La salute della pelle a cura di
Dermatologia Myskin

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Xerosi cutanea (pelle secca) e prurito: la guida completa

La pelle secca, chiamata anche Xerosi cutanea è una condizione comune a molteplici malattie della pelle.

Di solito, il dermatologo posta diagnosi della malattia spiega al paziente che si associa a pelle secca e ovviamente suggerisce i rimedi migliori per trattarla.

Oggi, invece, partendo proprio dalla pelle secca che a tutti gli effetti è un sintomo che opportunamente valutato ci può aiutare a fornire indicazioni su:

  • gravità della Xerosi stessa
  • intensità del sintomo prurito che può associarsi alla Xerosi cutanea
  • malattia dermatologica associata.

L’idea per questo nuovo approccio nasce dal fatto che il paziente stesso si rivolge al dermatologo dicendo: “Dottore, ho la pelle secca!”

Perché si manifesta la Xerosi cutanea (pelle secca)?

La pelle secca è un problema che riguarda essenzialmente lo strato più esterno della cute: lo strato corneo quello che, per intenderci, tocchiamo quando accarezziamo la pelle.

Questo strato, che in condizioni normali dovrebbe presentarsi simile alla struttura di un muro dove i mattoni sono i corneociti e la malta la matrice intercellulare che li tiene ben saldi uno all’altro, quando è presente la pelle secca si presenta sgretolato.

Se tale strato della cute è sgretolato, la pelle più facilmente può subire insulti chimici, fisici o biologici che possono essere la causa di malattie dermatologiche varie ma anche di infezioni cutanee.

Intuite benissimo, quindi che salvaguardare l’integrità di tale strato corneo è importante per evitare l’insorgenza delle patologie dermatologiche e che di conseguenza la pelle secca (Xerosi) non è solo un problema estetico.

Come si manifesta la Xerosi (pelle secca)?

Quando presente la pelle secca si presenta come:

  • sgualcita
  • screpolata
  • ruvida al tatto
  • desquamata

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Immagini di casi clinici di pelle secca tratto dall’e-book: La pelle secca

Quali sono i sintomi della Xerosi (pelle secca)?

Il sintomo principale è uno solo: il prurito

Attraverso la pelle screpolata si verifica una perdita continua dell’acqua normalmente presente a livello della cute che causa della pelle disidratata e responsabile dell’insorgenza del prurito.

Ecco quindi che il paziente con pelle secca si gratta e l’intensità del grattamento può essere variabile, così come può essere spontaneo e senza una causa apparente, localizzato o diffuso su tutto il corpo.

Quando si manifesta la Xerosi (pelle secca)?

Comune a diverse malattie dermatologiche, è possibile identificare 7 condizioni che possono associarsi alla Xerosi o che possono causarla:

  1. Costituzionale – Sono le malattie quali ad esempio la Dermatite Atopica o la Psoriasi. In questi casi la persona nasce con la predisposizione a sviluppare tali malattie e di conseguenza possono manifestare la Xerosi (pelle secca)
  2. Allergica – è il caso della Dermatite allergica da contatto
  3. Metabolica – quando una persona soffre di Diabete oppure ha un’insufficienza renale cronica può avere la Xerosi (pelle secca). Spesso la pelle secca può essere il primo segnale del Diabete.
  4. Esogena – è il caso della Dermatite irritativa indotta e scatenata ad esempio dagli agenti atmosferici o dal contatto ripetuto e a volte quasi ossessivo con l’acqua che induce la comparsa di irritazione alle mani.
  5. Parafisiologica – è il caso degli anziani che con il passare dell’età tendono ad avere la pelle secca in particolare localizzata alle estremità e generalmente dovuta ad un scarso introito di acqua durante durante il giorno
  6. Neoplastica – quando la pelle secca si associa alla presenza di un tumore
  7. Idiopatica – sono invece i casi restanti in cui non è possibile apparentemente identificare la causa della Xerosi (pelle secca)

Dove si manifesta la Xerosi (pelle secca)?

La pelle secca può essere localizzata oppure diffusa e interessare tutta la superficie del corpo. Nel primo caso, quando localizzata si può manifestare come pelle secca al viso, oppure alle gambe o alle braccia ma anche alle pieghe dei gomiti e delle ginocchia.

Come si fa diagnosi di Xerosi (pelle secca)?

La diagnosi di Xerosi viene fatta ad occhio nudo e accarezzando la pelle della persona però è possibile anche un approccio strumentale per una valutazione più fine della pelle secca.

Tra i vari metodi strumentali cito la TEWL (Trans Epidermal Lossin grado di valutare l’entità della perdita di acqua attraverso la pelle e più esattamente attraverso lo strato corneo screpolatoPiù è alto il valore della TEWL maggiore è l’entità e la gravità della pelle secca.

Personalmente uso anche la Dermatoscopia (sinonimi Dermoscopia o Epiluminescenza), la stessa metodica normalmente utilizzata per lo screening dei nei e la diagnosi precoce del melanomae degli altri tumori della pelle.

Utilizzando la Dermatoscopia che in questo caso potremmo chiamare Xeroscopia perché finalizzata all’osservazione della Xerosi (pelle secca) è possibile valutare diversi aspetti quantitativi e qualitativi che possono aiutare il dermatologo nella valutazione della pelle secca e più specificatamente della sua gravità.

Infatti con la Xeroscopia è possibile valutare l’entità della desquamazione, la tipologia delle squame cutanee presenti, l’accentuazione della trama superficiale della pelle (texture cutanea) e dell’eventuale infiammazione cutanea associata.

Sono tutti elementi che possono aiutare il dermatologo a definire la gravità della Xerosi che didatticamente può essere distinta in lieve, moderata e grave

Valutazione della gravità della pelle secca tratto dall'e-book: La pelle secca
Valutazione della gravità della pelle secca tratto dall’e-book: La pelle secca

Se la Xerosi è lieve vuol dire che è possibile percepirla solo accarezzando la pelle della persona; moderata se oltre a percepirla con i polpastrelli è visibile ad occhio nudo; grave se si presente infiammazione e solo presente il paziente avvertirà prurito.

Il prurito è direttamente proporzionale all’infiammazione pertanto maggiore sarà l’infiammazione della pelle più importante sarà il prurito avvertito dalla persona.

Qual è la cura per la Xerosi (pelle secca)?

Se la finalità del trattamento della pelle secca è di ripristinare l’integrità dello strato corneo eliminando in questo modo l’aspetto sgretolato è necessario puntualizzare che di fronte ad un paziente con Xerosi è necessario un trattamento:

  1. sintomatico per eliminare quando presente il prurito
  2. finalizzato alla fase acuta, ovvero curare i segni e sintomi presenti sulla pelle in dato momento. Quindi nel caso delle mani arrossate e screpolate e con prurito è necessario agire su tutte e tre gli aspetti
  3. farmacologico o cosmetico. L’approccio per la cura della pelle secca può avvalersi dell’uso di farmaci oppure creme da applicare. la scelta dipende dall’entità della Xerosi.

A questo punto, solo dopo aver curato il problema associato o responsabile della Xerosi è possibile immaginare di consigliare un trattamento, a volte di lungo periodo, per la fase di mantenimento per allungare l’intervallo libero di malattia ovvero evitare le recidive.

Tutto ciò è possibile se ove presenti sono state identificate ed isolate le cause responsabili del problema. Ad esempio se le basse temperature causano la dermatite alle mani è necessario proteggerle adeguatamente dal freddo.

Per curare la pelle secca è indicato quindi usare e applicare prodotti sulla pelle in grado di ripristinare lo strato corneo e che di solito sono definiti come idratanti ed emollienti o lenitivi quando contengono delle sostanze in grado di attenuare anche il prurito.

Se la cura con le creme non è sufficiente è necessario valutare l’uso del cortisone o dell’antistaminico.

Un aspetto spesso trascurato nella cura della pelle secca è il detergente che potrebbe ostacolare il successo della cura.

detergente

Infatti quando lo usiamo allontaniamo i fattori protettivi di natura lipidici presenti sulla pelle e di conseguenza instaurare un circolo vizioso che mantiene il problema della pelle secca.

Anche i pazienti sanno che il detergente può essere la causa della loro pelle secca, infatti spesso si rivolgono al dermatologo dicendo: “Dottore, non uso detergenti ma solo l’acqua per lavare il viso ed ho lo stesso la pelle secca!”

Premesso che anche solo l’uso dell’acqua può causare la pelle secca, continuando con il detergente è importante che diventi parte integrante della cura prescrittiva per curare correttamente la pelle secca.

Di solito quando si deve usare un detergente per la pelle secca si presta attenzione  alla fragranza, che non contenga questa o quella sostanza, alla formulazione se in gel o liquido, e al prezzo. Un aspetto trascurato è quello degli attivi ovvero delle sostanze contenute che invece possono contribuire insieme alle creme da applicare a curare la Xerosi.

Come faccio a valutare l’efficacia della cura per la Xerosi?

pelle secca
Tratto dall’e-book: La pelle secca

Curata la Xerosi la pelle si presenta liscia e morbida al tatto e non è presente la desquamazione e il paziente non avverte prurito.

Sono tutti aspetti che nel corso del trattamento è possibile monitorare con la Xeroscopia per osservare come variano i diversi segni cutanei descritti: desquamazione, tipologia ed entità delle squame e quando presente l’infiammazione.

pelle secca prima
pelle secca dopo
Pelle secca prima e dopo la cura osservato in Xeroscopia tratto dall’e-book: La pelle secca

Dermatite Atopica: quando il muro non regge è colpa della filaggrina

La pelle di un paziente con dermatite atopica è caratterizzata da intensa secchezza, microfissurazioni o vere ulcerazioni, ed è come un muro scrostato in cui manca la malta tra un mattone e l’altro. Se il muro non è integro è maggiormente soggetto ad agenti esterni, indebolito da una struttura non perfettamente coesa.

Allo stesso modo la pelle atopica risente di una fragilità strutturale che la espone ad agenti allergizzanti, irritanti o microrganismi che possono determinare un peggioramento e mantenere l’eczema.

Ma cosa causa questa fragilità?

La funzione primaria della pelle è quella di agire come barriera protettiva tra l’organismo ospite e il suo ambiente esterno, riducendo al minimo la perdita di acqua dal corpo e, allo stesso tempo, impedendo l’ingresso di agenti patogeni e allergeni.
La differenziazione terminale dei cheratinociti dall’interno dell’epidermide porta alla formazione di una matrice lipidico-proteica densamente compatta ed estensivamente reticolata, che forma una barriera impenetrabile (conosciuta come lo strato corneo) che è lo strato più alto (cornificato) dell’epidermide.
Una barriera cutanea difettosa è una caratteristica fondamentale dell’ eczema atopico, malattia infiammatoria cronica della pelle.

Quando si parla di “difetto di barriera” si fa riferimento alla interazione di numerosi fattori:

  • difetto di filaggrina
  • difetto di ceramidi (lipidi che servono a mantenere uniti i diversi strati della cute)
  • aumento della perdita di acqua attraverso la cute (la cute si disidrata ed aumentala sua secchezza)
  • fattori esterni (S. aureus, acari della polvere, agenti irritativi e/o allergizzanti)
  • colonizzazione da parte di batteri

A tutto ciò si aggiunge l’infiammazione che contribuisce a determinare la fase attiva di eczema.

E la Filaggrina che ruolo gioca?

Da anni l’attenzione è diretta alla molecola filaggrina (FLG), la proteina che guida la corretta differenziazione dell’epidermide garantendo l’effetto barriera e che ha un ruolo chiave per la prevenzione della secchezza e desquamazione della pelle

Mutazioni genetiche (R501X e 2284del4) a suo carico portano alla formazione di una proteina tronca, inattiva e sono responsabili di ittiosi volgare oltre a rappresentare il maggiore fattore di rischio per lo sviluppo di dermatite atopica nella popolazione caucasica. Si ritiene che il 7-10 % esprima almeno una mutazione e che il 50% dei pazienti con forme gravi di dermatite atopica abbia almeno un gene mutato per la filaggrina.

Sembra, inoltre, che tali mutazioni possano favorire altri disordini di natura allergica (allergia alimentare, rinite e asma allergica) e giochino ruolo nella cosiddetta marcia atopica. Per questo motivo le mutazioni si ritengono correlate solo alle forme estrinseche di dermatite atopica (associate a sensibilizzazione allergica e alti livelli di IgE totali) e non a quelle intrinseche.

Ma noi possiamo intervenire?

Evitare i fattori scatenanti, una corretta emollienza, l’utilizzo di trattamenti locali (cortisonici o inibitori della calcineurina) sono strategie in grado di ridurre l’intensità e la frequenza delle recidive, ma si può pensare di gestire la cute atopica senza riparare la barriera cutanea? No

E’ necessaria la cosiddetta emollienza attiva, utilizzando prodotti ricchi in ceramidi e pro-filaggrina/filaggrina, oltre ad evitare saponi e detergenti aggressivi che aumentano la perdita di acqua della cute. Ripristinare la barriera cutanea precocemente può aiutare a prevenire le sensibilizzazioni allergiche e la progressione dell’eczema.

Esempi di emollienti attivi e dispositivi medici contenenti filaggrina e ceramidi

Nome commercialeFilaggrina o induttoriCeramidiOmega
Linea A-Derma Exomega D.E.F.I.®XX
Linea Bioclin A-topic®XX
Linea Physiogel®X
Linea Ceramol®X
Filagrinol®X
Rilastil linea A-lipik®XX
Ducray linea Ictyane H.D.®X
La Roche Posay linea Lipikar®XX
La Roche Posay linea Toleriane®XX
Isdin linea Nutratopic RX®XX
Eucerin Complete Repair®XXX
Envicon linea dermatite atopicaXX

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E’ vero che esiste un test per la Filaggrina?

Ovviamente le indagini genomiche possono attraverso un prelievo di sangue mappare il gene della pro-filaggrina (cromosoma 1q21), che diviene filaggrina nella fase finale della differenziazione dello strato più superficiale cutaneo, e identificarne specifiche mutazioni. Molti studi genomici hanno permesso di puntualizzare le mutazioni responsabili di eczema atopico e la loro distribuzione geografica.

Esiste in commercio un test (OLOSLAB) che si propone come metodo per valutare la predisposizione alla secchezza cutanea, all’ittiosi volgare o alla dermatite atopica attraverso un semplice prelievo di saliva

Nel referto è precisato il genotipo specifico tra le molte mutazioni e i polimorfismi possibili e se correlano con le suddette patologie cutanee.

Conclusioni

La Dermatite Atopica, chiamata anche Eczema costituzionale, è una malattia complessa con un notevole impatto sulla qualità di vita del paziente e dei suoi familiari. Il decorso della malattia a volte può essere veramente angosciante per l’individuo con la forte tentazione, magari dopo diverse delusioni terapeutiche, a ricorrere al fai da te.

Fai da te, chiedendo in rete qual è la soluzione o il rimedio per curare la pelle secca e arrossata alle pieghe del gomito, alle ginocchia, come eliminare le screpolature e soprattutto come gestire il prurito e quali sono i prodotti migliori per la Dermatite Atopica.

Ogni individuo con la Dermatite Atopica è unico e l’ideale sarebbe che il trattamento fosse sempre personalizzato. Proprio per questo, per quanto scontato possa sembrarvi chiedete sempre il consulto al dermatologo.

Il dermatologo valutando lo stato e lo stadio della Dermatite Atopica e contestualizzandoli nelle condizioni generali di salute della persona potrà aiutarti sempre nella gestione ottimale della tua malattia.

 

Il ruolo della vitamina D nella dermatite atopica

I pazienti con dermatite atopica hanno fattori di rischio geneticamente determinati che influenzano la funzione barriera della pelle e le risposte immunitarie che interagiscono con fattori ambientali.
Tra i fattori coinvolti nella genesi della dermatite atopica, può essere evidenziata la crescente importanza della carenza di vitamina D nei pazienti atopici.

La vitamina D è una vitamina liposolubile sintetizzata prevalentemente a livello della pelle: l’esposizione a radiazioni UVB trasforma il 7-deidrocolesterolo in vitamina D3 (colecalciferolo). Anche un’adeguata alimentazione e supplementi ricchi in vitamina D possono essere fonti utili di vitamina D2 (non sintetizzata dalla pelle) e D3.

Storicamente si conosce il ruolo della vitamina nell’assorbimento intestinale del calcio e nel metabolismo osseo. Studi più recenti hanno evidenziato un suo ruolo nel corretto sviluppo del Sistema Immunitario e nella maturazione polmonare intrauterina e post-natale, attraverso la modulazione dei processi infiammatori e la risposta alle infezioni.

La forma biologicamente attiva agisce attraverso recettori che sono distribuiti in oltre 30 organi e tessuti. E’ in grado, quindi, di regolare i processi cellulari (differenziazione, proliferazione, apoptosi e angiogenesi) e un suo deficit correla con un aumentato rischio di sviluppo di tumori negli organi bersaglio.

Alimenti ricchi in vitamina D

  • pesce (carpa, anguilla, trota, salmone, sardine, pesce spada, merluzzo, sgombro, dentice, storione, pesce gatto, caviale, aringa, triglia, cefalo)
  • uovo (tuorlo), latte vaccino e di capra, burro, latte di soia
  • funghi secchi, cereali corn flakes, carne di maiale

Concentrazione nel sangue di vitamina D

  • Difetto (deficit): < 20 ng/ml
  • Insufficienza 20-29 ng/ml
  • Normale 30-100 ng/ml

E’ difficile dosare correttamente la vitamina D nel siero in modo standardizzato e spesso sono presenti range ampi di valori di riferimento che confondono le idee rispetto a quadri di deficit o di insufficienza. Anche il momento in cui viene dosata la vitamina può far variare il risultato.

Cause di deficit di vitamina D e fattori di rischio

Ha senso integrare la vitamina D nei pazienti con dermatite atopica?

Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento di tutte le forme di allergia (cutanea e respiratoria). Si è reso indispensabile, quindi, indagare la presenza di eventuali fattori ambientali in grado di favorire tale aumento di prevalenza.

I pazienti con dermatite atopica presentano un difetto della barriera cutanea ed alterazioni del sistema immunitario cutaneo geneticamente determinati che interagiscono con fattori di tipo ambientale (esposizione solare, abitudini igieniche ed alimentari, esposizione precoce a microorganismi).

La vitamina D si inserisce in qualche modo in questo alterato equilibrio?

Gli studi disponibili negli ultimi anni hanno messo in evidenza una correlazione tra livelli di vitamina D e atopia, sebbene secondo alcuni autori la vitamina D rappresenti un fattore protettivo e secondo altri un fattore di rischio.

Difficile per ora capire da che parte pende la bilancia… i molti limiti nel dosare correttamente la vitamina e nel selezionare i pazienti da valutare rendono necessari più studi per identificare l’eventuale dose ottimale di trattamento, la sua durata e gli effetti prodotti.

Evidenze a favore

L’aumento delle patologie di natura allergica nell’infanzia va di pari passo con l’aumentata percentuale di casi di carenza di vitamina D (paesi in via di sviluppo soprattutto e stili di vita non adeguati). Anche per questo è raccomandato l’uso in bambini allattati artificialmente o in allattamento misto l’utilizzo di formule addizionate con vitamina D.

Da valutare l’eventuale utilità specifica dell’implementazione di vitamina D in corso di gravidanza. Alcuni studi hanno evidenziato un rischio maggiore di atopia cutanea in mamme che hanno assunto poca vitamina D e pesce in gravidanza. Altri hanno affermato il contrario.

Recenti studi dimostrano che l’integrazione con vitamina D riduce il rischio di infezioni del tratto respiratorio, possibili fattori scatenanti l’asma.

La vitamina D svolge un ruolo comprovato nella modulazione del sistema immunitario, nella differenziazione cellulare, e nella produzione di peptidi antimicrobici, eventi cruciali della determinazione della dermatite atopica.

Alcuni studi hanno evidenziato una correlazione diretta tra deficit di vitamina D e aumento di incidenza della dermatite atopica, ma non di rinite o asma.

Secondo alcuni autori sembra esserci correlazione tra livello di deficit di vitamina D e la gravità della dermatite atopica.

C’è una maggiore prevalenza di dermatite atopica in bambini nati in autunno e inverno rispetto a quelli nati in primavera ed estate.

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Evidenze a sfavore

Alcuni autori, su un piccolo gruppo di pazienti, hanno sostenuto che somministrare vitamina D nell’infanzia aumenta il rischio di dermatite atopica a 6 anni, in modo dose dipendente.

Siamo tutti concordi che l’allattamento al seno nei primi 4 mesi di vita protegga dal rischio di eczema, ma in genere allattamento al seno vuol dire minor introduzione di vitamina D3 rispetto alle formule che sono arricchite anche in vitamina D. Quindi? La vitamina D è un fattore di rischio?

Studi relativi alla somministrazione della vitamina nel primo anno di vita sostengono che l’assunzione sia correlabile ad una maggiore prevalenza successiva di dermatite atopica e rinite. Il dubbio è legato al fatto che nel primo anno di vita c’è una maggiore permeabilità intestinale e quindi un aumentato rischio di allergia alimentare e atopia rispetto alla sola alimentazione al seno indipendentemente dalla somministrazione della vitamina.

Come potete ben capire siamo ancora ben lontani dal capire se la vitamina D sia effettivamente un fattore di protezione o di rischio per la dermatite atopica.

Tuttavia, le evidenze circa il ruolo di modulazione del sistema immunitario, la capacità di accelerare la barriera cutanea e il conseguente miglioramento della dermatite che deriva dalla somministrazione della vitamina, lasciano ben sperare che possa essere un’arma in più per gestire al meglio il rischio, la prevenzione ed il trattamento della dermatite atopica.

  • ridotta esposizione solare (lavoro in ambienti chiusi)
  • utilizzo di indumenti protettivi
  • uso di schermi solari
  • insufficiente consumo di alimenti ricchi in vitamina D
  • sesso femminile, neonati, bimbi in età prescolare, anziani in strutture sanitarie
  • soggetti con alto BMI (sovrappeso, obesità)
  • assenza di esposizione solare
  • patologie epatiche, malassorbimento, farmaci (rifampicina, glucocorticoidi, anticonvulsivanti), deficit proteico
  • stato socio-economico scadente
  • inquinamento atmosferico

Dermatite atopica: i consigli pratici di una mamma

Consigli pratici, ricette ed esperienze vissute quotidianamente da una mamma con una figlia atopica gli ingredienti dell’interessante blog dedicato alla dermatite atopica e alle allergie alimentari.

L’intervista all’autrice di mimangiolaallergia. Tante curiosità e una dolce sorpresa culinaria.

Come è nata l’idea del blog?

Un giorno mio marito mi ha detto: «Ma perché non raccogli le nostre ricette senza così quando nostra figlia sarà grande avrà un bel ricettario di mamma e papà?».

Così ho cominciato a raccogliere ricette, aneddoti sul tema e informazioni utili. Ho parlato di questa idea con alcune mamme, le quali mi hanno suggerito di aprire un blog perché tutto ciò sarebbe potuto essere interessante e utile anche per altri genitori di bambini con atopia.

In considerazione anche del fatto che navigando in rete mi sono purtroppo resa conto che allergie alimentari e dermatite atopica costituiscono per molti autori di siti e blog, nonché foodblog, rivolti squisitamente alle mamme, un pretesto per attirare il maggior numero di visitatori possibile, senza avere in merito alcuna competenza e/o esperienza specifica, col rischio di dare anche informazioni scorrette.

Così è nato mimangiolallergia, ossia uno spazio dove poter incontrare, seppure solo virtualmente, altri genitori di bambini con allergie alimentari e/o con dermatite atopica con i quali condividere non solo ricette per tutta la famiglia o per le occasioni speciali ma anche esperienze e dubbi che accomunano molti di noi e che spesso rimangono inespressi, in quanto non si hanno molte opportunità di incontro se non nelle sale d’attesa dei medici o qualche volta sulle panchine al parco senza avere l’occasione di rivedersi e di proseguire la chiacchierata, spesso di utile reciprocità.

Attenzione: non elargisco consigli e le ricette devono essere sempre verificate dal medico di riferimento, caso per caso.

La dermatite atopica può essere la causa de La stagione delle cattive madri che improvvisamente si trovano a focalizzare tutte le loro attenzioni e la loro vita, per gestire la dermatite atopica del figlio/a? Oppure i nuovi mezzi di comunicazione, mi riferisco in particolare ad internet, sono uno strumento per non sentirsi soli?

Il libro a cui Lei accenna racconta la vita di quattro madri a tempo pieno, brave, buone, impeccabili. Fino al momento in cui dicono basta, perché i figli sono cresciuti, non hanno più bisogno della loro costante presenza e sono quindi pronte per affrontare una nuova stagione della vita, in cui riprendere in mano la loro esistenza.

Una soltanto ha una figlia con problemi di apprendimento, le altre hanno figli normo-sani, quindi la scelta di rimanere a casa dal lavoro prescinde da malattie dei figli. Fattori come condizioni economiche, età della madre, contesto famigliare, professione della madre, tipo di madre che si è avuta, personalità esperienze personali, ecc. possono di per sè condizionare la scelta di tornare o meno al lavoro.

La dermatite atopica, a mio avviso non costituisce una buona ragione per annullarsi e dedicarsi unicamente alle cure del figlio, anche se molto dipende da quanto piccolo è il/la figlio/a e dalla gravità delle manifestazioni.

Riconosco, infatti, che di fronte a un bimbo con una grave dermatite atopica e con tutti i disagi che ne derivano sarebbero molte le madri che preferirebbero posticipare il rientro al lavoro.

In Germania, una madre ha un congedo parentale di tre anni per ogni figlio, indipendentemente dalle condizioni di salute e la famiglia percepisce un bonus famiglia per ogni figlio fino a 18 anni! Si tratta sempre e comunque di scelte soggettive e molto personali, difficili da giudicare senza conoscere il contesto in cui vengono operate.

Internet è come una splendida Ferrari, ma bisogna saperla guidare o si rischia di farsi molto male.

Così come una medaglia, il web presenta due facce, da un lato è una risorsa, dall’altro può rivelare insidie pericolose.

La rete può offrire buoni spunti di riflessione, ma non può e non dovrebbe mai sostituirsi, secondo me, al rapporto tra le persone, soprattutto quando si tratta di malattie.

Inoltre, sarebbe consigliabile verificare sempre le informazioni e le conoscenze trovate in rete discutendone con un medico esperto. Pur avendo io un blog, sono una navigatrice molto attenta.

Infatti, se sono alla ricerca di informazioni, vado direttamente alla fonte e consulto solo siti istituzionali perché altrimenti si rischia di ritrovarsi in una torre di Babele, dove sullo stesso argomento ognuno dice la sua con il risultato spesso di avere disinformazione e disorientamento.

Mentre per quanto concerne il sentirsi soli, non uso internet per trovare compagni di sventura ma ammetto che tramite il blog sono sorteamicizie virtuali molto belle e sincere con altri genitori che ripagano tutto lo sforzo di aggiornare il sito. Insieme a loro ci si sente una grande famiglia.

Infine, Il problema vero è che non esistono molte associazioni di genitori di bambini allergici e/o con dermatite atopica che mettono a disposizione un luogo fisico per ritrovarsi e confrontarsi

Se lei fosse un dermatologo come spiegherebbe ad una mamma la dermatite atopica appena diagnosticata al figlio/a e quali consigli pratici si sentirebbe di suggerire?

Non è facile rispondere a questa domanda perché la dermatite atopica è una patologia sulla quale ancora oggi gli studiosi si confrontano. In tutti questi anni, però grazie ai diversi colloqui con gli esperti e al decorso della malattia di nostra figlia, ho capito che la dermatite atopica è una malattia molto soggettiva, ossia sono soggettivi i fattori capaci di scatenarla (freddo intenso, caldo umido, fattori allergici, tessuti ruvidi, infezioni batteriche o virali ecc.).

Lo stesso fattore, ad esempio, può essere scatenante per un soggetto e non per un altro. Ci sono piccoli pazienti che migliorano al mare e peggiorano in montagna e altri che migliorano sui monti e peggiorano ai lidi!

Soggettivo è altresì il trattamento dei sintomi (a seconda della gravità delle lesioni, del disagio). Non è contagiosa (come mi hanno talvolta chiesto alcune mamme incontrate ai giardinetti).

Sostanzialmente si tratta di una infiammazione della pelle che alterna periodi di assenza a periodi di presenza. E’ di origine genetica, nel senso che viene trasmessa per via ereditaria.

L’età del soggetto influisce molto sull’entità delle manifestazioni. Nostra figlia ne è un esempio: ne ha sofferto molto nei primi mesi di vita ed è andata migliorando crescendo.

Non è sempre di origine allergica e spesso non dipende da allergie alimentari, e per questa ragione io e mio marito abbiamo sempre tenuto rigorosamente distinte allergie alimentari e dermatite atopica, affidandoci all’allergologo pediatra per le prime e al dermatologo pediatra per la seconda, ma questa è la nostra esperienza.

Non esistono farmaci che guariscono dalla dermatite atopica, bensì esistono medicinali che curano i sintomi. La dermatite atopica può regredire spontaneamente ed essere totalmente asintomatica per anni per poi ricomparire inaspettatamente dopo anni di assenza per svariati fattori, fra cui ormonali, emotivi (ad esempio un lutto, la separazione o tensioni particolarmente stressanti per il singolo individuo).

Consigli pratici? Non so se sia possibile dare suggerimenti in questo caso, perché la nostra esperienza ci ha dimostrato che ciò che funziona in un caso, non è detto che funzioni anche negli altri. L’unico suggerimento che mi viene spontaneo è di affidarsi ad un dermatologo pediatra esperto di dermatite atopica con il quale instaurare un rapporto di fiducia reciproco.

Qual è secondo Lei l’errore che il dermatologo compie nel relazionarsi con i genitori di un bambino/a atopico/a?

Non so se si possono fare generalizzazioni in merito, perché ogni medico (indipendentemente dalla specializzazione) arriva alla professione seguendo percorsi di studio e di vita molto diversi tra loro. Forse l’unico comun denominatore è che il dermatologo (ma direi in generale i medici) non sempre presta sufficiente attenzione alla qualità della relazione triangolare ossia tra il medico, i genitori e il piccolo paziente, nonché alle modalità di comunicazione e questo, in molti casi, può influire addirittura sull’esito delle terapie.

Sebbene io sia la prima a riconoscere che nemmeno tutti i genitori sono uguali e che spesso i medici hanno pochissimo tempo da dedicare alle famiglie per ascoltare prima e spiegare poi, perché attesi in corsia da decine di piccoli pazienti impazienti.

E’ un argomento molto ampio e difficile da trattare in poche righe, ma la mia esperienza con i dermatologi è stata tutto sommato positiva, a parte un caso isolato, in Germania. Si è trattato di un raro caso di arroganza, presunzione, mancanza di tatto e azzarderei di scarsa competenza.

Mi spiego meglio: ha visitato frettolosamente nostra figlia (che all’epoca aveva 6-7 mesi circa) senza mai rivolgerle una parola, un sorriso, freddo e scostante (forse pensava che il fatto di essere una bambina italiana precludesse la sua comprensione della lingua, ma si sa che i bambini ascoltano più il linguaggio del corpo che non quello verbale).

Si è dimostrato eccessivamente allarmista, per nulla disposto ad ascoltare il nostro vissuto, i nostri dubbi, in quanto in quel momento qualsiasi cosa le avessimo detto non le sarebbe stato utile saperlo perché lei vedeva nel ricovero ospedaliero l’unico modo per individuare l’origine della dermatite di nostra figlia.

Siamo ovviamente fuggiti… in Italia dove abbiamo conosciuto un dermatologo pediatra esperto di dermatite atopica, al quale, proprio perché pediatra ed esperto di dermatite atopica è stato sufficiente visitare accuratamente nostra figlia (un’ora di visita!) e raccogliere tutte le informazioni necessarie al fine di stabilire come procedere nel suo caso particolare.

La situazione era medio grave, si sarebbe trattato di tentare una terapia e vederne gli effetti (che si sono rivelati positivi anche nel lungo periodo). Nostra figlia ha assistito a un colloquio rilassato, professionale, senza tensioni, di rispetto reciproco, è stata coinvolta facendola sentire a suo agio.

Le mense scolastiche e, in generale, la scuola, sono sufficientemente preparate nei confronti delle allergie alimentari e della dermatite atopica?

No. Sul fronte allergie alimentari non basta erogare pasti andando per eliminazione perché nel caso di pluriallergie si rischia di pervenire ad un risultato molto scadente sia sul piano nutrizionale sia su quello del gusto.

A questo si aggiunga la spinosa questione delle responsabilità sulla gestione del pasto, dall’azienda erogatrice all’istituto scolastico. Inoltre, difficilmente ci sono insegnanti preparati e autorizzati a gestire le emergenze in caso di reazioni allergiche.

Mi rendo conto che è una problematica molto articolata e complessa, a cui non è facile trovare soluzioni che accontentino tutti, ma sarebbe auspicabile che la tematica venisse trattata in modo più standardizzato, al fine di stabilire delle linee guida nazionali valide su tutto il territorio nazionale, responsabilizzando tutti coloro che intervengono nelle diverse fasi. Sarebbe interessante sapere come si comportano i nostri vicini europei (svizzeri, francesi in particolar modo), anche se forse non servirebbe molto saperlo, poiché noi italiani siamo un pò come quegli scolari un pò imbranati che non sanno copiare e commettono errori di copiatura peggiori dell’errore stesso.

Sul fronte della dermatite atopica il corpo insegnante è assolutamente impreparato e talvolta fatica ad accettare certe richieste percepite come un pò strane o esagerate.

Fortunatamente non è il nostro caso, in quanto la maestra dell’asilo e la direttrice si sono dimostrate sempre molto comprensive e disponibili. Esempio banale: abbiamo richiesto che A. non sedesse vicino ad un calorifero (il calore eccessivo può scatenare prurito) oppure di ricordarle di incremarsi le mani prima di svolgere certe attività. Il dialogo genitori-insegnanti in questo caso è fondamentale.

Nella sua presentazione ha scritto Paese che vai, usanze che trovi. Ci potrebbe spiegare meglio alcune differenze culturali nei confronti delle allergie alimentari e/o della dermatite atopica?

L’ideale sarebbe potersi sempre confrontare con genitori e medici di altri Paesi, non solo europei, ma anche oltre Oceano, per scoprire che non esiste un unico modo possibile di vivere e risolvere i problemi, senza però creare dei miti, perché non direi che un Paese affronti meglio di un altro allergie alimentari e dermatite atopica. Le differenze sono molteplici, e spaziano dall’aspetto dell’alimentazione, all’ aspetto della cura, fino all’aspetto prettamente economico.

Il primo esempio che mi sovviene è la credenza dominante in Italia, come nel resto dell’Europa, che il latte vaccino sia indispensabile per una corretta crescita del bambino e per le ossa delle donne. Vivendo in Germania, dove nostra figlia è nata e cresciuta per qualche anno, ho avuto modo di conoscere molte mamme giapponesi che sorridevano di fronte a questi timori, spiegandomi che in Giappone il consumo di latte vaccino e dei suoi derivati sarebbe iniziato solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, e che le principali fonti di calcio sono di tipo vegetale e ittico. Eppure i giapponesi non hanno sofferto, e non soffrono, più di altre popolazioni di osteoporosi. Pensiamo anche all’Africa, dove mi risulta che la stragrande maggioranza della popolazione è intollerante al lattosio, sebbene l’incidenza dell’osteoporosi non sia maggiore rispetto ad altre realtà anzi ci sono studi clinici che dimostrano che l’incidenza della frattura al femore è maggiore proprio nei Paesi che sono considerati i maggiori consumatori di latte bovino e derivati.

Sotto il profilo economico, mi aveva stupito scoprire che in Germania la sola intolleranza al lattosio era di per sè un requisito sufficiente per richiedere l’invalidità anche nel caso di bambini, il che significava diventare degli aventi diritto a deduzioni fiscali (non so se questa informazione sia ancora attuale sono passati diversi anni ormai da quando siamo rientrati in Italia).

Sul fronte, invece, della dermatite atopica, il discorso è più complesso. Pensando alla Germania, forse, la differenza più macroscopica è l’accettazione generalizzata da parte dei pazienti del fatto che questa malattia può richiedere un trattamento non solo farmacologico (o omeopatico, in quanto in Germania l’omeopatia è consolidata quanto la farmacologia), ma magari anche psicologico.

Infine, per quanto riguarda le terapie, non mi sento di fare generalizzazioni, perché molto dipende dai medici che si incontrano, indipendentemente dall’appartenenza geografica.

Qual è il suo rapporto con il cortisone topico, largamente indicato nelle fasi acute della dermatite atopica?

Lo stesso che ho con tutti i farmaci, ossia vi ricorro il meno possibile, e solo in casi indispensabili. Sono consapevole che cura il sintomo, ma non guarisce dalla malattia, che invece può scomparire spontaneamente. So anche che se usato male, può fare danni, ma del resto come qualunque altro medicinale e per questa ragione l’ho usato con nostra figlia solo quando è stato prescritto da un medico esperto, attenendomi scrupolosamente alle indicazioni fornitemi in merito a dosaggi (non tutti i medici, purtroppo insegnano ad usarlo), tempi di trattamento, modalità di applicazione nonché di sospensione.

Come gestisce la fase acuta della dermatite atopica di sua figlia?

Fortunatamente il tempo delle fasi acute è solo un ricordo. Oggi parliamo di pochissimi episodi che si contano sulle dita di una mano, dovuti per lo più a malattie infettive virali, soggiorni invernali in montagna, frequentazioni prolungate della piscina (che frequenta per altro da marzo dello scorso anno, e che prima evitavamo per via delle lesioni e per il rischio di sovra infezioni cutanee), e comunque le zone colpite sono circoscritte alle mani, alle guance, raramente alle pieghe delle ginocchia o natiche, che spesso regrediscono trattandole tempestivamente con una crema a base di ossido di zinco preparata dal farmacista su ricetta medica.

In ogni caso, non mi sono mai affidata al fai da te ma mi sono sempre attenuta alle indicazioni del dermatologo pediatra che nelle fasi acute aveva prescritto a nostra figlia (aveva all’epoca 8 mesi) fermenti lattici, bagnetto quotidiano in acqua leggermente salata, trattamento delle lesioni con una crema al cortisone di potenza media perché l’idrocortisone non era efficace, e, non appena le condizioni della pelle lo avessero consentito, creme emollienti mattina e sera.

Preferisco però non entrare nel dettaglio, perché ogni caso è un caso a sè stante e il dermatologo personalizza sempre la terapia.

Come, invece, gestisce la fase di mantenimento della malattia, quella in cui non è presente l’eczema in fase attiva?

Presto attenzione ai potenziali fattori scatenanti (molto soggettivi per altro), onde evitare recidive, quando riesco applico un emolliente specifico per la dermatite atopica dopo il bagno o la doccia oppure una crema barriera quando andiamo in montagna, per proteggere la pelle dal freddo intenso, oppure prima di fare il bagno in piscina, o ancora prima di attività che richiedono l’uso delle mani (bricolage e simili).

Inoltre, niente saponi o detergenti generici ma solo prodotti specifici per la dermatite atopica, il meno aggressivi possibili. Le faccio indossare abiti in tessuti naturali, limitando quelli in fibra sintetica all’uso prettamente esterno, tipo giacche a vento in montagna e così via.

Quale ricetta consiglia oggi a Myskin?

Una ricetta senza latte e senza uova che vede i bambini protagonisti in cucina, facendoli godere del piacere di creare, manipolare e dare forma a qualcosa che potranno gustare da soli o in compagnia di parenti e amici, allergici e non: le Palline di cioccolato al cocco.

Psoriasi: quanto è grave? il PASI e il GRAVE di Myskin

Il concetto di gravità della Psoriasi deve tener conto secondo noi, dermatologi on line di Myskin, di due aspetti:

  • la gravità in senso stretto della malattia
  • le ripercussioni sulla qualità di vita del paziente

Per valutare l’entità della malattia, ovvero come si manifesta sulla pelle, si usa il PASI mentre per indagare la qualità della vita esistono diversi questionari, alcuni dei quali particolarmente complessi. Noi dermatologi online di Myskin abbiamo ideato il protocollo Grave per valutare l’impatto della Psoriasi a placche (Psoriasi volgare) ma anche delle altre varianti cliniche sul vissuto della persona.

Entrambi i sistemi pur basandosi su valutazioni soggettive e non riproducibili sono fondamentali per contestualizzare ogni caso di Psoriasi.

psoriasi_plantare

Cosa è il PASI?

Il PASI è l’acronimo di Psoriasis Area Severity Index e rappresenta un sistema per quantificare la Psoriasi. Per farlo il dermatologo valuta la percentuale della superficie cutanea interessata, osservando quanto è esteso l’arrossamento. Poi valuta anche l’entità della desquamazione presente e il grado di infiltrazione delle placche.

L’indice del PASI può variare da 0 (assenza di malattia) a 72 (Psoriasi grave)

Una volta quantificato il PASI è importante per monitorare nel tempo il decorso della malattia magari durante la terapia della Psoriasi.

 

Cosa sono i questionari sulla qualità della vita?

Sono questionari finalizzati ad indagare la qualità di vita del paziente con Psoriasi. Consistono in una serie di domande che rivolte dal medico al paziente con Psoriasi aiutano a valutare l’impatto della mallatia sulla persona.

Ne esistono diversi alcuni particolarmente complessi e articolati quando invece a nostro personale parere dovrebbero essere semplici e di facile somministrazione.

Proprio per questo abbiamo ideato e realizzato il protocollo GRAVE di Myskin.

Cosa è il protocollo GRAVE di Myskin?

Il protocollo GRAVE di Myskin mira a valutare i seguenti aspetti sulla qualità di vita del paziente con Psoriasi:

  • G – inquadramento generale della Psoriasi
  • R – impatto della Psoriasi sulle relazioni
  • A – impatto della Psoriasi sulle attività
  • V – impatto della Psoriasi sul vissuto della persona
  • E – evoluzione o storia naturale della Psoriasi

Indagando la qualità di vita di una persona con Psoriasi può emergere che l’impatto della malattia sulla persona non sempre è direttamente proporzionale all’entità e all’estensione delle macchie e delle placche cutanee presenti sul corpo.

Per questo motivo potrebbe capitare che una Psoriasi, ad esempio, diffusa su tutto il tronco e gli arti inferiori potrebbe impattare meno sulla qualità di vita del paziente, perché potrebbe nasconderla sotto i vestiti, rispetto alla presenza delle placche alle mani o al viso.

Soppesare contestualmente l’entità della malattia e il suo impatto sulla qualità della vita della persona è un compito importante del dermatologo per poter poi consigliare l’approccio terapeutico individuale più idoneo perché è stato dimostrato che, ove presente, il miglioramento delle manifestazioni cutanee migliora anche la qualità di vita della persona.

 

Le tinture per capelli possono causare il tumore al seno?

Il cancro alla mammella è il tumore più frequentemente diagnosticato e la seconda causa di morte per cancro tra le donne negli Stati Uniti e in Europa. Storicamente, le donne Afro Americane( AA) hanno mostrato di avere minore incidenza del carcinoma al seno rispetto alle donne bianche, ma i dati recenti mostrano una convergenza di questi dati, anche se le donne Afro Americane (AA) continuano ad avere maggiore incidenza del cancro al seno in età più giovane e più alti tassi di mortalità per cancro della mammella.

L’osservazione di sostanze cancerogene nei prodotti per capelli – in particolare tinture per capelli, relaxers chimici e condizionatori contenenti colesterolo o placenta – come fattori di rischio di cancro al seno sia nelle donne bianche che nelle AA deve essere valutata attentamente e correlate all’aumento del rischio di cancro al seno  in relazione ai recettori per gli estrogeni (ER) o ad altri fattori  quali:

  • pubertà
  • gravidanza
  • storia della salute personale
  • esposizioni prenatali
  • storia riproduttiva
  • uso prolungato di ormoni
  • stile di vita
  • esposizione al fumo
  • consumo di alcol
  • attività fisica
  • uso di vitamine

L’uso di tinture per capelli è più comune tra le donne bianche che nelle Afro Americane (58 contro 30%) mentre lo stiraggio dei capelli e l’utilizzo di condizionatori è più comune tra le Afro Americane (59 rispetto al 6%) a causa della loro maggiore attenzione per la stiratura dei capelli.

In generale l’uso di tinte per capelli, specie quelle di tonalità scure soprattuto se applicate frequentemente sul cuoio capelluto, è associato a un aumento del rischio di cancro della mammella.

Perchè le tinture per i capelli sono pericolose?

Un’ipotesi correlata è la composizione chimica dei coloranti per capelli soprattutto per le tonalità più scure che contengono ammine aromatiche che sono i componenti di ossidazioni per capelli. Inoltre, il contatto diretto cuoio capelluto-colorante  può portare ad assorbimento cutaneo di questi composti nocivi, in particolare con l’esposizione a lungo termine. Alcuni autori hanno osservato che l’uso di tinture di tonalità scure può essere associato al cancro della mammella e  all’aumento del rischio di linfoma e mieloma multiplo non -Hodgkin con un aumento del rischio di ben 4 volte e marginalmente anche aumento del rischio del 29% di cancro alla vescica.

Conclusioni

L’attenzione ai prodotti per capelli come importanti fattori di rischio per la carcinogenesi del carcinoma della mammella richiede  ulteriori studi e indagini  ma l’uso di prodotti sicuri scientificamente documentati deve essere raccomandato.

Melanoma quarto stadio: il sole dentro

Intervistare Marina che ha asportato un Melanoma al quarto stadio è stata una lezione di vita anche per me che, da dermatologo, mi trovo dall’altra parte della scrivania.

La sua storia coinvolgente è piena di forza; quella forza che l’ha portata a realizzare un blog e a vivere con il sole dentro.

Marina, come si svolgeva la tua vita prima del Melanoma?

Il mio Melanoma primario risale al 1998. Avevo 20 anni. Frequentavo il primo annp di Università e trascorrevo una vita assolutamente tranquilla e spensierata.

E’ cambiata la tua vita dopo la diagnosi di Melanoma?

Sinceramente dopo la diagnosi di melanoma primario no, nel senso che anche se ho dovuto sempre sottopormi a controlli regolari, non ero particolarmente preoccupata.

Invece con la prima recidiva linfonodale, 17 anni dopo il melanoma primario…la mia  vita  è stata proprio sconvolta. Ma per fortuna ho saputo riprendere in mano la mia vita … altrimenti non so come farei oggi a gestire il mio quarto stadio con metastasi polmonari

Facciamo un passo indietro fino alla diagnosi di Melanoma, a quando risale? Potresti raccontarci cosa è successo?

Nel giugno del 1998 ho visto una mia maglietta sporca di sangue … il neo era sul dorso. Ho prenotato una visita urgente e 3 giorni dopo mi hanno ricoverato per asportare il neo e i linfonodi sentinella ascellari.

Come hai vissuto l’attesa del referto istologico?

Aspettare un istologico richiede sempre tata pazienza perché l’attesa è davvero terribile. Almeno per me, ma questo nella mia vita in generale, un’attesa rappresenta un’incognita che non ti dà possibilità di scelta… Mentre una certezza, anche negativa, ti porta ad agire.

Ricordi il medico come ti ha detto che avevi un Melanoma? Cosa hai provato?

Per mia fortuna ho sempre avuto a che fare in tutti questi anni con medici competenti sensibili molto preparati e anche umani. Il chirurgo che mi ha operato vent’anni fa è stato lo stesso che poi mi ha operato per la prima recidiva 2 anni fa ed è sempre stato lui che con tatto e ma anche con una buona dose di ottimismo mi ha mi ha comunicato la mia diagnosi.

Quando mi hanno detto che avevo un Melanoma terzo stadio e poi successivamente un Melanoma quarto stadio è stato davvero terribile all’inizio, il mondo ti crolla addosso e la paura prende il sopravvento. Poi fortunatamente prendi in mano la tua vita  e affronti  la malattia in tutti modi possibili.

Sono state necessarie terapie o trattamenti ulteriori dopo la diagnosi iniziale di Melanoma?

Nel 1998 dopo la diagnosi iniziale di Melanoma maligno non ho fatto nessuna cura visto che i linfonodi sentinella erano negativi e all’epoca l’unica terapia utilizzata era l’interferone che ancora oggi da’ solo un 3% di risposta a fronte di parecchi effetti collaterali.

Nel 2015 con la recidiva linfonodale dopo aver asportato tutti linfonodi ascellari ho fatto una terapia adiuvante partecipando uno studio sperimentale con Nivolumab/Ipilimumab, due farmaci immunoterapici molto utilizzati e molto efficaci.

Oggi dopo la recidiva polmonare sto facendo una terapia con dei farmaci mirati, una terapia taget con due farmaci in compresse Dabrafenib e Trametenib.

Chi ti ha aiutato a affrontare il Melanoma?

Dalla prima recidiva linfonodale ho iniziato un percorso con una psicoterapeuta, è stato davvero molto molto utile per affrontare le terapie i vari interventi le attese e purtroppo anche gli esiti negativi.

Come mamma posso anche dire di aver trovato molta della mia forza nei miei tre bambini…

Come è nata l’idea del tuo blog?

Tutto è iniziato con qualche semplice post sulla mia pagina Facebook, qualche pensiero e piccole riflessioni…  inizialmente avevo pensato a un libro (un progetto che poi effettivamente ho realizzato ) ma poi la scelta è ricaduta sul blog perché volevo qualcosa di più dinamico qualcosa di costantemente aggiornato, qualcosa che seguisse la mia storia e la mia malattia. Il nome del blog marydallaltraparte è dovuto al fatto che ho lavorato per diversi anni proprio nel reparto di oncologia dedicandomi alla preparazione dei farmaci chemioterapici

Se fosse possibile tornare indietro nel tempo cosa cambieresti alla tua storia del Melanoma?

Sinceramente nulla …

Se avessi la possibilità di rivolgerti al maggior numero di persone possibili quale messaggio desidereresti dare loro per la prevenzione del Melanoma?

Fare almeno una visita dermatologica ogni anno. Osservare i propri nei e quelli dei propri cari. E anche se la malattia dovesse entrare nella vostra vita… Non abbiate paura ma superato lo shock affrontatela con il sorriso e con il Sole dentro. Per me per ora sta funzionando :))

Grazie Marina per aver condiviso la tua storia personale!

Insieme possiamo fare tanto per la prevenzione del Melanoma così come insieme possiamo condividere un messaggio importante: pubblica la tua foto su #melanonasolesicuro mentre applichi la crema solare.

Farmaci e sole: i farmaci fotosensibilizzanti e la dermatite

I farmaci fotosensibilizzanti sono farmaci che assunti quotidianamente per vari motivi,quali ad esempio la pressione anteriosa, il diabete, un’infezione per cui è necessario assumente farmaci sistemici quali gli antibiotici, d’estate con l’esposizione al sole possono causare dermatite ed eritema solare.

Primo sole in arrivo, primi weekend in spiaggia, la voglia di scoprirsi e scaldarsi al sole è tanta. A volte non vuoi nemmeno aspettare di andare al mare, ti accontenti del parco sotto casa, o di un bel giro in bicicletta.

Ma se stai ancora curando l’acne dall’inverno, o se hai quel brutto mal di gola per il quale il medico ti ha prescritto un antibiotico, forse il sole non è il tuo migliore alleato.

Alcuni farmaci  assunti per bocca, come per esempio i farmaci per la pressione arteriosa oppure applicati direttamente sulla pelle, come alcuni profumi, cosmetici o piante medicinali possono causare fotosensibilità ed essere responsabili di dermatite fotoallergiche o dermatite fototossica e possono indurti una brutta dermatite solare, che spesso lascia delle cicatrici scure sulla pelle, molto difficili da rimuovere.

Farmaci e sole

La fotosensibilità o “allergia al sole” si verifica solitamente nelle zone fotesposte come eritema solare che può interessare il viso, il collo, le mani e gli avambracci, ma, in alcuni casi, si estendono anche ad altre parti del corpo, anche se coperte dai vestiti. In questi casi si possono associare anche ad esempio a prurito alle gambe o nelle altre zone del corpo interessate dalle reazioni allergiche da farmaci o reazioni fototossiche.

Fotosensibilità sintomi

Le reazioni dovute a fotosensibilizzazione assomigliano ad una intensa scottatura solare con rossore (eritema) ma anche puntini rossi sulle braccia (piccole papule rosse). Se poi a causa della fotosensibilità le manifestazioni diventano più gravi si accompagnano anche a gonfiore (edema),  vescicole fino a vera e propria orticaria solare.

Se l’eruzione è diffusa a diverse zone del corpo è molto probabile che sia causata da una sostanze fotosensibili assunta per bocca overro farmaci fotosensibili. E’ noto ad esempio che antibiotico e sole non vanno d’accordo perchè sono diversi gli antibiotici che appartengono al’elenco farmaci fotosensibili.

Se invece, l’eruzione è localizzata si tratta presumibilmente di una reazione di un fotosensibilizzante topico.

Quando invece, l’eruzione dovuta alla fotosensibilità è localizzata come ad esempio nel caso dell’eritema solare del viso si tratta presumibilmente di una dermatite fotoallergica o fototossica dovuta ad un topico applicato sulla pelle.

La dermatite solare cosa è?

Anche se le manifestazioni cutanee della dermatite fotoallergica e fototossica possono essere sovrapponibili si tratta di due differenti reazioni cutanee come riportato nella tabella del post Scottature solari: le cause   di seguito un ulteriore spiegazione.

La dermatite fototossica cosa è?

Le sostanze fotosensibilizzanti che assorbono la luce, come i farmaci fotosensibilizzanti,  sono responsabili della fotosensibilità generando direttamente radicali liberi e mediatori dell’infiammazione e causano un danno ai tessuti che si manifesta con dolore ed eritema (simile a scottature solari). Questa reazione può apparire in qualsiasi persona, più o meno gravemente. Questo tipo di reazione fototossica è indotta sia da farmaci “topici”  (profumi, catrame di carbone, piante contenenti furocumarine [lime, sedano e prezzemolo], farmaci utilizzati per la terapia fotodinamica) o agenti ingeriti (p.es., tetracicline, diuretici).

La dermatite fotoallergica cosa è?

La fotoallergia invece, è una risposta immunitaria cellulo-mediata. L’assorbimento della luce solare provoca dei cambiamenti strutturali del farmaco, permettendo che questi si leghi alle proteine tissutali e di agire come un aptene, formando un complesso allergenico. È necessaria una precedente esposizione all’allergene.Le cause topiche delle reazioni fotoallergiche comprendono lozioni dopobarba, schermi solari e sulfamidici.

Le cause topiche della fotosensibilità responsabili di reazioni fotoallergiche comprendono lozioni dopobarba, schermi solari e sulfamidici.

Perchè si sviluppino queste sostanze tossiche possono essere necessarie pochi minuti fino ad un massimo di 72 ore.

Elenco dei farmaci fotosensibilizzanti

Se un farmaco è fotosensibile può causare fotosensibilità e per questo appartiene all’elenco dei farmaci fotosensibilizzanti.

Farmaci e sole: i farmaci fotosensibilizzanti

farmaco_e_soleIl nome della confezione del farmaco che assumi è quello commerciale e per sapere se appartiene o meno ai farmaci fotosensibilizzanti che causano una dermatite fotoallergica o un eritema solare devi guardare il foglietto illustrativo all’interno della confezione, chiamato anche bugiardino.

All’interno del bugiardino trova il paragrafo relativo al principio attivo del farmaco o quella della sua famiglia di appartenenza.

Ad esempio se stai assumendo il Lasix, esso è il nome commerciale mentre il principio attivo è Furosemide.

Individuato il principio attivo del farmaco verifica che non sia presente nella tabella sottostante dove sono riportati i principali farmaci che possono causare eritema da farmaci o dermatite fotosensibilizzante (fotodermatite).

Proprio per questo sono chiamati farmaci fotosensibili perchè possono causare fotosensibilizzazione.

Fotosensibilizzazione da farmaci

Gruppo terapeuticoFARMACO: principio attivo
Contraccettivi orali (pillola)Etinilestradiolo, Desogestrel, Gestodene
CardiovascolariDiltiazem, Amiodarone
DiureticiFurosemide, Idroclorotiazide
FANS (antiinfiammatori, antidolorifici)Ketoprofene, Naprossene, Celecoxib, Salicilati
NeuroletticiImipramina, Fenotiazine
Antimicrobici (antibiotici fotosensibili)Elenco antibiotici: Tetracicline (usate per l’Acne. Esempi di nomi commerciali: Minocin, Bassado,..), Chinolonici (esempi di nomi commerciali: Ciproxin, .., Sulfonamide (usati per infezioni urinarie o respioratorie)
RetinoidiIsotretinoina (usata per l’Acne. Esempi di nomi commerciali: Isoriac, Roaccutan, …)
Farmaci citotossiciFluorouracile, Vinblastina, Dacarbazina, Procarbazina, Metotrexato (usato per la Psoriasi)
AntifunginiVoriconazolo, Ketoconazolo, Itraconazolo, Griseofulvina
Ipoglicemizzanti orali (farmaci per il diabete)Sulfoniluree (Glkipizide)

 

Se anche il tuo farmaco è presente nella tabella ed hai avuto una fotodermatite parlane direttamente con il tuo medico curante per valutare se è possibile sospenderlo o sostituirlo con un altro appartenente ad una famiglia differente.

 

Dermatite solare: la cura

Dopo aver identificato il farmaco che può causare fotosensibilità ed essere causa della dermatite, ne va sospeso l’utilizzo.

I sintomi si possono curare con corticosteroidi topici, antistaminici, antibatterici topici per prevenire le infezioni se la pelle viene danneggiata e, nei casi gravi, cortisone per bocca.

E’ indispensabile però la prevenzione! Non esporti alla luce solare diretta (anche quando il cielo è velato), tantomeno a lampade abbronzanti, durante il trattamento, oppure sostituire il farmaco con uno non fotosensibilizzante o addirittura sospenderlo, se possibile.

Se non è possibile sospendere il farmaco, è opportuno proteggere le zone esposte al sole con  abiti coprenti e cappelli a tese larghe o confezionati con tessuti anti UV, usare una crema con filtro solare (SPF 30+, 50+) e indossare occhiali da sole con filtri per UV.

Se il farmaco scatenante la dermatosi è topico (crema, gel spray, da applicare direttamente sulla pelle) è meglio lavare le mani dopo averlo toccato.

 

Bibliografia:

www.agenziafarmaco.it

www.farmacovigilanza.eu

Macchie scure sulla pelle del viso: la fotodermatite

Le macchie scure sulla pelle del viso spesso compaiono durante o dopo l’esposizione al sole, motivo per cui queste macchie sulla pelle sono impropriamente chiamate macchie solari.

Primo sole in arrivo, primi weekend in spiaggia, la voglia di scoprirsi e scaldarsi al sole è tanta. A volte non vuoi nemmeno aspettare di andare al mare, ti accontenti del parco sotto casa, o di un bel giro in bicicletta.

Ma se stai ancora curando l’acne dall’inverno, o se hai quel brutto mal di gola per il quale il medico ti ha prescritto un antibiotico, forse il sole non è il tuo migliore alleato perché potrebbero comparire delle macchie della pelle.

Macchie scure sulla pelle del viso

Alcuni farmaci  assunti per bocca, o applicati direttamente sulla pelle come il Ketoprofene, così come alcuni profumi, cosmetici o piante medicinali sono responsabili di macchie rosse sul viso o macchie marroni. Queste macchie sul viso,  dovute a reazione allergica (manifestazioni fotoallergiche) o reazione tossica (manifestazione “foto-tossica) possono essere gravi a tal punto da favorire la comparsa di bolle al viso, ripiene di liquido sieroso, che nella fase iniziali compaiono come piccole vescichette al viso (vesciche)

Queste macchie cutanee rientrano nel capitolo fotodermatite che include la dermatite al viso reazioni “fototossiche” o “fotoallergiche” e possono indurti una brutta dermatite, che spesso lascia delle cicatrici scure sulla pelle, molto difficili da rimuovere.

Macchie solari viso

Questi danni si verificano solitamente nelle zone esposte al sole come macchioline sul viso ma anche al collo, alle mani (macchie sulle mani) e agli avambracci.

In alcuni casi oltre alle macchie scure sul viso, si estendono anche ad altre parti del corpo, anche se coperte dai vestiti.

Tali “macchie solari sulla pelle” assomigliano ad una intensa scottatura solare, con rossore (eritema solare), gonfiore (edema), piccole papule arrossate, o vescicole fino a vera e propria orticaria.

Se l’eruzione è diffusa a diverse zone del corpo è molto probabile che sia causata da una sostanza fotosensibilizzante assunta per bocca. Se invece, l’eruzione è localizzata si tratta presumibilmente di una reazione di un fotosensibilizzante topico.

Perché si manifestano le macchie marroni sulla pelle?

Cosa succede esattamente sulla nostra pelle quando ci capita una reazione fotoindotta?

Le sostanze che assorbono la luce generano direttamente radicali liberi e mediatori dell’infiammazione e causano un danno ai tessuti che si manifesta con dolore ed eritema (simile a scottature solari).

Questa reazione può apparire in qualsiasi persona, più o meno gravemente.

Questo tipo di reazione fototossica è indotta sia da farmaci “topici”  (profumi, catrame di carbone, piante contenenti furocumarine [lime, sedano e prezzemolo], farmaci utilizzati per la terapia fotodinamica) o agenti ingeriti (p.es., tetracicline, diuretici).

La fotoallergia invece, è una risposta immunitaria cellulo-mediata. L’assorbimento della luce solare provoca dei cambiamenti strutturali del farmaco, permettendo che questi si leghi alle proteine tissutali e di agire come un aptene, formando un complesso allergenico. È necessaria una precedente esposizione all’allergene. Le cause topiche delle reazioni fotoallergiche comprendono lozioni dopobarba, schermi solari e sulfamidici.

Perché si sviluppino queste sostanze tossiche possono essere necessarie pochi minuti fino ad un massimo di 72 ore.

Come togliere le macchie dal viso?

Prima di tutto se desideri sapere come eliminare le macchie dal viso è necessario scoprire qual è stata la sostanza o il farmaco, applicato sulla pelle o assunto per bocca che ha favorito il problema.

Se assumi dei farmaci controlla sempre se il farmaco è fotosensibilizzante.

Se un farmaco è fotosensibile può causare fotosensibilità e per questo appartiene all’elenco dei farmaci fotosensibilizzanti.

Farmaci e sole: i farmaci fotosensibilizzanti

Farmaci fotosensibilizzanti: farmaci e sole

Il nome della confezione del farmaco che assumi è quello commerciale e per sapere se appartiene o meno ai farmaci fotosensibilizzanti che causano una dermatite fotoallergica o un eritema solare devi guardare il foglietto illustrativo all’interno della confezione, chiamato anche bugiardino.

All’interno del bugiardino trova il paragrafo relativo al principio attivo del farmaco o quella della sua famiglia di appartenenza.

Ad esempio se stai assumendo il Lasix, esso è il nome commerciale mentre il principio attivo è Furosemide.

Individuato il principio attivo del farmaco verifica che non sia presente nella tabella sottostante dove sono riportati i principali farmaci che possono causare eritema da farmaci o dermatite fotosensibilizzante (fotodermatite).

Proprio per questo sono chiamati farmaci fotosensibili perchè possono causare fotosensibilizzazione.

Fotosensibilizzazione da farmaci

Gruppo terapeuticoFARMACO: principio attivo
Contraccettivi orali (pillola)Etinilestradiolo, Desogestrel, Gestodene
CardiovascolariDiltiazem, Amiodarone
DiureticiFurosemide, Idroclorotiazide
FANS (antiinfiammatori, antidolorifici)Ketoprofene, Naprossene, Celecoxib, Salicilati
NeuroletticiImipramina, Fenotiazine
Antimicrobici (antibiotici fotosensibili)Elenco antibiotici: Tetracicline (usate per l’Acne. Esempi di nomi commerciali: Minocin, Bassado,..), Chinolonici (esempi di nomi commerciali: Ciproxin, .., Sulfonamide (usati per infezioni urinarie o respioratorie)
RetinoidiIsotretinoina (usata per l’Acne. Esempi di nomi commerciali: Isoriac, Roaccutan, …)
Farmaci citotossiciFluorouracile, Vinblastina, Dacarbazina, Procarbazina, Metotrexato (usato per la Psoriasi)
AntifunginiVoriconazolo, Ketoconazolo, Itraconazolo, Griseofulvina
Ipoglicemizzanti orali (farmaci per il diabete)Sulfoniluree (Glkipizide)

 

Se anche il tuo farmaco è presente nella tabella ed hai avuto una fotodermatite parlane direttamente con il tuo medico curante per valutare se è possibile sospenderlo o sostituirlo con un altro appartenente ad una famiglia differente.

 

Solo a questo punto, dopo aver identificato il farmaco responsabile della dermatite che va sospeso o se trattasi di un farmaco salvavita sostituito con un altro appartenente ad un altra famiglia/categoria è possibile concentrarsi su come eliminare le macchie sul viso.

Macchie al viso rimedi

Hai controllato che il tuo farmaco non appartenga alla lista delle sostanze chimiche fotosensibilizzanti? (link con accesso riservato)

I sintomi si possono curare con cortisone sulla pelle, antistaminici da assumere per bocca, antibiotici topici per prevenire l’infezione della pelle quale l’impetigine e la micosi.

Come eliminare macchie dal viso

Quando l’eruzione cutanea è particolarmente grave potrebbe essere necessario assumere il cortisone per bocca.

E’ indispensabile però la prevenzione! Non esporti alla luce solare diretta (anche quando il cielo è velato), tantomeno a lampade abbronzanti, durante il trattamento, oppure sostituire il farmaco con uno non fotosensibilizzante o addirittura sospenderlo, se possibile.

Se non è possibile sospendere il farmaco, è opportuno proteggere le zone esposte al sole con abiti coprenti e cappelli a tese larghe o confezionati con tessuti anti UV, usare una crema solare con SPF 30+ o 50+), in base la fototipo della pelle, e indossare occhiali da sole con filtri per UV.

Se il farmaco responsabile della dermatite del viso è topico (crema, gel spray, da applicare direttamente sulla pelle) è meglio lavare le mani dopo averlo toccato.

Conclusione

Prima di ogni possibile iniziativa fai da te, consultate sempre il vostro dermatologo di fiducia per una diagnosi certa delle macchie della pelle che sono comparse.

Così come consultare sempre il vostro medico di famiglia per i farmaci da sospendere o sostituire per  evitare l’insorgenza delle reazioni fototossiche o fotoallergiche.

Ustione solare e scottature solari: rimedi

L’ustione solare si manifesta sia negli adulti sia nei bambini.

A questo punto cosa fare?

Attenzione ai rimedi quali i prodotti da banco più conosciuti perché potrebbero essere fotosensibilizzanti. Applicati sulla pelle arrossata possono aggravare l’arrossamento con la comparsa di bolle.

Prima di conoscere i rimedi per le ustioni è necessario valutarne la gravità!
Dopo è possibile cercare di capire cosa fare per lenire e  risolvere il l’ustione solare.

In Quali sono le cause della scottatura solare puoi scoprire perché il sole ustiona la pelle.

Ustione solare e scottatura solare sono la stessa cosa?

Ustione solare e scottatura sono sinonimi. Entrambi si riferiscono al rossore alle spalle, al viso, al dorso dei piedi o alle orecchie dovuto al sole.

Sono tutte manifestazioni che prendono il nome di eritema solare (es. eritema solare al viso, eritema solare al naso).

Tale eritema è la manifestazione iniziale e superficiale dovuto ai raggi solari. In alcuni casi però il danno è decisamente più grave.

Ustione solare perché si verifica?

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Scottatura solare: bolle e vescicole

Le cause principali dell’ustione solare sono:

  • mancata applicazione della crema solare
  • esposizione al sole dalle 11 del mattino alle 16 del pomeriggio
  • errata applicazione della crema solare
  • crema solare con SPF basso in base al proprio fototipo di pelle
  • assunzione di farmaci fotosensibilizzanti.
  • mancata applicazione della crema solare quando è nuvoloso

Quando ci sono le nuvole infatti è più facile scottarsi e rischiare un’insolazione solare.

Se i raggi infrarossi vengono bloccati dalle nuvole quelli ultravioletti le oltrepassano.
Proprio per questo anche se ci sono le nuvole è facile scottarsi.
Anche se non avvertiamo il caldo quando ci sono le nuvole applichiamo sempre la crema solare.

E’ vero che se uso la crema solare non mi abbronzo?

Sbagliato! E’ uno dei miti che riguardano i filtri solari e abbronzatura.

Se usi la crema solare non ti ustioni, questo sì!

Applicando la crema solare si beneficia dei vantaggi del sole e si evitano i danni.

E poi anche applicando la crema solare la vitamina D viene sintetizzata.

Ustione solare quanto è grave? I gradi dell’ustione

L’ustione solare può essere:

– primo grado quando è presente solo la pelle arrossata. L’arrossamento può essere localizzato o diffuso. Le zone maggiormente colpite sono quelle fotoesposte. In particolare il naso (eritema al naso), il viso (eritema al viso), le orecchie, il dorso dei piedi e il dorso. La pelle si presenta tesa e calda al tatto. Anche la persona stessa avverte una sensazione di calore. A volte il fastidio può non far tollerare il contatto con i tessuti quali ad esempio la maglietta o il lenzuolo. Una leggera pressione con i polpastrelli sulla pelle arrossata evidenzia fugaci aree biancastre. Dovute alla momentanea vasocostrizione dell’infiammazione, svaniscono eliminato lo stimolo pressorio.

– secondo grado quando compaiono le bolle o le vescicole. Ripiene liquido sieroso, di colore chiaro si presentano tese.
Poi diventano flaccide oppure si rompono a causa della pressione interna del siero.
La pelle invece è molto arrossata e dolente. Spesso appare “gonfia”, edematosa, ovvero rilevata rispetto alla pelle sana.

Rimedi per le scottature: cosa fare e cosa non fare

Prima di tutto sia che l’ustione solare sia di primo o di secondo grado evitare l’esposizione al sole:

  • Il soggetto con scottatura solare dovrebbe stare in penombra.
  • Evitare assolutamente i rimedi naturali per le scottature da sole. Evitare quindi gli impacchi di acqua e sale e le applicazione di aloe vera.
  • Raffreddate il prima possibile la zona ustionata. L’ideale sarebbe usare acqua fredda corrente per abbassare e contrastare l’infiammazione. Evitare gli impacchi di ghiaccio perché causerebbero uno shock termico repentino. In questi casi il rischio sarebbe quello di causare un’ustione da freddo.L’acqua corrente fredda deve essere usata per alcuni minuti. In alternativa è possibile usare gli impacchi di acqua fredda. Cambiate gli impacchi frequentemente per evitare l’ustione da freddo.
  • Palpate delicatamente la zona ustionata per capire se la temperatura della pelle è diminuita.

Con questa valutazione apprezzate il rossore, la presenza di vescicole e bolle.
Ricordate però che con il passare del tempo è possibile la valutazione accurata dell’ustione.
Si dice infatti che le ustioni “maturano“. Infatti il vero danno solare è possibile valutarlo con precisione nel tempo.

Con il passare del tempo è apprezzabile la profondità nella pelle dell’ustione solare.

Cosa applicare sulla pelle ustionata dal sole?

Evitare assolutamente sostanze grasse, sia naturali come l’olio d’olio, sia farmacologiche.
Applicate sulla pelle ustionata farebbero peggiorare l’ustione a causa del loro effetto occlusivo.

Evitare di applicare prodotti fotosensibilizzanti che potrebbero favorire la compara di arrossamenti, vescicole e bolle.

Controllate sempre sul foglietto illustrativo delle creme se causano reazioni foto-tossiche o foto-allergiche.

Vediamo ora, invece, cosa fare dopo avere valutato sempre la gravità dell’ustione solare.

Se l’ustione solare è di primo grado applicare un lenitivo.

Dopo la prima applicazione riponete il lenitivo in frigo. In questo modo le volte successive applicandolo fresco contribuirà a risolvere prima l’ustione.

Applicate il lenitivo più volte al giorno. Massaggiatelo delicatamente sulla pelle fino a farlo completamente assorbire. Gli impacchi non servono, evitateli.
Indossare la maglietta solo dopo che il lenitivo è stato assorbito dalla pelle.
Dopo alcuni giorni di applicazione il rossore si attenuerà e di conseguenza l’infiammazione.

La pelle inizierà a desquamare evidenziandone al di sotto un’altra molto più chiara e rosa.

Quest’ultima è molto delicata. Applicate sempre la crema solare prima dell’esposizione al sole per proteggerla dalle scottare!

Infine, se l’ustione presenta vesciole e bolle evitate assolutamente di forarle. Consultare il prima possibile il dermatologo!

E’ molto probabile che per la cura sia necessario assumere dei farmaci. Da valutare se da applicare solo sulla pelle ustionata o da assumere anche per bocca.

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