La salute della pelle a cura di
Dermatologia Myskin

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Cura dell’acne, cicatrici, alimentazione: dieci punti per guardare in faccia l’acne

L’acne è determinata dalla scarsa igiene del viso? Quali i cosmetici maggiormente indicati in un soggetto acneico? Come eliminare le cicatrici? Il dentifricio funziona veramente? E’ tutta colpa dello stress? Se mangio la Nutella mi viene l’acne? Facile la diagnosi della malattia ma molti dubbi possono sorgere sulla sua gestione. Di seguito dieci punti per guardare in faccia l’acne.

1. Sede

Le aree del corpo elettivamente interessate dall’acne sono: volto (99%), dorso (60%), tronco (15%). A volte si localizzano anche all’interno del padiglione auricolare e sul collo (Clin Endocrinol Metab 1994;8:405-31).

In tutte le aree citate sono presenti le ghiandole sebacee, sede della malattia e deputate alla produzione del sebo, una miscela di trigliceridi (55-57%), esteri cerosi (20-25%), squalene (12-15%), acidi grassi liberi (10%), steroli liberi ed esterificati (1-2%), drenato sulla superficie cutanea, attraverso il dotto escretore ghiandolare, dove fisiologicamente è presente in concentrazione pari a circa 100-500 picogrammi/cm2.

L’acne è sempre associata ad una iperseborrea (aumento della produzione di sebo) ma non è altrettanto vero il contrario, ovvero un soggetto che produce molto sebo non necessariamente presenta lesioni acneiche.

2. Ereditarietà

L’acne grave, caratterizzata dalla presenza di noduli e cisti, rappresenta circa il 3% delle forme acneiche e generalmente si tratta di soggetti che hanno familiarità positiva per la malattia, dove i genitori e/o i fratelli hanno sofferto della stessa condizione. Evidenze sull’importanza della predisposizione genetica sono ulteriormente documentate con il riscontro dell’acne nei gemelli omozigoti. Determinati geni sarebbero solo la condizione necessaria ma non sufficiente a determinare la malattia.

3. Alimentazione

Cioccolata, fritti, salame… accusati di reato di acne sono sempre rinviati a giudizio per mancanza di prove certe. Alcune popolazioni delle civiltà rurali dell’Africa ignorano l’esistenza dell’acne e hanno il piacere di conoscerla solo se cambiano definitivamente stile di vita e alimentare, spostando la loro esistenza nei Paesi occidentali e industrializzati.

A tutt’oggi non è possibile puntare l’indice contro un determinato alimento rispetto ad un altro, sembra quasi la scena del delitto perfetto: un reato e nessun colpevole ma tanti indagati. In realtà, sembrerebbe rilevante il regime alimentare di un soggetto, ovvero una dieta che tende a favorire l’aumento costante dell’insulina nel sangue sarebbe complice di un’aumentata sintesi di ormoni androgeni, alcuni dei colpevoli finali del delitto.


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4. Stress

Matthieu Ricard, un monaco tibetano, è considerato l’uomo più felice al mondo e la sua pelle non presenta i segni di un’acne giovanile e non so per certo se l’abbia avuta da adolescente. Ad ogni modo la sua pelle comunica un senso di serenità e di pace, perché non è un rivestimento inerte del nostro corpo ma un organo relazionale, intrecciato con il sistema neuro-immuno-endocrinologico.

Lo stress, denominatore comune della nostra vita quotidiana, non è la causa delle malattie ma può concorrere a favorirne l’insorgenza o il peggioramento clinico. E’ ipotizzabile che se si conducesse una sperimentazione su un gruppo di persone, scelte a caso, per sottoporle allo stesso tipo di stress quantitativo e qualitativo, non tutte svilupperebbero la stessa malattia – in questo caso l’acne – ma piuttosto la condizione patologica verso la quale un individuo è maggiormente predisposto per motivi genetici, stile di vita, presenza di altre malattie…

5. Sole

«Per quest’anno non cambiare stessa spiaggia stesso mare» è la ricetta estiva di molti adolescenti che hanno sperimentato i benefici curativi del sole sulla propria pelle tempestata di brufoli.

Un miglioramento clinico decisivo, dovuta alla nota azione anti-infiammatoria della luce solare su diverse patologie dermatologiche, acne compresa.

Il beneficio è e rimane solo transitorio perché l’acne si ripresenta immancabilmente in autunno, sembra quasi che sia rimasta ad aspettare l’adolescente sul banco di scuola, lo stesso dove pochi mesi prima ha salutato i compagni prima delle vacanze estive.

Se da un lato l’esposizione al sole attenua e migliora la clinica del soggetto acneico, dall’altra parte favorisce l’ipercheratosi, l’ispessimento cutaneo, che può favorire la recidiva della malattia perché “ostruisce” i pori della pelle, interferendo con il drenaggio del sebo, prodotto dalle ghiandole sebacee.

6. Ciclo mestruale

Le manifestazioni dell’acne classicamente peggiorano prima dell’inizio del mestruo e il riscontro di un ovaio policistico, sia nell’adolescente sia nella donna adulta, induce la comparsa di lesioni acneiche, generalmente infiammate ed essenzialmente di tipo papuloso.

Terminata la fase adolescenziale, se persiste un problema di acne, una storia di irregolarità mestruale o la presenza di segni clinici, quali ad esempio un aumento della peluria la volto, di diradamento dei capelli, di sensazione «untuosa» del cuoio capelluto ritengo sia indicato eseguire accertamenti bioumorali (esame del sangue) per valutare il dosaggio e l’asseto ormonale e richiedere il consulto del collega ginecologo per il corretto inquadramento diagnostico della disfunzione ormonale.

7. Cosmetici e trucco

L’aspetto cosmetologico in un soggetto acneico è importante per nascondere le lesioni ma anche per ridurre la comparsa di fenomeni irritativi della cute, spesso resa sensibile e disidratata dai trattamenti topici e/o sistemici.

Il trucco non è controindicato ma attenzione a scegliere i cosmetici attenendosi ad alcune regole:

  • prodotti in polvere – da prediligere perché non contengono sostanze come gli oli che favoriscono la formazione di comedoni.
  • creme a base acquosa o con dicitura sulla confezione oil free oppure non comedogenico e quindi non peggiorativi della malattia
  • l’acquisto del cosmetico deve essere mirato e non influenzato dall’emozione delle parole che lo reclamizza. Nel 2002 l’Autorità garante per la concorrenza ha sanzionato la pubblicità di Normaderm Vichy perché diceva di «agire al cuore del problema», quando in realtà nessun cosmetico può vantare un’efficacia terapeutica.
  • non applicare i trucchi sulle lesioni acneiche escoriate per evitare sovra-infezioni batteriche

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8. Automedicazione e Igiene della pelle

Lo zaino Invicta e il dentifricio hanno accompagnato l’adolescenza di molti, che hanno riposto nel primo le cose più care per portale sempre con sé e nel secondo la speranza di seccare i brufoli del volto.

Rimedio casalingo, facile da reperire, semplice da usare, profumato alla menta, alla propoli, applicato sulla pelle con la speranza di cancellare entro sera, prima della festa dei diciotto anni della compagna più bella della classe, la presenza dei brufoli.

Il mito del dentifricio va sfatato perché non ci sono evidenze di efficacia, anzi sono segnalati casi di comparsa di manifestazioni acneiche dopo applicazione cutanea di dentifricio al fluoro (Arch Dermatol 1976 Jul;112(2):1033-4).

Per l’igiene del viso è utile usare detergenti delicati e non aggressivi per evitare fenomeni irritativi della pelle del viso. E’ sconsigliato schiacciare le papule e le pustole perché favoriscono la formazione di lesioni escoriate che possono infettarsi o dare origine a cicatrici.

9. Cura

Evitare il fai da te e chiedere il consulto dello specialista. Attualmente la cura dell’acne ha come obiettivo uno o più dei suoi meccanismi patogenetici: iperseborrea, colonizzazione batterica da Propionibacterium Acnes, l’infiammazione, la stimolazione ormonale. In base alla gravità della malattia può essere indicata una terapia topica, sistemica oppure combinata. Diversi i principi attivi efficaci per il controllo della malattia.

I trattamenti di «pulizia del viso» eseguito dall’estetista possono essere un rimedio ma solo nei casi di acne lieve e di tipo comedonico e/o in associazione ai trattamenti dermatologici, necessari per tutte le altre forme della malattia (acne moderata e grave).

Tutte le terapie dell’acne sia topiche sia sistemiche prevedono un periodo di trattamento di alcune settimane, anche dodici. E’ compito dello specialista illustrare le indicazioni e le controindicazioni della terapia per monitorare il decorso della malattia.

Sistemi laser e luce pulsata rappresentano una novità per il trattamento di alcune forme di acne e per alcuni soggetti. Di solito sono terapie di seconda scelta, indicate nei casi in cui un soggetto non tollera le terapie tradizionali, oppure ha avuto effetti collaterali, oppure presenta un acne resistente ai farmaci convenzionali.

10. Cicatrici

Esiti permanenti, generalmente si presentano depresse di dimensioni variabili o puntiformi, sono la conseguenza di un trattamento non idoneo e/o non adeguato per la forma clinica dell’acne oppure perché la terapia è stata iniziata tardivamente.

Il loro aspetto può essere migliorato sensibilmente con trattamenti medici mirati che prevedono l’utilizzo di peeling o sistemi laser specifici o luce pulsata. A volte i vari sistemi possono essere combinati per sfruttare meglio la sinergia d’azione delle differenti metodiche.

Cosa fare e non fare in caso di acne?

La semplice e possibile autodiagnosi di acne non giustifica l’improvvisazione ad usare trattamenti o rimedi che potrebbero inevitabilmente complicare il decorso della malattia o favorire la formazione di cicatrici.

Le manifestazioni dell’acne non devono essere sottovalutate e interpretate come uno sfogo adolescenziale che sicuramente si risolverà da solo.

L’acne richiede un consulto specialistico dermatologico che ritengo possa essere rilevante per diversi motivi:

  • Spiegare al soggetto quale cambiamento e il perché si sta presentando sulla sua pelle e nel caso degli adulti identificare gli elementi responsabili e scatenanti il problema per evitare inutili trattamenti sintomatici non risolutivi.
  • Far presente che il problema è di natura cronica e potrà recidivare durante tutto il periodo adolescenziale.
  • La terapia topica o sistemica durante i primi 15-20 giorni di trattamento può determinare un flare-up, ovvero un peggioramento della malattia, che non deve essere interpretato come fallimento terapeutico. I risultati clinici è possibile osservarli solo dopo 20-30 giorni di trattamento.
  • Stabilire insieme al paziente un programma di controlli periodici per monitorare il decorso dell’acne e gli eventuali effetti collaterali dovuti al trattamento.

La prevenzione: teoria e pratica

Cosa si intende per prevenzione? Come è possibile attuarla? E’ possibile prevenire le malattie sottoponendosi in maniera indiscriminata a tutti gli esami diagnostici: Rx torace, TC total body, risonanza magnetica, screening digitale dei nevi (mappatura), PET, esami del sangue? E’ necessario sviluppare una sfumatura comportamentale di tipo ipocondriaco, fingere il malessere, per essere continuamente e costantemente sottoposti a visite mediche al fine di rafforzare il proprio senso di salute?

La prevenzione è cruciale per la diagnosi precoce di molte malattie e in particolare in dermatologia per i tumori cutanei. La poltrona del medico facilita una visione più chiara della patogenesi delle malattie, delle strategie per evitarle, sospettarle o diagnosticarle, ma qual è la visione e la prospettiva dalla poltroncina del paziente nei confronti della prevenzione?

Come è possibile che ancora oggi alcuni tappi di cerume della società siano la causa della sordità individuale nei confronti della prevenzione?

La prevenzione richiede sicuramente la conoscenza del problema, ad esempio del melanoma, ma questa è solo condizione necessaria e non sufficiente perché un individuo sottoponga all’attenzione del dermatologo la macchia presente sulla pelle. Un paziente informato, che conosce perfettamente la regola ABCDE per identificare tra tutti i nevi quello «sospetto», potrebbe avere difficoltà ad applicarla per l’autocontrollo della cute.

Un «sapientino» teorico della prevenzione conosce la risposta esatta ad ogni domanda ma questo non necessariamente implica che lo stesso soggetto sia in grado di mettere in pratica le sue nozioni. Se manca l’anello di congiunzione tra la prevenzione teorica e quella pratica ogni sforzo di sensibilizzazione, tutte le giornate dedicate allo skin cancer day, rischiano di diventare solo un momento dedicato alle visite gratuite di massa.

La prevenzione pratica

La prevenzione pratica presuppone l’educazione di una persona e precede quella teorica perché richiede un atteggiamento individuale orientato all’attenzione e alla vigilanza. Solo in questo modo è possibile «vedere», «ascoltare», «toccare» quelle sbavature della nostra vita, della nostra pelle che prima, ieri, non c’erano. Deboli tintinnii iniziali, che si perdono nel frastuono della nostra vita quotidiana, che solo l’orecchio e la vista attenti riescono a percepire.

Segnali nuovi, diversi, ai quali non è necessario dare un nome e un cognome: bisogna però vigilare con attenzione per saperli cogliere e segnalare al medico. Segnali leggeri come nuvole, dapprima passeggere, che possono incupirsi improvvisamente e scatenare una bufera anche se poco prima c’era il sereno: la bufera della diagnosi tardiva.

Oggi siamo sempre di corsa, sempre in affanno per colpa del comune stile di vita dell’ultimo minuto, dell’apnea individuale, lavorativa e relazionale, sempre stremati e bombardati da input e informazioni, che tornano alla mente solo quando viene formulata una diagnosi tardiva con espressioni del tipo: «non immaginavo che…»

La ricerca ha approfondito le conoscenze in campo medico e la nuove tecnologie hanno ampliato gli orizzonti della diagnosi precoce ma questi progressi rischiano di rimanere oasi nel deserto se non attuiamo la vigilanza e affiniamo l’attenzione per cogliere i segnali e i sintomi da indagare.

Dobbiamo comprendere l’importanza dell’attenzione per poter attuare la prevenzione.

Raptiva: la Caporetto dei farmaci biologici per la psoriasi?

19 febbraio 2009: L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) sospende l’autorizzazione alla commercializzazione di Raptiva (efalizumab), un farmaco biologico, utilizzato per il trattamento della psoriasi.

Il Comitato per i Prodotti Medicinali per Uso Umano (CHMP) sottolinea che allo stato attuale delle conoscenze i benefici modesti sul miglioramento della malattia non giustificano i rischi: la morte per leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML).

Raptiva per il trattamento della psoriasi

Dapprima, nell’ottobre 2003 la Food and Drug Administration (FDA) e poi l’anno successivo (settembre 2004) l’EMEA hanno autorizzato la commercializzazione di Raptiva (efalizumab) per il trattamento della psoriasi artropatica e della psoriasi moderata e severa con esclusivo interessamento cutaneo nei pazienti di età superiore ai 18 anni. La sperimentazione era stata condotta su 2764 pazienti, 2400 erano stati trattati per 3 mesi, 904 per 6 mesi e solo 218 per periodo uguale o superiore all’anno.

Gli studi preliminari dimostravano la modulazione selettiva del principio attivo efalizumab sulla funzione dei linfociti T, cellule attive nella patogenesi della malattia. I lavori scientifici riportavano il termine iporisposta dei linfociti T ad indicare una momentanea attenuazione della loro funzione, in pratica determina una vera e propria immunosoppressione. Il farmaco blocca la funzionalità di tali cellule. Un paziente quindi si sarebbe ritrovato con la pelle liscia ma con i linfciti T spompati, incapaci di difendere l’individuo dall’attacco di possibili infezioni.

I miglioramenti clinici della psoriasi hanno socchiuso la porta anche al trattamento di altre patologie in cui i Linfociti T partecipano attivamente inducendo, mantenendo o peggiorando la malattia: lichen planus erosivo del cavo orale, eczema atopico ed alopecia areata.

Dall’ottobre del 2003, si ipotizza che i pazienti sottoposti a trattamento con Raptiva sono stati 47.000/anno di cui 15.000/anno solo in Europa. Il farmaco è stato utilizzato anche in Italia e il resoconto 2008 del progetto Psocare riporta le percentuali di prescrizione di efalizumab suddivisi per regione. I numeri sono giustificati dall’entusiasmo degli operatori sanitari che finalmente potevano disporre di un nuovo trattamento per la psoriasi e dalla richiesta ad eseguire la terapia da parte di quei pazienti che si riconoscevano nello slogan «I am happier than ever my skin», presente in homepage sul sito ufficiale del farmaco.

Molte malattie dermatologiche, psoriasi compresa, sono croniche e richiedono trattamenti terapeutici per lungo periodo e sebbene non ci fossero evidenze sperimentali sulla sicurezza, Raptiva è stato somministrato ad alcuni pazienti continuativamente per più di tre anni. Già nel 2005 ci furono le prime segnalazioni sugli effetti collaterali dovuti alla somministrazione del farmaco ma solo quando in alcuni dei soggetti trattati l’iporeattività dei linfociti T è diventata una vera è propria immunodeficienza, ovvero una compromissione delle funzioni del Sistema Immunitario, si sono verificati i rischi più gravi.

3 persone sono decedute per aver sviluppato una rara malattia virale, dovuta al virus JC, presente nell’organismo dell’80% degli adulti sani dove normalmente dorme sotto il vigile controllo del Sistema Immunitario competente. Una malattia per la quale non esiste alcuna terapia, nota con il nome di leucoencefalopatia mulifocale progressiva (PML), responsabile di un irreversibile declino delle funzioni neurologiche. I casi di PML sembra che in tutto siano stati 4, dei quali 3 confermati e 1 sospetto. Di questi, sono deceduti due dei tre casi accertati e quello sospetto prima ancora che fossero eseguite le indagini diagnostiche di conferma.

Altri 3 casi di PML erano stati già segnalati nei soggetti affetti da sclerosi multipla e trattati dai neurologi con natalizumab (Tysabri), un farmaco funzionalmente similare anche se non identico ad efalizumab (Raptiva).

L’elenco delle malattie dovute alla somministrazione di Raptiva include anche: sindrome di Guillain Barré, la sindrome di Mille Fischer (una variante della patologia precedente), l’encefalite, la meningite, la setticemia e le infezioni opportuniste (le infezioni che frequentemente si manifestano negli immunodepressi).

«Cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro? Ci curiamo o ci uccidiamo con i farmaci killer?» E’ questa la paura dei pazienti che animano le discussioni dei forum, dei social network e dei blog.

Quanto è successo ci deve insegnare e sottolineare alcuni concetti fondamentali:

  • il progresso e la ricerca sono elementi indiscutibili per poter comprendere i fini meccanismi molecolari, l’orchestra stonata responsabile di una malattia ma la terapia target, che selettivamente blocca o inattiva un solo e determinato meccanismo non necessariamente rappresenta la panacea.
  • la ricerca focalizzata alla scoperta dell’infinitamente piccolo e la terapia che ne deriva non possono perdere e trascurare la visione d’insieme della malattia e dell’ammalato.
  • il paziente deve essere informato se il farmaco che sta assumendo è soggetto a monitoraggio intensivo, ovvero anche se autorizzato bisogna monitorarne gli eventuali effetti collaterali. Periodicamente l’EMEA aggiorna la lista dei farmaci da sottoporre a monitoraggio e Raptiva era incluso in questa lista. Gli eventi avversi devono essere riportati su una specifica scheda, compilata dal medico oppure dal paziente, e inviata al responsabile di farmacovigilanza di zona.

La nobile missione del medico, in questo caso del dermatologo, è la gestione della salute, un percorso che parte dalla ricerca, si affianca alla prevenzione, si coniuga con la cura della malattia e se necessario si completa con l’assistenza domiciliareIl percorso della salute è possibile realizzarlo solo se alla base di tutto è presente l’etica, il sole di mezzogiorno che dipana tutte le ombre che si allungano sulla salute perché ritenuta il business del presente e del futuro.

I farmaci contraffatti e le pillole in rete

Sempre più frequentemente le cronache segnalano contraffazioni alimentari: pesce congelato scaduto e risurgelato con una nuova etichetta di scadenza, uova marce nelle mense dei bambini, polli che del pollo hanno ormai solo il nome, lo scandalo del latte alla melamina o inquinato per la presenza dell’IXT.

Non ci meravigliamo più di nulla e forse pensiamo di aver definitivamente perso il filo di Arianna dell’alimentazione sana e genuina, mentre, invano, cerchiamo la via di uscita tra le corsie dei supermarket, stracolme di alimenti appetitosi solo per gli occhi – perché una confezione deve prima appagare la vista – come se bastassero le emozioni suscitate per assimilarne i carboidrati, i lipidi e le proteine del contenuto, necessarie per il fabbisogno giornaliero.

Molti rimpiangono il pane di ieri, semplice come l’amore di chi lo preparava e poi lo cuoceva con passione nel forno a legna.

Se i cibi contraffatti rappresentano la moda del momento, non sono più una novità le griffe dell’alta moda, i falsi-veri realizzati da sapienti mani e commercializzati in tutto il mondo dai clan che hanno gestito e gestiscono tutt’ora il settore.

La contraffazione non riguarda solo l’alimentazione, i vestiti, le calzature, ma da qualche tempo anche i farmaci. Le conseguenze sulla salute possono essere mortali come i decessi per malaria che negli ultimi anni anni sia in Africa sia nel Sud-Est Asiatico stanno aumentando perché l’artesunato, unica cura efficace, è stato mistificato qualitativamente oppure quantitativamente.

Una task force costituita dall’Interpol e da scienziati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha permesso di individuare la provenienza del farmaco contraffatto studiando le tracce di polline presenti su alcune compresse, tipiche di alcune piante presenti solo al confine tra la Cina e il Vietnam. Altre compresse, invece, contenevano una forma di calcite, che si trova nella miniera della regione autonoma del Guangxi nella Cina meridionale.

Molti altri farmaci sarebbero stati contraffatti, farmaci noti alle grandi multinazionali, le quali non vogliono pubblicare i dati in loro possesso per il timore che crollino le vendite e di conseguenza il consumo dei loro prodotti originali – non potendo il paziente distinguere tra farmaco originale e mistificato.

Forse sono 8 milioni i farmaci contraffatti, un fenomeno che non sembrerebbe interessare l’Europa e l’Occidente nella distribuzione convenzionale nelle farmacie, dove il pericolo invece è rappresentato dall’acquisto di farmaci on-line.

Graham Easton è un medico giornalista che ha descritto sul British Medical Journal la facilità con cui è possibile acquistare farmaci attraverso quasi mille sportelli virtuali: pillole dimagranti, viagra, farmaci per contrastare le caduta dei capelli o che millantavano una miracolosa e sorprendente ricrescita.

Farmaci la cui provenienza era sempre sconosciuta, farmaci non testati né per la loro efficacia né per la loro sicurezza per la salute dei consumatori-pazienti

Un recente studio, condotto da un ‘associazione che si batte per impedire la commercializzazione di farmaci contraffatti, l’European Alliance for Access to Safe Medicine, ha dimostrato che ben il 62% dei medicinali acquistati in rete è contraffatto e che nel 30% dei casi il medicinale non viene addirittura nemmeno consegnato.

Come tutelarsi?

La sicurezza in rete è garantita solo sui siti certificati per la loro serietà e autorevolezza da organizzazioni quali l’Health on the net foundation, un ente nato nel 1995 da esperti internazionali di telemedicina, che rilasciano il loro logo solamente se le informazioni di un sito sono affidabili e se chi lo gestisce rispetta le regole e il codice di autoregolamentazione.

Da evitare i siti che non forniscono informazioni esaustive sulla provenienza dei farmaci o che propongono farmaci non riconosciuti dal Servizio Sanitario Nazionale. Infine, si ricorda che in Italia è vietata la vendita dei farmaci on line.

E’ sempre buona norma rivolgersi al proprio medico di fiducia per avere il corretto inquadramento diagnostico e l’indicazione terapeutica.

Il dermatologo e l’errore perfetto

3-0 il risultato finale dell’ultima partita del campionato Amatori di calcio, che aveva sancito il primato in classifica. Una vittoria vissuta negli spogliatoi con cori e salti di gioia, proprio come i festeggiamenti dei professionisti del pallone.

E fu proprio in quel momento tra i vapori della doccia che un calciatore chiese al medico, che insieme a lui giocava nella stessa squadra, un parere su un macchia rossa, localizzata sulla coscia ancora bianca perché ricoperta di schiuma. «Cosa ne pensi? Ti avrei chiamato nei prossimi giorni per un appuntamento in studio…»

Una scena già vista, ambientazione differente ma stessa finalità: chiedere il parere su una macchia della pelle all’amico dermatologo incontrato per strada, sulle scale di casa, in spiaggia, al supermercato… «E’ una dermatite o un fungo?»

«Niente di preoccupante, sarà un angioma e lo possiamo eliminare con il laser!» Immediata la risposta dopo un semplice e fugace colpo d’occhio. Parole di circostanza spogliate della professione del medico, parole con una potenza rassicuratrice enorme nei confronti della persona.

Anni di specialità annullati e cancellati in un attimo come il segno del gesso dalla lavagna per colpa di quella frase da quattro amici al bar, pronunciata al posto di: «ti invito a passare in studio per un’attenta valutazione clinica.»

Passata l’euforia generale, il medico, di ritorno a casa, ripensò a quanto aveva detto e ricordò l’insegnamento del suo maestro che durante la formazione in dermatologia, un giorno gli disse che tre sono gli atteggiamenti che possono indurre in errore il dermatologo:

  1. la superficialità
  2. la mancanza di tempo
  3. la voglia di stupire

Tre singole condizioni che combinate insieme nella diagnosi azzardata sotto la doccia avevano creato l’errore perfetto: la leggerezza con cui aveva prestato attenzione al problema, l’omessa visita all’amico, liquidato in pochi minuti senza un’attenta valutazione clinica e infine, ciliegina sulla torta, la proposta di un trattamento medico senza che fosse formulata la corretta diagnosi. Un vero autogoal alla professione del dermatologo.

Il giorno successivo chiamò l’amico per un consulto in studio, raccolse l’anamnesi, chiedendo da quanto tempo era comparsa la lesione, come si era evoluta e se aveva applicato farmaci. La osservò con la lente d’ingrandimento e in epiluminescenza per visionare le strutture interne delle lesione che alla palpazione si presentava simile ad una placca, di consistenza dura, infiltrante i tessuti sottostanti della cute.

L’osservazione clinica e strumentale non fu sufficiente a formulare la diagnosi ma solo un sospetto da indagare ulteriormente eseguendo una biopsia cutanea per una valutazione istologica, l’osservazione al microscopio ottico da parte dell’anatomopatologo delle strutture cellulari che caratterizzavano la strana neoformazione del compagno.

Il referto era chiaro, inequivocabile e deponeva per una rara malattia: una variante del linfoma cutaneo, un tumore cutaneo, responso che come il fischio finale dell’arbitro dichiarava concluso l’iter diagnostico.

Una diagnosi sospettata in parte solo dopo la visita in studio e confermata dopo le indagini strumentali, che ora l’intervento chirurgico in anestesia locale e la radioterapia avrebbero permesso al compagno di vincere anche la partita della vita.

La psoriasi e il canto delle sirene

Esistono le sirene? E’ possibile percepire ancora oggi il loro canto tanto temuto da Ulisse perché in grado di rapire i suoi marinai? Quali le insidie moderne in dermatologia che si celano nei loro motivi? Dove si nasconde e quale può essere il pericolo del canto ammaliatore?

La sirena, metà donna e metà pesce, un corpo sensuale e attraente, ottenuto plasmando due distinte realtà per una del tutto nuova e immaginaria ma in grado di insidiare la vita della persona, la sua quotidianità e le sue scelte.

Da sempre stonato come dodici campane non sono mai riuscito ad intonare una melodia; addirittura una volta un amico tentò di accordare le corde della chitarra alla mia voce ma ogni suo sforzo fu inutile. Eppure, il mio orecchio percepisce i motivi inebrianti che insidiano l’uomo, in particolare quelli caratterizzati dalle «note musicali» dermatologiche.

nuovi canti dermatologici delle sirene sono soprattutto in internet e il loro spartito musicale sono le indicazioni miracolose per il trattamento della psoriasi, una malattia complessa in grado di condizionare la sfera personale, psicologica, lavorativa e relazionale di una persona. Note musicali che giustificano in maniera semplicistica la causa della patologia per poi presentare il rimedio appropriato.

Nell’antica Grecia, gli dei punivano gli uomini con le malattie, da qui il nome influenza; oggi una semplice infezione da Candida albicans, un fungo, sembrerebbe la causa di tutte le forme cliniche di psoriasi, una malattia complessa e multifattoriale che vedrebbe in questo modo svelato il suo segreto di pulcinella.

E’ stato dimostrato che la Candida albicans può far peggiorare la psoriasi solo se la manifestazione è localizzata alle pieghe, tipo quella dell’inguine, ma non è corretto generalizzare tale dimostrazione per tutti i tipi di psoriasi e giustificare tale infezione come causa unica della patologia.

Una semplificazione della psoriasi che sminuisce l’importanza della ricerca e il lavoro di quanti si adoperano per il progresso della medicina, una scienza e un’arte che ha al centro della sua attenzione la vita umana.

La psoriasi è una malattia antica ma ancora oggi attuale, che solo in Italia interessa 2,5 milioni di persone. Molteplici le sue forme cliniche e diversi gli approcci terapeutici. Eppure, internet è il treno che alcuni sfruttano cercando di riproporre argomenti del Medioevo, che non hanno alcuna prova scientifica ma che fanno leva sulla debolezza e sul disagio della persona. Un ritorno al passato alla scoperta della panacea per risolvere ogni problema.

Basta digitare le parole chiave e i motori di ricerca propongono svariati siti che agli occhi del bisognoso potrebbero apparire come la manna piovuta dal cielo.

Latte di cavallo per la cura della psoriasi?

Latte di cavallo e svariati rimedi naturali popolano la rete e insediano la navigazione dei nuovi marinai, i pazienti con psoriasi.

Rimedi che cercano di minare le fondamenta dell’Evidence Based Medicine, le prove d’efficacia della medicina ufficiale, demonizzando i trattamenti farmacologici ed esaltando quelli naturali perché più sicuri, più efficaci e privi di effetti collaterali.

Una confusione che sfrutta la crisi di comunicazione tra il medico e il paziente. Un paziente sempre più informato, che giustamente chiede e cerca risposte sulla sua condizione alla quale però il medico non ha tempo da dedicare, rischiando di relegarsi solo a svolgere la funzione di burocrate e di prescrittore.

La salute non è solo l’assenza della malattia ma secondo la definizione dell’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) rappresenta il benessere fisico, psichico e sociale di una persona. Un benessere che il paziente chiede al suo medico, concentrato sempre e solo alla malattia, che difficilmente è in grado di ascoltare e comunicare con l’uomo.

«Osservate uno stesso problema da punti di vista differenti» – era l’invito dell’insegnante, interpretato da Robin Williams nel film L’attimo fuggente – per una visione globale perché la realtà non è a senso unico; è importante aprirsi a nuove prospettive, le quali però non devono distorcere le regole o non tenerne conto.

In questo caso le regole scientifiche, ignorate e difficili da osservare con la torcia del Diogene moderno alla ricerca della veridicità dei fatti perché la vita di una persona non è un gioco della play station e il messaggio «game over» compare solo una volta.

Internet è una risorsa formidabile e preziosa ma invito gli utenti a valutare l’affidabilità delle informazioni e a soppesare i contenuti facendo affidamento al loro senso critico. La mia insegnante di italiano delle scuole medie un giorno ci disse che l’unica cosa che non avrebbero mai potuto rubarci sarebbe stato il senso critico per osservare, capire e interpretare il mondo.

Guardiamoci intorno e navighiamo con la luce del faro del nostro senso critico e non spegniamolo per un misero pugno di lenticchie.

Scabbia: sintomi, diagnosi e terapia

La diagnosi era chiara: scabbia. Il silenzio e l’incredulità si presentarono in studio: «non è possibile, ci deve essere un errore. Forse è un’allergia che ha interessato tutta la famiglia. E poi ci laviamo sempre, non siamo sporchi. Come è potuto succedere? Dottore, ne è sicuro?»

L’osservazione al microscopio ottico delle squame cutanee, prelevate da alcune lesioni sospette, cancellavano ogni dubbio. La presenza dell’acaro Sarcoptes scabiei e delle sua uova confermava la diagnosi di scabbia che giustificava l’intenso prurito, prevalentemente serale o notturno, comune a tutti i componenti della famiglia e le lesioni, localizzate alle mani, alle ascelle e intorno all’ombelico sia ai genitori sia ai figli, ovviamente sintomi della scabbia.

La scabbia è stata una malattia molto comune in passato e che oggi, in un mondo in cui i patogeni sembrano annidarsi solo dietro i tasti del Pc, si ripresenta come se fosse un capo vintage. Uno di quei vestiti degli anni settanta, dimenticato nell’armadio e che ritorna a fare tendenza.

Ma le parassitosi non sono una moda, sono malattie contagiose responsabili di epidemie che non interessano solo le persone considerate pietre di scarto, perché vivono ai margini della nostra società.

Oggi la scabbia vive anche tra i colletti bianchi, tra i guanti di lattice non indossati oppure tra le lenzuola di coloro che pensano di comprare un affetto.

Il parassita è un micro-organismo che ha sempre bisogno di un ospite, in questo caso dell’uomo, per vivere, deporre le uova e riprodursi. L’ uomo lo porta con sé anche se è solito fare due o tre docce al giorno. L’acaro della scabbia, comunemente detto acaro della pelle,  si annida sotto pelle, scava i suoi tunnel, i suoi «bunker biologici» a prova di bagnoschiuma e spugna e accompagna l’uomo al lavoro, in palestra, in piscina oppure nella struttura dove è ricoverato l’anziano parente al quale deve fare assistenza.

Ai nostri figli doniamo quotidianamente il nostro amore, giochiamo con loro e se il fragore dei tuoni di notte li spaventa li facciamo dormire con noi nel nostro letto, e così anche loro inizieranno a portare nelle scuole e negli asili l’acaro che frequenterà insieme a loro la struttura e si affezionerà a nuovi compagni.

La scabbia è contagiosa! Un solo paziente affetto da scabbia è in grado di innescare un effetto domino incredibile, di creare un fenomeno «Facebook parassitario» che rapidamente è in grado di farti conoscere nuovi amici, amici degli amici, reclutare nuovi iscritti, dove ognuno di loro ne può reclutare altri ancora.

Le epidemie non viaggiano più a piedi oppure a cavallo ma si spostano in auto, in treno e in aereo e facilmente possono creare nuovi focolai a macchia di leopardo che rischiano di confluire in un’unica macchia d’olio.

Cosa fare e non fare per trattare con successo la scabbia? Si guarisce?

Sintomi Scabbia: Valutazione del sintomo

Scabbia sintomi: Prurito, prurito e ancora prurito, descritto come intenso, che si scatena elettivamente durante le ore serali o di notte. E’ un sintomo comune a diverse altre patologie sia dermatologiche sia internistiche. Ma quando lo stesso sintomo è comparso prima in uno e poi in tutti i componenti della stessa famiglia forse c’è stato un contagio.

Il sintomo è il suono della campanella del coprifuoco, è un segnale, non la malattia. Non assumere anti-istaminici se non è stata formulata una diagnosi. Il fai da te potrebbe peggiorare il quadro clinico e se fosse veramente scabbia favorire il contagio di altre persone.

Osservazione della pelle

Il cunicolo è la manifestazione tipica della scabbia ma difficilmente si riesce ad apprezzarlo ad occhio nudo. Le superficie laterali delle dita, i polsi, le ascelle, l’addome, il seno, i genitali sono le aree maggiormente a rischio. A volte, possono essere presenti dei piccoli segni tipo quelli di una puntura d’insetto (bolle acari della pelle) associati sempre ad evidenti segni di grattamento.

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Immagini Scabbia: Cunicolo, lesione molto piccola che appare serpiginosa sulla cute

Diagnosi di scabbia

Solo l’identificazione dell’acaro e/o delle uova osservando le squame cutanee al microscopio ottico, dopo aver allestito un vetrino, conferma la diagnosi di scabbia.

Lo specialista dopo aver osservato la cute, preleva le squame per eseguire l’indagine strumentale, che richiede circa 20-60 minuti. Se la prima osservazione al microscopio è negativa ma è presente un forte sospetto clinico, bisogna ripetere il prelievo e solo dopo avere eseguito tre indagini microscopiche negative, prelevando le squame da aree differenti del corpo si può escludere la scabbia.

Quando il quadro clinico è poco rappresentativo la tecnica dell’epiluminescenza consente di individuare più facilmente e rapidamente quelle piccole e nascoste manifestazioni cliniche al cui interno si nasconde l’acaro. Individuate tali lesioni, il loro grattamento con una lama da bisturi permette il prelievo di squame per l’identificazione delle tracce o del colpevole, ovvero dell’acaro.

Utilizzando l’epiluminescenza è possibile anche osservare «in vivo» la presenza dell’acaro e/o delle uova all’interno del cunicolo evitando di prelevare le squame cutanee per l’esame al microscopio ottico. In questo modo, è possibile in pochi minuti confermare o smentire un sospetto clinico evitando nel modo più assoluto incertezze e terapie inutili che possono irritare e far peggiorare un eventuale prurito, indotto da altre cause.

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cunicolo della scabbia

In questa immagine dermatoscopica si vede il cunicolo e alla sua estremità l’acaro, che appare grigistro e di forma ovalare (Scabbia foto)

Terapia per la scabbia

La guarigione della parassitosi è sempre garantita attenendosi scrupolosamente alle indicazioni dello specialista. La terapia è molto semplice e consiste nell’applicazione sulla pelle di farmaci specifici che servono ad eliminare l’acaro e le sue uova.

Il trattamento deve essere eseguito contestualmente dal paziente, dai suoi familiari e da coloro i quali hanno avuto un contatto diretto e prolungato con la persona affetta. Pertanto, il trattamento deve essere eseguito anche da chi non ha sintomatologia ma potrebbe incubare la scabbia. Il periodo di incubazione può durare dalle 3 alle 6 settimane.

Per la cura della scabbia i farmaci una volta applicati, irritano la pelle per favorire la penetrazione del principio attivo all’interno del bunker e uccidere l’acaro. Tutte le aree del corpo devono essere trattate senza esagerare nell’applicazione del farmaco per evitare di irritare aree delicate quali le pieghe. Di solito il trattamento si ripete dopo una settimana per eliminare eventuali acari sfuggiti durante il primo ciclo di terapia.

Una doccia calda prima dell’applicazione del farmaco favorisce l’assorbimento del principio attivo.

Evitare assolutamente il fai da te perché le spiacevoli irritazioni pruriginose, causate da trattamenti incongrui potrebbero innescare un circolo vizioso e cronico con ulteriori ritardi diagnostici e terapeutici.

Idratazione della pelle

E’ assolutamente normale che durante un ciclo di terapia antiscabbia si avverta un prurito diffuso, conseguente all’irritazione dei farmaci applicati. L’idratazione costante e continuativa ripristina lo strato esterno cutaneo.

Profilassi domestica

L’acaro della scabbia è un parassita e lontano dalle nostre squame vive al massimo per 2-3 giorni. I falò di materassi, lenzuola, divani e tappeti non sono necessari.

Semplici e mirate le indicazioni:

  • lavare ad alta temperatura tutta la biancheria, i tappeti, i copridivani, le lenzuola, i coprimaterasso e le federe dei cuscini
  • lavare ad alta temperatura tutti i capi di vestiario, compresi asciugamani e accappatoi
  • chiudere ermeticamente in un sacco di plastica i materassi per alcuni giorni
  • eseguire un’accurata pulizia della casa

Valutazione finale

Alla fine del ciclo della scabbia terapia lo specialista deve confermare la guarigione clinica del paziente. Dopo un trattamento efficace il prurito scompare nel giro di qualche giorno, raramente entro 2-4 settimane.

A volte l’esperienza della scabia potrebbe sviluppare un’acarofobia che si manifesta con prurito in assenza del Sarcoptes scabiei.


Riferimenti scientifici

Mayo Clinic Staff. (2015, April 1). Permethrin (topical route). Retrieved from http://www.mayoclinic.org/drugs-supplements/permethrin-topical-route/proper-use/drg-20065448

Mayo Clinic Staff. (2015, July 7). Scabies. Retrieved from http://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/scabies/basics/definition/con-20023488

Scabies. (n.d.). Retrieved from https://www.aad.org/public/diseases/contagious-skin-diseases/scabies

Scabies treatment. (2015, September 3). Retrieved from https://www.cdc.gov/scabies/hcp/clinical-care/

La dermatologia, le epidemie e la crisi economica

Le malattie dermatologiche possono essere considerate lo specchio della società odierna?

La crisi economica, definita strutturale e mondiale, può essere un rischio per nuove emergenze sanitarie e nel caso specifico dermatologiche? E’ possibile leggere attraverso i segni cutanei l’abbattimento di tutte le frontiere fisiche tra i popoli? Quali le conseguenze sulla salute di ognuno di noi? Come intervenire e gestire le epidemie?

La pelle è il biglietto da visita di ognuno; fino ad ora la civiltà dell’immagine ha proposto i canoni della bellezza esteriore, ricercata e desiderata fino a volte sfiorare il confine patologico della distorsione dell’immagine per l’ossessione di avere un corpo perfetto. Ma oggi, si registra forse un cambiamento dettato dal ritorno di patologie descritte nel capitolo delle malattie della povertà?

La scabbia, i pidocchi, le «piattole», la tubercolosi cutanea e le malattie sessualmente trasmesse quali la sifilide, la gonorrea e l’ulcera venerea sembrano ricordi del passato, del dopoguerra e, per alcune di esse, addirittura della fine dell’ottocento. Eppure, oggi ritornano e per alcune di esse, forse si può già parlare di epidemia, sebbene circoscritta in precisi focolai.

Le mutate e disagiate condizioni sociali e il silenzio o l’inadeguatezza della medicina preventiva rischiano di essere i fattori scatenanti e favorenti le epidemie, che minacciano le nostre comunità: ospedali, strutture protette, scuole, asili, gruppi di lavoro. Malattie contagiose che potrebbero innescare spirali di emergenza sanitaria che, inadeguatamente gestite, rischiamo di rincorrere invano.

Molti i soggetti e le categorie lavorative a rischio. Dietro una maschera della salute si può nascondere l’untore moderno.

La mancata informazione porta a sottovalutare il problema, ad ignorarlo, creando le condizioni ideali per la diffusione e il contagio da parte di persone ammalate – che non sono consapevoli della propria condizione o alle quali non viene diagnosticata per tempo perché ritenuta ormai una malattia del passato.

Si dice che il mondo sta cambiando – e forse è vero – ma come possiamo gestire il cambiamento e in questo caso i segnali di minaccia di nuove epidemie?

In greco il termine «epidemia» ha lo stesso significato originario di «epidemeo», ovvero soggiornare, arrivare per risiedere in un paese, identificando nel viaggiare il pericolo e il rischio di malattie. I fenomeni immigratori dal Sud al Nord, da Est ad Ovest e la moda del turismo verso luoghi esotici inesplorati hanno contribuito al ritorno di patologie che avevamo quasi dimenticato del tutto.

Secondo i dati ISTAT, gli stranieri di età superiore ai 15 anni regolarmente registrati in Italia al 1 gennaio 2005 sarebbero circa 2.000.000 ai quali aggiungere il numero imprecisato di clandestini e di tutti coloro che per vari motivi si spostano da un Paese all’altro. Le malattie della povertà hanno radici sociali note e sono diffuse nei gruppi con basso livello economico.

La promiscuità, la prostituzione, l’abbassamento delle difese immunitarie, la mancanza d’igiene, rappresentano il terreno fertile per il diffondersi sia delle malattie sessualmente trasmesse sia della scabbia, dei pidocchi e delle «piattole».

Un Paese che non sa accogliere dignitosamente gli stranieri e disabile nell’organizzare e attivare i servizi della medicina preventiva subirà l’ondata delle epidemie con enorme dispendio di risorse economiche e sociali.

Da piccolo, al calar del sole, giocavo sempre con i miei amici a biglie sul marciapiede oppure a sette pietre o a palla avvelenata e poi dopo cena, insieme ai genitori ci si ritrovava tutti quanti insieme, seduti, davanti alla porta del vicino più anziano, che non mancava mai di allietare la calura con le sue storie, i suoi racconti vissuti, ascoltati sempre con grande interesse sia dai grandi sia dai piccini.

L’anziano oratore aveva sempre lo stesso rituale: preparava la sigaretta, arrotolando sapientemente del tabacco, l’accendeva e non appena il fumo come una nuvola si diffondeva nell’aria, si apriva il sipario e iniziava la storia.

Da giovane era emigrato per lavoro in Svizzera, così come tanti altri concittadini, alcuni dei quali addirittura in Germania. Il viaggio in treno era lungo e raccontava che la prima volta al confine, fu sottoposto a visita medica e addirittura ad una radiografia del torace. Allo stesso modo tutti gli altri che come lui, avevano lasciato la natia terra in cerca di lavoro nel Paese vicino.

Tutto ciò mi sembrava eccessivo e lo confesso anche un po razzista nei confronti degli emigranti. Mi sembrava quasi che si puntasse il dito contro solo perché venivano dal Sud, un paese povero ma non per questo ammalato. Solo ora capisco appieno la finalità e l’importanza del gesto, che ha un solo nome: prevenzione.

La prevenzione sia nei confronti della persona sia nei confronti della società. Un atto che ha permesso di identificare per tempo gli ammalati di tubercolosi polmonare, di curarli, evitando il diffondersi della malattia, e poi offrire loro un lavoro.

Saremo in grado oggi di toglierci il mantello della rassegnazione e attivare una task force che veda coinvolti medici, specialisti, farmacisti, le scuole, i responsabili delle comunità, degli ospedali e l’ufficio di igiene per risolvere il problema delle malattie della povertà?

Sensibilizzare i cittadini, attivare i canali di comunicazione, adottare le linee guida sono gli strumenti comportamentali per affrontare e risolvere il problema di vecchie malattie contagiose che si aggirano sul territorio e che erroneamente si ritiene di non contrarre evitando lo scambio della mano con il prossimo, adottando comportamenti paranoici di emarginazione sociale.

Nel dopoguerra la carta e la penna e, solo per i pochi fortunati, il telefono erano il mezzo di comunicazione di una società che ha saputo far fronte alle epidemie, ma oggi ho l’impressione che una confusione di fondo fossilizzi la persona verso il non agire oppure ad improvvisare.

La comunicazione tra i professionisti che esercitano in ambito sanitario o para-sanitario e tra i medici e i pazienti è il perno dell’informazione per sensibilizzare e sottolineare quotidianamente l’importanza della prevenzione e di adottare e rispettare le regole sociali e comportamentali finalizzate ad evitare il diffondersi delle epidemie e a gestirle per risolverle.

La terapia della psoriasi

Quale il trattamento più efficace per la psoriasi? Esiste una terapia priva di effetti collaterali che garantisca la guarigione? I farmaci sono uguali per tutti i pazienti? Quale la terapia migliore nei bambini? E’ vero che è psicosomatica?

La psoriasi, un solo nome per descrivere tante manifestazioni diverse, e le terapie, alcune già note e altre di nuova generazione: è possibile delineare chiaramente delle informazioni utili al paziente per un atteggiamento critico e consapevole sulla sua condizione e sul trattamento?

La consulenza dal dermatologo non deve ridursi solo alla visita del paziente, alla diagnosi e alla prescrizione della terapia ma credo sia doveroso che lo specialista investa il tempo anche per informare sui motivi della scelta terapeutica, sui possibili benefici, sui meccanismi d’azione e soprattutto sui possibili effetti collaterali.

La prescrizione della terapia deve tener presente anche dell’eventuale comorbidità della malattia, ovvero la concomitante presenza di psoriasi e di un’altra patologia, per individuare il principio attivo più adatto che non interferisca con i farmaci che il paziente già assume. Ricordo ancora quando mia nonna si presentava dal medico per un nuovo disturbo e portava con sé la sua «sportina» di plastica piena di farmaci. Il medico non deve ridursi solo a prescrivere e il paziente non è e non deve essere un consumatore di compresse e pomate.

La frenesia quotidiana rischia di sottrarre tempo alla comunicazione tra il dermatologo e il paziente, impoverendola fino a farla diventare solo l’incontro tra uno specialista e una malattia.

La compliance, ovvero la volontà del paziente di attenersi alle indicazioni terapeutiche dello specialista, condizionata da una comunicazione gratificante ed esaustiva, è il fattore che influenza sensibilmente la volontà del paziente ad attenersi scrupolosamente alla terapia. Al contrario, se la conversazione non coinvolge attivamente la persona, aumentano le possibilità di abbandono o interruzione del trattamento con conseguenze negative sulla condizione fisica (malattia non curata) e di conseguenza psicologica dell’individuo.

Il coinvolgimento nasce dal desiderio del medico di condividere le sue conoscenze specialistiche con il paziente, rendendolo partecipe adottando un linguaggio, che senza perdere la serietà scientifica dell’informazione, «viaggia» su una frequenza facilmente comprensibile.

Se la psoriasi è una malattia che non uccide, un mancato o scorretto trattamento porta a ripercussioni psicologiche che influenzano negativamente la qualità di vita dell’individuo.

progressi terapeutici degli ultimi anni sono stati notevoli ma è importante sottolineare che un farmaco consigliato con beneficio ad un paziente può non esserlo per un altro. La varietà clinica, la sede e l’estensione delle lesioni, l’età del soggetto, i trattamenti precedenti e le malattie associate sono i fattori che influiscono sulla scelta terapeutica.

Se le manifestazioni della psoriasi interessano meno del 30% della superficie corporea si consiglia il trattamento topico (applicazione sulla pelle dei farmaci), finalizzato inizialmente alla rimozione delle squame («fase di decappaggio»), necessaria per il successo di ogni terapia locale perché possono rappresentare uno scudo all’assorbimento cutaneo dei principi attivi applicati sulla pelle. Rimosse le squame i farmaci applicati mirano a contrastare l’accelerata proliferazione dei cheratinociti e ad attenuare l’infiammazione.

Le terapie per la psoriasi sono diverse ed efficaci se correttamente prescritte. Formulata la diagnosi, consigliato il trattamento, rimane comunque una variabile che può condizionare il successo della prescrizione: la risposta individuale del soggetto al trattamento.

  • Acido salicilico al 5-10% – veicolato in vaselina alba o lozione è un cheratolitico che non deve essere usato nelle pieghe o sulle mucose. L’uso cronico specie su cute lesa potrebbe favorire un’intossicazione da salicilati.
  • Catrame minerale (coaltar) o vegetale (es. olio di cade o di ginepro) alla concentrazione del 3-5%, è un’alternativa ma può causare follicoliti e irritazione cutanea.
  • Ditranolo – derivato della crisarobina, nota anche come polvere di Goa perché esportata la prima volta dal Brasile alla colonia portoghese di Goa, veniva inizialmente usato per il trattamento della tigna (infezione micotica) e solo per caso si scoprirono i suoi effetti curativi sulle placche di psoriasi. Possibile l’irritazione cutanea dopo un trattamento prolungato.
  • Cortisonici – rappresentano i farmaci storici, utilizzati per la prima volta a metà degli anni 50, agiscono rapidamente. Hanno un’azione antiinfiammatoria, antiproliferativa e vasocostrittiva. Classificati in 7 differenti gruppi in base alla loro potenza clinica possono determinare un’assottigliamento della cute (atrofia) se utilizzati per lunghi periodi. Di solito, quelli a bassa potenza sono indicati per il trattamento della psoriasi infantile e per le localizzazioni del volto, collo e delle pieghe, comprese quelle dei genitali. Le formulazioni: crema, pomata (crema idrofoba), emulsione, unguento,lozioni o mousse se correttamente impiegate consentono di veicolare il principio attivo più efficacemente, riducendo la durata di trattamento e di conseguenza il rischio di effetti collaterali. Il loro uso protratto può determinare tachifilassi.
  • Derivati della vitamina D3 – hanno un meccanismo di azione simile a quello dei corticosteroidi, rispetto ai quali agiscono più lentamente e non hanno i loro effetti collaterali. Inoltre, alcuni di essi sembrano efficaci nel trattamento della psoriasi localizzata alle unghie. Rari gli effetti collaterali: aumento del Calcio e degli Acidi Urici nel sangue. Esistono anche topici combinati (steroidi + analoghi della vitamina D3), indicati per il trattamento della psoriasi lieve o moderata, i quali sfruttano la sinergia d’azione delle due molecole per ottenere un’efficacia maggiore, una minore durata di somministrazione e di conseguenza una riduzione del rischio di effetti collaterali.
  • Inibitori topici della calcineurina – farmaci registrati per il trattamento dell’eczema atopico nei soggetti con più di due anni, ma efficaci, secondo alcuni studi, anche in altre patologie infiammatorie quali dermatite seborroica, lichen planus, vitiligine e psoriasi, soprattutto se localizzata al volto, al collo, ai genitali o alle pieghe. La sensazione del bruciore accompagna sempre le prime applicazioni sulle lesioni di tali farmaci.
  • Fototerapia – utilizzata per la prima volta dopo il primo conflitto mondiale, attualmente impiega soprattutto gli UVB con emissione intorno a 311 nm (UVB a banda stretta) per contrastare l’eccessiva proliferazione cellulare e modulare il pattern di citochine infiammatorie tipiche della malattia. La fototerapia è indicata solo se la malattia interessa più del 10% della superficie corporea. Controindicata nelle forme di psoriasi pustolosa, eritrodermica e suberitrodermica, e nei soggetti con cheratosi attiniche o che hanno asportato un tumore della pelle, possono creare un danno cumulativo cellulare che potrebbe contribuire all’insorgenza di tumori cutanei.
  • Retinoidi – elettivamente indicati nelle forme di psoriasi pustolosa o palmo-plantare possono essere teratogeni se assunti da una donna in età fertile. La loro assunzione può determinare un aumento transitorio dei valori ematici di colesterolo, trigliceridi e dei parametri di funzionalità epatica. Prima di iniziare la terapia è opportuno monitorare i valori basali ematochimici e ricontrollarli nel proseguo della terapia.
  • Ciclosporina – usata da 30 anni per prevenire il rigetto del trapianto si scoprì casualmente la sua efficacia quando in un soggetto trapiantato favorì la regressione della psoriasi. L’ipertensione, l’aumento di alcuni parametri di funzionalità renale e l’ipertricosi sono gli effetti collaterali più comuni.
  • Antimetabolici – indicati in tutte le forme di psoriasi, compresa quella artropatica, sono teratogeni se somministrati durante i primi tre mesi di gravidanza, può determinare un calo dei globuli bianchi, alterazione della funzionalità epatica e renale.
  • Farmaci biologici – di recente introduzione mirano a contrastare, neutralizzare o inibire specifici e selettivi meccanismi citochinici che inducono, mantengono o scatenano la malattia. Indicati sia per il trattamento della artropatia psoriasica sia della psoriasi in placche moderata e severa. Le infezioni opportuniste sono gli effetti collaterali più comuni.

La conoscenza dei meccanismi d’azione e dei più comuni e probabili effetti collaterali, alcuni dei quali rilevanti, non devono assolutamente far formulare il giudizio: il farmaco è «tossico», ma alimentare il senso critico del paziente.

Infine, non sono da trascurare alcune norme comportamentali:

  • idratazione – l’uso continuo degli emollienti riduce la componente squamosa delle placche, levigando la pelle;
  • rimozione squame – rimuovendole manualmente si può favorire la comparsa di un gemizio di sangue e predisporre la cute alle infezioni;
  • traumatismo – da evitare in quanto favorisce la comparsa di nuove placche psoriasiche;
  • dieta – evitare l’introito di alcol che potrebbe compromettere la funzionalità epatica e sconsigliare, se fosse necessario, l’impiego di farmaci che vengono eliminati attraverso il fegato. Al contrario, non ci sono chiare evidenze scientifiche sull’influenza degli alimenti sull’insorgenza e il mantenimento della malattia;
  • attività sportiva – importante per mantenere il proprio peso ideale per gli eventuali dosaggi di alcuni farmaci. Se il peso è in eccesso anche la dose del farmaco deve aumentare proporzionalmente e di conseguenza aumentano le probabilità che si manifestino degli effetti collaterali. Lo sport consente, inoltre, di controllare i valori pressori che possono aumentare nel corso di alcune specifiche terapie per la psoriasi;
  • esposizione al sole – alcune forme di psoriasi possono trarne giovamento. Attenzione alle esagerazioni, evitando le scottature, fattore di rischio per l’insorgenza di altre problematiche cutanee.

Il melanoma gioca a nascondino

C’era una volta un melanoma…

Anzi a dir la verità la storia iniziale è un’altra

«Papà giochiamo a nascondino?»

Come rispondere di no a Giulia che a due anni ti guarda con i suoi occhietti furbi che sembrano dire: «questa volta non mi troverai…»

Subito arriva anche Lorenzo che, sicuro dei suoi 4 anni, pensa di riuscire a farla sia al papà sia alla sorellina. Mentre io conto fino a dieci, loro corrono a nascondersi e una volta nella loro tana trattengono il fiato per non farsi scoprire. Finisco di contare e inizio a cercarli, conoscendo ormai bene le loro mosse e i loro nascondigli ma, per non far terminare il gioco in fretta, faccio finta di non vederli e loro sorridono compiaciuti perché papà non li ha scoperti. «Ma dove si saranno mai nascosti questa volta?»

Il melanoma della pelle

Anche il melanoma maligno sa giocare a nascondino e lo fa sulla nostra pelle dove in silenzio si confonde in mezzo ai nei sospetti, magari si nasconde sul dorso, oppure dietro le orecchie, tra i capelli, tra gli spazi interdigitali o sulle mucose. Ogni parte del nostro corpo può diventare un nascondino perfetto per il melanoma che tenta di sfuggire alla nostra attenzione, al nostro sguardo, mentre noi pensiamo che non ci toccherà mai di «giocare».

La presunzione è il motore che ci fa comportare in maniera superficiale, sottovalutando le insidie del melanoma, i suoi trucchi e le sue maschere, ci rende ciechi alla prevenzione e sordi alla diagnosi precoce perché ci toglie i freni dell’attenzione, della vigilanza, che nel nascondino non deve mai mancare quando a giocare sono i bambini.

Le facce del melanoma maligno sono tante: marroni, nere o di tanti colori e le sue maschere ancora più ingannevoli perché a volte possono simulare una lesione assolutamente benigna. Il melanoma usa le maschere come cavallo di Troia per poi venire chiaramente alla scoperto quando potrebbe essere ormai tardi. Anch’io da piccolo quando giocavo a nascondino usavo dei trucchi, scambiando ad esempio la mia T-shirt con quella del compagno, per non farmi scoprire e poi ridere alle spalle dell’amico che non mi aveva riconosciuto, beffato dal colore della maglia.

La maglia del melanoma può essere anche rosa per mimetizzarsi come un camaleonte sulla nostra pelle ma questa volta non è un gioco perché c’è in palio la vita. La diagnosi tardiva di un melanoma è una sconfitta per tutti: per il medico, per il paziente e per la società, se la prevenzione e la sensibilizzazione alla diagnosi precoce non diventano un’educazione perseverante e continuativa.

Melanoma Sintomi

I criteri clinici – prurito, sanguinamento e ulcerazione – sono un’arma spuntata per la diagnosi precoce e anche la semplice osservazione con una lente di ingrandimento che permette solo di cogliere gli aspetti superficiali ed esterni di una lesione non è sufficiente ad individuare una neoformazione pigmentata sospetta o francamente maligna.

L’osservazione ad occhio nudo è simile a quella del ragazzo che, nell’acqua bassa del mare, insegue invano un pesciolino con il suo retino ma, a causa della rifrazione della luce, non riesce a individuare esattamente la posizione dell’animale sott’acqua. Le possibilità aumentano se il ragazzo usa una maschera e immerge il capo in acqua perché riesce a focalizzare esattamente la posizione e il nascondiglio del piccolo pesce.

L’epiluminescenza è la metodica nuova che consente al dermatologo di «immergersi» all’interno della lesione e osservando gli aspetti più intimi aiutarlo a scovarlo in fase precoce quando è solo un melanoma in situ.

Tana per il melanoma!

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