La salute della pelle a cura di
Dermatologia Myskin

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Neo sospetto era un Melanoma – intervista a Monica di APAIM

Confesso di essermi commosso e non poco intervistando Monica. Da dermatologo conosco il Melanona, conosco la sua biologia, come si manifesta e quali strumenti utilizzare per sospettarlo. Il vissuto però del paziente con diagnosi di Melanoma è un’altra cosa perchè è la storia unica personale e familiare di una persona che non immaginava potesse capitare proprio a lei.

Ho avuto la fortuna di conoscerla ed ho apprezzato fin da subito la sua energia, la sua forza, la sua determinazione a portare avanti la sua lotta contro il Melanoma. Monica non si è fermata solo a questo perchè dal suo vissuto personale ha avuto l’idea di dare vita ad… ve lo lascio scoprire leggendo l’intervista a Monica Forchetta

monica_forchetta_presidente_apaim

 

Quando hai asportato il Melanoma?

Ho asportato il Melanoma il 21 marzo 2013

Ho sempre avuto quel nevo quando un giorno al rientro dal lavoro, in quel periodo svolgevo la mansione di cassiera presso un supermercato, ho notato che il neo aveva cambiato colore improvvisamente da marrone scuro a nero anche se la sua forma era regolare .

Il giorno dopo sono andata a lavoro e quando mi sono seduta ho notato che il jeans sfregava sul nevo. Ho pensato: “Forse è solo irritato”, però parlandone con una collega mi ha consigliato di rivolgermi subito all’istituto San Gallicano di Roma IFO, dove è attivo il servizio di visita urgente per neo sospetto anche senza appuntamento.

Cosa hai provato quando il dermatologo ti ha detto che era da asportare?

Appena arrivata in ospedale, ricordo ancora ero il numero 16, ero apparentemente tranquilla anche se avevo cercato su internet cosa potesse essere o stesse succedendo e avevo già fatto una sorta di diagnosi fai da te.

Ad un certo punto chiamano il numero 16, è il mio turno.

La dottoressa molto gentilmente mi chiede il motivo della visita urgente ed io le feci subito vedere il mio neo sospetto.

Guardai la dottoressa e dal suo sguardo capii subito che quella diagnosi fai da te di Melanoma maligno forse non era così tanto sbagliata. Chiamò una collega e insieme mi controllarono tutti i nevi perché ne ho moltissimi e alla fine mi dissero che quello sospetto era da asportare e che prima dell’intervento avrei dovuto fare, il prima possibile, le analisi del sangue.

Difficile spiegare cosa ho provato; all’inizio sicuramente ho avuto molta paura però volevo toglierlo il prima possibile.

Come hai vissuto l’attesa, subito dopo l’asportazione, fino alla consegna del referto istologico?

L’attesa del referto esame istologico non l’ho vissuta molto bene perché ero certa che c’era qualcosa che non andava. Fisicamente stavo benissimo però qualcosa in me già sapeva che la risposta istologica non sarebbe stata negativa. Forse durante questa attesa un po’ mi ha aiutato il non sapere a cosa sarei andata incontro.

E poi cosa è successo?

Passati i 15 giorni dopo l’intervento  sono tornata in ospedale per togliere i punti e per ritirare l’istologico. La dottoressa mi rimuove prima i punti di sutura  poi mi invita ad aspettare per consegnarmi il referto.

Quando mi ha chiamata, ricordo di aver fatto rimanere mio marito in sala d’attesa, mi sono seduta ed ho tolto gli occhiali da sole.

Il Medico con voce tranquilla  mi disse: “E’ un Melanoma completamente escisso” e, mentre lui cercava in qualche modo di rassicurarmi, indossai nuovamente gli occhiali perché le lacrime iniziarono a scendere da sole senza poterle controllare.

Lo ascoltai in silenzio, non dissi nulla.

Vidi la mia vita passarmi davanti come in un film.

La voce del medico la sentivo lontana.

Dopo qualche giorno dalla consegna del referto ho notato la presenza di due “bozzetti” all’inguine che prima non avevo. Tornai in ospedale e feci un ago aspirato. Non era finita e solo allora cominciava la mia storia clinica: Melanoma nodulare iv stadio con metastasi ai linfonodi.

Non facevo altro che piangere. Cercavo di capire perché tutto ciò era successo proprio a me, ragazza giovane di 29 anni, con una bambina di 3 anni che mi aspettava a casa e un marito più spaventato di me.

Nella mia famiglia, in mio marito, mia zia Sabrina, la mia amica Vittoria e soprattutto in mia figlia, ho trovato il coraggio per affrontare il Melanoma; persone che mi amano ed venivano a trovarmi a casa tutti i giorni.

Un giorno, tra una lacrima e l’altra mia zia Sabrina mi disse:”Ora basta con le lacrime! Questa non è Monica che conosco! Tira fuori le unghie e lotta!”.

Aveva ragione! Da quel giorno ho iniziato a lottare contro il Melanoma e non ho più smesso di farlo!

Prima della diagnosi di Melanoma sapevi già cos’era oppure l’hai approfondito dopo?

Prima di allora ignoravo l’esistenza del Melanoma della pelle. Avevo fatto controllare precedentemente i miei nei fino alla gravidanza poi dopo la nascita di mia figlia Michelle non ho più fatto un controllo. Ammetto che non conoscevo l’importanza della prevenzione e soprattutto di quanto fosse semplice.

Dopo l’asportazione del Melanoma hai dovuto seguire ulteriori trattamenti e terapie?

Dopo aver asportato il Melanoma primario e 2 dei 3 linfonodi che la malattia aveva intaccato, visto che avevo la mutazione genetica BRAF, d’accordo con i medici che mi seguivano entrai a far parte di un protocollo di sperimentazione sul Melanoma.

Da quel giorno la mia vita è cambiata!

Passavo dal reparto di Oncologia medica alla sala diagnostica per eseguire la TAC al laboratorio analisi per i prelievi del sangue.

Avevo paura di sedermi su quelle poltrone dove mi sottoponevo alla terapia sperimentale.

Ricordo che mio marito era andato a comprare alcune riviste quando una dottoressa mi chiamò in stanza e mi fece una lungo discorso per spiegarmi come avrei dovuto assumere le pastiglie del farmaco. Me le consegnò e felice ma allo stesso tempo perplessa tornai a casa, pronta ad iniziare la cura.

Come e quando è nata l’idea di APAIM?

Apaim (l’Associazione Pazienti Italia Melanoma) é nata da un esigenza personale perché desideravo aiutare e dare supporto a quanti come me stavano vivendo la propria storia di Melanoma.  Un supporto morale ma anche informazione per coloro che stavano vivendo o dovevano iniziare lo stesso percorso che all’inizio mette molta paura e fa sentire molto soli.

Qual è la mission di APAIM?

La missione di Apaim é quella di sensibilizzare il più possibile e sottolineare l’importanza della prevenzione del Melanoma. E’ attiva su tutto il territorio nazionale dove, al momento, organizziamo campagne di screening gratuiti dei nei in collaborazione con i dermatologi.

In un anno di attività dell’associazione sono state effettuate circa 1300 visite gratuite. Individuata dal dermatologo  una lesione sospetta ci occupiamo di seguire il paziente lungo tutto il suo successivo iter terapeutico.

Ad oggi su 1300 visite gratuite sono stati individuati e rimossi circa 40 Melanoma in situ. Per noi questo è un buon risultato! Siamo arrivati prima che fosse troppo tardi.

Immaginiamo per un attimo che tutti i pazienti operati di Melanoma ti stiamo leggendo quale messaggio desidereresti dare loro?

Il mio messaggio vuole essere d’incoraggiamento!

La diagnosi di Melanoma non è una sentenza.

Oggi ci sono molteplici opportunità terapeutiche che solo fino a 10 anni fa non erano possibili.

Non basatevi solo sulle statistiche perché ogni Melanoma è una storia a sè e ogni persona reagisce in maniera diversa.

Prestare grande attenzione a non affidarvi ai ciarlatani ma solo ai dermatologi e quando necessario oncologi dei centri specializzati che abbiamo a disposizione e sono sparsi in tutta Italia.

Seguite le terapie tradizionali! Non affidatevi al “santone” di turno che promette guarigioni con regimi alimentari particolari.

Uno stile di vita sano, la dieta mediterranea e l’attività fisica fanno bene a tutti, soprattutto a chi ha asportato un Melanoma e deve affrontare la chemioterapia.

Infine, prima di assumere qualsiasi cosa o di iniziare un regime alimentare, chiedete sempre il parere del vostro dermatologo o oncologo.

Un abbraccio

Monica Forchetta Presidente dell’associazione Apaim (Associazione pazienti Italia Melanoma)

Shampoo antiforfora o no? Cos’è e come funziona.

E’ venerdì, tardo pomeriggio…

è stata una settimana difficile e ho ancora un’ora prima di uscire di nuovo… ma si dai, mi concedo un pò di divano e controllo la pagina Facebook di Myskin , rispondo a qualche paziente, programmo due post… e poi … mi compare lo status di una amica: “Questa è nuova… la forfora è dovuta ad un fungo?”. Beh, si, penso tra me è me, è un pò semplicistico ma non è sbagliato… Leggo i commenti: “ma non mi risulta”, “Neanche a me, ho appena visto una pubblicità per un prodotto per la forfora e diceva che era causata da un fungo ”, “Però se cerchi in internet trovi che la forfora è veramente causata da un fungo…quindi per anni ci han detto (e continuano) a dirci balle?”…

Ecco, da questa piccola imprecisione nasce la mia voglia di scrivere questo post, un pò per chiarire i termini del discorso, un pò per stimolare alla riflessione quando si vedono le pubblicità in tv di shampoo antiforfora, un pò perchè non credo che siano “tutte balle”. 

Lo Shampoo: cos’è e come funzione?

La forfora

La forfora secca

La forfora grassa

Lo shampoo antiforfora

Il balsamo: cosa è e a cosa serve

 

LO SHAMPOO: COS’E’ E COME FUNZIONA?

La corretta pulizia della cute e dei capelli non ha solo motivazioni igienico-sanitarie ma anche  e soprattutto e’ un gesto di piacere e rispetto verso se stessi e gli altri, è un atto quotidiano che ormai si svolge in maniera automatica e a volte ne sottovalutiamo l’importanza.

Il compito dello shampoo è quello di rimuovere lo “sporco”, sia quello “esogeno” ossia che viene dall’ambiente esterno, che quello “endogeno” che è formato dai detriti tessutali e dalle normali secrezioni sebacee, e, dove presente, la forfora.  Lo “sporco” esogeno si va a depositare sul film idrolipidico quindi lo shampoo, rimuovendolo, intaccherà inevitabilmente anche il film idrolipidico, indebolendolo. Il film idrolipidico è essenziale per il mantenimento dell’equilibrio perfetto della cute, proteggendola dagli agenti aggressivi ambientali, chimici, tossici, batterici. Una detersione troppo aggressiva potrebbe danneggiare sia il film idrolipidico che il naturale fattore di idratazione cutanea (NMF -natural moisturizing factor), esponendo la cute ad un danno.

La detersione ideale e quindi il miglior shampoo dovrebbe invece rispettare il più possibile il film e il NMF e, al tempo stesso, rimuovere efficacemente lo sporco.

Esistono due modi per detergere i capelli: la detersione attraverso i tensioattivi è quella più diffusa, ma più aggressiva, e quella per affinità, più delicata, tipica dei prodotti più ricercati e delicati.

I detergenti con tensioattivi sono formati da tensioattivi e acqua. I tensioattivi, a loro volta,  sono formati da due parti, una idrofila (ossia affine all’acqua, e quindi è la parte della molecola che è immersa nell’acqua) e una lipofila (ossia affine ai grassi, e quindi è la parte della molecola che lega lo sporco). Mettendo il detergente a contatto con il cuoio capelluto sporco, si crea una emulsione di sporco nell’acqua che, attraverso il risciacquo con acqua corrente, viene eliminato dalla pelle. La schiuma che si forma in questo momento è un “effetto collaterale” della azione del tensioattivo, ma nell’immaginario collettivo è simbolo della capacità lavante dello shampoo: più fa schiuma più mi lava.  In realtà la schiuma non ha alcuna capacità detergente, anzi, per indurla è necessario usare una quantità eccessiva di tensioattivi di tipo anionico, ossia quelli più aggressivi per la pelle.

I detergenti per affinità invece rimuovono lo sporco grasso con sostanze a loro volta grasse, senza aver bisogno di tensioattivi. Le sostanze lipofile rimuovono facilmente le sostanze grasse a loro affini, e quindi sono capaci di rimuovere il film idro-lipidico e le sporco ad esso adeso senza produrre importanti danni alla pelle (in maniera quindi “eudermica”). Anche per questo tipo di detergenti è fondamentale il risciacquo, per evitare che rimangano residui a contatto con la cute, che, a lungo termine, potrebbero causare delle dermatiti da contatto. Tale risciacquo non produrrà però, alcuna schiuma, in quanto non sono presenti tensioattivi nel prodotto.

forfora
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LA FORFORA

E’ uno dei problemi più comuni in dermatologia e interessa in egual modo maschi e femmine. A volte si associa a prurito, a volte a eccessiva produzione di sebo (“iperseborrea”).

Pare che tra le cause della forfora la principale sia la presenza di microorganismi a livello del cuoio capelluto, in particolare un lievito chiamato Malassezia furfur (o Pitirosporum ovale). Quindi dire che “la forfora è causata da un fungo” non è tecnicamente del tutto sbagliato, è solo poco preciso. Inoltre, solitamente, chi soffre di forfora presenta uno strato corneo piu sottile, con cellule in rapido rinnovamento che formano le caratteristiche scaglie che si staccano e cadono inesorabilmente sulle nostre spalle.

FORFORA SECCA

E’ bene distinguere la tipologia di forfora per poterne curare le cause e allontanarne il più possibile il ritorno.

La forma “secca” (detta tecnicamente pityriasis simplex)  è caratterizzata dal squame secche, fini, grigio-argentee, che possono rimanere strettamente adese alla cute (come nel caso della psoriasi del cuoio capelluto) o possono cadere sui vestiti (come nel caso delle dermatiti eczematose o da contatto).

Alcuni stimoli come lo stess e/o i cambi di stagione, provocano una reazione a livello epidermico che accelera il ricambio cellulare passando dai fisiologici 21 giorni ai patologici 8 giorni, risultando in una desquamazione eccessiva e visibile.

FORFORA GRASSA

Chiamata tecnicamente pityriasis steatoide, si manifesta in particolare in caso di eccessiva produzione di sebo (iperseborrea) ed è formata da squame grasse, larghe, di colore giallastro, che aderiscono al cuoio capelluto o al fusto del capello.

E’ proprio in questo tipo di forfora che solitamente ritroviamo un eccesso di proliferazione di Malassezia furfur. Questo lievito infatti ama il sebo, più seborrea c’è più di moltiplica. La produzione sebacea aumenta fisiologicamente in alcuni momenti della vita come la pubertà, ma anche in risposta a stimoli come stress e inquinamento; e se aumenta la produzione di sebo, di pari passo aumenta la forfora grassa.

Spesso la forfora grassa si associa a infiammazione del cuoio capelluto e intenso prurito. Se presenti tutte e tre queste condizioni è verosimile parlare di Dermatite Seborroica, una malattia cronica e recidivante molto diffusa che può interessare non solo il cuoio capelluto ma anche le sopracciglia, il viso, la regione sternale.

Entrambi i tipi di forfora non causano direttamente la caduta dei capelli, ma, riflettendo un disequilibrio del cuoio capelluto, è possibile che si associno ad una sofferenza del capello e ad un suo assottigliamento. Tuttavia questi danni non sono permanenti e non portano ad una vera e propria alopecia, se il cuoio capelluto viene prontamente trattato con prodotti specifici.

BREVE NOTA SUL BALSAMO

Il condizionante per capelli (comunemente chiamato “balsamo”)  è un prodotto importantissimo per completare la detersione e il trattamento dei capelli. Esso si lega alle cheratine del capello creando attorno ad esso una specie di pellicola protettiva evitando lo scompaginamento delle cheratine del capello, proteggendo la struttura dai danni da apertura delle cuticole del fusto.

Il balsamo è particolarmente utile per chi ha capelli sottili, nonostate spesso chi ha capelli “fini” pensi che il balsamo li appesantisca. Fortunatamente la cosmetologia moderna ha permesso la formulazione di balsami leggeri che riducono anche il problema della elettristaticità (quel fastidioso fenomeno per il quale la capigliatura si carica elettricamente e si alza verso l’alto!)

Oltre alle classiche formulazioni a risciacquo ne esistono alcune non risciacquabili, usate prevalentemente per capelli fini o poco voluminosi.

LO SHAMPOO ANTIFORFORA

All’interno degli shampoo formulati per risolvere questo problema si possono trovare diversi principi attivi, proprio perchè esistono diversi tipi di forfora.

Tra i principali troviamo:

  • gli antimicotici (come il climbazolo, il tioconazolo, il ketoconazolo e lo zinco piritione). questi sono utili in caso di forfora grassa o di dermatite seborroica, nonchè in caso di infezioni micotiche vere e proprie come la tinea capitis, associati anche ai farmaci per bocca.
  • ingredienti di origine vegetale come la bardana (antiinfiammatoria e antifungina) e la spirea (lenitiva, astringente, decongestionante), utili in caso di forfora grassa. Il mirto e l’ortica (dermopurificanti, idratanti ed emollienti)  utili invece in caso di forfora secca.

Essendo la forfora un vero e proprio sintomo, prima di acquistare uno shampoo apposito è sempre opportuno sottoporsi ad un consulto dermatologico.

Durante la visita il dermatologo si avvarrà non solo della propria esperienza e dei vostri racconti, ma anche della tricoscopia e della sebometria, per valutare al meglio il tipo di forfora di cui soffrite e se questa sia associata o meno ad una patologia e quindi consigliarvi lo shampoo migliore in base ai risultati ottenuti.

La tricoscopia, manuale o digitale, è una metodica non invasiva, rapida e totalmente indolore che si effettua con il dermatoscopio manuale o digitale e permette al dermatolgo di valutare non solo il diametro, la densità e la forma dei capelli, ma anche le eventuali alterazioni del cuoio capelluto come l’infiammazione, la secchezza, la dilatazione dei capillari sanguigni.

Anche la sebometria è una indagine non invasiva, rapida e totalmente indolore che serve per valutare la produzione di sebo. Si avvale di un nastrino opaco che viene applicato sul cuoio capelluto e ne assorbirà il sebo. Maggiore è la trasparenza del nastro, maggiore sarà la quantità di sebo presente. Il nastro viene poi messo all’interno di uno strumento a fotocellula dove viene attraversato da un raggio luminoso, che verrà riflesso da uno specchio. Questo riflesso produce una misurazione che viene registrata dalla macchina e da informazioni precise sulla quantità di sebo prodotta.

PS: alla discussione su Facebook ho partecipato anche io, in qualità di amica e di specialista, ed è stato uno scambio molto produttivo perchè condotto in maniera intelligente da tutti i partecipanti. MI piace proprio quando il rapporto medico-paziente non termina al di fuori dell’ambulatorio!

Alopecia areata (caduta dei capelli): sintomi, cause e cura

L’Alopecia areata rappresenta una delle forme più comuni di alopecia non cicatriziale (caduta dei capelli non associata a fibrosi). Le cause dell’Alopecia areata sono sconosciute  e il suo decorso è variabile.

L’ incidenza risulta essere attualmente variabile tra il 2 e 2,5% tra tutte le malattie della pelle, interesando in ugual misura sia gli uomini (alopecia areata maschile)  sia le donne (alopecia areata femminile).

 

Quando e come si manifesta l’Alopecia areata?

Solitamente insorge fra i 20 ed i 30 anni ed è rara dopo i 60 anni. A volte manifestarsi anche nei bambini. Le manifestazioni cliniche sono  molto variabili, anche se frequentemente i pazienti si rivolgono al medico quando sono presenti una o più chiazze alopeciche (chiazze senza capelli) insorte bruscmente. Quindi osservando il cuoio capellutoè possibile notare la mancanza di capelli a chiazze.

Tali chiazze, completamente prive di peli, sono di forma circolare od ovalare, di diametro variabile da 1 a 3 cm, a margini regolari. La cute si presenta liscia e non arrossata, di colorito bianco-latte e gli sbocchi follicolari appaiono dilatati.

I capelli a punto esclamativo e i peli cadaverizzati sono i segni clinici di maggior rilievo.

I primi sono rappresentati da peli corti, tronchi a circa 3 mm dall’ostio follicolare, ovvero dal punto in cui il fusto sbuca sulla pelle dal suo  sbocco follicolare. Il  diametro e colore di tali peli si riducono progressivamente in senso prossimale, ovvero in direzione del cuoio capelluto e sono maggiormente osservabili ai bordi delle chiazze prive di peli.

I peli cadaverizzati, invece, appaiono come piccoli punti neri in corrispondenza della superficie della cute priva di capelli e sono dovuti ad accumulo di cheratina a livello degli infundiboli dilatati dei follicoli piliferi in fase anagen.

Entrambi rappresentano un segno di attività della malattia.

Il dermatologo per osservare accuratamente tali manifestazioni utilizza spesso la dermoscopia, la stessa metodica utilizzata per il controllo dei nei.

Alopecia areata: sintomi

In molti casi i pazienti con perdita dei capelli in chiazze riferiscono parestesie (formicolio), prurito o bruciore prima della comparsa della chiazza. Le fasi iniziali della ricrescita sono caratterizzate frequentemente dalla presenza di capelli depigmentati, ovvero dalla comparda di una chiazza di capelli bianchi.

Alopecia areata: i diversi quadri clinici

Esistono delle varianti cliniche di alopecia areata. L’alopecia areata propriamente detta si caratterizza per la presenza di chiazze singole o multiple. Se le chiazze si manifestano alle regioni temporali o in prossimità della nuca si parla di ofiasi e presenta un decorso serpiginoso.

Esiste però anche una manifestazione che si chiama ofiasi invertita dove la caduta dei capelli si manifesta a livello fronto-parieto-temporale.

Varianti meno frequenti sono la forma reticolare (presenza contemporanea di chiazze in fase attiva e di altre in regressione), la forma diffusa chiamata anche Alopecia areata incognita (diradamento diffuso dei capelli senza comparsa di chiazze), la forma perinevoide, chiamata alopecia perinevoide e caratterizzata dalla presenza di una chiazza senza capelli che  insorge intorno ad un nevo (neo) melanocitico).

In funzione dell’estensione possono essere distinte le seguenti forme:

  • alopecia areata che interessa parte del cuoio capelluto o di un altro distretto del corpo in cui sono presenti i peli. Tipica la manifestazione nell’uomo della barba a chiazze quando l’Alopecia areata si manifesta al volto (Alopecia areata della barba)
  • alopecia areata totale in cui si nota la perdita di tutti i capelli
  • alopecia areata universale, con interessamento di tutti i peli corporei

Alopecia areata e le alterazioni delle unghie

Associate ad alopecia areata si possono riscontrare alterazioni ungueali con un’incidenza variabile dal 10% al 66%. Tale divario può essere spiegato probabilmente dall’accuratezza con cui tali alterazioni vengono ricercate. Si possono distinguere anomalie della porzione prossimale della matrice (pitting o depressioni cupoliformi, linee di Beauonicomadesi) e della porzione distale (marezzatura della lunulaleuconichia puntata). Raramente è possibile osservare una grave forma di onicodistrofia interessante tutte e venti le unghie, quadro conosciuto come trachionichia.

Alopecia areata osservata al microscopio

Gli aspetti anatomo-patologici variano a seconda della fase della malattia. Nello stadio acuto si osserva sia un elevato numero di follicoli in catagen che in telogen, circondati da uno scarso infiltrato infiammatorio linfocitario. I follicoli in anagen si presentano all’osservazione circondati da un denso infiltrato peribulbare e perivascolare.

Nelle chiazze stabili o nei pazienti con alopecia totale o universale, l’aspetto più comune consiste nella presenza di follicoli nelle prime fasi dell’anagen, in particolare la III e la IV, con denso infiltrato peribulbare “a sciame d’api”.

Alopecia areata: le cause

Attualmente non si può stabilire con precisione quali siano le cause e i meccanismi che determinano l’insorgenza dell’alopecia areata. Sembra tuttavia ormai chiaro che sia una  patologia geneticamente determinata, con una modalità di trasmissione di tipo autosomico dominante a penetranza variabile.

E’ stata riscontrata una correlazione con alcuni antigeni di istocompatibilità sia di classe I, che di classe II.

Nel corso degli anni sono stati presi in considerazione numerosi fattori eziopatogenetici, quali infezioni batteriche o infezioni virali, atopia, fattori psicologici (sindrome ansioso-depressiva), ormonali e vascolari.

Per qunto riguarda la sindrome ansioso depressiva spesso in maniera sbrigativa si afferma  che la caduat dei capelli è dovuta allo stress.

Oggi, però grande importanza viene attribuita al sistema immunitario tale caduta dei capelli viene considerata una malattia autoimmune. Numerose sono infatti le osservazioni cliniche e sperimentali che giustificano tale ipoetsi ad esempio la frequente associazione con malattie autoimmuni come:

  • Tiroidite di Hashimoto
  • Morbo Celiaco (Celiachia)
  • Vitiligine
  • Diabete mellito di tipo I
  • Gastrite cronica atrofica

Così come:

  • l’espressione marcata di antigeni istocompatibilità di I classe a livello delle cellule della matrice
  • la presenza di molecole di adesione da parte delle cellule endoteliali
  • il riscontro di un infiltrato peribulbare e perivascolare nelle fasi di progressione della malattia.

Attualmente si ritiene che i fattori precedentemente elencati intervengano variabilmente fra di loro nella patogenesi dell’alopecia areata, alcuni svolgendo un ruolo di primaria importanza (fattori genetici e immunologici), altri comportandosi come concause determinando il manifestarsi ed il mantenimento della patologia.

Come si fa diagnosi di Alopecia areata?

Nella maggior parte dei casi la diagnosi di alopecia areata è essenzialmente clinica, basandosi sulle caratteristiche obiettive delle chiazze e dell’aspetto dei pelli descritti precedentemente ma anche sulla modalità di esordio e sulla imprevedibilità dell’evoluzione.

Tuttavia diverse sono le altre malattie caratterizzate da caduta capelli con le quali l’Alopecia areata entra in diagnosi  differenziale e pertanto è necessaria distiguerla. Tra queste alcune sono della malattie congenite (presenti alla nascita) e altre acquisite, ovvero compaiono nel corso della vita.

Per quanto riguarda le malattie congenie ricordiamo:

  • Aplasia cutis
  • Alopecia triangolare temporale
  • Ipotricosi semplice
  • Ipotricosi congenita ereditaria di Marie-Unna, etc.

Mentre per quanto riguarda le malattie acquisite:

  • Alopecia androgenetica
  • Anagen effluvium
  • Telogen effluvium
  • Tricotillomania
  • Alopecia da cause infettie,
  • Alopecia cicatriziali

Inoltre,  l’Alopecia areata in chiazze deve essere differenziata da patologie quali:

  • Lupus eritematoso cronico cutaneo
  • Lichen plano-pilare
  • Follicolite decalvante

malattie che possono essere responsabili di alopecia cicatriziale. Un’altra importante diagnosi differenziale è con la pseudopelade di Brocq, caratterizzata da un aspetto scleroatrofico della cute, che appare liscia, lucente e arida e dall’assenza degli sbocchi follicolari secondari alla fibrosi e alla distruzione morfofunzionale dell’annesso pilo-sebaceo.

Ad ogni modo, nei casi dubbi, è dirimente l’esame istologico.

La Tricotillomania si differenzia per l’assenza di una netta delimitazione della chiazza e per la presenza di peli spezzati a una distanza variabile dall’ostio follicolare. Quando l’Alopecia areata si presenta con un pattern di tipo diffuso, la diagnosi differenziale deve essere posta soprattutto con il Telogen effluvium. In tale circostanza può essere di ausilio diagnostico il tricogramma, che mette in evidenza la perdita di capelli in fase telogen o anagen distrofici propri dell’alopecia areata, mentre nel telogen effluvium sono esclusivamente di tipo telogen. Un’altra condizione che deve essere differenziata dall’alopecia areata è l’Alopecia androgenetica. Quest’ultima è caratterizzata da una progressiva miniaturizzazione dei capelli valutabile clinicamente e al tricogramma, dall’assenza di una marcata perdita di capelli (il pull test è spesso negativo). In alcuni casi dubbi, soprattutto quando l’alopecia areata si manifesta con un pattern diffuso, può essere dirimente l’esecuzione di una biopsia, il cui esame istologico metterà in evidenza un infiltrato peribulbare (a “sciame d’api”) senza segni di fibrosi.

Alopecia areata: la cura

La cura per tale caduta dei capelli prevede l’impiego dio diversi farmaci come:

  • Cortisone
  • Ciclosporina
  • Antralina
  • Minoxidil
  • Dibutilestere dell’acido aquarico (SADBE)
  • Difenilciprone
  • ma anche trattamenti fisico-chimici come la PUVA terapia.

L’applicazione locale di Cortisone, Antralina e Minoxidil presenta limitati effetti collaterali, per lo più legati al loro uso cronico.
Questi farmaci appaiono avere maggiore effetto in quei soggetti con forme lievi-moderate di alopecia areata in chiazze, nei bambini e in quelli con alopecia di recente insorgenza.

Tuttavia va sottolineato che anche pazienti con forme estese di alopecia in chiazze, totale o di lunga durata (superiore ai 26 anni), possono avere una buona ricrescita dopo trattamento con questi farmaci e tale risultato sembrerebbe migliorare con l’associazione di tali farmaci.

E’ importante sottoporre il paziente con alopecia areata ad un’accurata anamnesi volta a definire le modalità di esordio della malattia, le sue caratteristiche evolutive, le terapie eventualmente praticate in precedenza, la presenza o meno di familiarità per alopecia areata o per altre patologie a probabile patogenesi immunologica (vitiligine, diabete mellito, tiroidite, atopia, connettivopatie).

Alopecia areata: gli esami da eseguire

Inoltre i pazienti dovrebbero essere valutati da un punto di vista bioumorale (esami del sangue) per:

  • emocromo
  • sideremia
  • ferritina, transferrina
  • VES, TAS, PCR
  • RA-test, mucoproteine
  • tampone faringeo
  • FT3, FT4, TSH, anticorpi antitireoglobulina, anticorpi antiperossidasi (anti-TPO)
  • ecografia della Tiroide
  • PRIST
  • sottopopolazioni linfocitarie
  • attività NK
  • multitest
  • anticorpi antinucleo
  • anticorpi antiendomisio
  • anticorpi antigliadina IgA e IgG
  • antimucosa gastrica
  • anti HP
  • gastrinemia
  • Rx ortopanoramica
  • tricogramma

Vengono inoltre effettuate consulenze odontoiatriche per ricerca foci e oculistiche per evidenziare eventuali alterazioni a carico del cristallino (opacità lenticolari) descritte in una certa percentuale di pazienti affetti da alopecia areata.

Conclusioni

Riconoscere e diagnosticare correttamente le cause responsabili della caduta dei capelli è di fondamentale importanza per potre poi intervenire tempestivamente e cercare di rimediare al problema. Data la comolessità dell’argomento consiglio sempre di eviater assolutamente il fai da te e di consultare sempre il dermatologo.

Macchie al viso: quali e cosa sono

Dottoressa sono da lei perché deve togliermi queste orribili macchie al viso!

Ogni giorno noi dermatologi ci troviamo di fronte a richieste di trattamento di macchie marroni sulla pelle del viso ma anche di quelle che si presentano di colore chiaro.

Richieste che negli ultimi anni hanno subito una crescita esponenziale, legata sia a serie motivazioni cliniche sia a motivazioni di ordine estetico.

Oggi, il ventaglio di mezzi terapeutici farmacologici e strumentali a nostra disposizione è in grado di soddisfare questa domanda ma, a fronte di questa variegata possibilità d’interventi terapeutici, è necessario riconocerle correttamente anche per una diagnosi precoce delle manifestazioni maligne in modo tale da  predisporre trattamenti appropriati per i diversi tipi di lesioni.

Non tutte queste macchie, infatti, rappresentano semplicemente un inestetismo perché talvolta possono essere delle neoformazioni addirittura di natura maligna che quindi necessitano di una diagnosi corretta e di un adeguato trattamento.

Anche per noi dermatologi non sempre la diagnosi della macchia sulla pelle del viso risulta facile, questo sia per la peculiare anatomia cutanea di tale distretto, sia per le modificazioni di questa indotte dal photoaging (pelle invecchiata  a causa del danno cronico provocato dai raggi UV, ovvero gli ultravioletti).

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Invecchiamento cutaneo

Infatti, la diagnosi differenziale delle macchie sulla pelle del viso può rappresentare talvolta una vera e propria sfida diagnostica, in quanto include macchie sulla pelle morfologicamente simili ma biologicamente estremamente differenti che possono coesistere ed essere addirittura contigue.

Quali sono queste lesioni pigmentate che più frequentemente vengono riscontrate al volto, su cute fotodanneggiata?

  • Lentigo solare
  • Cheratosi seborroica
  • Lentigo maligna
  • Cheratosi attinica pigmentata
  • Cheratosi lichenoide

Lentigo solare

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Lentigo solare

Macchia marroncina di forma irregolare, di dimensioni variabili, di colore dal camoscio al marrone, interessante lo strato superficiale dell’epidermide. Rappresenta solo un inestetismo cutaneo caratterizzato da un accumulo di melanina (per aumentata produzione), risultato di un’eccessiva e sregolata esposizione al sole.

Se nel tempo la lentigo solare tende ad ispessirsi assumendo un aspetto simile ad una macchia ispessita, con superficie squamosa al tatto, simile ad una macchia ruvida, sormontata da crosticine untuose inclini facilmente a staccarsi e con pigmentazione via via più marcata, ci troviamo di fronte ad una lesione anch’essa di natura benigna: la Cheratosi Seborroica.

Lentigo maligna

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Lentigo maligna

Rappresenta certamente la più temibile delle lesioni del volto, essendo una forma di Melanoma in situ (confinato cioè all’epidermide) che interessa per lo più, ma non esclusivamente, soggetti di età avanzata. Esordisce sotto forma di macchia di colore brunastro (su cui possono essere presenti dei puntini di colore più scuro) che si espande sulla cute in modo alquanto irregolare e subdolo avendo una crescita molto lenta. Nel tempo la lesione, se non adeguatamente diagnosticata e trattata, inizia ad invadere gli strati più profondi della cute divenendo una Lentigo maligna melanoma, una forma decisamente più preoccupante che può dar luogo a metastasi per via ematica o linfatica.

Cheratosi attinica pigmentata

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Cheratosi attinica pigmentata

Un tempo definita come precancerosi, oggi viene considerata e classificata come carcinoma in situ (lo stadio precoce del carcinoma squamoso in situ, chiamato anche Spinalioma). Alla luce di quest’aspetto e della sua incidenza finisce con il rappresentare il più frequente carcinoma del genere umano. Appare come una lesione maculare, simile ad una macchia bruna o di colore marronicno, talvolta solo modestamente cheratosica e con superficie ruvida al tatto. Il principale fattore patogenetico è l’esposizione al sole cronica.

Le radiazioni ultraviolette assorbite da prolungate esposizioni solari danneggiano il DNA dei cheratinociti, che crescono in maniera incontrollata da un clone mutato.

Cheratosi lichenoide

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Cheratosi lichenoide

Rappresenta una lesione benigna, sotto forma per lo più di macula, chiazza, di dimensioni variabili da qualche mm a qualche cm, con pigmentazione irregolare dal marrone al grigio. Si presuppone che tali lesioni possano derivare da una regressione post-infiammatoria di una lesione epidermica preesistente come una lentigo solare o una Cheratosi Seborroica.

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Cheratosi seborroica

Come riconoscere le macchie scure al viso?

La dermatoscopia, chiamata anche dermoscopia o epiluminescenza e impropriamente come mappatura dei nei, è una metodica diagnostica non invasiva risulta particolarmente utile nella valutazione diagnostica delle lesioni pigmentate dell’estremo cefalico, soprattutto in soggetti con photoaging marcato.

Grazie alla valutazione dei peculiari pattern dermoscopici osservabili nelle macule del volto, possiamo porre una diagnosi più accurata rispetto alla semplice osservazione ad occhio nudo e programmare il percorso terapeutico ottimale.

Può accadere tuttavia che anche un dermatologo esperto di dermatoscopia difronte ad una lesione pigmentata del volto possa avere serie difficoltà di diagnosi differenziale per la presenza di aspetti talvolta comuni a più lesioni anche di natura diversa.

Pertanto la dermatoscopia, pur fornendo notevoli contributi alla diagnostica, presenta comunque dei limiti ed in alcuni casi, fortunatamente non frequenti, può essere necessario eseguire una biopsia incisionale della lesione al fine di una diagnosi istologica di certezza.

Anche qui la dermatoscopia ha senz’altro un ruolo fondamentale, quello di indicarci la sede più significativa della lesione dove praticare il prelievo bioptico.

In conclusione, la figura del dermatologo di riferimento è fondamentale ed importantissima. Non è, infatti il paziente a poter scegliere o proporre le modalità di asportazione delle lesioni pigmentate del volto. Al contrario, è il dermatologo che, solo dopo un’attenta e scrupolosa analisi eseguita con i giusti strumenti diagnostici, individua e sceglie il trattamento migliore ed efficace. Per questo, è necessario affidarsi a figure professionali serie ed esperte, perché non sempre quello che può essere considerato un semplice inestetismo in realtà lo è.

Prima dell’aspetto estetico, abbiate a cuore la vostra salute!

I linfomi cutanei: classificazione, sintomi e cura

Nell’immaginario comune la dermatologia è spesso associata all’ambito dell’estetica o “della macchietta” da togliere con qualche “cremina”, in realtà è una scienza medica molto ampia che include numerose patologie non sempre facili da diagnosticare e gestire, compresi i Linfomi cutanei.

La pelle è infatti l’organo di confine tra l’esterno e l’interno, tra l’ambiente e gli organi del nostro corpo, ed è costituito da un sistema complesso di cellule con funzioni differenti…insomma non è una semplice coperta che ci copre! Le cellule del sistema immunitario che risiedono nella pelle svolgono una funzione difensiva molto importante per il nostro corpo e una loro alterazione può generare malattie rilevanti, come le malattie autoimmuni o i linfomi cutanei.

I linfomi cosa sono

I linfomi cutanei sono causati da una proliferazione tumorale di alcune cellule del sangue che appartengono al sistema immunitario (chiamate linfociti) all’interno della pelle. Sono malattie di rara incidenza e spesso sconosciute ai più.

Le cause dei linfomi

Le cause non sono state ancora completamente chiarite, anche se in alcuni casi è stato riconosciuto il ruolo promovente di alcuni agenti virali (come il virus Epstein Barr) o ambientali.

Ad oggi sono in corso studi molecolari e genetici volti all’identificazione di alterazioni del DNA, che possono essere responsabili dello sviluppo della malattia.

Classificazione Linfomi

I linfomi cutanei vengono classificati in linfoma primitivo se la cute è la sede d’insorgenza del tumore, o secondari, nel caso in cui le cellule neoplastiche nascano in un altro organo (come i linfonodi o il sangue, quindi come tumore del sangue stesso) e poi si diffondano alla pelle.

Per quanto riguarda il linfoma cutaneo primario sulla base del tipo di linfocita dai cui derivano le cellule neoplastiche si riconoscono i:

  • linfoma tipo T o CTCL
  • i linfomi a cellule NK
  • i linfoma cellule B

Il più frequente è il Linfoma a cellule T, in particolare il linfoma T cutaneo noto con il nome di Micosi Fungoide, la sindrome di Sézary e i linfomi CD30+ ( quest’ultimo chiamato anchelinfoma CD30 positivo)

Preciso fin da ora che la Micosi Fungoide non rientra nel capitolo delle infezioni della pelle e quindi non a nulla a che vedere con la Micosi della pelle. 

Linfoma cutaneo immagini

Sia il Linfoma a cellule B, chimato anche Linfoma B cutaneo, sia i linfomi cutanei T,  quelli a cellule NK, sulla pelle si possono manifestare con diversi tipi di lesioni, come macchie rosse, placche o noduli rossi o ulcerati, che possono simulare altre patologie cutanee (come la semplice dermatite) e quindi essere a volte difficili da riconoscere.

Linfoma cutaneo foto

Di seguito le immagini di alcuni dei dei linfomi citati

Micosi fungoide immagini

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Micosi fungoide

Linfoma B centro follicolare immagini (linfoma centrofollicolare)

Linfoma B centro follicolare
Linfoma B centro follicolare

Eritrodermia in sindrome di Sezary

sindrome_sezary
sindrome sezary

Linfoma cutaneo sintomi

Il prurito sulla pelle o altri sintomi sistemici possono essere presenti ma non sono specifici di questa patologia.

Per la diagnosi è importante eseguire una visita da un dermatologo che sulla base della storia clinica e delle lesioni cutanee richiederà una biopsia della pelle per l’esame istologico.

Linfomi stadiazione

In seguito alla definizione del tipo di linfoma, si procederà ad una stadiazione mediante esami ematochimici del sangue, metodiche di imaging (come le ecografie, la TAC e la PET) ed eventualmente lo studio del midollo osseo al fine di definire l’aggressività della patologia. La prognosi è variabile a seconda del tipo di linfoma e della stadiazione.

Linfomi cura

La terapia viene scelta sulla base delle caratteristiche istologiche e dello stadio clinico. Nelle forme iniziali è indicato l’utilizzo di terapie topiche, come il cortisone ad elevata potenza o lemostarde azotate (non disponibili in Italia), o di terapie fisiche come la fototerapia.

La radioterapia locale è utile nel caso in cui queste malattie della pelle siano caratterizzate dalla presenza di pochie e isolate lesioni o macchie, soprattutto nodulari; invece la radioterapia totale cutanea (total skin electron beam) è spesso utilizzata nelle lesioni cutanee diffuse o in preparazione al trapianto di midollo osseo.


Mentre per quanto riguarda le terapie sistemiche includono:

  • -i farmaci immunomodulanti, quale Interferone e i retinoidi (come l’Acitretina e il Bexarotene) che si possono associare alla fotoaferesi extracorporea;
  • – gli anticorpi monoclonali diretti controllo molecole espresse sulle cellule neoplastiche come il Brentuximab;
  • – la chemioterapia, che può essere sia una monochemioterapia o una polichemioterapia, di solito è riservata ai casi più gravi e, nel caso della seconda, può essere associata a re-infusione di cellule staminali emopoietiche autologhe (ovvero del paziente);
  • – il trapianto allogenico midollo osseo o il trapianto allogenico cellule staminali, basato sull’utilizzo di materiale di un donatore compatibile familiare o da Registro dei Donatori; è considerato un’ottima opzione soprattutto nelle forme refrattarie e aggressive, tuttavia, essendo associato a numerosi rischi per la salute generale del paziente, viene preso in considerazione solo in casi selezionati.

La Psoriasi genitale: sintomi e cura

Quanti di noi, sentendo il termine Psoriasi pensano alla Psoriasi genitale?

Appena si nomina la Psoriasi, l’immagine che ci compare davanti è quella di macchie squamose bianche ai gomiti e alle ginocchia.

Chi la conosce un po’ più da vicino, forse la associa alla forfora sulle spalle, a chiazze arrossate al cuoio capelluto o ad alterazioni delle unghie. 

Chi ne soffre da tempo saprà che la Psoriasi puo’ causare fastidi articolari, come dolore, gonfiore alle piccole articolazioni delle mani, rigidità dei movimenti soprattutto al mattino.

Quando ci si rivolge al medico per una dermatite in sede genitale si pensa a qualcosa di infettivo, ad un “fungo”, a qualcosa legato alla sudorazione e non alla Psoriasi genitale, chiamata anche Psoriasi inversa

Psoriasi genitale: sintomi

La Psoriasi è una malattia che, seppure non lo faccia sempre, può coinvolgere qualsiasi zona del corpo e i genitali non sono immuni!

La Psoriasi  genitale si manifesta inizialemente in maniera impercettibile, poco disturbante, ma nel tempo può diventare invalidante se non accuratamente diagnosticata e curata.  

A volte sono le prime manifestazioni a comparire sul corpo, quando la persona non sa di avere la Psoriasi. In particolare in persone in sovrappeso o negli sportivi, il primo pensiero è che si tratti di “intertrigine” ossia una infezione batterica o micotica che viene spesso nelle zone caldo-umide come le pieghe.

Si finisce così per usare detergenti, creme, ovuli vari senza una diagnosi precisa, a volte quella di fungo, di candida, di dermatite da contatto.

A volte si ha paura che la psoriasi sia contagiosa, intaccando in maniera importante la vita relazionale o di coppia

Le parti intime sono una sede decisamente sensibile e quindi i primi sintomi di qualcosa che non va si avvertono quasi subito.

Dimentichiamoci la classica immagine di chiazze arrossate ricoperte da squame bianco-argento, tipiche delle lesioni ai gomiti e ginocchia! La psoriasi genitale compare alle pieghe degli inguini e dei genitali esterni, come una o piu’ piccole chiazze arrotondate, non ricoperte da squame, molto arrossate, asciutte.

Prurito parti intime maschili e femminili

La Psoriasi genitale può comparire sia nei maschi che nelle femmine, e non c’è una età particolare in cui si manifesta per la prima volta. È più frequente negli adulti ma bambini e anziani non ne sono esclusi.

E’ molto fastidiosa e le sue manifestazioni anche dolorose, molto di più di una banale micosi, e si associano ad intenso prurito.

L’intenso prurito porta inevitabilmente al grattamento e agli inevitabili piccoli tagli (ragadi) che peggiorano la situazione, sia perché sono molto dolorosi, sia perché aumentano la probabilità di sovrainfezione batterica o micotica. Il quandro si complica ulteriormente non solo dal punto di vista clinico ma anche diagnostico, e in questi casi anche il più bravo dei dermatologi ha difficoltà a distinguere una micosi dalla psoriasi!

 

Psoriasi vulvare

Nelle donne, la psoriasi si manifesta con chiazze arrossate sulla vulva, non desquamanti, a superficie liscia. Essendo molto pruriginosa, induce grattamento.

Il grattamento (e non la malattia!) induce un ispessimento della pelle, che apparirà col tempo più dura e meno elastica.

Il grattamento causa inoltre la perdita dei peli (alopecia) per lo sfregamento continuo. La psoriasi infatti interessa in particolare la zona cutanea della vulva, ossia quella ricoperta dai peli, e non quella mucosa, più interna e riparata. psoriasi penepsoriasi glande

Psoriasi al pene e al glande

Nei maschi si può avere la Psoriasi del pene, che può manifestarsi e interessare tutta l’asta, o la Psoriasi del glande. In questo caso oltre al prurito ai genitali sono presenti tante piccole macchiette arrossate.

Le macchie della Psoriasi genitale maschile possono essere sia lisce, che umide e lucenti, che ricoperte da piccole squame, rendendo quindi il quadro clinico sempre più difficile da riconoscere.

Psoriasi anale

Le zone limitrofe come la regione perianale e la piega interglutea possono essere coinvolte dalla Psoriasi con la comparsa di lesioni arrossate, non desquamanti e intensamente pruriginose, ossia con sintomi molto simili a quelli indotti dai “funghi”, dalle emorroidi, o daparassiti come gli ossiuri ( i “vermi” in gergo comune).

Insomma, un quadro davvero complicato, non solo da comprendere ma anche da curare!

E’ fondamentale quindi rivolgersi al più presto allo specialista dermatologo che provvederà ad un accurato esame clinico della zona genitale e ano-rettale, avvalendosi se necessario, anche di esami di laboratorio, come tamponi e colture per capire le ragioni del prurito ai genitali e delle macchie presenti e valutare se compatibili con la diagnosi di Psoriasi genitale.

Psoriasi genitale: cura

Una volta diagnosticata, la Psoriasi genitale va trattata con cura.

La cute della zona genitale è molto sottile e sensibile quindi è necessario seguire con precisione la cadenza dei trattamenti e i dosaggi prescritti. 

Spesso la terapia si avvale di creme farmacologiche ma anche di dermoscosmetici come detergenti o unguenti particolari, che hanno la funzione di ridurre gli effetti collaterali della terapia farmacologica (assottigliamento della pelle, formazione di strie rossastre) e di mantenere il più possibile una buona qualità di vita personale e relazionale. 

I sintomi acuti come prurito e fastidio, si possono risolvere in poco tempo con i trattamenti locali.

La maggior parte dei farmaci possono essere applicati direttamente sulle lesioni sotto forma di creme o unguenti. in particolare si utilizzano i cortisonici associati a creme emollienti che ne limitano gli effetti collaterali e ne aumentano l’assorbimento locale in maniera da ridurne i tempi di utilizzo. 

Vanno evitati in maniera assoluta gli emollienti che contengano profumi perché possono indurre irritazione ulteriore e peggiormaento della dermatite. 

Al contrario di quanto avviene per la psoriasi della altre zone del corpo, dove l’uso di creme a base di dertivati della vitamina D come il calcipotriolo e il tacalcitolo sono largamente consigliate, in sede genitale queste solitamente sono evitate, perché si sono rivelate irritanti. 

Forse lo saprete già, ma molte persone che soffrono di psoriasi migliorano in estate quando si espongono ai raggi solari. il sole infatti stimola la naturale produzione di vitamina D nella pelle e quindi è responsabile della maggior parte del migliromaento estivo della malattia. Non essendo possibile (e socialmente accettabile!) esporre i genitali al sole, in questi casi ci è di grande aiuto la fototerapia. 

La fototerapia è una terapia che si può fare sia al domicilio (con particolari lampade UV) che in ospedale nei centri dermatologici specializzati, in cui, con particolari lampade, si riproducono gli effetti della naturale esposizione solare. Il dosaggio delle radiazioni che vengono somministrate alla pelle è attentamente controllato dal medico specialista in modo da ottenere il maggior vantaggio possibile dalla terapia, senza indurre il rischio di tmori della pelle. si usa abitualmente per la psoriasi del corpo, e, a dosaggi più bassi, può essere una valida alternativa terapeutica anche per la psoriasi genitale, permenttendo a chi ne soffre si esporsi ai raggi UV senza vergogna! prima e dopo la fototerapia è necessario e opportuno applicare creme emollienti, perché l’esposizione agli UV induce secchezza e aumenta la traspirazione cutanea.

Negli ultimi anni per il trattamento della psoriasi gentiale sono stati testati anche dagli unguenti contenenti tacrolimus e pimecrolimus, ossia dei farmaci “immunomodulanti”. questi riducono l’infiammazione, come il cortisone, ma sono gravati da minori effetti collaterali. Purtroppo però in alcune persone inducono bruciore e riattivano l’herpes e quindi vanno sospesi.

In alcuni casi selezionati, che presentano lesioni genitali ma anche lesioni diffuse al corpo, la terapia in crema non è abbastanza ed è necessario ricorrere a farmaci per bocca. 

Psoriasi cause

La Psoriasi genitale non può essere contratta con il rapporto sessuale inquanto le cause della Psoriasi non sono infettive. Infatti è una malattia auto-immune su base genetica, causata da un’alterata attività dei linfociti T, preposti alla difesa dell’organismo, che  provoca un grave errore sul sistema immunitario. Non è quindi trasmissibile per contatto diretto! 

La Psoriasi genitale non è contagiosa psoriasi contagiosa Non lo è nessuna forma di psoriasi, ma mi preme sottolinearlo in questo contesto perché l’impatto emotivo di una qualsiasi malattia visibile in sede genitale peggiora moltissimo i rapporti con il proprio compagno o compagna, anche tra coppie storiche e navigate! 

Chi ne soffre purtroppo potrebbe avere un peggioramento dopo il rapporto sessuale a causa degli sfregamenti e del contatto con sostanze irritanti come lubrificanti o anche i semplici indumenti intimi. L’uso del condom potrebbe aiutare a ridurre questo disagio, inquanto riduce lo sfregamento e le possibili irritazioni indotte da feci e urina. Dopo il rapporto è opportuno detergere i genitali con detergenti specifici (vedi articolo sulla deetersione dei genitali) e applicare le creme emolienti e riepitelizzanti consigliate dal medico.

Sebbene la zona genitale delle persone affette da psoriasi possa apparire “diversa”, arrossata. più delicata e sensibile, questo non impedisce di avere rapporti sereni ed appaganti, ne’ per chi ne è portatore ne per il proprio o la propria partner. 

Pidocchi in testa: sintomi e rimedi

Ci risiamo! Inizia la scuola e oltre ai compiti sul diaro l’avviso della maestra per i pidocchi in testa. Come eliminare la pediculosi e prima ancora come si prendono? E per evitare di eseguire periodicamente dei trattamenti qual è la migliore prevenzione?

Pediculosi: scopriamo i sintomi

Se notiamo che nostro figlio si gratta sistematicamente in testa è opportuno non trascurare tale segnale e controllarlo. Prima ancora di capire cosa e dove cercare cercate di osservare quali sono le zone della testa dove il bambino si gratta maggiormente.

Il grattamento è intenso, continuo e non sporadico, tanto che a volte il bambino si può creare delle vere e proprie ferite. Intuite benissimo che c’è una grande differenza tra quello che potrebbe essere un grattamento saltuario, tipo quello che ognuno di noi compie e quello in caso di pediculosi.

Di solito i bambini si grattano su tutta la testa oppure spesso dietro le orecchie o alla nuca, le zone del cuoio capelluto dove andare a cercare la presenza del parassita o delle sue uova.

Siccome il numero di parassiti dei capelli che possono essere presenti è basso in genere 5-10 esemplari, è più facile scovare le uova di pidocchi, chiamate lendini.

Come si prendono

Molti pensano che i pidocchi saltano e che si sufficiente stare vicino ad una persona o ad un bambino con i pidocchi per prenderli. In realtà è necessario un contatto diretto testa-testa, oppure usare la spazzola per pettinarsi i capelli dopo che l’ha usata uno con i pidocchi oppure indossare un cappello che precedentemente ha indossato chi aveva i pidocchi oppure appoggiare la testa ad esempio sullo stesso cuscino dove prima di noi si è poggiato uno con i pidocchi.

Lendini: uova pidocchi

Per scovare la presenza delle uova non dovete guardare i capelli in prossimità delle punte o a metà del capello quanto piuttosto in prossimità del cuoio capelluto e più esattamente a circa 1, 5 cm dall’emergenza del fusto.

Per una osservazione migliore consiglio di usare una lente di ingrandimento meglio se dotata di luce tipo quelal che usa il medico in studio oppure simile a quella che la nonna usa per lavorare all’uncinetto o a maglia.

Le lendini quando si presentano di forma ovalare e possono avere un colore scuro, bruno-marrone, oppure bianco. Nel primo caso si tratta di uova contenenti all’interno il piccolo di pidocchio mentre quelle chiare sono quelle schiuse. Forse i più attenti potrebbero notare che quest’ultime in realtà non hanno una forma perfettamente ovalare ma ad un’estremità presentano un taglio netto, dovuto proprio alla fuoriusciuta del pidocchio.

Come riconoscerli

Anche se la loro osservazione non è frequente può capitare, osservando sempre il cuoio capelluto con la famosa lente oppure utilizzando un pettine a detti stretti utilizzandolo, ciocca ciocca, e pettinando i capelli dall’emergenza del fusto verso le punte e con la testa del bambino reclinata in avanti su un panno bianco, in modo tale da poter visualizzare meglio tutto ciò che dovesse rimanere impigliato o cadere dalla testa, di isolare un pidocchio.

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Come sono

Hanno il corpo ovalare e perfettamente simmetrico dove ad un’estremità è possibile osservare la presenza di una minuta struttura rotondeggiante sormontata da due piccole struttre simili ad antenne e disposte una per lato.

Subito al di sotto della testa è possibile riconoscere tre strutture lineari per lato alla cui estremità sono presenti dei piccoli uncini e come potete intuire somo le zampe del pidocchio.

E’ molto probabile che il pidocchi nei capelli abbiano consumato il loro pasto succhindo il sangue del malcapitato e quindi presentarsi di colore brunastro, un po più scuro verso l’estremità opposta a quella della testa dove è presente l’intestino.

Pidocchi foto

 

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Prevenzione

Per quanto l’idea di avere i pidocchi o che i bambini li abbiamo possa essere ripugnante è necessario tenere sempre presente per non esistono trattamenti per prevenire il contagio. Non esiste uno shampoo per pidocchi da utilizzare periodicamente o sistematicamente che ci possa aiutare in tutto questo. Più esattamente esistono i rimedi ma non servono per la prevenzione. I pidocchi si curano solo se è presente l’infestazione.

Dovete sapere che a causa dell’uso sconsiderato di rimedi naturali per eliminare i pidocchi, lozioni e shampoo utilizzati negli anni ha fatto sì che i pidocchi sviluppassero delle resistenze ed oggi è più complesso eliminarli ma non  per questo impossibile. Di seguito ti spiego come debellarli.

Come eliminarli

Quando all’interno del nucleo familiare uno dovesse avere i pidocchi è opportuno controllare quanti altri hanno la pediculosi in modo tale che tutti eseguano contestualmente la terapia.

Rimedi per la pediculosi

Probabilmente alcuni saranno a conoscenza di possibili rimedi naturali come ad esempio l’uso dell’aceto ma siccome prima ho scritto che sempre più spesso questi parassiti della pelle sono resistenti ai trattamenti tradizionali lo sono anche a quelli della nonna.

Considerato che non esistono terapie sistemiche, farmaci da assumere per bocca per intenderci, la cura è solo locale e si usano lozioni o spray e degli shampoo.

Probabilmente ti starai chiedendo: “Ma come mi hai appena detto che i pidocchi sono resistenti e mi sti proponendo le solite lozioni e gli shampoo?”

Non esattamente!

Per eliminarli, infatti, è possibile usare delle sostanze chimiche o fisiche. Le prime dovrebbero uccidere sia il pidocchio sia le uova attravero vari mecccanismi neurotossici ed è proprio verso queste sostanze che i parassiti hanno sviluppato resistenza.

Mentre i sistemi fisici sono in grado di uccidere il parassita e le lendini soffocandoli dopo aver formato una “pellicola”. Sono dei prodotti contenenti sostanze simil siliconiche che devono essere spruzzate o applicate sul cuoio capelluto e poi masssaggiate in maniera omogenea tra i capelli.

Tali sostanze devono poi rimanere in posa diversi minuti, 30-60 minuti, proprio perché possano agire soffocando i pidocchi e le uova.

Successivamente consiglio di usare il pettine a denti stretti e di passarlo ciocca ciocca tra i capelli perchè serrvirà per rimuovere i parassiti ormai morti e lendini.

Infine, è usare lo shampoo specifico per lavare i capelli e il gioco è fatto.

Quando ben eseguito è sufficiente una sola applicazione per risolvere definitivamente il problema. Tuttavia, è consigliabile ripeterlo per 2-3 giorni e poi magari allo stesso modo dopo una settimana qualora fosse sfuggita e magari dopo 7 giorni dopo essersi schiusa essere responsabile di una ricaduta.

I prodotti per l’igiene intima

E per la serie “i cosmetici non solo solo i rossetti”, oggi vorrei parlarvi dell’igiene intima.

Durante le visite in ambulatorio continuo a scontrarmi ancora oggi con le credenze popolari legate alla cura di questa sede, eredità di quelle epoche buie e rigide in cui la zona genitale era considerata centro della sessualità e quindi peccaminoso prendersene cura. Inoltre molti uomini provano ancora un certo imbarazzo nell’esprimere i propri dubbi al medico, soprattutto se donna, e quindi spesso arrivano in ambulatorio solo dopo la comparsa di fastidiosi sintomi.

Per fortuna le cose stanno lentamente cambiando, tuttavia permangono ancora numerosi i dubbi in materia di igiene intima, in particolare sui prodotti da utilizzare.

La cura dell’igiene intima non è solo un vezzo, ma una vera e propria prevenzione dei disturbi a carico dell’apparato genitale che, se non adeguatamente attuata, può favorire la comparsa di irritazioni, infezioni e cattivo odore.

Inoltre la corretta igiene intima limita la comparsa di alcune spiacevoli manifestazioni che provocherebbero imbarazzo interferendo negativamente con i rapporti interpersonali.

La fisiologia dell’apparato genitale è molto complessa e viene mantenuta in equilibrio da numerosi processi. In questa particolare zona anatomica abbiamo non solo una abbondante secrezione di sebo da parte della ghiandole sebacee (come nella maggior parte del resto del corpo) ma anche una importante secrezione di sudore (che proviene dai due tipi di ghiandole sudoripare, le aprocrine e le eccrine).

Oltre al sebo e al sudore in questa zona, costituita da numerose pieghe, si accumula anche molta umidità, anche nei mesi freddi, rendendo questa zona più “ospitale” per la crescita di microorganismi come batteri o funghi e favorire la comparda del cattivo odore.

Inoltre, nelle donne, le funzioni fisiologiche regolate dal rilascio di ormoni variano nel corso del ciclo mestruale. Tali ormoni rivestono un ruolo importante in entrambi i sessi nelle diverse fasi della vita (adolescenza, periodo fertile, senescenza).

Il pH genitale è meno acido (pH 6-6,5) del resto del corpo, facilitando la crescita di batteri, miceti, lieviti come la candida, che possono portare a fastidiose dermatiti, vulvovaginiti, balaniti, nonchè alla comparsa di odori poco gradevoli.

Il nostro corpo mette in atto delle naturali difese contro queste infezioni, grazie ai Lactobacilli, dei batteri “buonI” che, attraverso il loro metabolismo, contribuiscono a mantenere l’ambiente più acido possibile, limitando cosi la crescita di specie microbiche patogene. Quando però questo meccanismo non funziona correttamente, il pH si modifica e iniziano dei processi di infiammazione che nella maggior parte dei casi decorrono senza conseguenze e senza che ce ne accorgiamo (asintomatici), ma altre volte evolvono in manifestazioni serie che richiedono l’uso di farmaci.

Le principali problematiche che interessando questa zona e che sono evitabili con una corretta igiene intima sono batteriche, allergiche o traumatiche.

Nel primo caso si sviluppano dei batteri patogeni che eludono le naturali difese.

In caso di patologie di natura allergica solitamente sono reazioni che compaiono alla cute e alla mucosa nei confronti di detergenti troppo aggressivi o indumenti intimi in tessuti particolari.

Invece le infiammazioni di origine traumatica possono essere causate da indumenti troppo stretti o da particolari abitudini o sport (ciclismo, equitazione) .

Le infiammazioni evolvono in vaginiti o balaniti, ossia infiammazioni acute o croniche con disturbi più o meno intensi come prurito, bruciore, perdite vaginali o uretrali.

I prodotti per l’igiene intima

Quali sono quindi i requisiti che deve avere il perfetto detergente intimo per evitare il più possibile queste complicanze e per non indurle direttamente?

  • deve essere un “syndet”.  I saponi sintetici o “saponi non saponi” si definiscono “syndet”. Essi hanno una acidità più simile a quella del nostro corpo ed è quindi più compatibile con la nostra fisiologia. I comuni saponi, pur avendo buone capacità detergenti, causano una reazione di tipo basico al contatto con la pelle, rischiando di aumentare il pH genitale. Per questo motivo è bene preferire prodotti specifici.
  • deve avere un pH tendenzialmente acido. Circa 6 in situazioni di normalità, ma ancora più acido (4.5- 5) In persone che sono frequentemente affette da infezioni batteriche o candidosi, meglio addirittura un detergente intimo ancora più acido.
  • deve contenere dei tensioattivi meno aggressivi possibili. per capirci meglio, i tensioattivi aggressivi sono quelli che fanno la schiuma, quindi meno schiuma fanno, più sono delicati!
  • devono essere facilmente risciacquabili. E’ bene che non rimangano tracce di sapone nei tessuti che potrebbero causare irritazioni molto fastidiose. La zona genitale, ricca di pieghe, è particolarmente a rischio per questo e quindi, oltre a sciacquare per bene la zona dopo la detersione, scegliamo un prodotto che si possa rimuovere facilmente.
  • meglio che non contengano profumazioni
  • devono essere detergenti intimi antimicrobici ma allo stesso tempo non devono danneggiare la flora batterica esistente. L’attività microbica deve essere moderata perché danneggiare i normali “abitanti” delle zone genitali favorisce la comparsa di malattie. Spesso i detergenti intimi sono arricchiti di acido lattico (sostanza che è presente normalmente a livello vaginale) e di estratti vegetali come salvia e timo che hanno proprietà antisettiche.
  • l’abito fa il monaco, ossia anche la confezione (il packaging) è importante! è bene che la confezione non introduca aria all’interno del prodotto e soprattutto che il prodotto venga a contatto con le mani. tale contatto potrebbe trasportare microorganismi all’interno della confezione che nei giorni successivi prolifererebbero.

oltre ai numerosi detergenti in forma liquida, crema e gel, in commercio possiamo trovare le salviettine pre-imbevute di detergente. Sebbene siano molto pratiche da utilizzare e consentano di effettuare una detersione adeguata anche in situazioni particolari come i viaggi, è meglio non utilizzarle frequentemente inquanto sono prodotti senza risciacquo, che possono restare anche ore a contatto con la delicata mucosa genitale producendo delle pericolose irritazioni.

L’igiene intima femminile consigli

L’igiene intima deve essere adattata ai diversi periodi della vita tenendo conto delle variazioni ormonali a cui la mucosa genitale e’ sottoposta.

Durante il periodo mestruale l’igiene intima delle essere particolarmente accurata aumentando la frequenza della detersione con un detergente intimo a pH acido con proprietà blandamente antisettiche. In caso si usino tamponi vaginali è necessario cambiarli frequentemente e rimuoverli sempre prima della  minzione, perché potrebbero essere veicolo di infezioni dovute a batteri presenti nelle urine. Inoltre se si avvertono bruciori durante l’applicazione è opportuno applicare gel idratanti a base acquosa o, meglio, sospenderne l’uso.

L’igiene intima in gravidanza

Durante la gravidanza invece, si assiste ad una maggiore produzione di muco, che può favorire la proliferazione di germi patogeni e lo sviluppo conseguente di infezioni.

In questo periodo è bene quindi utilizzare detergenti intimi delicati arricchiti di estratti vegetali e applicando prodotti con blanda attività disinfettante.

Anche durante l’ovulazione si assiste ad un aumento della produzione di muco vaginale, più fluido di quello della gravidanza, che, seppur fisiologica, può creare fastidi. In questo caso, invece che aumentare la frequenza della detersione è preferibile ricorrere a cambi frequenti di biancheria.

L’igiene intima in menopausa

Durante la menopausa, la diminuita produzione di estrogeni, provoca disidratazione e secchezza fastidiosa, nonché l’assottigliamento del tessuto e la riduzione della sua elasticità. Questo ambiente è più favorevole alle irritazioni e alle ittitazioni perché si associa ad una diminuzione della popolazione di lactobacilli e al calo delle naturali difese. Per questo è meglio utilizzare detergenti intimi delicati e lentivi, idratanti e dermoprotettivi abbinati a gel o creme idratanti contro la secchezza vaginale.

L’igiene intima bambini e nei neonati

Nei bambini bisogna semplicemente rispettare la naturale fisiologia cutanea usando detergenti delicati e lenitivi nelle parti che entrano in contatto con pannolino, che sono più soggette ad irritazioni. Lo stesso vale anche per l’igiene intima del neonato.

Nel periodo successivo, quando inizia il progressivo distacco del prepuzio è importante lavare con delicatezza la parte scollata, eventualmente con acqua ad una leggera pressione, in modo da asportare completamente le sostanze accumulate.

L’igiene intima maschile

Anche l’igiene intima nell’uomo è importante, nonostante se ne parli molto poco!

Per motivi anatomici l’uomo è meno suscettibile alle infezioni e infiammazioni rispetto alla donna, e anche quando capitano, la maggior parte delle volte passano inosservate perché non  portano a particolari fastidi o sintomi. Tuttavia è importante evitarle perché, durante il rapporto sessuale, l’uomo può essere veicolo di infezioni nella donna.

Alla nascita il prepuzio è quasi totalmente adeso al glande e termina con un restringimento che lascia libero soltanto il meato uretrale. Questa particolare conformazione serve per proteggere il glande e limita l’insorgenza di di infezioni ed irritazioni nel neonato.

Negli anni successivi questa adesione si riduce, fino a rendere possibile la completa retrazione del prepuzio e l’esposizione del glande.

Per questo motivo la detersione dei genitali maschili va adeguata alle differenti età della vita.

Nell’uomo adulto è necessario essere particolarmente attenti a rimuovere con il detergente intimo maschile ogni residuo di secrezioni accumulate tra prepuzio e glande (“smegma”) detergente mattino e sera e soprattutto dopo i rapporti sessuali.

Lo smegma, umido e ricco di proteine, è il terreno ideale per la replicazione e crescita di microrganismi (batteri e funghi), aumentando la frequenza di infezioni e infiammazioni a carico di glande e prepuzio che prendono il nome di balaniti e balanopostiti.

Secondo l’American Cancer Society gli uomini con accumulo di smegma presentano un rischio aumentato di cancro del pene, inquanto si ritiene che lo smegma possa irritare e infiammare il pene, aumentando in modo indiretto il rischio di cancro.

Come per le donne, anche per i maschi l’uso eccessivo di detergenti può alterare l’equilibrio mucocutaneo, in particolare l’uso di saponi troppo aggressivi può indurre balaniti a causa dell’azione erosiva delle basi lavanti.

BIBLIOGRAFIA

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8331425 J Nurse Midwifery. 1993 May-Jun;38(3):146-51.

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Overman BA1.

Minerva Ginecol. 2000 Nov;52(11):471-84.

[Quaternary ammonium salts in gynecology and obstetrics].

Battaglia F1, Scambia G, Distefano M, Ronca S, Plotti F, Plotti G, Mancuso S.

American Cancer Society. Penile Cancer: Causes, Risk Factors, and Prevention. http://www.cancer.org/Cancer/PenileCancer/DetailedGuide/penile-cancer-ri…

Pelle secca e diabete

L’argomento di oggi è il diabete!

Tranquilli non è un errore perché più esattamente parlerò delle manifestazioni cutanee dovute al diabete.

Si avete letto bene!

A chi è rivolto questo post?

  • a tutti coloro che soffrono di diabete, bambini, adulti e anziani, uomini e donne perché sappiano quali sono le manifestazioni sulla pelle dovute all’aumento della glicemia, come riconoscerle, e perché è importante trattarle
  • a tutti coloro che non hanno il diabete ma presentano una o più delle manifestazioni cutanee descritte di seguito perché riconoscendole possano chiedere al proprio medico un controllo della glicemia nel sangue e magari scoprire di avere un diabete misconosciuto
  • ai medici, agli infermieri e al personale paramedico perché prestino attenzione osservando la pelle dei pazienti a cogliere e riconoscere le seguenti manifestazioni cutanee che, lo ripeto, potrebbero essere il segnale premonitore di diabete
  • a tutti coloro che hanno un familiare, un amico o una persona cara che soffre di diabete perché la salute in generale passa anche attraverso l’informazione e la sensibilizzazione di tutti quanti.

Prima di tutto facciamo un po di mente locale.

Se leggete la parola diabete a cosa pensate?

Molto probabilmente penserete:

  • glicemia alta
  • insulina
  • bere tanta acqua
  • fare tanta pipì
diabete_siringa_insulina

Giusto? E poi?

Alcuni potrebbero aggiungere piede diabetico, diabete mellito, diabete infantile, microangiopatia aspecifica e poi nient’altro?

Altri potrebbero pensare alle conseguenze estreme di un diabete: la cancrena.

Non parlerò di tutto ciò ma al contrario delle manifestazioni cutanee che nel diabete si presentano precocemente e altre successivamente che spesso sono ignorate.

Pensate ad esempio che nel 22% dei bambini con diabete mellito sono già presenti delle alterazioni specifiche della pelle al momento della diagnosi!. 

Ma andiamo con ordine.

Diabete sintomi iniziali

Il diabete può essere la causa di diverse manifestazioni cutanee che sono classificate in:

  1. patologie della pelle direttamente associate al diabete (es.Necrobiosi lipoidica, Dermopatia diabetica, xantomatosi eruttiva, Bullosis diabeticorum, Lichen Planus, …)
  2. infezioni batteriche o micotiche (es. Candidosi, Erisipela, ..)
  3. manifestazioni cutanee conseguenti alle complicazioni del diabete (es. Microangiopatie, Macroangiopatie, Neuropatie, …)
  4. reazioni cutanee conseguenti ai trattamenti del diabete
  5. secchezza cutanea dovuta al diabete

Oggi iniziamo proprio dalla secchezza cutanea spesso ignorata perché ritenuta aspecifica e comune ad altre patologie della pelle o al fatto che non si beve abbastanza o non si applica la crema idratante dopo il bagno o la doccia.

Diabete e pelle secca

La glicemia alta nel sangue è responsabile di un fenomeno che si chiama glicosilazione che sostanzialmente riduce l’elasticità della pelle.

L’entità di tale problema può essere variabile e si distinguono la forma lieve, in cui la pelle inizia a presentarsi ispessita e con il pollice e l’indice si fa fatica a sollevarla in pliche, fino a forme severe in cui la pelle si presenta di consistenza aumentata, pastosa e oltre all’impossibilità di sollevarla in pieghe non è difficile che dopo una pressione rimanga momentaneamente il segno dell’introflessione cutanea.

Se queste manifestazioni richiedono un occhio attento, spesso è il dermatologo che le riesce a cogliere, l’osservazione della secchezza della pelle invece è alla portata di tutti.

Chiamata volgarmente pelle secca in termini medici è nota con il nome di xerosi

Come si manifesta la pelle secca nel diabete? La pelle secca alle gambe

La pelle secca è più facile notarla al terzo inferiore delle gambe ma anche alla superficie laterale del piede e alle dita dei piedi.

Quando è presente la secchezza della pelle, il sintomo che sempre è presente è il prurito perché la pelle, proprio a causa della desquamazione, presenta un aumento della traspirazione cutanea, che in termine medici si chiama TEWL (trans epidermal water loss).

Oltre alla presenza del prurito è facile osservare, a volte, anche la presenza di ferite di grattamento o degli esiti che si presentano come croste siero ematiche, le cui dimensioni possono  essere variabili.

La pelle secca e prurito al terzo inferiore della gamba nel diabete

Per quanto riguarda i segni della pelle secca a livello del terzo inferiore della gamba è possibile osservare un’accentuazione della tessitura cutanea che evidenzia molto bene l’aspetto poligonale della superficie cutanea. Nei casi più importanti tale trama poligonale è caratterizzata dalla presenza  di iperlinearità della pelle e in quelli più gravi è presente una desquamazione biancastra, caratterizzata da squame furfuracee, di piccole dimensioni, secche, che da un lato sono adesso alla cute e dall’altro presentano il lembo libero.

pelle secca diabete
pelle secca gamba diabete

La pelle secca della superficie laterale del piede nel diabete

Si presenta con solchi, linee, ben evidenti e di colore biancastro dovute all’ispessimento cutaneo che le caratterizza.

pelle secca tallone

La pelle secca al tallone nel diabete

Un’altra sede tipica interessata dalla pelle secca nel diabete è il tallone che si presenta biancastro causa dell’ispessimento cutaneo, ruvido al tatto.

L’aspetto biancastro è dovuto all’ispessimento cutaneo che si manifesta a livello dei solchi cutanei che appaiono ben evidenti e definiti.

pelle secca tallone diabete

La pelle secca della dita dei piedi nel diabete

Anche le dita dei piedi sono interessate dalla **pelle** secca, particolarmente evidente in corrispondenza della superficie distale dove si presenta lucida e ancora una volta solcata da linee biancastre che seguono il decorso dei solchi cutanei e dovuti proprio al loro ispessimento, dovuto all’accumulo della cheratina.

Poi, sempre alle dita in corrispondenza della superficie volare o di appoggio è facile osservare la presenza dei tilomi, volgarmente chiami “calli” o occhio di pernice, e conseguenti alla pressione, dovuta al peso della persona, che scarica in quel punto e la frizione con la calzatura.

callo pelle secca diabete

Sempre osservando le dita dei piedi anche le unghie possono essere interessate e presentarsi distrofiche: ispessite, giallastre e di forma alterata. Le alterazioni della unghie sono una conseguenza della microangiopatia diabetica che comporta un’occlusione dei piccoli vasi sanguigni della dita che toccandole saranno fredde.

Tilomi che spesso invece si riscontrano nel soggetto  diabetico a livello plantare e che possono essere il primo movenze per il piede diabetico.

Quando la pelle secca nel soggetto diabetico a livello del tale e delle dita dei piedi è particolarmente marcata e intensa, associata alla perdita di elasticità, in seguito alla deambulazione può favorire la comparsa di ferite e ragadi lineari particolarmente dolente che anche a causa della glicemia  alta tardano a guarire e cicatrizzare con il rischio di possibile infezioni.

pelle secca dita diabete

Perché è importante curare la pelle secca del paziente con diabete?

Prima di tutto dovete tener presente che **se la pelle è secca non ci troviamo di fronte ad un inestetismo ma è il segnale chiaro  e oggettivo di un difetto funzionale della pelle!**

Cosa significa?

La pelle non è un rivestimento inerte del nostro corpo ma un organo attivo che svolge molteplici funzioni e quando è presente la secchezza è il segnale che non è in grado né di svolgere né di portare avanti le sue numerose funzioni biologiche e di conseguenza è facilmente aggregabile, si può irritare, può essere infettata.

Prestarte quindi attenzione al sintomo del prurito, possibile spia della pelle secca, e osservate la pelle per cogliere la presenza delle manifestazioni descritte e intervenite.

Come curare la pelle secca del diabete?

La risposta è facile: idratando la pelle!

Il termine idratare la pelle, comunemente usato da tutti, in realtà richiede alcune puntualizzazioni perché non si tratta di solamente di apportar acqua alla pelle ma di intervenire con cosmetici che siano in grado di:

  • ripristinare lo strato esterno cutaneo in modo tale da eliminare la desquamazione
  • contrastare l’ispessimento cutaneo nelle zone di frizione del piede
  • lenire il sintomo del prurito
  • svolgere un’azione emolliente per contrastare la progressiva perdita di elasticità cutanea
  • mantenere nel tempo sia l’azione emolliente sia quella lenitiva

Conclusioni

Chi soffre di diabete sa benissimo che è una patologia cronica i cui valori della glicemia devono essere monitorati sempre per adeguare tempestivamente la terapia, la dieta e lo stile di vita ed evitare le possibili complicazioni; da oggi però è necessario osservare anche la pelle, che per ovvi motivi si presta benissimo ad essere facilmente ispezionata, ed intervenire tempestivamente ogni qualvolta siano presenti le manifestazioni dovute alla pelle secca.

 

Bibliografia

  • Skin Res Technol. 2002 Nov;8(4):250-4. Quantitative measurement of desquamation and skin elasticity in diabetic patients. Yoon HS1, Baik SH, Oh CH.
  • Rev Endocr Metab Disord. 2016 Dec 7.  Metabolism and skin diseases. Zouboulis CC, Stratakis CA, Chrousos GP, Koch CA.
  • Expert Opin Med Diagn. 2013 Mar;7(2):201-7. Critical assessment of diabetic xerosis. Piérard GE1, Piérard-Franchimont C, Scheen A.
  • Rev Endocr Metab Disord (2016) 17:241–246 Metabolism and skin diseases Christos C. Zouboulis, Constantine A. Stratakis, George P. Chrousos, Christian A.Koch
  • Expert Opinion on Medical Diagnostics Critical assessment of diabetic xerosis Gérald E Piérard MD PhD (Professor) , Claudine Piérard-Franchimont & André Scheen Vol 7,2013, Issue 2 Pages: 201-207
  • J Eur Acad Dermatol Venereol. 2011 May;25(5):607-9.  Importance of treatment of skin xerosis in diabetes. Seité S, Khemis A, Rougier A, Ortonne JP.
  • Actas Dermosifiliogr. 2014 Jul-Aug;105(6):546-57.  Cutaneous manifestations in children with diabetes mellitus and obesity. Torres E, Torres-Pradilla M.

Inverno: rimedi per la pelle screpolata

Brrrr che freddo in questi giorni!

L’inverno è decisamente arrivato, e insieme alle albe sui campi ghiacciati, alle bancarelle natalizie nelle piazze e alle luci già accese alle 4 del pomeriggio arrivano anche guanti, sciarpe, scaldini per le mani…. e poi pelle secca, prurito, irritazioni!

Se la secchezza è solo una “scomodità” per chi non soffre di malattie della pelle, per quelli di noi che invece soffrono di psoriasi, eczema o rosacea  o per le persone anziane che hanno la pelle più sottile, l’inverno è veramente un periodo difficile.

I riscaldamenti accesi, la differenza di temperatura tra l’ambiente esterno e quello interno, l’uso di acqua molto calda per lavarsi, le coperte di lana o le coperte elettriche, sono tutti fattori che complicano la vita di chi ha patologie che rendono secca la pelle.

Come gestire al meglio questi disagi tipicamente invernali? 

Idratando, idratando, idratando!

Cosa dite?

Che appena usciti dalla doccia fa freddo?

Che non avete voglia di restare ad applicare la crema fredda sul corpo?

Che in ufficio vi si congelano anche le ossa e quindi vi lavate le mani con l’acqua bollente per scaldarvi un pò?

Capisco, e proprio perché sono una di voi, oggi vi scrivo alcuni trucchetti che possiamo attuare per coniugare una pelle idratata e protetta con il freddo dell’inverno.

Mani screpolate, unghie sfaldate, pellicine sulle labbra e attorno alle unghie?

Possiamo applicare la crema idratante più volte al giorno; non è impossibile! Basta tenere nella borsa o nella tasca della giacca la nostra crema preferita, in formato pocket, quella che ha quel buon profumo delicato (per info sui profumi allergizzanti – vedi box-), quella emolliente ma che si assorbe in pochi minuti, così possiamo subito riprendere a scrivere al pc o a lavorare.

A proposito delle fragranze profumate prestate attenzione a queste 26 sostanze, sintetiche o naturali che possono causare reazioni allergiche.

Non sono sostanze pericolose per la salute di tutti, intendiamoci bene! La maggior parte dei consumatori le tollera perfettamente, ma in persone con eczema, psoriasi e rosacea o allergie da contatto ai profumi possono provocare fenomeni allergici e irritativi.

Quando la concentrazione di queste sostanze nel prodotto cosmetico eccede i limiti segnalati dal Comitato Scientifico dell’UE, la legge obbliga che vengano segnalati.

Tali sostanze profumate le troviamo prevalentemente negli oli essenziali ed in altri derivati di origine vegetale come gli estratti e le  acque aromatiche. Ecco l’elenco delle fragranze che possono causare irritazione o allergie come descritto sopra:

  • Alpha-isomethyl ionone
  • Amyl cinnamal
  • Amylcinnamyl alcohol
  • Anise alcohol
  • Benzyl alcohol
  • Benzyl benzoate
  • Benzyl cinnamate
  • Benzyl salicylate
  • Butylphenyl methylpropional
  • Cinnamal
  • Cinnamyl alcohol
  • Citral
  • Citronellol
  • Coumarin
  • Eugenol
  • Evernia furfuracea
  • Evernia prunastri
  • Farnesol
  • Geraniol
  • Hexyl cinnamal
  • Hydroxyisohexyl 3-cyclohexene carboxaldehyde
  • Hydroxycitronellal
  • Isoeugenol
  • Limonene
  • Linaool
  • Methyl 2-octynoate

Lo stesso vale per lo stick per le labbra. Ne esistono alcuni anche lievemente colorati, cosi da mascherare il blu delle labbra infreddolite o da sostituire al rossetto nude.

Lavoro in un ambiente chiuso?

Riscaldamenti accesi, pompe di calore sparate al massimo o sistemi di areazione centralizzati rendono l’aria più secca, e così sarà anche la nostra pelle.

Per risolvere questo problema è necessario abbassare il termostato di qualche grado. La temperatura ideale è tra i 18 e i 20 gradi centigradi.

Il caldo infatti aumenta la sensazione di prurito, con conseguente grattamento e comparsa di eczema o reazioni orticarioidi o se soffri di Psoriasi, proprio a causa del grattamento, potrebbe peggiorare.

La temperatura più bassa rende l’ambiente meno secco, limitando quindi questi fastidi. Se purtroppo la temperatura interna non è modificabile possiamo optare per un umidificatore.

Ce ne sono molti in commercio, sia da applicare ai termosifoni che da tenere sopra ad un mobile e in molti è possibile inserire delle essenze per profumare l’ambiente. (controlliamo sempre il i nomi nel box qui sotto prima di sceglierle).

L’umidità ideale è al 40-50% per cento, e vedrete che anche la gola e gli occhi ci ringrazieranno, non solo la nostra pelle.

Lavoro all’aperto o in ambienti poco riscaldati?

I guanti sono gli alleati perfetti! Se applichiamo la crema sulle mani prima di infilarli otterremo sia di scaldarci sia di eseguire una specie di impacco nutriente. Certo, non è come quello delle SPA, ma almeno ci saremo evitati quelle fastidiose ragadi attorno alle dita.

E per il viso?

Soprattutto per chi soffre di Couperose e Rosacea le guance sono in crisi in questi giorni, arrossate e secche, spesso pruriginose o addirittura che bruciano.

Abbondiamo con la crema viso super nutriente prima di uscire al mattino, e riapplichiamola durante la giornata.

Attenzione invece alle sciarpe, che con lo sfregamento sul viso potrebbero contribuire all’irritazione. Meglio scegliere tessuti naturali come la seta o il cotone. A casa poi utilizziamo un detergente viso delicato, con ingredienti idratanti e una crema nutriente intensiva prima di andare a dormire. Al mattino usiamo sempre una crema idratante ed emolliente ma addizionata con uno  schermo solare per pelli sensibili con un SPF di almeno 30.

Mani sempre congelate? Usiamo l’acqua calda bollente per lavarle così ci scaldiamo?

Questo potrebbe seccarle ulteriormente purtroppo e causare intenso prurito. Oltre a mettere la crema idratante dopo ogni lavaggio, scegliamo saponi non saponi (“syndet” è il termine tecnico) o oli detergenti, cosi da idratare anche mentre ci laviamo ( e scaldiamo!).

Shopping pre-natalizio? Ore e ore nei negozi a cercare la sciarpa giusta per il papà o il maglione di lana con la renna per il pranzo in famiglia?

Le nostre mani non ci ringraziano…

La lana può causare irritazioni sia acute che croniche, può aggravare la Dermatite Atopica e causare dermatiti da contatto e Orticaria.

Anche altre sostanze chimiche e coloranti che vengono aggiunti alle fibre tessili possono esserne causa, in particolare i prodotti per le tinture e per il finissaggio, i metalli, la gomma e le colle.

E non dimentichiamo gli acari della polvere, che si trovano proprio a loro agio negli ambienti poco areati e nei tessuti di lana.

Per curiosare tra le bancarelle o tra gli scaffali dei negozi indossiamo quindi i nostri guanti preferiti, meglio se di cotone all’interno e di lana o pelle o similpelle all’esterno e laviamo le mani con acqua corrente dopo gli acquisti per eliminare i possibili acari.

Se invece siamo noi a ricevere in regalo dei vestiti o biancheria da letto, laviamoli prima di usarli,  così da rimuovere i residui di collanti e di acari e verificare che il colori non si disperdano nell’acqua.

Dopo una lunga giornata al freddo e al gelo, non vediamo l’ora di fare un bel bagno bollente o una lunga doccia calda?

La temperatura dell’acqua e la durata della doccia possono essere determinanti nella comparsa o nel peggioramento delle dermatiti.

Le docce lunghe disidratano la pelle, soprattutto se nella nostra zona l’acqua è ricca di calcare. Inoltre la pressione dell’acqua in caduta sulla pelle potrebbe indurre una orticaria fisica, aumentando il prurito una volta terminata la doccia.

Più l’acqua è calda, più viene rimosso quel sottile film idrolipidico che ricopre tutti il nostro corpo, e che nelle persone che soffrono di eczema, dermatiti e psoriasi è fortemente danneggiato.

Meglio quindi optare per una doccia breve (5-10 minuti) e abbassare un pò la temperatura dell’acqua.

Prima di entrare nella doccia mettiamo il nostro accappatoio o asciugamano preferito vicino ad una fonte di calore, cosicchè, una volta usciti sarà piacevolmente tiepido.

Asciughiamoci senza sfregare la pelle ma tamponandola cosi da non stimolare il prurito e mantenere un pò di umidità superficiale che ci servirà quando andremo ad applicare la crema emolliente.

La crema è troppo fredda?

Scaldiamola prima tra le mani e poi applichiamola sul corpo con un leggero massaggio, scegliamo quella più ricca di ceramidi, omega 3 e agenti emollienti rispetto a quella che usiamo in estate, e in caso di eczemi, psoriasi o dermatiti, addizionata di principi attivi come urea e sodio lattato.

crema viso

Gli studi dicono che la crema applicata subito dopo la doccia (entro 3 minuti) ha una efficacia maggiore rispetto ad una applicazione dopo 10 minuti. Quindi sbrighiamoci, appena fuori, tamponiamo con l’asciugamano e via di idratante!

Ecco, queste sono le “mie” strategie anti-freddo per mantenere la pelle in salute o per ridurre la probabilità di recidive invernali.

E voi? avete qualche “trucchetto” da condividere con gli altri lettori? Volete altri consigli su qualcosa nello specifico?

Scrivetecelo nei commenti e cercheremo di darvi la risposta che cercate!

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