proprio dei successi per la salute dei piccoli.

E allora nasce l’esigenza di individuare strategie per invertire questa marcia atopica e prevenire l’insorgenza di sintomi respiratori e allergie alimentari. A che livello si manifesta la malattia atopica è il risultato di fattori genetici ed ambientali, questi ultimi importanti nel giustificare l’aumento di allergia e asma degli ultimi anni. Non sappiano se intervenga prima la sensibilizzazione allergica (con o senza sintomi) o i sintomi allergici (anche in assenza di sensibilizzazione). E’ quindi difficile stabilire il livello di prevenzione.

Quali fattori influenzano il rischio di progressione e come invertire la marcia? Dove possiamo agire?

Familiarità: non possiamo agire… o almeno non ancora.

La familiarità aumenta il rischio di atopia. Un bambino ha il 10% di rischio di sviluppare atopia: si passa al 30-50% se sono presenti uno o più familiari allergici. Inoltre, l’alterata funzione della barriera epidermica negli atopici (alterazioni dello strato corneo, delle proteine strutturali, dei lipidi, delle giunzioni tra le cellule..) è cruciale nella progressione verso l’asma allergico. Sono state indentificate mutazioni genetiche che favoriscono tale difetto (a carico del gene SPINK5, del gene per la Filaggrina, del gene per la corneodesmosina CDSN) attraverso l’infiammazione cutanea e mucosale. Tuttavia il nostro corpo è talora in grado di compensare attraverso meccanismi differenti questi difetti determinando un miglioramento clinico anche a dispetto delle sensibilizzazioni allergiche che favorirebbero l’atopia.

La predisposizione familiare sembra esprimersi anche attraverso un passaggio di antigeni, anticorpi e citochine materne attraverso la placenta. Si pensa che già nella vita intrauterina si possa realizzare la sensibilizzazione allergica.

Lo indicherebbero:

  • il rapporto degli anticorpi IgE/IgG e la presenza di citochine nel sangue materno nel terzo trimestre di gravidanza
  • la quantità di IgE presente a livello del cordone ombelicale
  • la precoce presenza di allergeni/antigeni, IgG e IgE a livello del liquido amniotico

Che significato dare a questi riscontri e la loro utilità a scopo preventivo, tuttavia, non è ancora chiaro.

Possiamo agire sulla mamma?

In passato si pensava che eliminare dalla dieta materna alcuni alimenti allergizzanti durante gravidanza/allattamento potesse proteggere dal rischio di allergia. Oggi si ritiene possa addirittura avere effetti negativi sulla crescita del feto.

Oggi si pensa che:

  • L’allattamento esclusivo materno per 4 mesi riduca il rischio di allergia alle proteine del latte vaccino nei primi 18 mesi di vita, di dermatite atopica fino a 3 anni e di wheezing (respiro con fischi e sibili) ricorrente e asma fino a 6 anni.
  • L’introduzione di proteine eterologhe (proteine del latte materno oppure formule idrolisate tipo eHF) nell’alimentazione possa essere protettiva rispetto allo sviluppo di allergie alle proteine del latte vaccino e dermatite atopica.
  • L’introduzione tardiva (oltre il 6^ mese) di alimenti solidi nello svezzamento non abbia ha un ruolo protettivo verso lo sviluppo di dermatite atopica e sensibilizzazione allergica. Non c’è chiarezza pero sull’introduzione prima del 4^ mese. Secondo alcuni autori, inoltre, eliminare alimenti allergizzanti (uovo, latte vaccino, pesce, arachidi, soia) durante l’allattamento e fino all’anno di vita può ridurre il rischio di malattia allergica nei primi due anni di vita.

Arricchire la dieta con supplementi protegge?

  • Nella dermatite atopica sembra esserci un lieve difetto enzimatico del metabolismo degli acidi grassi n-6-polinsaturi (PUFA) con conseguente alterazione dell’epitelio. Utile l’integrazione quindi.
  • Introdurre acidi grassi n-3 PUFA nella seconda metà della gravidanza sembra ridurre il rischio di infiammazione allergica. Non è chiaro il ruolo sulla prevenzione della sensibilizzazione, pur prevenendo il wheezing.
  • Dati discordanti sul supplemento di antiossidanti in gravidanza (vitamina C, E, selenio, carotenoidi).
  • Il supplemento di probiotici (lactobacillus GG) nella dieta materna delle ultime 4 settimane/allattamento e primi 6 mesi di vita del bambino riduce il rischio di sviluppare eczema, ma non modifica il rischio di sensibilizzazione allergica.

Profilassi ambientale: qui possiamo intervenire

  • Ridurre l’esposizione agli allergeni “indoor” (soprattutto acari della polvere) dalla nascita e secondo alcuni anche durante il periodo di gestazione è utile per ridurre il rischio di wheezing severo, tosse notturna e rinite, ma non sembra ridurre oltre l’anno di vita il rischio di sensibilizzazione, wheezing moderato, tosse o dermatite atopica.
  • Gli allergeni “outdoor” (pollini, spore fungine, soprattutto da Alternaria) incidono in misura inferiore.
  • Ridurre l’esposizione al fumo di sigaretta (genitori, in particolare la madre) limita il rischio di wheezing e asma fino a 6 anni di età. L’esposizione domestica correla con la gravità e la frequenza dei sintomi e favorisce anche la sensibilizzazione ad altri allergeni inalanti indoor, il danneggiamento delle vie respiratorie, l’aggravamento e la riacutizzazione dei sintomi.
  • Allontanare gli animali domestici? Dubbia utilità. Sicuramente utile in caso di comprovata sensibilizzazione, nei non sensibilizzati si ipotizza addirittura un ruolo protettivo.
  • Inquinanti aerodispersi da inquinamento atmosferico associati ad allergeni sia “indoor” che “outdoor” favoriscono la comparsa di allergia e asma.

La terapia

  • La terapia farmacologica precoce è da considerate prevenzione? Si, nel controllare l’infiammazione e la severità della malattia. L’utilizzo di antistaminici, glucocorticoidi nasali in spray, antileucotrienici riduce lo stato infiammatorio cutaneo e mucosale,ma non può prevenire la migrazione in toto delle cellule infiammatorie a livello delle vie respiratorie ed impedire la progressione verso asma. Speranze a tal riguardo sono alimentate dagli H4-antagonisti che sembrano avere una maggiore potenzialità immunomodulatoria. Gli antileucotrienici, efficaci quanto gli antistaminici, sono utilizzati in associazione agli altri sintomatici, ma non influenzano la capacità ventilatoria e non si possono considerare uno strumento particolarmente efficace nell’invertire la marcia atopica.
  • L’Immunoterapia specifica (ITS) è molto utile per ridurre la malattia allergica da inalanti (pollini, epiteli animali, acari della polvere…). In pazienti con rinite allergica riduce il rischio di asma. E’ allo studio la possibilità di trattare per via sublinguale pazienti ancora non sensibilizzati creando uno strumento affidabile di prevenzione primaria.

Il futuro?…ridurre l’infiammazione allergica

In tutte le manifestazioni allergiche i tessuti coinvolti (pelle, mucosa respiratoria o gastrointestinale) sono infiammati. L’infiammazione atopica è spesso, ma non sempre, associata alla produzione di IgE specifiche verso allergeni alimentari o respiratori e maggiore ( e precoce) è il coinvolgimento della pelle, maggiore sembra il rischio di comparsa degli altri livelli di atopia e la loro severità.

Ma cosa genera l’infiammazione?

Oggi grande attenzione è posta verso una molecola, la citochina TSLP (Thymic stromal lymphopoietin), prodotta durante la sensibilizzazione allergica a livello dei cheratinociti e di altre cellule epiteliali (monociti e cellule dendritiche CD11c+). Sembra che aumentati livelli nel siero e nei tessuti possano correlare con lo sviluppo precoce di sensibilizzazione agli allergeni ambientali e conseguente infiammazione allergica. Alcuni ipotizzano un ruolo anche nel prurito degli atopici.Conferme al suo ruolo spiegherebbero perché trattare solo le vie aeree per prevenire l’asma non sia una strategia sempre sufficiente. Potrebbe essere invece utile bloccare la produzione di questa molecola a livello cutaneo per prevenire e limitare sia il coinvolgimento cutaneo che quello respiratorio, bloccando la Marcia!

 

Bibliografia

Frati F, Incorvaia C. Aerobiologia e allergeni stagionali. Capitolo 6: la marcia allergica nella sensibilizzazione ad allergeni pollinici.

Gelmetti C. La scuola dell’atopia. Springer, 2007.

Tsilochristou OA, Douladiris N et al. Pediatic Allergic Rhinitis and Asthma: can the march be halted? Pediatr

Drugs 2013; 15: 431-440.

Spahn JD, Covar R . J Allergy Clin Immunol 2008; 121: 548-57

Mappatura dei nevi è sbagliato. Ecco perché

Mappatura, il termine utilizzato per indicare lo screening dei nei, è improprio, fuorviante e non dovrebbe essere più usato.

Corretto, invece, indicare tale metodica con il nome di dermatoscopia o dermoscopia, oppure epiluminescenza la quale può essere analogica o digitale.

Implicitamente mappatura evoca al paziente l’idea che il dermatologo mentre controlla i nevi li registra sistematicamente uno per uno, «geolocalizzandoli» sulla pelle, per il follow-up successivo che in questo modo si ridurrebbe solo ad una semplice confronto prima e dopo delle immagini registrate.

Non è così!

La dermoscatoscopia o epiluminescenza non è una semplice osservazione della morfologia di un neo, ingrandendola  in modo tale da far cogliere al medico particolari non osservabili ad occhio nudo ma, invece, consiste nell’osservazione delle strutture interne, localizzate subito sotto la superficie delle pelle, e specifiche per ogni tipo di macchia cutanea.

L’osservazione di tali strutture è rilevante per il dermatologo esperto il quale, grazie proprio a questa metodica, valuta la loro organizzazione spaziale sia orizzontale sia sagittale, tipiche di ogni lesione e indicative della loro natura.

In questo modo, il dermatologo così come un nuotatore con la propria maschera, è come se si immergesse subito sotto la superficie cutanea e riuscisse ad osservare aspetti tipici di ogni neo assolutamente non percepibili ad occhio nudo o con una normale lente d’ingrandimento.

Tutto ciò è possibile in due modi:

  • utilizzando una lente dotata di filtro polarizzatore
  • lente a contatto diretto della pelle tramite l’applicazione di una soluzione, generalmente oleosa

In questo modo, i raggi riflessi di una fonte luminosa, quali i led dello strumento del dermatologo, vengono eliminati e quelli incidenti riescono a penetrare attraverso l’epidermide ampliando l’orizzonte dell’osservazione specialistica.

E’ esattamente quello che succede in riva la mare quando se rimaniamo in piedi e con la testa fuori dell’acqua, anche con la maschera davanti agli occhi, non riusciamo assolutamente ad osservare il fondale mentre è sufficiente poggiarla subito sotto il livello dell’acqua per immergerci con la vista nella realtà sottomarina.

Come scegliere un cosmetico: impariamo a leggere l’etichetta

Quante volte ci siamo chiesti ritrovandoci in Farmacia, in profumeria o al supermercato: quale crema idratante scegliere? quale shampoo sarà meno aggressivo? quel dentifricio è adatto alle mie esigenze? Se poi abbiamo qualche patologia cutanea, qualche allergia da contatto o semplicemente la cute sensibile, il mistero si infittisce! Da oggi iniziamo un cammino a suon di post, per imparare a leggere l’etichetta dei prodotti cosmetici.

In Europa è  possibile fare una scelta consapevole dei propri prodotti cosmetici, grazie all’ etichettatura che è stata regolamentata dalla Comunità Europea con un Regolamento stilato a Bruxelles nel novembre 2009 e applicato dal 11 luglio 2013 anche in Italia.

Partiamo imparando un po’ di termini tecnici

prodotto cosmeticoqualsiasi sostanza destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (pelle, capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) o su denti e mucose orali allo scopo esclusivo o prevalente di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei.
conservantisostanze destinate esclusivamente o prevalentemente ad inibire lo sviluppo di microorganismi nel prodotto cosmetico
colorantisostanze destinate esclusivamente o prevalentemente a colorare il prodotto cosmetico, il corpo intero o talune sue parti, attraverso l’assorbimento o la riflessione della luce visibile; sono inoltre considerati coloranti i precursori dei coloranti di ossidazione per capelli
filtri UVsostanze destinate esclusivamente o prevalentemente a proteggere la pelle da determinate radiazioni UV attraverso l’assorbimento, la riflessione o la diffusione delle radiazioni UV
ingredienteuna qualsiasi sostanza usata intenzionalmente nel prodotto cosmetico durante il procedimento di fabbricazione. Non sono considerate ingredienti: le impurezze contenute nelle materie prime utilizzate.

L’etichetta in fondo al tunnel

I prodotti cosmetici in commercio per essere sicuri devono riportare sull’imballaggio delle precise indicazioni, in caratteri indelebili, facilmente leggibili e visibili, ecco un esempio:

etichetta_1

Gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente di peso, il primo è quindi quello maggiormente presente, mentre quelli inferiori all’1% possono essere elencati in ordine sparso.

Gli ingredienti sono scritti in latino o con il nome botanico in caso si tratti di derivati vegetali, secondo una convenzione internazionale chiamata International Nomenclature Cosmetic Ingredients (INCI) ed è possibile consultare online una sorta di dizionario INCI inserendo il nome dell’ingrediente di cui vogliamo avere maggiori informazioni.

Il profumo

I composti odoranti e aromatizzanti sono indicati con il termine vago di «parfum» o «aroma», ma la legge prevede che, se all’interno delle miscela di profumi utilizzata sono presenti «allergeni», questi vanno dichiarati. Gli «allergeni», sono sostanze che hanno dimostrato di poter indurre facilmente delle allergie cutanee e la legge ne identifica ben 26! Eccoli:

Amyl cinnamalIsoeugenolCoumarinAnise alcohol
Benzyl AlcholAmylcinnamyl alcoholGeraniolBenzyl cinnamate
CitralBenzyl salicilateEvernia prunastri/E. furfuraceaButylphenylmethylpropional
EugenolCinnamalLimoneneCinnamyl alcohol
HydroxycitronellalBenzyl benzoateMethyl-2-octynoateIsoeugenol
LinaloolCitronellolAlfa-isomethylionone 
FarnesolHexyl cinnamalHydroxyisohexyl-3-cyclohexanecarboxaldehyde 

Sono termini piuttosto difficili da ricordare a memoria, ma sono di riscontro veramente frequente, soprattutto quelli in grassetto. Eccone alcuni, direttamente dalla zona detergenti “delicati” del supermercato.

dermatologicamente_testato

 

beauty_cream

 

uso_esterno

I metalli

E’ sempre più frequente l’allergia cutanea ai metalli, e in particolare al nichel solfato. La legge non prevede che tali sostanze vengano indicate tra gli ingredienti ma che tutti i cosmetici prodotti in Europa presentino livelli di metalli inferiori a 0.1 ppm, in quanto tale livello è considerato «trascurabile ai fini del rischio di sensibilizzazione della popolazione». Ciò significa che, non essendo possibile escludere al 100% la presenza di nichel e di metalli pesanti nella produzione dei cosmetici, se ne può tollerare la presenza di livelli bassissimi, anche se allergici.

A tal proposito quindi sono corrette le diciture «Nickel tested» (testato per il Nickel) ma non quelle «Nickel free» (Senza Nickel). E’ altrettanto corretto non scrivere nulla, in quanto implicito.

nichel_free

formula_ipoallergenica

I conservanti o preservanti

Esistono diversi tipi di conservanti che vanno obbligatoriamente indicati in etichetta secondo l’allegato V della legge di cui sopra

Methyl isothiazolinone e Methyl Chloro Isothiazolinonesi sono dimostrati altamente allergizzanti, soprattutto il methylisothiazolinone
Imidazolidinyl Urea, Diazolodinyl Urea, DMDM Hydantoin 2-bromo 2 nitro 1,3-propanediolSono cessori di Formaldeide, quindi non vanno usati in caso di allergia da contatto alla formaldeide
Methylparaben, Ethyl paraben, Propylparaben, ButylparabenSeppure spesso demonizzati, attualmente i parabeni non hanno dimostrato pericolosita’ su larga scala.
Potassium sorbate, Sodium Benzoate, Dehydroacetic acidUsati anche nell’industria alimentare, quindi ingeribili.
Phenoxyethanol, Benzyl alcoholUsati spesso in associazione ai parabeni. In quantità < 1% sono considerati innoqui.

E ora provate a fare un controllo sulle etichette dei vostri prodotti cosmetici!

Nel prossimo post parleremo più specificatamente dei detergenti.

Stay tuned!

Mappatura nei: i 15 suggerimenti del dermatologo

Si avvicina la data del tuo primo appuntamento dal dermatologo per il controllo dei nevi e ti stai chiedendo come presentarti? Meglio acqua e sapone oppure truccata?

E’ possibile immaginare una serie di indicazioni e suggerimenti per eseguire correttamente la videodermatoscopia (mappatura) per lo screening e il follow-up dei nevi?

Mappatura dei nei: il manuale per il paziente

Ecco 15 suggerimenti semplici e pratici di Myskin per eseguire la videodermatoscopia digitale ad epiluminescenza:

  1. Indossare abiti comodi per svestirsi facilmente. Consigliato un abbigliamento informale e confortevole
  2. Evitare il trucco agli occhi, alle labbra e al viso per consentire un’accurata ispezione di tutte le aree del volto, palpebre comprese
  3. Evitare lo smalto perché le lesioni pigmentate possono localizzarsi anche sotto le unghie
  4. Evitare di eseguire la tintura dei capelli nei giorni immediatamente precedenti la visita perché a volte residuano sul cuoio capelluto tracce di pigmento esogeno che possono coprire e quindi nascondere piccoli nevi
  5. Presentarsi con i capelli lunghi raccolti perché è più facile ispezionare il cuoio capelluto
  6. Evitare d’indossare monili, gioielli, orologi oppure rimuoverli prima di sdraiarsi sul lettino per visionare completamente tutta la superficie corporea. La presenza di eventuali piercingall’ombelico potrebbero nascondere un nevo
  7. Rimuovere eventuali protesi audiometriche per osservare in dettaglio la conca auricolare
  8. Sfoltire la barba o i baffi se possibile
  9. Segnalare al medico la presenza di eventuali macchie in sede genitale per evitare che non vengano ispezionate perché il melanoma non disdegna le mucose
  10. Rimandare l’appuntamento in caso di mestruazioni qualora fosse necessario ispezionare i genitali
  11. Non indossare lenti a contatto colorate per osservare più facilmente l’iride oltre alla congiuntiva per documentare la presenza di lesioni pigmentate
  12. Evitare di masticare chewing gum perché il dermatologo deve controllare anche il tuo cavo orale dove i nevi possono localizzarsi sul palato, sulle guance interne oppure sulle gengive.
  13. Evitare se possibile di prenotare l’appuntamento quando si è abbronzati perché tutte le lesioni pigmentate in seguito all’esposizione ai raggi ultravioletti manifestano segni di foto-attivazione che potrebbero ostacolare l’esame strumentale
  14. Far controllare tutti i nevi e le macchie pigmentate e non solo il nevo che pensi possa essere considerato pericoloso. La segnalazione è importante ma è fondamentale un’ispezione sistematica per un’eventuale diagnosi precoce del melanoma
  15. Riferire al dermatologo se in famiglia si sono verificati casi di melanoma perché nel 10% è documentata la familiarità
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