La salute della pelle a cura di
Dermatologia Myskin

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Chemioterapia e pelle: gli effetti collaterali

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L’attenzione del dermatologo al paziente in terapia per un cancro, è diventata  negli ultimi anni, sempre più una necessità, per la continua introduzione di nuovi farmaci oncologici che, da un lato hanno migliorato la prognosi in termini di sopravvivenza,  e dall’altra hanno fatto emergere nuovi effetti collaterali a carico della cute.

Il cancro  comporta un forte carico emotivo e cambia la percezione del proprio fisico. 

Una nuova branca della Dermatologia, chiamata “Oncosupportive Dermatology” si prende cura  della salute dermatologica del malato oncologico, nella sua globalità, sia sul piano più strettamente medico,  con lo studio e la cura delle ripercussioni  cutanee di radioterapia, chemioterapia, target therapy, immunoterapia, chirurgia, sia con l’attenzione all’aspetto cosmetologico, affinché il paziente si riappropri e ritrovi interesse per il proprio corpo, la cui integrità è stata intaccata dal tumore. 

La pelle, le mucose, le unghie e i capelli,  per la  loro notevole  e rapida capacità di rinnovamento cellulare,  sono un bersaglio preferenziale dei chemioterapici classici. 

Le reazioni avverse muco-cutanee da farmaci citotossici hanno un importante impatto sulla sfera pratica, psicologica e relazionale.

La Sindrome Mano-Piede

Ad esempio, la Sindrome mano-piede,  che insorge in corso di terapia con molti antiblastici di uso comune,  è caratterizzata da gonfiore,  rossore ed intensa desquamazione palmo-plantari,  che comportano turbe della sensibilità, sensazione di aghi nella cute, dolore e bruciore. Pertanto, il paziente, già debilitato dalla malattia di base, e da altri effetti collaterali della chemioterapia, a causa degli eventi tossici sulla pelle,  non può svolgere le normali attività della vita quotidiana, come camminare, vestirsi, preparare da mangiare, prendere oggetti.

La perdita dei capelli da chemioterapia

Il maggiore esempio di discomfort psicologico e relazionale è invece legato alla perdita dei capelli.

In uno studio pubblicato su Cancer Practice nel 2001, il 58% delle donne sottoposte a chemioterapia ha ritenuto l’alopecia l’evento più traumatizzante dell’esperienza oncologica e l’8% avrebbe voluto rinunciare a curarsi per non subire la caduta dei capelli.Le pazienti associavano questo evento a perdita dell’autostima, alterazione della percezione della propria immagine corporea,  e peggioramento della qualità di vita.

La pigmentazione della pelle da chemioterapia

Vorrei inaugurare questa mia pagina di Myskin con un problema che ho visto che allarma i pazienti  in chemioterapia, cioè la pigmentazione della pelle,  che appare più bruna o grigia. E’un evento che insorge progressivamente, in seguito a diversi cicli di terapia e che pone il malato davanti alla sua malattia in maniera immediata e visibile.

La pigmentazione può essere diffusa ed omogenea, come nel caso dei pazienti trattati con busulfano,  o  localizzata nelle sedi di frizione, pressione e sfregamento. Una forma molto particolare di pigmentazione si chiama ‘dermatite flagellata’ ed è associata alla somministrazione di bleomicina;  si presenta con  striature scure  soprattutto sul dorso. 

Una  causa poco conosciuta porta all’aumento della produzione e del deposito di melanina,  che può interessare qualsiasi distretto di cute e mucose.

ipercpigmentazione_cht-ascella
iperpigmentazione ascella
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iperpigmentazione dorso mani
iperpigmentazione unghie
iperpigmentazione unghie
iperpigmentazione plantare
iperpigmentazione plantare

Il fenomeno si realizza maggiormente nei soggetti di carnagione  scura,  e l’esposizione al sole  gioca un ruolo importante. 

La pigmentazione può riguardare anche i capelli e  le unghie,  che possono mostrare bande più scure trasversali o longitudinali.

I chemioterapie che inducono la pigmentazione della pelle, della mucosa e degli annessi (lunghi e capelli)?

I farmaci, molto utilizzati in oncologia medica e maggiormente responsabili sono:

  • ciclofosfamide
  • 5fluorouracile
  • capecitabina
  • busulfano
  • taxani
  • doxorubicina
  • idrossiurea
  • daunorubicina
  • cisplatino
  • tiotepa
  • pemetrexed

Chemioterapia e la comparsa dei nei (nevi)

Infine,  è possibile la comparsa di nevi eruttivi nei pazienti in trattamento con i seguenti chemioterapia:

  • capecitabina
  • 5fluorouracile
  • metotrexate
  • doxorubicina

che non mostrano particolari caratteristiche anomale rispetto agli altri nevi del corpo, né  capacità di acquisire malignità,  evolvendo in melanoma.

Conclusioni

Queste forme di pigmentazione della pelle non devono destare alcuna preoccupazione, benché siano motivo di forte disagio estetico; guariscono spontaneamente a distanza di mesi dalla sospensione della terapia.

L’utilizzo di creme cheratolitiche all’urea al 5-10%,  che facilita la normale e fisiologica desquamazione quotidiana della pelle,  può agevolare la scomparsa.

Il camouflage con correttore beige e fondotinta adatto al proprio fototipo è incoraggiato.

Una buona raccomandazione è l’attenzione all’esposizione solare, sia moderando le attività ricreative o professionali all’aperto nelle ore più calde della giornata, sia applicando dei protettori solari con fattore di protezione 50+

La fotodinamica: a cosa serve?

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La terapia fotodinamica (o PDT) è una metodica che sfrutta l’interazione tra radiazioni luminose di specifiche lunghezze d’onda e alcune sostanze definite fotosensibilizzanti.

A seguito dell’irradiazione le sostanze fotosensibilizzanti producono specie reattive dell’ossigeno capaci di distruggere le cellule ad esse vicine.

In dermatologia il fotosensibilizzante più comune è la Protoporfirina IX (PpIX) che deriva dalla trasformazione di un profarmaco (acido aminolevulinico ALA o del suo metil estere MET-ALA).

Le sorgenti luminose utilizzate per attivare i fotosensibilizzanti sono prevalentemente nello spettro del rosso (570-670 nm) ma possono essere utilizzati anche alcuni laser e la luce pulsata (IPL).

fotodinamica
Trattamento di fotodinamica

Il principale campo di applicazione della PDT in dermatologia è il trattamento dei tumori cutanei non melanoma (NMSC), ovvero delle cheratosi attiniche (AK), degli epiteliomi basocellulari superficiali (sBCC) e della malattia di Bowen (SCC in situ), tutti tumori primariamente indotti dall’esposizione cronica alle radiazioni ultraviolette.

Per il trattamento delle AK è generalmente necessaria una sola seduta di PDT mentre per il trattamento dei sBCC o dei BCC nodulari non altrimenti trattabili o nel caso di malattia di Bowen, la PDT va eseguita due volte con intervallo di una settimana tra i trattamenti. Dopo l’applicazione, l’area da trattare verrà coperta con un bendaggio occlusivo per tre ore e successivamente verrà irradiata con l’apposita lunghezza d’onda.

Basalioma della guancia
Basalioma della guancia
Cheratosi attinica
Cheratosi attinica

L’efficacia del trattamento verrà valutata a distanza di tre mesi dall’ultima seduta.

Cos’è la Day Light PDT

Le AK del volto e del cuoio capelluto possono essere trattate anche con una modalità di recente introduzione, denominata Day Light PDT (PDT con luce diurna).

In questo caso il prodotto fotosensibilizzante viene applicato nelle aree interessate previo utilizzo di un filtro solare contro le radiazioni ultraviolette; subito dopo l’applicazione il prodotto sarà attivato dalla radiazione luminosa solare nelle due ore successive all’applicazione. Tale modalità terapeutica è indicata nelle AK non ipertrofiche e prevede una sola seduta di trattamento ed un controllo da effettuarsi a tre mesi per valutarne l’efficacia. Al contrario della PDT tradizionale, a Day Light PDT è sconsigliata nei mesi invernali per una riduzione dell’efficacia e non va eseguita in caso di pioggia.

Tra i vantaggi del trattamento dei NMSC con la PDT dobbiamo ricordare l’ottima efficacia se confrontata con le metodiche alternative (crioterapia, laserterapia CO2 o Erbio, la diatermocoagulazione, il 5-Fluorouracile, l’Imiquimod o l’Ingenolo Mebutato) l’ottima resa estetica e lo scarso disconfort per il paziente (lieve dolore in alcune sedi particolarmente sensibili e la comparsa di blandi fenomeni infiammatori di breve durata).

Inoltre la PDT è utile nel trattamento di estese aree cutanee; per tale motivo la PDT è particolarmente indicata per il trattamento del cosiddetto “campo di cancerizzazione”, ovvero dell’area di danneggiamento indotto dai raggi solari sulla cute circostante le lesioni francamente cancerose.

Poche sono le controindicazioni al trattamento con PDT: tra queste troviamo lo stato di gravidanza, l’allattamento, l’anamnesi positiva per reazioni allergiche ad uno qualsiasi dei costituenti del prodotto in uso, alle arachidi, alle nocciole o alla soia. Inoltre non è possibile trattare lesioni ipercheratosiche e pigmentate.

Cosa sono i dermocosmetici?

Quante volte leggendo i post su Myskin avete letto questa parola?

E quante volte avete sentito noi dermatologi riferirci a shampoo o creme con questo termine?

Inoltre, avete notato che per alcune prescrizioni serve una ricetta particolare, mentre per altre “basta chiedere al farmacista” o addirittura servirsi da soli dallo scaffale?

Avete voglia di capirci un pò di più a proposito di quello che vi è stato consigliato?

Continuate allora a leggere e, se avete qualche dubbio, scrivetecelo e proveremo a risolverlo insieme.

Cominciamo.

Dopo una visita dermatologica o dopo un colloquio col vostro dermatologo di fiducia, si conclude con il consiglio di una terapia, ossia una serie di compresse o creme o altro che possono servire per migliorare o addirittura risolvere completamente, il vostro problema alla pelle.

Questa terapia può essere composta da:

  • Medicinali ad esempio un atibiotico come l’amoxicillina in compresse, oppure uncortisonico come il prednisone in compresse, o altri farmaci specifici per l’acne come l’isotretinoina. Il “medicinale” è una sostanza che vi consigliamo perché ha un’azione “farmacologica”, immunologica o “metabolica” e può essere venduto da solo su presentazione di ricetta medica “rossa” o dematerializzata.rossa” o dematerializzata.
  • Farmaci da libera prescrizione (detto anche “da banco” oppure OTC – dall’inglese over the counter, che significa proprio sopra il banco). Questi sono farmaci preconfezionati “da automedicazione”. Anche questi, come i medicinali, hanno proprietà farmacologiche ma che non necessitano di ricetta medica.  Ne sono un esempio le creme antiprurito o il paracetamolo in compresse per abbassare la febbre.
  • Dispositivi medici: ossia una sostanza che non ha interazione farmacologica sul corpo umano ma che può aiutare un farmaco ad espletare al meglio la propria azione. Questi dispositivi sono acquistabili SENZA prescrizione medica. Fanno parte di questa categoria i misuratori della pressione sanguigna così come le siringhe per le iniezioni o le creme simil-steroidee e alcune creme solari specifiche per categorie a rischio. Se prescritte su ricetta libera (“bianca”) sono deducibili fiscalmente.
  • Integratori alimentari: Sono sostanze nutritive, come vitamine e minerali, concentrate in un prodotto alimentare sotto forma di compresse o polveri orosolubili che hanno un effetto nutritivo e fisiologico. Sono sinonimi anche i termini “complemento alimentare” o “ supplemento alimentare”.

Infine, ci siamo, i Cosmetici.

Secondo la legge 713/86 un prodotto cosmetico è: “una sostanza diversa dai medicinali, destinata ad essere applicata sulla superficie esterna del corpo umano, con lo scopo esclusivo o prevalente, di pulire, profumare, modificare l’aspetto, correggere gli odori corporei, proteggere o mantenerle in buono stato”.

Non hanno quindi nessun attività farmacologica o terapeutica e non possono vantarla.

E quindi, se non hanno attività farmacologica o terapeutica, perché ve li prescriviamo e alcuni di questi ve li consigliamo per migliorare delle malattie della pelle?

I (Dermo)cosmetici: perché il dermatologo li prescrive?

prescrizione medica

Alcuni particolari cosmetici, che indichiamo con il termine “dermocosmetici”, possiedono alcune particolari proprietà rispetto ai “comuni” cosmetici.

Un crema idratante per pelli atopiche o per persone che soffrono di allergie da contatto è una crema i cui ingredienti sono stati studiati e formulati per rispondere a queste particolari esigenze.

Queste creme (o shampoo o sieri o gel) particolari prima di arrivare sugli scaffali della vendita, hanno subìto una serie infinita di controlli, di test sia in laboratorio che sulle pelle “viva”, condotti da esperti cosmetologi, biologi e farmacisti. Nel formulare questi prodotti si pongono attenzioni particolari proprio perchè sono indirizzate a pelli particolari.

Sono, ad esempio, senza nichel o senza conservanti, oppure contengono particolari profumi che non sono responsabili di allergie, oppure non li contengono affatto.

Un esempio?  Pensiamo alle creme solari con fattori di protezione alta e molto alta.

Gli studi scientifici hanno dimostrato che chi usa fotoprotettori con fattore di protezione solare molto alta (50+) ha un rischio minore di sviluppare il melanoma. Quindi questi “cosmetici” sono dei veri e propri “anticancro della pelle”.

Eppure per la legislazione europea queste e altre creme particolarmente utili per le persone con problemi cutanei, sono considerate solo dei cosmetici alla stregua di un rossetto alla moda.

Nonostante siano prodotti che svolgono un valido ruolo nel processo di guarigione delle malattie della pelle, e siano quindi da considerare una via di mezzo tra cosmetici e medicinali, al momento la legge non li riconosce come una categoria diversa dai “normali” cosmetici (sia in Italia che in tutta la comunità europea).

Il termine dermocosmetico quindi, non lo ritroverete in alcuna legge o documento ufficiale o libro di cosmetologia. E’ un termine informale e colloquiale, con cui vogliamo indicare quei cosmetici che “hanno una marcia in più”.

Ma questi (dermo)cosmetici sono veramente sicuri?

ipoallergenico

 

Nella definizione di cosmetico è compreso il concetto di mantenere in buone condizioni la cute e i suoi annessi.

Essendo la pelle un organo vivo (e il più esteso di tutto il corpo con i suoi circa 2-3 metri quadrati di superficie!) significa che il cosmetico interagisce con i normali processi fisiologici della pelle come l’eliminazione delle “scorie”, l’evaporazione per ridurre la temperatura corporea, la sudorazione e l’assorbimento di acqua.

E’ quindi possibile che le sostanze contenute in un cosmetico vengano assorbite attraverso la pelle e che possano addirittura produrre degli effetti anche in altri organi.

Questo meccanismo si definisce tecnicamente assorbimento percutaneo.

Uno dei casi più evidenti di questo fenomeno è quello della caffeina.

Spesso questa sostanza è contenuta delle creme anticellulite, ma non tutti sanno che può oltrepassare la barriera della pelle ed entrare nel circolo sanguigno.

Proprio perché esiste questo fenomeno di assorbimento è necessario che questi prodotti siano sicuri, e quindi la produzione e la vendita devono essere regolamentate a norma di legge.

In Italia il compito di vigilare su questo aspetto è svolto dall’Istituto Superiore di Sanità, mentre all’interno della Comunità Europea se ne occupa il SCCP (Scientific Committe on Consumer Products).

Questi organismi studiano le circa 600 sostanze più comunemente usare in cosmetica e classificano i cosmetici in 3 categorie:

  • categoria I: la sostanza può essere impiegata come ingrediente nei cosmetici
  • categoria IIA: la sostanza non può essere impiegata come ingrediente finchè non vengono portate nuove prove che ne dimostrino la sicurezza
  • categoria IIB: la sostanza è vietata.

Una volta attribuita una categoria ad un ingrediente, questo viene inserito nell’Inventario Europeo degli ingredienti cosmetici e gli viene dato un nome secondo l’International Nomenclature of CosmetIc Ingredients (meglio conosciuto come INCI).

Questa nomenclatura INCI è uguale in tutta l’Europa e va obbligatoriamente inserita nel contenitore primario del prodotto cosmetico (provate a controllare nel flacone del vostro dentifricio o del vostro shampoo, sono quelle parole in latino o inglese che trovate dopo la dicitura ingredienti o ingredients).

Purtroppo questi nomi non sono molto facili da comprendere ma il dermatologo e il farmacista li conoscono bene e leggendo il precedente post di Myskin dedicato potrete trovare qualche informazione in più e familiarizzare con loro.

Per tutelare ulteriormente i consumatori, la legge prevede anche che per ogni singolo prodotto cosmetico in commercio in Europa ci sia un valutatore della sicurezza.

Il valutatore di sicurezza è una persona fisica, laureata in argomenti affini a questo (farmacia, chimica farmaceutica, chimica, medicina), che certifica personalmente la sicurezza del prodotto. Un po’ come una mamma che prima di dare la pappa al suo bambino controlla l’etichetta degli ingredienti, chiede al venditore informazioni sui prodotti più buoni e sani, poi cucina con cura e prima imboccare il bambino ne assaggia il gusto e sente la temperatura!

Il valutatore, per certificare un prodotto, si basa su un documento (il dossier) che raccoglie tutte le informazioni che gli servono sulla sicurezza ma anche sulla sua efficacia, e, una volta certificato, ne risponde personalmente davanti alla Legge.

I cosmetici prodotti e commercializzati in Europa devono quindi essere per loro natura sicuri, perché non devono causare danni alla salute umana se applicati in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili.

Conclusioni

Quindi per me che ho la dermatite vanno bene tutti i prodotti che trovo in farmacia perché sono prodotti in Europa secondo queste leggi?

Beh, non è proprio così al 100%!

O meglio, è vero al 100% se la pelle su cui vengono applicati non ha particolari patologie.

Rimane sempre compito del dermatologo quello di indicare e a volte prescrivere il prodotto giusto, personalizzando il più possibile i consigli, non solo in base alla malattia ma, e soprattutto, in base alla persona, alle sue inclinazioni, alle sue esigenze lavorative e familiari, alle sue preferenze.

La salute della pelle è un gioco di squadra, come vi ripeto continuamente.

In questo gioco siamo fortunatamente supportati dalla Comunità Europea, dall’Istituto Superiore di Sanità, dai chimici farmaceutici europei e dalle aziende farmaceutiche e cosmetiche europee che producono (dermo)cosmetici sicuri ed efficaci.

In squadra ci siete anche voi e ci siamo noi.

Noi, che vi consigliamo al meglio delle nostre capacità e conoscenze. Voi, che vi prendete cura di voi stessi seguendo le nostre indicazioni in maniera ragionata, non passiva, e che imparate a scegliere consapevolmente ogni volta che vi ritrovate davanti allo scaffale della farmacia.

 

Bibliografia

  • L. Celleno. Dermatologia Cosmetologica. Tecniche Nuove Ed. 2008
  • Legge 713/86
  • D. Lazovich et al. Melanoma Risk in Relation to Use of Sunscreen or Other Sun Protection Methods. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2011 Dec; 20(12): 2583–2593.

I virus della pelle dei bambini

«Non grattarti quella crosticina sul labbro!»
«Non camminare senza le ciabatte in piscina!»
«Non sederti sulla panchina dello spogliatoio senza aver messo il tuo asciugamano!»

Quante volte avete detto una di queste frasi ai vostri figli?

Eh si, perché i bambini spesso non sono attenti a dove si siedono o a cosa pestano; i bambini mal sopportano i piccoli fastidi come una bollicina o una puntura di insetto grattandosi fino a sanguinare; i bambini giocano, fanno “la lotta”, si toccano, si abbracciano, si scambiano i vestiti.

Ma quando li ammonite in quel modo, da chi o da che cosa volete proteggerli?

Infezioni virali della cute.

Attraverso queste piccole regole, ogni genitore cerca di evitare (l’inevitabile?) incontro tra il proprio bimbo e alcuni comunissimi virus come l’Herpes Simplex Virus (HSV), lo Human Papilloma Virus (HPV), il Pox Virus.

Come? Non avete idea di cosa siano questi virus? E se li chiamassimo con il nome della malattia (virosi cutanea) che provocano? Rispettivamente: l’Herpes labiale (HSV), le Verruche plantari e le Verruche piane (HPV) e il Mollusco Contagioso (Pox Virus).

Ecco, ora è tutto più chiaro!

I virus sono i più piccoli esseri viventi della Terra, ma non sono capaci di vivere da soli!

Per sopravvivere devono attaccarsi a qualche altro essere vivente (sono bioparassiti obbligati). Nel caso della cute, i virus si moltiplicano all’interno dell’epidermide in diverse zone del corpo. La via di trasmissione più comune è l’inoculazione diretta ossia nel contatto diretto e prolungato tra cute malata e cute sana, tra due diversi individui o lo stesso individuo in zone diverse

Herpes Virus

La famiglia degli Herpes Virus è causa di diverse malattie dell’uomo (herpes simplex labiale e genitale, la varicella e l’herpes Zoster o fuoco di S. Antonio, la Pitiriasi rosea e altri) perché si adattano molto facilmente a noi.

Restano infatti dentro il nostro corpo in uno stato dormiente chiamato latenza e poi si rifanno vivi a distanza di tempo (riattivazione).

Il virus Herpes Simplex HSV colpisce soprattutto il viso e la bocca (anche i genitali se trasmesso per via sessuale, caso raro per i bambini ndr).

Il primo incontro con l’HSV avviene da neonati e può essere del tutto asintomatico oppure causare una gengivostomatite. In questo ultimo caso, il neonato piange, produce moltissima saliva, non vuole mangiare o allattarsi e ha la febbre.

Poco dopo si formano tante piccole vescicole in tutta la bocca, le gengive si arrossano e si gonfiano, l’alito diventa maleodorante.

Ma non c’è da allarmarsi, dura circa una settimana, poi regredisce, senza lasciare cicatrici.

Se invece il vostro bambino è particolarmente debole, può essere necessario anche il ricorso ai farmaci.

Avvisate quindi subito il dermatologo, che vi aiuterà a gestire al meglio questo «periodo di passione» con i presidi più adeguati a seconda del caso.

Dopo questo «primo appuntamento», HSV entra in latenza dentro a strutture nervose chiamate gangli. Resta lì, finché non si riattiva, a formare quello che conosciamo tutti: la classica formazione, attorno alla bocca, di un grappolo di vescicole a contenuto liquido limpido. Dopo pochi giorni le vescicole cedono il posto alle crosticine, che poi guariscono, a volte lasciando una piccola cicatrice. In alcuni bambini le vescicole sono accompagnate da prurito o bruciore.

E’ utile in questi casi, iniziare subito la terapia locale, alla comparsa delle primissime vescicole, al fine di ridurre la durata e l’estensione della manifestazione.

Durante il periodo di riattivazione è possibile che un bambino infetti un altro accostando le proprie vescicole a qualsiasi parte del corpo dell’altro. Ma è anche possibile che, grattandosi le vescicole del labbro, si auto-infetti il dito causando il «patereccio erpetico».

HSV infatti, si trasmette per «inoculazione diretta».

Human Papilloma Virus HPV

I papilloma virus umani sono circa 100 e causano sia malattie della cute che delle mucose. Il virus HPV 1 è responsabile delle verruche plantari, l’HPV 2 delle verruche volgari, l’HPV 3 delle verruche piane.

Le verruche volgari affliggono circa il 70% dei bambini in età scolare, le verruche plantari il 25%.

Si diffondono per «inoculazione diretta» come l’HSV, ma anche per «contatto indiretto» soprattutto in ambienti come le piscine, dove la macerazione e i microtraumi facilitano l’ingresso del virus nell’epidermide.

Le verruche piane si localizzano soprattutto al viso e al dorso delle mani, causando a volte prurito.

verruche piane
verruche piane

E’ possibile che le verruche regrediscano senza terapia se il sistema immunitario del bambino è forte, ma spesso è necessario ricorrere a trattamenti medici sia domiciliari (creme o lozioni cheratolitiche) sia ambulatoriali (crioterapia o laser).

Questi ultimi non sono sempre ben tollerati perché leggermente dolorosi e da ripetere a cadenza mensile fino a guarigione, creando uno stress al piccolo paziente (…e ai genitori). Tuttavia vanno eseguiti con costanza e precisione per evitare la diffusione delle lesioni o le recidive.

Mollusco contagioso

Il Mollusco contagioso è una infezione causata da un Pox virus, che può comparire in  qualsiasi parte del corpo, genitali compresi.

Si presenta come papule biancastre di dimensioni variabili dalla punta di uno spillo a qualche millimetro, spesso numerose, che compaiono nell’arco dei mesi. All’interno delle papule c’è un materiale biancastro.

mollusco contagioso
mollusco contagioso

A volte regrediscono senza terapia, a volte il bambino le gratta asportandosele ma nella maggior parte dei casi vanno trattate in ambulatorio medico.

Sarà infatti cura del dermatologo eseguire un curettage o una crioterapia o una seduta laser, a seconda dell’età del bambino e dell’estensione della malattia, ed associare eventualmente una terapia domiciliare.

Il contagio avviene ancora una volta per «inoculazione diretta», dopo contatto con bambini che abbiano lesioni attive non curate. Anche i genitori possono essere infettati, ma è una evenienza piuttosto rara; molto frequente è invece il contagio ai fratelli e ai compagni di gioco.

E’ necessario insegnare al bambino a non grattarsi, eventualmente ricoprendo le papule con dei cerottini, e ad usare asciugamani personalizzati. Sarebbe meglio evitare gli sport di contatto e la piscina, fino alla scomparsa delle lesioni.

 

Bibliografia 

Pinninti SG et al. Neonatal herpes simplex virus infections. Pediatr Clin North Am. 2013 Apr;60(2):351-65. 

Chen X et al. Molluscum contagiosum virus infection. Lancet Infect Dis. 2013 Oct; 13(10):877-88. 

 

Acne al viso: i rimedi

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L’acne è una malattia infiammatoria del follicolo pilifero e della ghiandola sebacea, che si manifesta soprattutto al viso e al torace.

Ogni centimetro quadrato della nostra pelle contiene circa 15 ghiandole sebacee, che si trovano alla base di un pelo e producono il “sebo”.

Il sebo è utilissimo per la pelle: impedisce la perdita di acqua (ha quindi una azione idratante indiretta), regola il pH e riduce la presenza dei batteri. E’ formato da diverse sostanze: trigliceridi (35%), cere ed esteri sterolici (20%), acidi grassi (20%), colesterolo (10%), squalene (10%) e paraffina (5%).

I principali fattori che portano all’acne sono genetici, costituzionali e ormonali, ma esistono anche cause estrinseche (“esterne”) come le abitudini igieniche, l’alimentazione, la presenza di altre malattie e l’uso di farmaci (si, anche quelli antiacne!).

I meccanismi alla base della formazione dell’acne sono 4:

  • iperseborrea (cioè un aumento eccessivo della produzione del sebo)
  • ipercheratosi dell’infundibolo (ossia l’accumulo eccessivo di cellule cornee nella parte superiore del follicolo – l’infundibolo – che impedisce la normale fuoriuscita del sebo sulla superficie della pelle). Questa ostruzione è visibile anche ad occhio nudo come un piccolo rilievo bianco sulla superficie cutanea: il “punto bianco” (o comedone chiuso).
  • i batteri (in particolare il Propionebacterium acnes) presenti sulla pelle producono delle sostanze irritanti e favoriscono la comparsa dei comedoni.
  • infiammazione indotta dal batterio P. acnes e automantenuta da una serie di fattori chemiotattici all’interno dei comedoni.

Le lesioni visibili dell’acne sono i comedoni aperti (cosiddetti “punti neri”), i comedoni chiusi (o “punti bianchi”), le papule, le pustole (i “brufoli” veri e propri) e i noduli sottocutanei (che sono a volte molto dolorosi e danno la sensazione di “un brufolo che non si sfoga”).

L’acne è una malattia che nella maggior parte dei casi lascia delle cicatrici permanenti e che ci accompagna per mesi o addirittura anni, con periodi di remissione e altri di riacutizzazione.  Per questi motivi l’acne va curata con i farmaci adatti, sia in crema che per bocca, prescritti dal dermatologo esperto. Ma questo spesso non basta!

Nel trattamento dell’acne i protagonisti sono tanti e comprendono sia la persona che ne soffre (e a volte tutta la sua famiglia!) che tutta una squadra di specialisti medici, farmacisti e operatori dell’estetica.

Ecco quindi alcune strategie cosmetiche per migliorare l’aspetto della pelle, per mimetizzare i segni della malattie e per aumentare l’efficacia dei farmaci antiacne riducendone gli effetti collaterali.

I cosmetici in sinergia coi farmaci

acne_creme

I dermocosmetici sono fondamentali nella terapia antiacne. Noi dermatologi li prescriviamo sia come completamento all’effetto terapeutico del farmaco, sia per ridurne gli effetti collaterali, che per ripristinare il buono stato della pelle (quello “fisiologico”).

I dermocosmetici possomo avere diverse attività:

  • comedolitica: sono quelli che contengono acido salicilico e alfa idrossiacidi.
  • antibatterica: sono quelli che contengono degli antimicrobici ad ampio spettro in basse concentrazioni, come la clorexidina, il climbazolo, l’acido undecilenico, il ticlosan e altri.
  • antiseborroica: sono quelli che tendono ad adsorbire il sebo rendendolo meno fluido e quindi riducono l’aspetto “untuoso” della pelle. Contengono solitamente caolino, bentonite, zinco e titanio.
  • antiinfiammatoria: sono necessari per aiutare a limitare l’infiammazione sia dovuta all’acne, che legata ad alcuni farmaci che possono irritare la pelle. Contengono acido 18-beta glicirretico, Myrtacina, fural-glucitolo, coenzima Q10, polifenoli vegetali e acque termali con proprietà antiinfiammatorie.
  • con protezione solare: sono fondamentali soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, in quanto alcuni farmaci antiacne rendono la pelle molto più sensibile al sole e quindi più propensa alle scottature. Sono protezioni solari particolari, che filtrano solo per i raggi UVB (che inducono la formazione di microcomedoni) ma non per gli UVA che invece sono utili perché blandi antiinfiammatori.
  • Dermososmetici per ripristinare la “barriera cutanea”: sono indispensabili perché la prima funzione della pelle è proprio quella di barriera dall’esterno. Questi dermocosmetici contengono ceramidi, acidi grassi insaturi, fattori naturali di idratazione come l’acido pirrolidoncarbossilico.

La detersione

detersione viso

La pulizia del viso è parte integrante della terapia dell’acne, e vanno preferiti prodotti con attività antibatterica, acidificante, pulente (efficace ma non aggressiva), comedolitica (che “scioglie” i comedoni), idratante e contrastante l’eccessiva oleosità. Insomma, non basta un prodotto qualsiasi per ottenere tutti questi effetti!

Sono più indicati a questo scopo i prodotti delicati o latti detergenti leggeri e facilmente risciacquabili, gel o lozioni a base di acqua di rose, camomilla, aloe vera, amamelide (e non i saponi allo zolfo che si usavano anni fa!). Se si preferisce usare la “solita” acqua e sapone, sarebbe meglio usare i cosiddetti “saponi non saponi” (i syndet, in termini tecnici), che possono essere usati sia sul viso che sul resto del corpo (una bella comodità per quando si è di fretta e si vuole usare un unico prodotto sotto la doccia!).

In commercio esistono anche prodotti addizionati con disinfettanti come il climbazolo, la clorexidina, la poroctone-olamina, che possono essere utili soprattutto nel caso di acne pustolosa.

Dopo essersi lavati accuratamente il viso, si possono applicare tonici astringenti senza alcool e specifici per pelli sensibili.

Se l’acne è di grado lieve e non richiede ancora il trattamento con i farmaci, si possono usare detergenti esfolianti leggeri (scrub), per donare luminosità alla pelle spenta ed eliminare le cellule cornee superficiali che andrebbero ad ostruire l’infundibolo.

Vanno invece evitati se si utilizza anche un trattamento medico/farmacologico specifico: irriterebbero troppo la pelle e renderebbero impossibile o poco confortevole l’applicazione successiva del farmaco. In generale vanno usati con moderazione, cioè non più di 3-4 volte alla settimana

Usare sostanze aggressive, sgrassanti, delipidizzanti non è consigliato, perchè potrebbe addirittura peggiorare la situazione: la pelle, infatti, si sentirebbe troppo aggredita e stressata e, per difendersi,  aumenterebbe la produzione di sebo. Allo stesso modo, non vanno assolutamente usate creme a base di cortisone.

La detersione del viso va effettuata sempre mattino e sera. Al mattino con un prodotto delicato, alla sera ( o non appena si rientra a casa e non c’è più la “necessità” di rimanere truccate) dopo aver rimosso l’eventuale trucco.

Il make up

acne makeup

Negli ultimi anni c’è stato un aumento dei casi di acne tardiva; ossia una tipologia di acne che compare in età adulta, soprattutto nelle donne. Solitamente è meno grave di quella tipica dell’adolescenza, ma ha comunque un fortissimo impatto emotivo. Oltre alle problematiche di tipo ormonale, che giocano il ruolo predominante tra le cause di questo tipo di acne, spesso anche l’uso di cosmetici sbagliati sta alla base del problema.

Circa il 40% delle donne adulte con acne non presta abbastanza attenzioni al tipo di prodotti dei bellezza che utilizza! Fondotinta troppo occludenti, applicati in maniera eccessiva, detersione non accurata, dimenticanze nel rimuovere il trucco prima di dormire, utilizzo di tonici o lozioni alcooliche ed eccessivamente esfolianti, possono causare la cosiddetta “acne cosmetica”, non solo sul viso e sul collo, ma anche sul cuoio capelluto e, potenzialmente, in qualsiasi altra parte del corpo.

Quando il trucco viene usato per nascondere le lesioni da acne (sia le pustole/papule ma anche le cicatrici) si definisce tecnicamente camouflage. E’ di estremo aiuto sia per mantenere una normale vita di relazione, ma anche per proteggere dagli agenti esterni la pelle stressata dai trattamenti farmacologici.

Per scegliere il giusto prodotto basta porre qualche attenzione in più al momento dell’acquisto  e seguire queste poche regole

  • cercare prodotti “non comedogenici” “oil free”
  • evitare prodotti a base alcoolica (vogliamo ridurre il sebo, ma non i normali grassi della pelle!)
  • scegliere prodotti a pH tra i 5.3 e 5.5

E ricordate mai (e poi mai, mai, mai, mai!!!) andare a dormire senza essersi struccati! Tutti i cosmetici devono essere accuratamente rimossi prima di andare a dormire, pechè, se rimangono sulla pelle, possono accumularsi nei pori e causare ulteriori brufoli, nonchè aumentare la probabilità di allergie cutanee. Il viso va lavato delicatamente senza sfregare, asciugato poi con un panno morbido e asciutto senza frizionare.

Esistono inoltre dei correttori specifici per il rossore delle lesioni infiammate (solitamente sono verdi o corallo), a cui va seguita l’applicazione di un coprente vero e proprio. Ricercate prodotti formulati appositamente per l’acne, e non correttori generici. Quelli specifici, infatti, sono formulati da esperti e devono aver superato specifiche prove di comedogenicità per poter garantire che siano innocui se impiegati su pelle acneica.

Prestate particolare attenzione ai prodotti in polvere! A volte si ricorre a terre e polveri anidre nel tentative di ridurre l’aspetto oleoso della pelle e per assorbire l’eccesso di sebo. Cercate di evitare quelle contenenti isopropil miristato, lanolina, isoparaffine e oli minerali perchè possono indurre la formazione di comedoni.

Ultimo, ma non per importanza, vorrei ricordarvi la pulizia dei pennelli, delle spugne e di tutti gli applicatori per trucco. E’ buona norma in generale spruzzare un detergente alcoolico dopo ogni utilizzo quotidiano, per ridurre la probabilità di contaminazione batterica, ma, soprattutto in caso di una patologia in cui i batteri la fanno da padrone come l’acne, è FONDAMENTALE anche il lavaggio di tutti gli applicatori almeno 1 volta alla settimana con un detergente delicato, antibatterico e sotto l’acqua corrente!

Per i ragazzi invece consiglio di porre estrema attenzione ai rasai da barba. Preferite quelli a lama monouso, oppure spruzzate un disinfettante alcoolico su quelli che si utilizzano per 2-3 rasature. Se invece usate il rasoio elettrico, preferite quei modelli che hanno un sistema di pulizia con detergenti alcoolici integrato con la ricarica elettrica.

Conclusioni

Insomma, la battaglia contro l’acne non va combattuta da soli! Voi siete a capo di una squadra di cui facciamo parte tutti, dermatologo, farmacista, operatore estetico, ognuno con la propria professionalità e con le proprie competenze, ma in sinergia completa, per potervi supportare, e a volte anche “sopportare”, perché no?

Fateci sapere nei commenti se avete delle curiosità oppure condividete le vostre esperienze, positive o negative che siano, senza timori. Siamo una squadra no? Solo conoscendo le vostre esigenze e le vostre storie potremo aiutarvi al meglio!

 

ah….. dimenticavo…. ve l’ho scritto di non andare mai a letto truccate?

Un pieno di vitamina D

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Ormai lo sappiamo tutti, la vitamina D è assolutamente necessaria al nostro organismo per mantenere le ossa forti.

Senza la vitamina D, il corpo non è in grado di usare il calcio e il fosforo, che sono minerali essenziali per le ossa. Inoltre la vitamina D è importante per migliorare alcune malattie della pelle come la psoriasi. Recentemente alcuni studi scientifici ne stanno verificando l’efficacia in casi di tumori (prostata, mammella e colon); nel controllo della pressione arteriosa e nel buon funzionamento del sistema immunitario.

Insomma, sta vitamina D è proprio un toccasana!

L’esposizione a specifiche radiazioni solari (raggi UVB tra u 290 e 315 nm) induce la produzione della vitamina D. Purtroppo però la luce solare naturale è caratterizzata dalla presenza di queste specifiche radiazioni solo per un numero limitato di ore, che varia in base alla stagione e all’area geografica.

Per questo motivo in Italia la produzione di vitamina D nei mesi invernali è trascurabile.

Alcune persone (ahimè anche medici) pensano che l’esposizione ai raggi ultravioletti naturali (sole) o artificiali (lampade abbronzanti) siano la principale fonte di produzione di vitamina D. Questo però va a scapito di una aumentata probabilità di sviluppare tumori della pelle come il Carcinoma squamocellulare e il melanoma (che può essere anche mortale purtroppo!).

Alcune persone credono che la crema con filtro solare impedisca la produzione di vitamina D, quando invece, vedremo più avanti, non è sempre vero. E’ purtroppo dimostrato invece che l’esposizione al sole aumenta il rischio di tumore della pelle! (nessuno studio scientifico ha mai dimostrato il contrario).

La scelta è quindi obbligata? O manteniamo le ossa forti ma rischiamo il tumore della pelle, o manteniamo una pelle sana ma ossa sgretolate?

Come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Il sole non è l’unico mezzo attraverso il quale il nostro corpo assimila la vitamina D.

Molti alimenti infatti ne contengono in abbondanza, quindi una dieta bilanciata ci può essere molto di aiuto (senza essere costretti a scappare alle Baleari durante i mesi invernali!)

Ecco 8 buoni motivi per ripensare al nostro modo di esporci al sole e valorizzare la nostra dieta.

  1. il tumore della pelle non viene solo agli altri: in Italia ci sono più di 7000 casi di melanoma ogni anno, soprattutto nei giovanissimi, tra il 15 e i 34 anni!
  2. i raggi ultravioletti UV causano invecchiamento precoce: rughe, macchie, lentigo, invecchiano la pelle e sono dovute anche all’esposizione esagerata al sole. Volete sembrare più vecchi? Non sia mai!
  3. e agli occhi? Ci avete pensato?: l’esposizione non opportunamente schermata con occhiali anti UV aumenta il rischi di cataratta. (quindi oltre che sembrare più vecchi, saremmo anche più “cecati”)
  4. mangiare cibi con la vitamina D non fa invecchiare! E non predispone ai tumori della pelle!….. Bere latte addizionato di vitamina D (ne esistono anche di origine vegetale se siete vegani o intolleranti al lattosio), mangiare yogurt, pesce (soprattutto salmone, sgombro, tonno), o assumere degli integratori alimentari, non fa venire le rughe, le macchie e la cataratta!
  5. la vitamina D assunta col cibo ha gli stessi benefici di quella prodotta con l’esposizione al sole (e senza causare tumori cutanei, rughe, macchie e invecchiamento precoce)
  6. la vitamina D è fortemente “liposolubile”, cioè si “scioglie” in un ambiente ricco di grassi. Quindi una maggiore massa grassa “diluisce” la vitamina D, ed è per questo motivo che le persone obese sono più a rischio di carenza di vitamina D. Un consulto con un esperto in nutrizione potrebbe quindi prendere “due piccioni con una fava”: una dieta ipocalorica ricca di vitamina D riduce il sovrappeso e migliora le ossa.
  7. il numero dei tumori della pelle è in aumento ogni anno, raddoppiato negli ultimi 10 anni!…. circa 3150 nuovi casi all’anno tra gli uomini e 2850 nuovi casi tra le donne (che a quanto pare si proteggono di più, anche grazie ai cosmetici che contengono filtri solari!). Vale veramente la pena avere un tumore perché non ci si è messi una crema solare adatta? Meditate maschi, meditate!
  8. di melanoma si può morire: se non diagnosticato precocemente il melanoma può metastatizzare in pochissimo tempo e può portare anche alla morte. La ricerca sta facendo passi da gigante nel miglioramento delle cure ma ad oggi queste aumentano la sopravvivenza solo di pochi anni. Se, invece, il melanoma viene asportato in fase iniziale (superficiale) si può guaririe al 100%! Certo però, sarebbe meglio ridurre le probabilità di comparsa al minimo!

Quanta vitamina D serve per vivere sani

Ora che vi ho sicuramente convionti sulla necessità di assumere vitamina D con la dieta, la domanda nasce spontanea: quanta vitamina D ci serve per essere sani?

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In assenza di patologie come l’osteoporosi, la dose ideale (secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Salute) è di 600 UI (Unità Internazionali) fino a 70 anni e 800 UI sopra i 70 anni.

Nell’adulto giovane è stato calcolato che una esposizione estiva su entrambe le superfici del corpo per soli 20 minuti produce ben 10000-20000 UI: quindi non è certo necessario stare giornate intere al sole per produrre ciò che ci serve!

Per i mesi invernali, invece, si può optare per i cibi con alto tenore di vitamina D come:

  • olio di fegato di merluzzo
  • salmone e altri pesci “grassi” come sgombro, halibut, sardine, tonno, anguilla, trota.
  • tofu
  • uova
  • yogurt di soia
  • alcuni cereali per la colazione (es. Kellogs special K)
  • funghi che crescono al sole (es. Gallinacci o Finferli)

​Un pieno di vitamina D per tutti!

Il fotodanno cronico e il campo di cancerizzazione

Nel precedente post ho affrontato l’argomento relativo al fododanno acuto, ovvero sulle cause e manifestazioni cutanee tipiche della classica scottatura solare, e prima ancora quello sulle interazioni tra il sole e la cute e poi uno dedicato interamente alla Cheratosi Attinica e al campo di cancerizzazione.

Oggi, torno nuovamente su quest’ultimo argomento con l’intento di snocciolare il mio personale punto di vista sul fotodanno cronico e le sue conseguenze cutanee.

Non mi risulta che in letteratura medica sia stato già pubblicato nulla del genere e la mia ipotesi si basa semplicemente sull’osservazione clinica e nel tempo dei pazienti visitati.

Da clinico, da dermatologo che osserva e documenta le manifestazioni cutanee prima, durante e dopo un trattamento ma anche a distanza di tempo per controllarne il decorso ho notato alcune condizioni cliniche, che potrebbero essere se confermate, molto importanti per definire la carta di rischio di un paziente al momento della visita dal dermatologo.

Definirò tra poco cosa intendo per carta di rischio.

Oggi quando parliamo di fotodanno cronico l’attenzione del dermatologo è incentrata solo sulla singola lesione, nel caso specifico la Cheratosi Attinica, e di conseguenza sul suo trattamento ignorando il contesto cutaneo dove la lesione si è manifestata.

E’ come se uno indicasse la Luna e l’altro si limitasse ad osservare l’indice che segnala in che direzione osservare.

Sappiamo già come dermatologi, mi auguro che ne siamo anche consapevoli, che la Cheratosi Attinica è solo un epifenomeno del campo di cancerizzazione cutaneo e che per ogni lesione clinicamente visibile e apprezzabile ce ne sono almeno altre 10 subcliniche non osservabili ad occhio nudo.

Se clinicamente ad oggi non abbiamo elementi per osservare le lesioni subcliniche del campo di cancerizzazione è possibile immaginare un punto di vista alternativo che ci permetta di confermarne la presenza in un paziente e soprattutto di prevedere quale potrebbe essere l’evoluzione della sua storia clinica nel tempo?

A mio avviso, la risposta è si!

Questa mia personale convinzione nasce dal fatto che le manifestazioni del fotodanno cronico non sono uguali per tutti e che forse è giunto il momento di iniziare a parlare di fotodanni cronici i quali condividono solo una medesima condizione il danno d’organo alla cute.

E’ proprio questo il punto: il danno d’organo!

Il danno d’organo

Il nostro punto di partenza deve essere sempre la pelle del paziente per aver ben chiaro in quale contesto si manifesta il fotodanno cronico e quali sono di conseguenza le tipiche manifestazioni cutanee nonché prevedere quale potrebbe essere il decorso nel tempo della patologia, fattore di rischio per l’insorgenza dei tumori cutanei non melanoma. 

Così facendo si potrebbe immaginare una carta del rischio della persona, individuale per ogni soggetto per lo sviluppo di tali tumori.

La carta del rischio del paziente con fotodanno cronico

Da un punto di vista pratico, capita di visitare pazienti di età diversa con una propria storia personale e professionale, fototipo e fenotipo differente.

Siamo sicuri che la Cheratosi Attinica è l’unica lesione osservabile del fotodanno cronico?

Non credo!

La Cheratosi Attinica è solo una delle possibili manifestazioni.

A mio avviso esistono tre categorie di pazienti con fotodanno cronico:

  1. pazienti con un basso rischio di sviluppo di tumori cutanei non melanoma
  2. pazienti con rischio considerevole di sviluppare d’emblée e magari contestualmente Basaliomi e Spinaliomi
  3. pazienti a rischio di sviluppare essenzialmente Spinaliomi d’emblée.

Attualmente non sono in grado di riportare valori percentuali dei precedenti rischi citati e ricordo che quanto riportato nel post è solo un’ipotesi clinica.

Da un punto di vista grafico si potrebbe immaginare un ventaglio dove all’estrema sinistra si collocherebbero i primi pazienti descritti, al centro i secondi e all’estrema destra gli ultimi.

fotodanno cronico

In questo ipotetico ventaglio, il rischio di sviluppare tumori cutanei non melanoma aumenta via via che da sinistra ci si sposta verso il centro e poi a destra.

Se questa ipotesi fosse confermata, si potrebbe sempre immaginare di associare ad ognuna delle categorie citate algoritmi terapeutici dedicati.

Oggi, invece, ci si limita a terapie finalizzate alla rimozione della Cheratosi Attinica o al trattamento del campo di cancerizzazione, sia con trattamenti fisici o chimici, rischiando di cadere nella trappola della futile discussione di quale sia l’approccio migliore.

E cose se discutessimo se per l’Acne funziona di più l’isotretinoina, l’antibiotico o il laser. Dipende!

A tutto ciò va aggiunto che ogni dermatologo tende ad usare solo alcune delle metodiche e delle terapie disponibili facendo affidamento solo su quelle con le quali ha una maggiore dimestichezza.

Personalmente sono fermamente convinto che tutte le attuali possibilità terapeutiche sono valide e che andrebbero strutturate in algoritmi terapeutici, specifici per ogni categoria di rischio.

Così facendo il dermatologo potrebbe avere delle linee guida da consultare per il corretto trattamento dei pazienti con fotodanno cronico.

Ovviamente sarebbe necessario prima di tutto una conferma dell’ipotesi descritta e poi studi per la messa appunto di tali algoritmi per la definizione di linee guida universali.

Quali sono le manifestazioni cliniche delle diverse categorie di rischio del paziente con fotodanno cronico

Prestando attenzione a non correre il rischio di ragionare per compartimenti stagni perché in medicina le sfumature sono la regola, di seguito i dettagli sulle diverse manifestazioni cliniche delle tre differenti categorie di rischio descritte.

Per poter includere sia gli uomini e le donne ho considerato  le mie osservazioni sulle manifestazioni del fotodanno cronico localizzate al viso sebbene i primi, spesso a causa dell’alopecia androgenetica responsabile dell’esposizione cronica del cuoio capelluto, presentano a livello del capo delle manifestazioni aggiuntive.

Prima di tutto, sottolineo che: tutti i pazienti con fotodanno cronico condividono cinque condizioni:

  1. età adulta, superiore ai 50/60 anni
  2. esposizione cronica al sole
  3. comparsa di manifestazioni ex novo, non presenti alla nascita per intenderci
  4. manifestazioni localizzate elettivamente nelle aree fotoesposte
  5. danno d’organo

Al contrario le manifestazioni del fotodanno cronico possono essere diverse da soggetto a soggetto.

Sono consapevole che quest’ultima affermazione potrebbe sembrare provocatoria ma è proprio in funzione del tipo di fotodanno cronico che varia la clinica.

Non spetta a me il compito, sempre se l’ipotesi fosse confermata, di spiegare le ragioni e i meccanismi biologici responsabili di tutto ciò ma da clinico ho come l’impressione che in questi diversi gruppi di soggetti varia l’entità (la quantità) e la profondità (il livello cutaneo) del fotodanno.

Categoria 1: basso rischio per lo sviluppo di tumori cutanei non melanoma

Si tratta di soggetti che clinicamente presentano essenzialmente lentigo solari e cheratosi seborroiche localizzate, ovviamente, nelle sedi fotoesposte.

La presenza di tali manifestazioni è responsabile di una pigmentazione non uniforme dell’area interessata e le varie lesioni si presentano di forma circolare, ovalare, ben definite piane o leggermente rilevate sul piano cutaneo.

Tutte hanno una colorazione brunastra e diverse sono le tonalità possibili.

Un altro aspetto saliente riguarda la cute apparentemente sana che si presenta aflegmasica, ovvero non infiammata e la tessitura cutanea più o meno solcata da fini rughe come se la pelle fosse sgualcita.

In questi soggetti sono pressoché assenti le Cheratosi Attiniche.

cheratosi seborroica

cheratosi seborroica

cheratosi seborroica lentigo solare

cheratosi seborroica lentigo solare

cheratosi seborroica lentigo solare

Categoria 2: rischio considerevole di sviluppare anche contestualmente Basaliomi e Spinaliomi

La pelle di questi pazienti appare tesa, liscia e le rughe presenti sono fisiologiche, dovute all’età, o d’espressione.

E come se la pelle fosse sottesa da un edema e infiammazione sottocutanea cronica. Sono infatti soggetti che ad occhio nudo presentano un eritrosi, un arrossamento persistente e in alcuni casi anche la presenza di teleangectasie alle guance e al naso come da neoangiogenesi.

L’entità di tale arrossamento varia da tonalità molto sfumate quasi rosa al rosso intenso. L’arrossamento può essere localizzato oppure diffuso e confluente.

Sono soggetti che presentano Cheratosi Attiniche il cui numero sembrerebbe essere inversamente proporzionale all’entità del rossore clinicamente osservabile.

L’entità del rossore e la sua estensione aumenterebbero il rischio di sviluppare Basaliomi o Spinaliomi, che in alcuni casi si possono manifestare anche contestualmente. Mentre se presente un rossore meno intenso, localizzato e non confluente che magari interessa più aree fotoesposte il quadro clinico è caratterizzato elettivamente dalla presenza di Cheratosi Attiniche, che come noto possono evolvere verso la forma invasiva dello Spinalioma così come rimanere stazionare nel tempo o regredite.

Quanto appena descritto non deve destare sorpresa perché come dermatologi sappiamo già che una Cheratosi Attinica iniziale osservata in dermatoscopia è caratterizzata dalla presenza di un pattern a fragola rosso, ovvero un arrossamento diffuso interrotto dalla presenza di aree circolari bianco-giallastre e che quando presenti segni di neovascolarizzazione e/o un pattern vascolare atipico sono i segnali dell’evoluzione della lesione verso la forma invasiva dello Spinalioma. Se dall’osservazione dermoscopica della singola lesione allargassimo l’osservazione sul contesto in cui la manifestazione è presente riusciremmo a cogliere segni clinici descritti altrettanto significativi.

cheratosi attinica

cheratosi attinica

arrossamento diffuso e confluente

arrossamento diffuso e confluente

Categoria 3: rischio di sviluppare essenzialmente Spinaliomi d’emblée

Si tratta di soggetti che compatibilmente con l’età anagrafica hanno una pelle rosa, chiara. Mancano tutte le manifestazioni descritte nelle due categorie precedenti così come manca quell’aspetto di pelle sgualcita e rugosa, anzi hanno una pelle che presenta un turgore, molto probabilmente a causa di un sottocute ben rappresentato. Ciò che emerge dall’osservazione clinica è la presenza di diverse angectasie di calibro apparentemente uniforme che possono essere sia fini sia più grossolane. Si localizzano alla guancia al limite con la palpebra inferiore, al naso o anche e solo alle guance. Hanno un decorso tortuoso e possono decorrere sia parallelamente tra loro oppure distribuirsi a raggera.

Sono soggetti che improvvisamente possono sviluppare Spinaliomi o Cheratoacantomi d’emblée.

teleangectasie

teleangectasie

teleangectasie

teleangectasie

I soggetti appartenenti ad una data categoria descritta non evolverebbero da una ad un’altra perché verosimilmente dovute soprattutto agli individuali e intrinseci meccanismi biochimici che neutralizzano e riparano il danno cellulare indotto dall’esposizione cronica al sole.

Al contrario è presente una gravità diversa per ogni categoria di rischio legata ovviamente dall’età dei soggetti al momento della prima visita dal dermatologo e allo stile di vita individuale. Solo in questo caso un soggetto che ad esempio presenta minime e iniziali manifestazioni della seconda categoria di rischio può peggiorare fino alla comparsa di segni clinici più marcati e diffusi.

Quindi tornando al concetto del ventaglio è possibile immaginarne uno sviluppo in orizzontale per rappresentare le diverse categorie di rischio e per ogni categoria uno in verticale per descrivere le manifestazioni dalle precoci a quelle più gravi e marcate.

fotodanno cronico

Possibili algoritmi terapeutici

A questo punto identificate le 3 possibili categorie di rischio e definita per ognuno di essa l’entità del fotodanno cronico del paziente, l’ideale sarebbe disporre di algoritmi terapeutici specifici da adottare.

Cosa fare in un paziente appartenente alla categoria 1

Per la rimozione delle cheratosi seborroiche e delle lentigo solari si potrebbe eseguire il laser o la crioterapia e monitorare nel tempo il paziente.

Cosa fare in un paziente appartenente alla categoria 2

In questo caso l’approccio dovrebbe tener conto dell’entità dell’arrossamento cutaneo e quindi delle Cheratosi Attiniche presenti.

Ad esempio se l’arrossamento è modesto e localizzato e fossero presenti pochissime Cheratosi Attiniche si potrebbe immaginare di utilizzare metodiche, anche combinandole insieme, per la rimozione delle Cheratosi Attiniche associate sempre al trattamento campo di cancerizzazione.

Per quest’ultimo, considerati i farmaci attualmente disponibili, si potrebbe immaginare di utilizzarli da soli oppure in sequenza, magari prevedendo dei cicli nel tempo, alternando in base alla clinica quelli che è necessario applicare solo per pochi giorni ad altri che invece devono essere applicati per diverse settimane.

Se invece il paziente presenta solo con un arrossamento importante e diffuso si potrebbe ipotizzare di iniziare immediatamente con il trattamento del campo di cancerizzazione prediligendo preferibilmente terapie da seguire per pochi giorni e poi subito dopo a seguire altre da far proseguire al paziente nel tempo. Anche in questo caso si potrebbero valutare il beneficio ad eseguire dei cicli periodici alternando i trattamenti tra loro. Fondamentale il follow up del paziente per monitorare il decorso.

Infine, se presenti Basaliomi o Spianliomi provvedere all’asportazione chirurgica oppure per i primi valutare la fattibilità di possibili trattamenti fisici se dermoscopicamente presentano pattern suggestivi di lesioni superficiali.

Cosa fare in paziente appartenente alla categoria 3

In questi casi il tutto si limiterebbe alla rimozione della lesione tumorale sospettata.

Conclusioni

Spesso quando pensiamo ai tumori della pelle l’attenzione generale si concentra solo sul Melanoma rischiando di trascurare invece tutti gli altri, in primis Cheratosi Attinica, Spinalioma e Basalioma. Inoltre, ancora oggi è alto il rischio di confondere le manifetazioni cliniche della Cheratosi Attinica come normale e fisiologica pelle secca localizzata alle aree fotoesposte dell’adulto o dell’anziano.

Da dermatologi dobbiamo prestare sempre massima attenzione nell’individuare le lesioni cutanee a rischio ma anche dei soggetti maggiormente a rischio per quanto riguarda lo sviluppo dei tumori così come è una nostra responsabilità sensibilizzare e informare i pazienti sull’argomento.

La rilevanza di tali patologie è tale che nel caso del fotodanno cronico ho deciso di condividere la mia ipotesi sulle categorie di rischio con l’idea che possa essere veritiera la carta del rischio per una migliore e puntuale gestione di tali pazienti.

Scottature solari: le cause

Anche quest’anno sono stati tanti i pazienti che, non avendo preso le dovute precauzioni, si sono scottati al sole pur sapendo, mi auguro, che la scottatura è un importante fattore di rischio per l’insorgenza del Melanoma ma anche di altri tumori non Melanoma, quali ad esempio Spinalioma e Basalioma, e prima ancora del fotodanno cutaneo.

Ancora in tanti sono convinti che per abbronzarsi più velocemente sia necessario prima scottarsi.

Niente di più sbagliato!

Scottature solari: le cause

Quando ci esponiamo al sole, la pelle per proteggersi dai danni dei raggi ultravioletti mette in atto due meccanismi:

  • l’abbronzatura
  • l’ispessimento cutaneo

Nel primo caso aumenta la concentrazione di melanina, sintetizzata in gran quantità dai melanociti cutanei, distribuita e depositata poi tra le cellule dell’epidermide – lo strato più superficiale della nostra cute – in modo tale che interferisca con la penetrazione cutanea dei raggi solari.

Nel secondo caso, invece, s’ispessisce. In pratica la pelle aumenta il numero dei diversi strati cutanei.

Entrambi i meccanismi sono finalizzati ad ostacolare fisicamente la penetrazione dei raggi solari. In poche parole la pelle si attiva per frapporre ai raggi del sole due differenti scudi:

  • la melanina responsabile appunto dell’abbronzatura
  • il maggiore spessore cutaneo

La nostra pelle però si avvale anche di reazioni biochimiche che avvengono al suo interno, in profondità nel derma, per neutralizzare i radicali liberi e riparare i danni al DNA cellulare indotti entrambi dai raggi solari che oltrepassano la superficie cutanea.

Attenzione che i concetti appena descritti non devono far passare il messaggio che in assoluto l’esposizione al sole è pericolosa. Poiché l’argomento è focalizzato sui danni che si manifestano quando ci esponiamo in maniera errata per colpa del nostro stile o abitudine di vita va da se che non saranno affrontati quelli che invece sono i benefici del sole, argomento che sarà sviluppato in un post dedicato.

Tornando all’abbronzatura è la conseguenza di un meccanismo di difesa della pelle che molti sfruttano per fini estetici per avere un colore più scuro rispetto al normale oppure perché soffrono di Tanoressia, una condizione caratterizzata dall’esposizione compulsiva al sole.

Durante l’esposizione solare, soprattutto i primi giorni all’inizio ma anche nei successivi, per vari motivi è facile scottarsi.

La scottatura è la diretta e prima conseguenza del superamento dell’equilibrio tra i meccanismi di riparazione e compensazione appena descritti e messi in atto dalla pelle e l’esposizione al sole.

In sintesi la scottatura è il risultato del danno acuto dell’incongrua esposizione al sole.

Immaginando per ognuno di noi, in base al proprio colore naturale della pelle, dei capelli e degli occhi e della propria sensibilità all’esposizione al sole, un livello di compensazione in grado di  neutralizzare e bloccare la penetrazione dei raggi solari, più basso per i soggetti con pelle chiara e più alto per quelli con la pelle tendenzialmente olivastra/scura, la scottatura solare si manifesta quando questo limite viene oltrepassato e l’arrossamento cutaneo è il primo segno visibile della scottatura.

In Dermatologia viene usato il concetto di dose minima eritematogena (MED) per descrivere oggettivamente il limite citato, variabile da soggetto a soggetto, e si riferisce alla quantità di radiazione ultravioletta in grado di indurre un arrossamento della pelle.

Quando ciò si verifica è il segnale che la pelle non è stata più in grado di compensare la radiazione solare.

Come si manifesta la scottattura solare

Le manifestazioni tipiche della scottatura sono l’eritema, l’arrossamento della zona fotoesposta, e le vescicole.

Se la scottatura è di primo grado, tutta la zona cutanea interessata si presenta arrossata. L’entità del rossore è variabile, più o meno intenso, e a volte particolarmente dolente.

Esercitando una leggera pressione con le dita sulla zona interessata è possibile notare uno sbiancamento circolare/ovalare che persiste per pochi secondi e dovuto alla vasocostrizione momentanea dei piccoli vasi sanguigni dilatati dalla scottatura.

Le aree del corpo maggiormente interessate sono il dorso, le spalle, il naso, le orecchie, gli zigomi e il dorso dei piedi.

Nei casi più gravi oltre al rossore sono presenti delle vescicole isolate o raggruppate tra loro che possono confluire insieme a formare delle bolle con diametro che può superare i 2 cm. Sia le vescicole sia le bolle sono caratterizzate da contenuto sieroso limpido, trasparente e di colore giallastro.

Scottatura solare - bolle e vescicole
foto: Scottatura solare – bolle e vescicole

A causa della pressione interna del liquido descritto il tetto delle vescicole e delle bolle si rompe sia spontaneamente sia in seguito a sfregamento sia in corso di trattamento.

Una volta che il tetto delle vescicole e delle bolle si è rotto è possibile osservare la pelle esulcerata, rosa ed essudante con ai bordi dei piccoli lembi biancastri e sottili simili a lenzuola al vento. Dopo alcuni giorni la pelle esulcerata guarisce e i vari lembi si staccano.

Scottatura solare - desquamazione
foto: Scottatura solare – desquamazione

La nuova pelle può residuare con macchie scure, brunastre che prendono il nome di Lentigo Solare oppure più chiare, biancastre. In quest’ultimo caso tali macchie  possono essere una temporanea e reversibile depigmentazione, oppure una Vitiligine indotta e scatenata proprio dall’esposizione al sole – condizione tipica che compare nei soggetti predisposti alla malattia autoimmune – o raramente esiti cicatriziali veri e propri che persisteranno per il resto della vita.

Scottatura solare - vitiligine
foto: Scottatura solare – vitiligine

Perchè ci si scotta al sole?

I motivi della scottatura sono molteplici:

  1. esposizione al sole durante le ore centrali della giornata dalle 11.00 alle 16.00
  2. esposizione al sole intensa e per un breve periodo
  3. mancata o errata applicazione del filtro solare
  4. applicazione di sostanze stimolanti l’abbronzatura
  5. assunzione di farmaci fotosensibilizzanti

Scottatura da esposizione al sole durante le ore centrali della giornata

D’estate dalle 11.00 alle 16.00 il sole è a picco e considerata la sua normale vicinanza stagionale con la Terra la sua irradianza è molto alta e proprio per questo è più facile scottarsi.

Non esponete mai al sole i bambini durante questa fascia oraria. L’invito vale anche per gli adulti.

Scottatura da esposizione intensa e per breve periodo al sole

E’ il tipico caso di chi lavora tutto l’anno in ufficio e poi va in vacanza per pochi giorni al mare o in montagna. Succede sia d’estate ma anche d’inverno quando si va ai tropici.

In questi casi manca un’esposizione graduale e progressiva al sole: la pelle si scotta più facilmente.

Scottatura da mancata o errata applicazione del filtro solare

Nel caso del filtro solare le situazioni possibili sono molteplici:

  • Mancata applicazione del filtro solare. E’ la situazione più semplice e facilmente intuibile in una giornata di sole. Però cosa fareste al mare durante una giornata nuvolosa? Applichereste oppure no il filtro solare? Quando il cielo è coperto le nuvole filtrano i raggi infrarossi e non percepiamo il calore, quella tipica sensazione che normalmente ci porta ad esclamare: “che caldo, oggi…” In questi casi però le nuvole non filtrando gli ultravioletti interagiscono con la nostra pelle e se non siamo protetti è facile scottarsi.
  • Applicazione dell filtro solare, magari anche correttamente, ma il fattore di protezione è molto basso per il tipo di pelle della persona. E’ il caso di un soggetto con pelle chiara che applica un solare con fattore di protezione SPF 15. Il fattore di protezione del solare deve essere sempre alto o molto alto e correlato al proprio fototipo.
  • Non corretta applicazione del filtro solare. In questo caso invece il fattore di protezione è corretto ma il prodotto è applicato in quantità inferiore a 2 mg/cmq. Solo quando la quantità di filtro solare applicata è adeguata la pelle è protetta dal sole. E’ inoltre necessario ripetere l’applicazione ogni due ore per mantenere costante nel tempo la capacità fotoprotettiva che altrimenti tende a scemare. Infine c’è un dato importante, spesso trascurato e non noto, e che riguarda l’uniformità di distribuzione del filtro solare sulla pelle che deve essere applicato  e distribuito allo stesso modo su tutta la superficie corporea. Vi siete mai chiesti perché il dermatologo consiglia sempre di applicare il solare 30 minuti prima di esporsi al sole?  Mezz’ora dopo che la crema solare è stata applicata sulla pelle asciutta grazie alla traspirazione, il filtro solare tende a distribuirsi in maniera omogenea. Non applicate mai il solare sulla pelle bagnata o sudata: si crea un emulsione con il prodotto che interferisce con la sua efficacia.

Scottatura da applicazione di sostanze stimolanti l’abbronzatura

Oltre ai prodotti presenti in commercio sono tante le misture preparate a casa, a base di limone, olio, birra, ecc… per stimolare l’abbronzatura. Capita di vedere persone in spiaggia intente a spalmarsi intrugli che spesso finiscono per scottare. Sconsiglio vivamente l’uso di tali rimedi.

Scottatura da farmaci fotosensibilizzanti

Sono diversi i farmaci che applicati sulla pelle oppure assunti quotidianamente dalla persona possono favorire la comparsa di scottatura.

Tra i farmaci topici applicati sulla pelle ricordo tutti i prodotti a base di Ketoprofene, argomento già affrontato in un post dedicato, molto spesso ancora oggi usato dopo distorsioni e/o contusioni sulle zone fotoesposte che nei casi gravi può indurre la formazione di una dermatite bollosa.

Quando ciò si verifica, è frequente vengano applicate, fai da te, creme contenenti anti-istaminici, anch’essi fotosensibilizzanti, che invece di migliorare peggiorano la precedente reazione e che andrebbero evitati.

In sinetsi, prestare sempre grande attenzione alle creme contenenti principi attivi anti-infiammatori appartenenti ai FANS oppure agli anti-istaminici.

E’ sufficiente controllare sul foglietto illustrativo la famiglia di appartenenza dell’attivo contenuto nella crema.

Consultate sempre il dermatologo per un trattamento idoneo!

Più complessa è invece la situazione di quanti assumono farmaci quotidianamente ed ignorano essere fotosensibilizzanti e che attraverso una reazione foto-allergica o foto-tossica possono favorire l’insorgenza di scottature solari o di altre reazioni cutanee che in generale rientrano nel capito delle fotodermatiti.

 

Differenza tra reazione fototossica e fotoallergica
 Reazione FOTOTOSSICAReazione FOTOALLERGICA
Frequenzamanifestazione più comunemanifestazione meno comune
Quantità di farmaco da applicare perché si verifichi la reazioneabbondantepoca
Dose dipendenzaNo
Necessità di una precedente esposizioneNo
Meccanismo d’azioneReazione non allergologica dovuta all’interazione della luce del sole con alcuni attivi del farmaco e conseguente produzione di sostanze tossiche per le membrane e il DNA cellulareReazione allergologica cellulo-mediata (di tipo IV) dovuta all’attivazione da parte della luce di sostanze chimiche contenute nei farmaci
Tempo di esposizione Da pochi minuti a ore24-72 ore
Sede della reazioneSolo sulla zona fotoesposta dove è stato  applicato il farmacoInizialmente nella sede fotoespota in cui è stato applicato il farmaco per poi estenders anche in quelle non fotoesposte
Manifestazione clinicaScottatura intensaDermatite da contatto vescico-bollosa

 

Elenco dei farmaci fotosensibilizzanti
Tipo di farmacoFarmacoreazione Fototossicareazione Fotoallergica
Contraccettivi oralies. Etilenestradiolo+Gestodene, Etilenestradiolo+DesogestrelNo
Farmaci cardiovascolariDiltiazemNo
 AmiodaroneNo
DiureticiFurosemideNo
 IdroclorotiazideNo
FANSKetoprofene
 NaproxeneNo
 CelecoxibNo
 SaicilatiNo
NeuroletticiImipraminaNo
 FenotiazineNo
AntibioticiTetraciclineNo
 Chinolonici
 SulfonamideNo
AntifunginiVoriconazoloNo
 Ketoconazolo
 Itraconazolo
 Griseofulvina
Ipoglicemizzanti Sulfoniluree (Glipizide) orali 
RetinoidiIsotretinoinaNo
Farmaci citotossiciFluorouracile, VinblastinaNdNd
 Dacarbazina, ProcarbazinaNdNd
 MetotrexatoNdNd

Se consultando la tabella hai notato che uno dei tuoi farmaci è citato, parlane con il tuo medico, specie se hai intenzione di esporti al sole, per valutare se è fattibile la sua sostituzione con un altro non fotosensibilizzante oppure quali precauzioni adottare per evitare problemi di scottature di di altre reazioni cutanee sempre indotte dall’esposizione al sole.

Conclusione – Take home message

La nostra pelle è un organo al pari e importante come gli altri. Non commettiamo l’errore di pensare che sia un semplice ed inerte rivestimento.

Investiamo nella prevenzione e nel caso specifico evitiamo le scottature solari. Adottiamo un corretto stile di vita perché la salute di ognuno, se non lo sai, passa anche e soprattutto dalla nostra pelle.

Bibliografia

  • Feller, L., R. A. G. Khammissa, B. Kramer, M. Altini, and J. Lemmer. “Basal Cell Carcinoma, Squamous Cell Carcinoma and Melanoma of the Head and Face.” Head & Face Medicine Head Face Med 12.1 (2016). Print.
  • Hasegawa, Tatsuya, Masaya Nakashima, and Yoshiharu Suzuki. “Nuclear DNA Damage-triggered NLRP3 Inflammasome Activation Promotes UVB-induced Inflammatory Responses in Human Keratinocytes.” Biochemical and Biophysical Research Communications 477.3 (2016): 329-35. Print.
  • Biba, Erin. “Protection: The Sunscreen Pill.” Nature 515.7527 (2014). Print.

Bolle dopo l’azoto liquido per le verruche. Cosa fare?

Avevi una verruca o più verruche e il tuo dermatologo ha usato l’azoto liquido e ora hai le bolle nelle zone trattate e ti stai chiedendo se devono essere rotte oppure no?

Da dermatologo, ti spiego cosa fare.

L’azoto liquido ha una temperatura pari a -196°C e quando viene applicato sulle verruche, di solito con uno stantuffo, le congela.

Il congelamento dura alcuni minuti e dipende da come il dermatologo ha usato l’azoto e ciò è legato molto alla sua esperienza, nel valutare l’entità delle verruche, e pratica, nell’utilizzare la metodica.

Più esattamente il dermatologo quando usa l’azoto liquido mira a indurre, raggiungere e mantenere per un dato tempo, di solito diversi secondi, proprio il congelamento della zona che ad occhio nudo si manifesta con la comparsa di un’area di colore biancastro, dura al tatto e dolente.

Il dolore persiste nella stragrande maggioranza dei casi per diversi minuti (15-60 minuti) – dipende dal numero delle verruche trattate e dalla sede.

Terminata l’applicazione con azoto liquido, il paziente inizia a sentire pulsare proprio in corrispondenza della zona trattata. Questa sensazione è dovuta al ripristino progressivo della temperatura della pelle che dopo essere stata congelata torna lentamente a quella corporea.

In seguito a questo shock termico, la pelle al di sotto della superficie cutanea va incontro ad una vera e propria lacerazione. Più esattamente, ad una certa profondità si rompono alcune strutture di ancoraggio e come è facile immaginare si stacca letteralmente dalle strutture sottostanti formando in questo modo il tetto della bolla con all’interno un contenuto liquido giallastro, se costituito da siero, oppure rossastro, se emorragico conseguente alla rottura di alcuni vasi sanguigni.

verruche

La bolla, a volte dolente, quando è localizzata a livello plantare può limitare la deambulazione mentre a livello palmare la funzione prensile. Compare già qualche ora dopo l’applicazione dell’azoto e lentamente aumenta di dimensioni che possono variare da pochi centimetri fino a qualche decimetro.

E’ corretto oppure no rompere la bolla?

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Esistono due scuole di pensiero, ugualmente valide. Presta attenzione a ciò che è scritto di seguito

Rompere la bolla della verruca trattata con azoto liquido

Prendi un ago sterile, una garza sterile, un antisettico e un paio di guanti in lattice monouso, quelli che normalmente utilizza anche il medico per visitare un paziente.

Per ago sterile non intendo l’ago per cucire passato sull fiamma del fornello della cucina!

Dopo aver indossato i guanti, inumidisci la garza con l’antisettico e poi delicatamente passala su tutta la superficie della bolla tutt’intorno alla base. Poi prendi un ago sterile e una nuova garza.

Usa l’ago per forare la bolla, attraversandola per intero, fino a far uscire la punta dalla parte opposta. Ti assicuro che non è doloroso. Se la bolla è particolarmente grande ripeti questa operazione due o tre volte, accedendo da punti differenti.

Poi, poggia la garza sterile all’apice della bolla ed esercita lentamente e delicatamente una pressione verso la base per favorire la fuoriuscita del liquido interno.

Evita di rompere il tetto della bolla o di rimuoverlo del tutto perché esporresti la ferita sottostante al rischio di infezione, magari virale che potrebbe favorire una recidiva della verruca appena trattata.

Successivamente continua sempre con le medicazioni, tenendo chiusa la ferita con una medicazione traspirante, fino a guarigione prestando sempre la massima attenzione ad evitare di sporcarla proprio per evitare il rischio appena descritto di possibili infezioni.

Con il passare dei giorni il tetto della bolla si raggrinzerà e la ferita sottostante guarirà. Di solito sono necessari 20-40 giorni, dipende dall’entità della ferita iniziale.

Non rompere la bolla della verruca trattata con azoto liquido

Lasciare la bolla intatta ha il vantaggio di ridurre drasticamente il rischio di possibili infezioni.

Attenzione però a non bagnarla perché l’acqua potrebbe macerarla e quindi romperla. Medica tutti i giorni la ferita. Anche in questo caso consiglio una medicazione traspirante.

Con il passare dei giorni il liquido all’interno della bolla si riassorbirà lentamente e il tetto si raggrinzerà fino ad adagiarsi sulla cute.

A volte il tetto può diventare duro, adeso alla pelle. In questi casi evita di rimuoverlo perché la ferita sottostante non è ancora del tutto guarita. Normalmente dopo 15-20 giorni noterai che inizierà spontaneamente a staccarsi, a partite dalla periferia, grazie alla spinta della pelle sottostante che si sta rinnovando.

Anche in questo caso i tempi di guarigione sono di 20 -40 giorni sempre in funzione della ferita iniziale.

Conclusioni

Evita sempre il fai da te improvvisando medicazioni che potrebbero compromettere il trattamento medico o peggio ancora favorire infezioni!

Evita sempre il fai da te per la diagnosi e il trattamento con i gas criogeni – che non hanno nulla a che vedere con l’azoto liquido!

Sempre più spesso ci sono pazienti che con tali prodotti da banco hanno congelato manifestazioni cutanee erroneamente ritenute verruche e che invece erano ad esempio nevi dermici.

Consulta sempre il dermatologo per la conferma diagnostica e per valutare quale potrebbe essere il trattamento medico ideale per risolvere il tuo problema di verriche perché l’azoto è solo uno dei tanti.


Risorse utili

Come medicare una ferita cutanea con un cerotto traspirante

I nei non si toccano. Cosa devi sapere

Ogni tanto, ancora oggi, quando consiglio l’asportazione di un neo mi capita che qualche paziente adulto risponda:

Dottore, ma i nei non si toccano, non vanno e non devono essere asportati!

All’inizio pensavo che questa affermazione, celasse la paura di sottoporsi all’intervento chirurgico e quindi di volta in volta spiegavo le ragioni importanti dell’intervento di prevenzione per rimuovere la neoformazione.

Ad un certo punto però, dopo l’ennesimo paziente che poneva sempre la stessa domanda ho cercato di capire e approfondirne le ragioni che non erano così semplici e scontate come immaginavo.

Mi scusi, perché i nei non andrebbero asportati?

Quando ero giovane, mi ricordo che ad un vicino di casa ne asportarono uno e dopo un po’ di tempo è vento a mancare.

Fermo restando che una persona non può venire a mancare per l’asportazione di un semplice neoperché è una neoformazione benigna è indubbio che in realtà si trattava di un melanoma impropriamente chiamato neo.

Quindi la paura era la conseguenza di un’esperienza negativa diretta o indiretta legata alla morte di una persona che aveva eseguito un’asportazione cutanea di una neoformazione, erroneamente chiamata neo ma che in realtà era un melanoma.

Questa considerazione sarebbe già sufficiente a giustificare la paura di molti pazienti ma c’era dell’altro.

La paura dell’asportazione, doveva essere contestualizzata e per farlo dobbiamo fare un salto indietro negli anni 70. A quei tempi, il dermatologo per controllare i nei e quindi sospettare e/o diagnosticare un melanoma si avvaleva dell’osservazione ad occhio nudo oppure utilizzava una semplice lente di ingrandimento. E poi quanti erano i dermatologi? E soprattutto quanti lo consultavano per uno screening dei nei? Il medico di famiglia era il riferimento, il primo da consultare e a cui rivolgersi per ogni problema di salute. Spesso era un tuttofare soprattutto nei centri rurali che difficilmente potevano avvalersi della competenza dello specialista.

Ancora oggi alcuni anziani mi raccontano di viaggi a cavallo o solo per pochi fortunati in auto per raggiungere il capoluogo di provincia a 60 Km di distanza dove c’era il dermatologo, consultato solo per i casi ritenuti gravi quale una dermatite del figlio/a diffusa su tutto il corpo oppure un neo che ad certo punto iniziava a sanguinare o era causa di prurito oppure si presentava ulcerato.

Il sanguinamento, il prurito e l’ulcerazione di un neo erano in realtà i criteri certi della diagnosi del melanoma negli anni 70, una diagnosi tardiva e l’asportazione chirurgica era assolutamente ininfluente sull’aspettativa di vita della persona. Si trattava cioè di melanomi che anche se non fossero stati asportati non sarebbe cambiato assolutamente nulla.

Immaginate quindi una persona con un melanoma in stadio avanzato che sanguina, è causa di prurito ed è ulcerato che comunque appare in buono stato di salute e che quotidianamente continua a svolgere le sue mansioni che poi viene sottoposto ad un intervento chirurgico e successivamente a distanza di tempo, dopo alcune settimane oppure pochi mesi, viene “improvvisamente” a mancare.

Per gli amici, i conoscenti, i parenti ma anche per i familiari era venuto a mancare perché aveva asportato un neo, cosa vuoi che ne sapessero del melanoma e della differenza appunto tra un neo e un melanoma?

Inoltre in quegli anni, l’attenzione e la sensibilità individuale alla problematica del melanoma e all’autocontrollo dei nei era scarsa se non completamente assente e ogni macchia scura sulla pelle era un neo.

Ecco quindi che la paura dell’asportazione, un volta contestualizzata e compresa, fa emergere uno spaccato sociale che ci racconta in realtà in maniera inequivocabile l’enorme importanza del dermatologo che in pochi anni ha contribuito ad educare e sensibilizzare per quanto riguarda il controllo e autocontrollo dei nei per la diagnosi precoce del melanoma, sull’importanza di esporsi correttamente al sole, evitando le scottature solari soprattutto quelle durante l’infanzia.

Se a tutto questo aggiungiamo l’innovazione tecnologica che, soprattutto grazie alla dermatoscopia, ha consentito di riscrivere completamente il paragrafo della diagnosi del melanoma diventata sempre più precoce e tempestiva intuite benissimo che l’unica paura, oggi, che una persona dovrebbe avere, è quella di non consultare il dermatologo per lo screening e il controllo dei propri nei.

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