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Il dermatologo e la diagnosi di Melanoma al paziente

Se ne il Dermatologo e l’errore perfetto ho esaminato i tre atteggiamenti che possono causare diagnosi sbagliate in questo post, invece, troverai le difficoltà relazionali relative alla diagnosi di Melanoma che il dermatologo può incontrare quando deve comunicarla al paziente.

La diagnosi di un tumore, Melanoma compreso, è una comunicazione complessa, spesso improvvisata, che rischia di non tener conto del paziente che in quel preciso momento il dermatologo ha di fronte.

Un persona che poi tornata a casa si troverà da sola con la diagnosi di Melanoma e l’angoscia dovuta all’incertezza di non sapere, come diceva Kierkegaard, cosa succederà e il dubbio sulle scelte da fare da lì in avanti.

Negli anni come dermatologi siamo diventati tecnicamente sempre più bravi a diagnosticare precocemente il Melanoma grazie alle conoscenze sviluppate e alla tecnologia quale l’epiluminescenza e la microscopia laser confocale.

Conoscenze e tecnologie che ci hanno permesso diagnosticare sempre più il Melanoma in situ, il Melanoma a crescita superficiale o il nevo displastico, così come altri tumori in fase precoce quali lo Spinalioma o il Basalioma e che da ultimo ci aiutano a riconoscere e a sospettare anche i tumori rari della cute.

Decisamente un passo in avanti se teniamo presente che solo fino alla fine degli anni 80 la diagnosi di Melanoma era clinica, ad occhio nudo!

Diagnosi di Melanoma che veniva formulata solo quando una macchia si presentava ulcerata, sanguinante oppure causava prurito. Quando ciò si verificava era sempre una diagnosi tardiva e l’asportazione del Melanoma non condizionava minimamente l’aspettativa di vita della persona. In altre parole, sia che il paziente avesse asportato il Melanoma sia che non lo avesse fatto non sarebbe cambiato assolutamente nulla…

Se a questo progresso aggiungiamo anche quello terapeutico intuite come, oggi,  la gestione del Melanoma, ma anche quella degli altri tumori della pelle, sia notevolmente migliorata, sebbene si possano ancora verificare situazioni gravi, a volte anche gravissime che, ahimè, rappresentano una sconfitta per tutti: per il paziente, per la famiglia, per il dermatologo.

C’è ancora molto da fare nei confronti del Melanoma e sono ottimista e fiducioso!

Nel frattempo, siamo in ritardo con la relazione dermatologo-paziente perché non dobbiamo dimenticare che nella nostra professione non abbiamo di fronte la malattia, il Melanoma, ma il paziente, la persona.

So benissimo che il 5% di noi dermatologi si ritiene facente parte di chi è “naturalmente portato” a gestire la comunicazione con il paziente e che altri siano convinti di aver maturato le competenze con l’esperienza.

Il dato di fatto è che per formazione universitaria, quindi nessuna colpa a nessuno, non abbiamo avuto la possibilità di conoscere e apprendere tali competenze riguardanti la comunicazione e la relazione con il paziente e non possiamo continuare ad immaginare che sia ancora fattibile quel rapporto “paternalistico” dove il paziente ascolta e si fa quello che dice il medico.

Cosa succede oggi quando un dermatologo deve comunicare la diagnosi di Melanoma ad un paziente?

Comunicare la diagnosi di Melanoma, così come quello di qualsiasi altro tumore è un momento di profonda sensibilità, coerenza e consapevolezza che sarebbe opportuno conoscere, saper gestire e mettere in pratica.

Quando i colleghi mi comunicarono che per mia madre non ci sarebbe stato più niente da fare e che avevano fatto il possibile è stato il fischio finale di una partita in cui ne uscivo pesantemente sconfitto perché da lì a poco l’avrei persa.

Chi come me ha vissuto un’esperienza simile sa benissimo come ci si sente in quei momenti eppure, ancora oggi, ricordo quella comunicazione e relazione con i colleghi: un’essenza di competenza professionale e di grande umanità.

A pensarci, forse è da allora che cerco di essere più attento alla comunicazione con il paziente.

Io dico sempre la verità!” oppure  “Il paziente deve sapere!

Quante volte avete sentito queste frasi ma mi chiedo: è funzionale comunicare in maniera schietta e diretta la diagnosi di un tumore al paziente?

Un approccio diretto e asettico di questo tipo potrebbe essere un meccanismo di difesa del medico per evitare di non rimanere emotivamente coinvolto nella storia del paziente?

Non si preoccupi è solo un tumorino…”, “E’ solo un  tumoretto…”, “E’ un tumore benigno…” sono funzionali al paziente ad evitargli il carico emotivo della diagnosi di Melanoma?

Fortuna che l’abbiamo tolto! Era un Melanoma!

Quando dimostriamo sorpresa leggendo il referto istologico al paziente qual è l’immagine come professionista che facciamo percepire al paziente? E’ quella di un dermatologo che casualmente, come un’estrazione al lotto, diagnostica il Melanoma?

Da dermatologo, sono personalmente convinto che alle competenze professionali è necessario affiancare e sviluppare quelle relazionali con il paziente perché ogni giorno abbiamo e avremo a che fare prima con le persone e poi con la malattia.

Melanoma: percorsi d’intervento tra Dermatologia e Psicologia è un evento che nasce proprio con l’intento di sviluppare le competenze specifiche, sia teoriche sia pratiche, per comunicare una diagnosi difficile, come quella del Melanoma e per gestire il paziente con Melanoma.

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Dott. Alessandro Martella
Dott. Alessandro Martella
Ciao, trovi le informazioni sulla mia attività di Dermatologo qui. Sono l'ideatore, fondatore e responsabile di Myskin, la piattaforma che stai consultando e autore di oltre 50 lavori scientifici in Dermatologia. Attualmente sono il Presidente dell'Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali (AIDA). e il Direttore Responsabile della Rivista DA 2.0Sono anche Co-editors della Rivista Scientifica JPD.

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