La salute della pelle a cura di
Dermatologia Myskin

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La diagnosi di melanoma e la nuova regola ABCDEFG

Come si fa diagnosi di melanoma? Quali i criteri per identificare i soggetti a rischio? Perché pur migliorando la diagnosi precoce dei piccoli melanomi la mortalità è sempre la stessa?

Fino alla fine degli anni settanta la diagnosi del melanoma era formulata clinicamente, ovvero ad occhio nudo, se una lesione presentava tre criteri: ulcerazionesanguinamentoprurito.

Pochi elementi per riuscire ad identificare – solo nel 65-85% dei casi – un melanoma in stadio avanzato la cui diagnosi non modificava il decorso della malattia e non migliorava l’aspettativa di vita della persona.

«I nevi non vanno toccati!» E’ la convinzione maturata in quegli anni e che ancora oggi si continua a sentire, poiché i criteri clinici usati nell’era dei sintomi e dei segni del melanoma erano un’arma spuntata per la diagnosi precoce e l’identificazione del tumore risuonava necessariamente come una condanna.

Come si manifesta un melanoma prima del sanguinamento e dell’ulcerazione?

Come identificare le lesioni pigmentate a rischio di diventare un melanoma?

Le risposte avrebbero contribuito a migliorare la diagnosi precoce e di conseguenza ad intervenire tempestivamente quando la malattia era confinata solo alla pelle e la semplice asportazione chirurgica in anestesia locale avrebbe definitivamente risolto il problema.

La regola ABCD

La regola ABCD ha permesso un notevole passo avanti in questa direzione perché ha aiutato il dermatologo a focalizzare l’attenzione sui nevi a rischio, quelli che presentavano una forma irregolare (Asimmetria), bordi indentati a carta geografica (Bordi irregolari), due o più sfumature di colore (Colore) e dimensioni pari o superiori a 6 mm (Dimensioni).

Una regola preziosa, utile anche per ribadire l’importanza della prevenzione.

Il metodo funzionava e consentiva l’identificazione di molti melanomi ma contestualmente erano molte le asportazioni chirurgiche ingiustificate di nevi – manifestazioni assolutamente benigne – positivi alla regola ABCD.

Intanto alcuni melanomi continuavano a sfuggire all’osservazione e la mortalità non cambiava.

Perché ad un certo punto un nevo diventa irregolare, modifica l’aspetto dei suoi bordi, cambia colore e aumenta le sue dimensioni? E’ possibile immaginare che possano esistere i melanomi di dimensioni inferiori a 6 mm?

Quante a quali sono le facce del melanoma?

La dermatoscopia

Di recente, la dermatoscopia, utilizzata dal dermatologo esperto, ha migliorato sensibilmente la diagnosi precoce nei casi di melanoma di dimensioni inferiori a 6 mm e soprattutto di quelli negativi alla regola ABCD. Una metodica non invasiva che ha ridotto drasticamente il numero delle rimozioni chirurgiche: secondo alcuni studi ogni sette asportazioni solo una è quella del melanoma.

 

Tasso di mortalità e melanomi aggressivi

Eppure, nonostante sia migliorata la diagnosi dei piccoli melanomi, non è ancora cambiato il tasso di mortalità: alcuni sfuggono in quanto possono simulare manifestazioni benigne, mentre altri sono biologicamente aggressivi.

I melanomi aggressivi compaiono in soggetti normalmente non considerati a rischio, di età superiore a 65 anni, di fototipo chiaro, con pochi nevi e che possono presentare una lesione magari senza i criteri ABCD

Pertanto esiste sia il melanoma a lenta crescita, tempestivamente individuato con la dermoscopia, sia quello invasivo che in poco tempo nasce e si sviluppa sulla pelle.

Il melanoma aggressivo presenta, generalmente, una pigmentazione scura nero-bluastra ed è cruciale la partecipazione delle persone, che devono essere sensibili al problema e che devono sottoporre tempestivamente la lesione all’attenzione dello specialista.

La regola ABCDEFG

Tutte le manifestazioni scure potrebbero essere un melanoma aggressivo?

La risposta è no! La lesione a rischio che deve essere sottoposta all’attenzione del dermatologo deve soddisfare i seguenti criteri aggiuntivi alla regola ABCD:

  • E: ELEVATION – la manifestazione si presenta rilevata rispetto al piano cutaneo
  • F: FIXED – la sua consistenza, palpandola con le dita, è aumentata, dura
  • G: GROWTH – è cresciuta rapidamente in poco tempo, pochi mesi, poche settimane!

ABCDEFG è una regola australiana per una sinergia d’azione della persona e del dermatologo contro il melanoma aggressivo che può svilupparsi prima del successivo screening (mappatura) dei nevi regolarmente programmato ad intervalli di tempo prestabiliti.

Il National Cancer Institute ha sviluppato anche uno strumento che stima il rischio individuale a sviluppare il melanoma invasivo. Una stima che pur non considerando la predisposizione familiare e quindi i fattori genetici, è importante per sensibilizzare e informare sul problema.

Regola ABCDE

Sottoponi immediatamente al tuo dermatologo di fiducia una lesione che ti insospettisce in base alla regola ABCDEFG!

 

Il granuloma e il riccio amici per la pelle

Domani escursione alla grotta di Marina di Guardiola. Pinne e maschera per tutti per raggiungere a nuoto l’entrata sommersa della grotta che come una cattedrale si presenta agli occhi dei più audaci – se in apnea riescono a varcare la porta d’ingresso. Un monumento che solo la Natura poteva sapientemente realizzare plasmando la roccia carsica.

Porterò la macchina fotografica subacquea per immortalare la spedizione.

Il mare è calmo, una tavola, di un azzurro bellissimo e il sole scalda già la nostra pelle. E’ ora di tuffarsi.

Un brivido lungo il corpo, pochi secondi e dimentichiamo la sensazione umida della nostra pelle imperlata dal vento di Scirocco. Ora siamo un tutt’uno con il mare, non avvertiamo più la dimensione, la fisicità del nostro corpo.

Il fondale appare limpido. Perchie, ma anche pesci dai colori vivaci riconosciuti come «sciuli» e piccole aguglie sembravano accompagnarci nella nostra traversata.

Lunghe e ben distese le nostre bracciate e cadenzati i colpi di pinna.

«Arrivati!»

Un respiro lungo per gonfiare i polmoni e poi giù verso l’entrata della grotta. Siamo nel ventre! Ammiriamo in silenzio le pareti, la volta, gli anfratti e pian piano, anche con un pò di paura, raggiungiamo la parete in fondo.

Il rullino è finito. Torniamo verso l’uscita.

Di nuovo in mare aperto ci divertiamo a fare snorkeling sulle distese di ricci di mare. Ne preleviamo alcuni da gustare a riva. Ecco ancora uno e poi abbiamo finito. «Che dolore!» Un urlo muto sott’acqua!

I processi spinosi del riccio si sono conficcati nella mano. Le punte nere degli aculei lunghi e sottili incastonati nella pelle. Ogni tentativo per rimuoverli risulta vano e li rompe in frammenti più piccoli.

Qualcuno suggerisce di spalmare l’olio d’oliva sulle ferite ma anche questo rimedio fallisce.

La mia pelle cerca di conglobare in varie e puntiformi papule, ruvide al tatto, gli aculei. Una fisiologica reazione per circoscrivere i corpi estranei, bloccandoli all’interno di un «fortino sottocutaneo», costituito da cellule che successivamente cercheranno di eliminarle, sminuzzandole e/o macerandole.

Un processo infiammatorio che si manifesta ogni qualvolta un agente estraneo, come ad esempio la spina di un cactus o di un fico d’india, diventa una testa d’ariete, un attentato per la barriera cutanea.

Queste reazioni circoscritte, chiamate granulomi da corpo estraneo, mettono all’angolo l’insulto per impedire ogni ulteriore penetrazione nella cute. Una volta bloccato, l’organismo prova a macerarlo.

Il calcare degli aculei del riccio di mare sarà un pasto indigesto per la mia pelle. In questi casi è indicato applicare, direttamente sull’area interessata, una cortisonico per alcuni giorni e se è presente pus, segno d’infezione, associare anche un antibiotico, sempre in crema.

Le foto e gli aculei il mio ricordo estivo per i prossimi mesi.

One

«Devo liberarmi del tempo, e vivere il presente, giacché non esiste altro tempo che questo meraviglioso istante» (Alda Merini).

One è una delle più belle canzoni degli U2.

Ricordo l’arpeggio di The Edge come la colonna sonora dei primi anni dell’università, mentre camminavo nei corridoi di medicina con tanti sogni e traguardi da inseguire nella testa, e ancora oggi mi emoziono quando riascolto l’inconfondibile introduzione con la chitarra.

Cosa vi fa emozionare?

Pensate ad una mamma che vede per la prima volta il viso del suo bambino dopo i dolori del parto, o alla vostra prima interrogazione a scuola, al primo bacio, al sapore del fico raccolto sull’albero da ragazzini, a quando vi è venuta la pelle d’oca ad ascoltare per la prima volta la musica dal vivo, o a quando avete visto le nuvole la prima volta che siete saliti su un aereo.

Oppure pensate a quando avete visto quella che sarebbe diventata la vostra casa, alla luce che filtrava dalla finestre, alla canzone che trasmettevano per radio durante la prima guida per la patente, al panorama meraviglioso che vi si è aperto davanti percorrendo una strada e che vi ha lasciato senza fiato.

E’ proprio vero, la prima volta non si scorda mai.

Questo è il primo anno di Myskin.

Come posso raccogliere e condividere con voi le emozioni di un anno insieme e di un progetto sognato da me e cresciuto grazie a tutti voi?

Così:

«We are one, but we are not the same well we hurt each other then we do it again.»

Il fico nella storia e il suo latte in dermatologia

Ra, il dio del Sole venerato dagli egizi, rinasceva ogni giorno dall’albero del fico, una pianta molto comune nel bacino mediterraneo, già coltivata nei giardini dei Babilonesi. Prima ancora, dopo il peccato originale, Adamo ed Eva cercarono rifugio sotto un fico e utilizzarono le sue larghe foglie palmate per nascondere le loro nudità.

E se non ci fosse stato un fico a garantire riparo alla cesta con dentro i gemellini Romolo e Remo, allattati all’ombra dello stesso albero dalla lupa, cosa sarebbe stato della nostra storia? Ma cosa c’entra il fico con la dermatologia?

Il frutto, dolce e delicato, è ricco di zuccheri, vitamine (soprattutto vit. A), potassiomagnesioferrocalcio: tutti elementi importanti per il benessere della nostra pelle. In realtà quello che comunemente viene identificato come «frutto» è un ricettacolo carnoso piriforme contenente innumerevoli fiori e i veri frutti di dimensioni minuscole, chiamati in botanica acheni.

Da sempre, proprio per questa caratteristica, è simbolo di fecondità e l’offerta di un cesto di fichi è un gesto di benessere e prosperità. Nella Grecia classica i fichi erano considerati i «frutti degni per nutrire gli oratori e i filosofi» e Platone era soprannominato mangiatore di fichi, in quanto ne consumava in gran quantità e li raccomandava agli studenti per rinvigorire l’organismo. Mentre i bambini balbuzienti venivano portati sotto un fico per sciogliere i nodi della parola.

Consumati freschi d’estate o essiccati d’inverno evocano sempre atmosfere mediterranee. Una delizia che prevede rigorosamente la raccolta a mano uno per uno. L’esperienza e il tatto aiutano a riconoscere quelli maturi che, dopo leggera torsione, vengono staccati dal ramo e riposti nel classico cesto in vimini sul cui fondo vanno risposte alcune foglie dell’albero per evitare che i frutti si ammacchino.

Il lattice del fico

Una volta distaccati i frutti dal ramo viene prodotta una secrezione di colore bianco, visibile sia all’apice del ricettacolo piriforme del fico sia sul ramo, un latte che la medicina popolare suggerisce di spalmare sulla pelle per stimolare e intensificare l’abbronzatura.

In realtà, il lattice del fico è fortemente irritante e può ustionare la pelle. Esclusa l’applicazione volontaria, di solito di tratta di un contatto fortuito, magari proprio durante la raccolta del frutto, mentre ci si arrampica sull’albero oppure ci si destreggia sui contorti e grigi rami.

Generalmente, le manifestazioni si presentano lineari e ben definite, simili ai segni delle frustate: possono comparire sulle braccia o sul tronco, specie se il malcapitato non indossava la maglietta. Di colore rosso accesso, sono accompagnate da una sintomatologia di tipo doloroso. Quasi sempre è sufficiente una cura topica per la risoluzione del quadro clinico, applicando farmaci lenitivi e antinfiammatori.

L’esposizione al sole può favorire la comparsa di macchie scure nelle sedi d’irritazione. Macchie fortunatamente reversibili che spontaneamente tendono a schiarire nel corso dei mesi successivi.

Consigli

  • evitare il contatto diretto con lattice del fico
  • in caso d’irritazione applicare creme lenitive, ad esempio un blando cortisonico per qualche giorno ed evitare l’esposizione al sole

Dimenticavo… Gelato artigianale di mandorle tostate con pezzi di fico essiccato: da provare assolutamente!

Dermatite allergica da contatto: attenzione ai tessuti

In aumento i casi di dermatite allergica da contatto scatenata dai tessuti, dall’abbigliamento indossato ogni giorno. Adulti ma anche bambini, i soggetti a rischio.

Perché, come si manifesta, le aree del corpo maggiormente interessate e come evitare il problema, chiaramente spiegato dalla dott.ssa Francesca Giusti dell’Università di Modena e Reggio Emilia nell’intervista di Myskin.

Le dermatiti allergiche da tessuti: testo dell’intervento

La maggior parte delle persone non ritiene che un capo d’abbigliamento possa nuocere alla salute. In realtà, le dermatiti allergiche da tessuti sono molto più frequenti di quanto non si pensi.

Si manifestano, in genere, con una dermatite di tipo eczematoso che vuol dire con rossore, con un gonfiore, eventualmente con una perdita di liquido, che viene chiamata essudazione, in una fase attiva o anche con una secchezza della pelle, il tutto accompagnato da un grande prurito.

Di solito, queste dermatiti di manifestano nelle sedi di piega: le ascelle, l’inguine, il solco intermammario, la superficie interna delle cosce. Si manifestano più spesso in estate e più spesso nelle persone in sovrappeso e questo perché fattori quali la frizione e la sudorazione sono importanti nel far fuoriuscire da un tessuto le sostanze allergizzanti.

All’interno dei tessuti, le sostanze che appunto danno più spesso problemi sono: i coloranti e in minor misura le sostanze di fissaggio, ovvero i prodotti antipiega, i detergenti, gli ammorbidenti, che vengono aggiunti nelle fasi di produzione. Tra i coloranti i principali allergizzanti sono costituiti dai dispersi. Sono una classe di coloranti utilizzata per tingere fibre sintetiche o fibre miste. Quindi, è principalmente dai capi sintetici e soprattutto da quelli che quando li laviamo perdono un sacco di colore che dobbiamo stare attenti.

Da vari studi condotti in Italia, in particolare a Modena, si è stimato che di migliaia di persone con dermatite che fanno i test allergologici circa un 7% è allergico ai dispersi. Il dato che più allarma è che quasi il 4% dei bambini è allergico ai dispersi. Quindi, per noi ma soprattutto per i nostri piccoli dobbiamo selezionare capi di fibre naturali, prevalentemente in cotone e comunque capi di qualità.

Esistono a questo fine dei marchi, delle certificazioni, tipo Oeko-tex, Ecolabel, VIS (vestire in salute), che ci garantiscono non solo l’assenza dei coloranti dispersi dal capo finito ma anche l’assenza di residui di metalli pesanti o di sostanze cancerogene. Questi marchi li possiamo andare a cercarli sull’etichetta del capo d’abbigliamento.

Stiamo, invece, attenti a tutti quei capi a basso costo che arrivano adesso sul mercato dall’estero, soprattutto dai Paesi dell’Oriente, i quali spesso non ci possono dare adeguate garanzie sui controlli nella fase di produzione.

Pitiriasi Versicolor: il mistero delle macchie bianche

Ogni anno l’arrivo dell’estate era accompagnato dalla comparsa sulla nuca, sul dorso, a volte anche sul tronco e alla radice degli arti, di diverse macchie di forma ovalare, ben definite e di colore bianco, particolarmente evidenti rispetto alla pelle abbronzata. Successivamente, in autunno e in inverno, le macchie sparivano o forse non risultavano così evidenti perché era l’abbronzatura a venire meno e quindi la pelle tornava ad assumere un colore uniforme.

Macchie di sole

Il problema iniziava a diventare un disagio sociale, fino al punto da costringere ad indossare la maglietta anche in spiaggia. «Macchie di sole» era la spiegazione popolare, data la l’insorgenza della manifestazione dopo l’esposizione solare.

Le macchie di sole proprio a lui? E perché?

Evitava la doccia negli spogliatoi dopo la partita di calcetto infrasettimanale ed anche la piscina, dove più volte era stato invitato dalla sua comitiva.

Forse le «macchie di sole» avevano un significato, un messaggio che doveva essere scoperto. E se avessero una relazione con la profezia dei Maya: la fine del mondo il prossimo 21 dicembre 2012?

I Maya che erano in possesso di approfondite nozioni di matematica e astronomia e, studiando alcuni cicli dei corpi celesti, tra cui il sole, avevano ipotizzato la fine del mondo e lui era l’eletto, la testimonianza vivente della profezia.

Profezie, personaggi dell’amato film Matrix e un’iperbolica fantasia gli ingredienti genuini per un’illusione adolescenziale.

«Svegliati Neo. Matrix ha te… Segui il coniglio bianco.»

Proprio in quel momento un sussulto e poi il risveglio improvviso. Sudato per lo spavento, si guardò il corpo ancora costellato di macchie che non erano svanite come il sogno angosciante che lo aveva visto uscire di scena senza conoscerne il finale. Eppure ricordava ancora quella frase: «segui il coniglio bianco». «Cosa voleva dire?»

Ci pensò un attimo e capì che seguire il coniglio bianco era l’invito a chiedere il consulto del camice bianco: il dermatologo. Fissò subito un appuntamento per chiarire una volta per tutte il mistero delle sue «macchie di sole».

Lo specialista osservò attentamente le manifestazioni e poi le studiò utilizzando anche una particolare luce, chiamata lampada di Wood, e alla fine il responso medico dissolse la sua immaginazione. «Pitiriasi Versicolor» fu la diagnosi.

Un fungo, chiamato Malassezia Furfur, che normalmente vive sul cuoio capelluto di tutti gli esseri umani, può diventare patogeno e di conseguenza favorire l’insorgenza della malattia se si localizza a livello dei follicoli piliferi sparsi sul tronco.

La Malassezia Furfur, che come suggerisce il nome in alcuni soggetti può essere responsabile anche dell’insorgenza della forfora, è un normale saprofita della nostra testa. Alcuni fattori ambientali, tipo l’umidità, oppure una predisposizione familiare, favoriscono lo scivolamento del fungo dal cuoio capelluto alla nuca e poi al dorso, al tronco fino alla radice degli arti superiori favorendo l’insorgenza della Pitiriasi Versicolor che, pur essendo un’infezione fungina, è poco contagiosa.

Inizialmente compaiono delle macchie di forma ovale e di colore giallo-bruno che nei soggetti con carnagione tendenzialmente scura possono passare inosservate. In questa fase, le macchie presentano una finissima desquamazione paragonabile alla carta di sigaretta sgualcita, poi, siccome il fungo interrompe momentaneamente la sintesi della melanina, le macchie cambiano colore – da qui il nome versicolor – diventando più chiare rispetto alla normale tonalità della pelle.

Le macchie ipo-pigmentate si notano soprattutto se un soggetto è abbronzato e proprio per questo sono erroneamente etichettate come «macchie di sole» e rappresentano la normale evoluzione della malattia non diagnosticata e quindi non curata.

Il trattamento d’elezione prevede la somministrazione di antimicotici per via sistemica per due settimane, per eradicare il fungo patogeno dal tronco, e contestualmente l’uso di uno shampoo dedicato contenente anch’esso un antimicotico per debellare il fungo dal cuoio capelluto.

La terapia mira all’eradicazione dell’agente patogeno e non alla re-pigmentazione delle macchie, per le quali, solo dopo un’adeguata e consapevole esposizione al sole, è possibile ripristinare la nuova sintesi della melanina.

Infine, nei casi gravi – solo dopo prescrizione medica – è indicato usare periodicamente durante l’anno uno shampoo antimicotico per evitare le recidive.

Chiarito il mistero delle macchie di sole… pillola blu o pillola rossa?

Leggi anche: Pitiriasi Versicolor, la guida completa: clinica, diagnosi, terapia e recidive

Leggi anche: Pitiriasi Versicolor: gli errori da evitare per una terapia efficace

Silenzio rumoroso per la libertà d’informazione in rete

Un nuovo modello di comunicazione sociale, una nuova forza divulgatrice, che arriva direttamente in casa dell’utente, trova il suo spazio in internet. Un canale diretto che, by-passando i tradizionali sistemi, crea istantanei ponti nazionali e internazionali lungo i quali è possibile divulgare informazioni, esprimere il proprio pensiero, condividere, confrontarsi e divulgare attraverso le finestre di un blog o di un social network.

Un fermento nuovo, vivace che grazie a Facebook, per la prima volta nella storia, ha decisamente contribuito all’elezione del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Una rivoluzione che in Iran ha coinvolto tanti singoli e semplici cittadini che tramite Twitter hanno fatto conoscere al mondo i soprusi e le violenze del loro Paese mentre il resto dei media teneva accesi i suoi riflettori solo sui reality, trasmissioni incantatrici che spengono l’attenzione e il senso critico individuale.

Un’informazione democratica che i singoli utenti possono bocciare o approvare, confrontare con diverse fonti per soppesare l’attendibilità e l’affidabilità dei contenuti. Eppure, questa nuova rivoluzione, che mi piace battezzare della coscienza, rischia di essere spenta in Cina, dove molti contenuti in Internet sono stati censurati, in Iran dove gli ayatollah combattono contro Twitter, a Cuba dove Yoani Sanchez tra mille difficoltà testimonia con il suo blog, ormai tradotto in circa 15 lingue in tutto il mondo, il vissuto, le sofferenze e i problemi di una generazione.

E in Italia?

Il disegno di legge Alfano, già approvato alla Camera e in esame al Senato, insidia la libertà e la pluralità della nostra informazione. Una formulazione infelice, riportata al comma 28 dell’art. 1 del suddetto disegno, impone al gestore di un sito informatico, sia esso un blog o un social network, l’obbligo di rettifica con le stesse modalità a carico del direttore delle testate giornalistiche. Il mancato adempimento di rettifica entro 48 ore comporterebbe per il responsabile del sito la condanna a una multa fino a circa 12-13.000 di euro.

L’obbligo di rettifica non deve essere confuso con la responsabilità del blogger, il quale già ora è chiamato a rispondere penalmente per eventuali reati di ingiuria, diffamazione o altro. La nuova sanzione è un furbesco tentativo per porre un bavaglio alla rete.

E’ un alibi per minare il giornalismo partecipativo, quella libertà che è partecipazione come cantava Gaber.

Praticamente, l’obbligo di rettifica impone, entro 48 ore dalla richiesta, la pubblicazione di una dichiarazione su una determinata notizia, pena una sanzione come già scritto fino alla chiusura del sito.

Dermatologia Myskin aderisce alla giornata di «rumoroso silenzio» promossa dai blogger per il 14 luglio per la libertà di informazione in rete e sottolinea l’importanza di promuovere contestualmente la cultura della responsabilità di quanto si afferma o sostiene.

Intanto, nel maggio del 2009 Freedon House declassa l’Italia a Paese semi-libero al 73 posto nella classifica mondiale dei 195 Paesi, una posizione che condividiamo con l’isola di Tonga.

Non rassegnamoci! In questo momento siamo noi i protagonisti della nostra vita, della nostra storia quotidiana, viviamola!

Vi invito a divulgare la notizia.

Epilazione e depilazione: questione di… peli

5.000.000 è il numero dei follicoli piliferi presenti nell’uomo e diffusi in diverse aree, che determinano e influenzano la presenza e la densità sia dei capelli sia dei peli.

Fortunatamente non tutti sono attivi: fattori genetici, familiari e molto spesso ormonali sono rilevanti sia per attivare i follicoli piliferi sia per la caduta dei capelli.

Oggi, però focalizzeremo l’attenzione solo sui peli, poi in un momento successo sulle problematiche dei capelli.

E’ esperienza comune che osservando il dorso degli uomini, ad esempio in spiaggia, alcuni di loro presentano un numero di peli maggiore degli altri. Ebbene, la differenza non è quantitativa, ovvero chi presenta un’elevata densità pilifera presenta un numero maggiore di peli, bensì si tratta di una differenza qualitativa.

In altre parole, tutti abbiamo all’incirca lo stesso numero di follicoli piliferi, però nei vari soggetti varia la percentuale dei follicoli piliferi attivi quelli che inducono la crescita del pelo.

Il pelo considerato superfluo, non desiderato, anti-estetico in alcuni casi ha contribuito alla notorietà di alcuni personaggi, come il droghiere indiano Radhakant Baijpai, l’uomo con i peli delle orecchie più lunghi al mondo, ben 25 centimetri.

E poi, come non citare Frida, una pittrice messicana che realizzò diversi autoritratti in cui è possibile notare la peluria presente sul suo viso.

Eppure, il rasoio più vecchio al mondo è conservato al Louvre e risale al 3000 avanti Cristo e si presenta come un piccolo coltello in bronzo dalla punta ricurva e testimonia il desiderio ancestrale di eliminarli. Anche, nell’antico Egitto le donne utilizzavano diversi strumenti per la rimuoverli in modo indolore e soprattutto efficace.

Epilazione e depilazione: differenze

Ma qual è la differenza tra depilazione ed epilazione?

Il termine depilazione si riferisce a tutte metodiche finalizzate alla rimozione del fusto, alla parte emergente del pelo sulla superficie cutanea. Garantisce dei risultati accettabili, la pelle si presenta tendenzialmente ruvida al tatto e in pochi giorni i peli rispuntano. Ad esempio, l’uomo che si rade in realtà di depila.

Invece, il termine, epilazione si riferisce all’eliminazione del pelo nella sua interezza, radice compresa.

La ceretta sia a caldo sia a freddo è un metodica epilatoria. In questo caso, la pelle dopo il trattamento appare più liscia e i risultati perdurano più a lungo. Gli effetti collaterali più comuni dovuti alla ceretta sono la follicolite oppure la formazione di peli incarniti.

In tutti i casi, però, non è corretto parlare o scrivere di rimozione dei peli definitiva perché tutte le metodiche, anche le più moderne come il laser o la luce pulsata, eliminano solo i peli che sono presenti, ovvero quelli dei follicoli attivi.

In nessun modo, è possibile fossilizzare per sempre i follicoli silenti, i quali per vari motivi nel corso della vita possono attivarsi e favorire la crescita di nuovi peli.

Inoltre, è doveroso sottolineare che tutte le tecniche rimuovono i peli ma non agiscono su eventuali cause responsabili dell’inestetismo. In particolare, squilibri ormonali – soprattutto nella donna – a partenza dall’ovaio oppure, più raramente dai surreni possono favorirne la comparsa. In questi casi, è indicato valutare il corretto assetto ormonale con idonei esami diagnostici morfologici (es. ecografia degli annessi) e funzionali (valutazione dei dosaggi ormonali tramite prelievo del sangue).

Infine, si definisce irsutismo il quadro clinico maschile caratterizzato da un aumentato numero di peli mentre virilizzazione la comparsa di una peluria di tipo maschile nella donna.

Zanzare: consigli per l’estate

Bruciate nel barbecue o nel braciere alcune foglie di salvia, oppure di ruta, di rosmarino, di alloro o eucalipto per allontanare le sgradite zanzare durante le serate in compagnia di amici in terrazzo o in giardino.

Se possibile, sempre in giardino create un effetto barriera con piante dall’aroma intenso: lavanda, origano, timo, menta, salvia, issopo, gerani, nasturzi, sambuchi, vere sentinelle naturali a difesa della nostra pelle contro le punture.

Infine, se non è possibile allestire un barbecue oppure manca lo spazio per le piante, si possono utilizzare dei diffusori nei quali versare 3 gocce di olio essenziale di lavanda, 3 di verbena e 2 di cannella, diluite in acqua.

Punture pericolose: l’antizanzare ideale

Quali le caratteristiche ideali di un repellente per insetti o di un antizanzare? Possono essere usati anche dai bambini e dalle donne in gravidanza? L’impiego di repellenti chimici è dannoso per la salute umana? Esistono dei metodi naturali per contrastare la diffusione della temuta zanzara tigre?

Il termine «insetto», assolutamente generico, identifica un insieme di organismi – comprendente le zanzare, le pulci ecc. – che possono pungere l’uomo e potenzialmente, oltre al fastidioso prurito e gonfiore cutaneo, possono veicolare malattie: la Chikungunya, la Dengue, la Malaria, la Borreliosi e la febbre West Nile.

Teoricamente l’uso dei repellenti per insetti può prevenire le punture e di conseguenza il rischio d’infezione; ma quali sono i migliori prodotti da impiegare?

Attualmente, esistono in commercio diverse formulazioni – aerosol, spray, lozioni, creme, stick – che possono contenere sostanze chimiche di sintesi oppure di origine naturale.

Il repellente ideale – o l’antizanzare – dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

  • efficacia nei confronti di una larga varietà di insetti
  • tollerabilità cutanea: non creare irritazioni dopo la sua applicazione sulla pelle
  • profumazione gradevole oppure assenza di sgradevoli odori
  • resistenza al sudore e all’acqua
  • inerzia rispetto alle materie plastiche
  • delicatezza sui tessuti: non deve lasciare aloni e non deve macchiare
  • stabilità chimica per preservare l’efficacia d’azione
  • basso costo
  • elevata durata d’azione
  • sicurezza per la salute dell’uomo

Storicamente uno dei primi repellenti è stato l’olio di citronella, scoperto nel 1901 e usato ancora oggi in tutto il mondo – presenta tuttavia un’efficacia limitata nel tempo, è attivo infatti solo per 20-30 minuti.

Nel 1946 il Dipartimento Americano dell’Agricoltura sviluppò un nuovo principio, inizialmente utilizzato solo dalle proprie forze armate: il DEET (N,N-diethyl-3-mathylbenzamide) – attualmente usato da circa il 30% degli americani – che garantisce una durata d’azione maggiore e può essere applicato direttamente sia sulla pelle sia sui vestiti.

Il DEET, che nella maggior parte dei prodotti presenti in commercio è presente con una concentrazione media del 40%, sembra efficace nei confronti delle zanzare e degli acari.

Il suo meccanismo d’azione non è chiaramente noto ma sembra che, spruzzato sulla pelle, sia in grado di creare una barriera di vapore che ostacola le punture degli insetti.

Applicato sui tessuti sintetici o su oggetti di plastica oppure in vinile li può rovinare: è possibile che un composto così aggressivo per alcuni materiali inerti sia innocuo per la salute dell’uomo?

Numerosi gli effetti collaterali registrati nel corso degli ultimi 50 anni dovuti all’impiego cronico e indiscriminato del DEET: alterazioni cardio-vascolari – caratterizzate da rallentamento del battito cardiaco e abbassamento dei valori di pressione arteriosa – alterazioni del sistema nervoso centrale, letargia, confusione, psicosi, cefalea, atassia, disorientamento e, infine, possibile comparsa di reazioni allergiche cutanee. Eppure, nonostante queste segnalazioni, è un repellente ancora impiegato…

Nel 1973 fu introdotta sul mercato la permetrina, un piretroide sintetico che uccide gli insetti paralizzandoli, provocando un’eccitazione spasmodica del loro sistema nervoso centrale.

Anche l’uso della permetrina può favorire l’insorgenza di effetti indesiderati nell’uomo, dovuti essenzialmente ad un’azione tossica: tremori, iperattività, rialzo della temperatura corporea, irritazione oculare e cutanea e, nei casi gravi, può indurre alterazioni genetiche, vere e proprie mutazioni che possono indurre l’insorgenza di tumori.

Recentemente, a partire dal 1998, è stato introdotto una nuova sostanza chimica: la picaridina(KBR 3023), efficace verso le zanzare, le mosche e le zecche. Il suo meccanismo d’azione non è noto e sembra presentare alcune delle caratteristiche del repellente ideale compresa la mancanza di effetti collaterali per la salute dell’uomo.

Estratti e rimedi naturali

Una soluzione sicura sia per l’uomo sia per l’ambiente potrebbero essere i diversi estratti naturali con azione repellente: tipo la Zanthoxylum limonella, il Citrus aurantifolia, il benzene e il mentolo dell’Artemisia vulgaris, i fiori della Lantana camara o del Vitex negundo.

Antizanzare e repellente ideale

A tutt’oggi non esiste il repellente ideale e pertanto è doveroso leggere attentamente le etichette dei prodotti presenti in commercio per conoscere in dettaglio le indicazioni e le controindicazioni d’uso e gli effetti collaterali, se vogliamo salvaguardare la nostra salute.

Inoltre, l’uso del solo repellente potrebbe non rappresentare un’efficace misura di prevenzione se contestualmente non si adottano stili di vita individuali e della comunità per contrastare la proliferazione e la diffusione di determinati insetti.

Questa soluzione è l’unica difesa possibile per i bambini di età inferiore ai due anni e per le donne in gravidanza, ovvero per i soggetti che non possono avvalersi dei benefici di diversi repellenti, in quanto controindicati.

Attenzione anche alle irrorazioni di insetticidi che alcune amministrazioni comunali adottano durante il periodo estivo per la disinfestazione, soprattutto contro le zanzare: vengono impiegati composti chimici pericolosi per la salute, che determinerebbero inoltre un aumento del numero degli insetti perché uccidono i loro predatori.

Tutti gli insetti e le zanzare sono protagonisti della catena alimentare e forse sarebbe auspicabile un ripensamento generale per contrastare la loro diffusione, riconsiderando l’importanza dei loro predatori: pipistrelli, uccelli insettivori, libellule, anfibi, lucertole e ragni nei nostri comuni e nelle nostre campagne.

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